Quando
si parla di farina si pensa subito
a quella di grano. Ma non è così
semplice. Infatti, la farina di
grano si diversifica tra farina di
grano tenero e grano duro.
Quest’ultima viene chiamata
“semola”. Un’altra semola si
ottiene dalla macinazione del
mais. Ma non basta, poiché,
essendo la farina la macinazione
di un cereale, si può ottenerla
anche da altri cereali. Oltre al
mais, vengono macinati: orzo,
farro, riso, avena, segale, ma
anche kamut e del cocco.
Inoltre,vengono ridotti allo stato
di polvere anche i legumi,
alcuni tipi di frutta (con il
guscio)
e, infine, le castagne, i ceci e
vari tipi di tuberi.
La farina di grano occupa un posto
prioritario nell’alimentazione
occidentale. Da essa, infatti, si
ottiene sia il pane che la pasta.
E’ logico, quindi, che la sua
produzione e panificazione sia
regolata e protetta dai governi di
numerosissime nazioni. Ovviamente
anche in Italia.
La quantità di farina
ottenuta dalla macinazione dei
chicchi di frumento, può variare
dal 70 all'82%. Il prodotto
ottenuto viene usato a fini
alimentari. La percentuale
rimanente dalla macinazione viene
riservata, generalmente, ad uso
zootecnico. Infatti, i chicchi di
grano, che prima di essere
macinati, vengono bagnati con
acqua per aumentarne l’umidità,
poi, nel mulino, vengono ripuliti
della parte esterna. Gli scarti
(crusca, cruschello e farinaccio)
vengono conservati per gli animali
in appositi silos.
La
qualità della farina, invece,
dipende certamente dalle
caratteristiche del grano, ma
anche dal tipo di macinazione.
Attualmente i mulini, molto più
sofisticati di quelli storici,
vengono impostati e regolati per
il risultato che si vuole
ottenere. Naturalmente sono anche
automatizzati. Diversi sono i
tipi di farina ottenibili. Si
parte dalla più pura, quella che
in Italia viene denominata
farina tipo 00, per poi salire
con le percentuali di
residui con la farina tipo 0,
poi le farine tipo 1, tipo 2,
per raggiungere il 100% di
crusca, e quindi, quella
normalmente conosciuta come
farina integrale.
I
moderni mulini sono organizzati
industrialmente con una
funzionalità massima per una
macinazione sempre più perfetta.
Grandi silos contengono il
frumento da lavorare, che vengono
spesso areati. La sala della
macinatura, dove il grano viene
riversato, è organizzato con una
serie di macine, dove rulli di
acciaio schiacciano le granaglie.
Si parte dalla prima macina, il
cui prodotto, filtrato, passa alla
seconda macina, attrezzata con un
setaccio più fine. E così via
dicendo. E’ insomma una
macinazione in “catena di
montaggio”. L’ultima fase, detta
di rimacina, seleziona,
dopo un ultimo passaggio, le
farine per qualità, dalla
finissima farina tipo 00 alla tipo
2, che ha la granulometria più
consistente. La farina
ottenuta dalla macinazione viene,
nella successiva produzione di
prodotti da forno, trattata con
additivi di vario genere, per
migliorarne le caratteristiche
tecniche e facilitare il processo
successivo.
La
semola di grano duro, che si
contraddistingue per la maggiore
granulometria e per il colore
giallo ambrato, viene impiegata
nella produzione della pasta
secca. La semola ulteriormente
macinata (detta per questo
rimacinata) con una
granulometria inferiore, viene
usata anche per la produzione di
pane casareccio, molto gustoso. La
coltivazione del grano duro
storicamente era riservata alle
zone meridionali dell’Italia. Oggi
è diffusa su tutto il territorio
italiano.
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