I
L’uso
di macchine idrauliche, più o meno
primitive, è attestato già in
epoca sumerica e babilonese (in
Mesopotamia). Non si conosce bene
la loro struttura tecnica, si sa
solo che venivano utilizzate dai
babilonesi per l’irrigazione dei
campi. Vitruvio, nel
Trattato d'architettura,
afferma l’esistenza di meccanismi
idraulici nell’antichità
greco-romana, descrivendoli, e
tratta, in particolare, della vite
di Archimede. Quest’ultima veniva
utilizzata dai romani
nell’elevazione dell’acqua. In
effetti, essi l’applicavano
soprattutto nel settore minerario.
Ricerche archeologiche hanno
dimostrato questa predisposizione.
In Spagna, nelle miniere di rame
del Rio Tinto, e nel Galles, a
Dolaucothi, in una miniera d'oro
romana, sono state riportate alla
luce dai giacimenti delle viti di
Archimede in legno, impilate tra
loro formanti un sistema di
drenaggio, che permetteva di
svuotare la miniera dall’acqua, ad
una profondità di 80 metri (in
tutti e due i siti).
Successivamente la loro analisi al
carbonio 14 ha confermato la loro
età, intorno all'80 d.C., in epoca
romana. Si è accertato anche il
loro uso per un periodo non
superiore a 30-50 anni.
Nell’antica
Oriente
Essendo l’idea del mulino azionato
ad acqua un idea intuitiva, anche
in Cina i mulini risalgono molto
indietro nel tempo. Tra le ipotesi
di loro datazione, vi è quella che
fa risalire l’invenzione di essi
in Cina alla dinastia Han (202
a.C.-220 d.C.). Il mulino avrebbe
mosso dei magli e dei mantici,
applicati alla fusione del ferro.
Diversi sono documenti che
attestano la loro presenza, in
epoca comunque successiva.
Sappiamo che, nel 488 d.C., il
mulino ad acqua, inventato e
costruito da Zu Chongzhi,
ingegnere, oltre che matematico di
corte, fu visitato dall'imperatore
Wu (482-493 d.C.). Il sopraluogo
ebbe, evidentemente, successo,
poiché, nel VI secolo,
l’imperatore della dinastia Sui
(581-618 d.C.) incaricò
l'ingegnere Yang Su di realizzare
centinaia di mulini in tutta la
Cina. Data l’importanza ad essi
attribuita, il controllo imperiale
delle costruzioni e del loro
funzionamento fu molto regolato da
disposizioni varie. E non era uno
scherzo non rispettarle, pena: la
demolizione del mulino. Sulle
norme si era molto rigidi, anche
se il suo proprietario era un
nobile di una famiglia di alto
lignaggio, o di un’Abbazia di
monaci buddisti. La tecnica
ebbe un grande seguito, tanto che
si registra l’esistenza, nel 748
d.C, di un mulino dotato di ben
cinque ruote idrauliche,
funzionanti contemporaneamente. Il
proprietario ? Un eunuco della
corte dell'imperatore Xuan Zong
(712-756 d.C.). Ben presto la
nuova tecnologia si diffure anche
fuori dalla Cina. Fu esportata,
dapprima, nella penisola coreana,
per poi essere introdotta in
Giappone, nel 610-670 d.C.,
Parallelamente attecchì anche
nell’isolato Tibet.
Diversi sono i documenti sull’uso
dei mulini idraulici in India.
Ciononostante, questi riportano
nomi e definizioni alquanto
ambigue. Di certo si sa
dell’esistenza di macchine atte
all’elevazione dell’acqua,
probabilmente utilizzata
diffusamente nell’irrigazione dei
terreni coltivati, sia indiani che
persiani. Questi sistemi portarono
ad un grande sviluppo agricolo ed
economico delle suddette aree.
Incartamenti successivi riportano
come l'astronomo indiano
Bhaskara Achārya, nel 1150, abbia,
riflettendo, ipotizzato come dai
mulini si potesse giungere ad una
macchina a moto perpetuo.
Nel vicino
mondo musulmano
Pur apprendendo la
tecnologia del mulino ad acqua
dalla tradizione mediorientale,
gli ingegneri musulmani seppero
applicarla, integrarla e innovarla
con specifiche ideazioni. I primi
mulini arabi appaiono già nel VII
secolo, per poi diffondersi
industrialmente nel IX secolo
Il primo esempio archeologico da
menzionare è il ritrovamento di
una grande ruota idraulica (di
circa 20 metri), applicata sul
fiume Oronte, risalente al VII
secolo. Oggi è ammirabile nel
museo di Hama, in Siria. Un altro
reperto archeologico citabile è il
mulino di Murcia, in Spagna.
Costruito dai Mori nel periodo
della loro dominazione in Spagna,
esso è ancora funzionante. Se
molti degli elementi che lo
componevano sono stati sostituiti
nel corso del tempo (oggi la ruota
è realizzata in acciaio), tutto
l’impianto di canalizzazione e la
struttura progettuale del
complesso risale proprio al
periodo arabo. Il meccanismo del
volano che vi si riscontra fu
pensato dall’ingegnare arabo Ibn
Bassal (1038-1075). Gli
ingegneri islamici seppero
inventare ed applicare nei mulini
ad acqua anche soluzioni tecniche
come l'albero a gomiti, la turbina
idraulica e diversi ingranaggi.
Spesso essi realizzavano delle
dighe, veri e propri serbatoi
giganti, per l’eventuale acqua, da
utilizzare o in periodi di magra o
in caso di un aumento di
produzione.
La tecnologia
musulmana, applicata in aggregati
industriali di mulini ad acqua in
Andalusia, nella Spagna araba, tra
l'XI ed il XIII secolo, è
probabile che si sia diffusa nella
vicina Spagna cristiana, con
reciproche influenze. Infatti,
come nel medioevo gli europei
utilizzavano i mulini industriali
in diverse applicazioni, pure gli
islamici li applicavano in
svariati settori: dalla macinatura
del grano alle acciaierie, dalle
segherie alle cartiere, come anche
negli zuccherifici. Se la mutua
osservazione comportò sviluppi
tecnici per le diverse parti, un
uso, del tutto originale, dei
mulini musulani fu il cosiddetto
mulino galleggiante. Consisteva,
in pratica, in una nave-mulino.
Posta al centro di un fiume, era
attrezzata con più ruote a pale
laterali. Sfruttando la forza
della corrente essi erano in grado
di macinare, ogni giorno, 10
tonnellate di farina. Tra gli
esempi più noti, vi sono i mulini
galleggianti ancorati al centro
del Tigri e dell'Eufrate, in Iraq,
operanti nel X secolo, che
rifornivano di farina la grande
città di Baghdad. Gli ingegneri
al-Jazari e Taqi al-Din hanno, nel
XIII secolo, realizzato dei
manuali tecnici, con
illustrazioni, sui mulini e le
macchine idrauliche allora
esistenti.
|
|