La
celebrazione della nascita di
Cristo fu istituita a Roma tra il
243 e il 336, nella scelta della
data 25 Dicembre, confluirono
varie considerazioni di tipo
astronomico, i profetico e di
natura simbolica, ma un’influenza
importante venne esercitata
dall’esistenza di una festa civile
pagana dedicata al sole, che pare
abbia contribuito ad assegnare la
nascita di Cristo, inteso come
luce al sole, proprio in questo
giorno. Sappiamo inoltre che
Aureliano nel 274 aveva stabilito
che il 25 dicembre si celebrasse
il "Sol invictus" come fine del
solstizio invernale, mentre i
padri della chiesa come S.
Agostino e S Gregorio Magno
ammonivano i cristiani che
accendevano fuochi in segno di
festa, affinché non confondessero
Cristo con il sole naturale.
In
effetti anche attraverso la
riplasmazione cristiana, nelle
civiltà cerealicole sono sempre
presenti sostrati di di
religiosità agrario-solare, tracce
di questi rimangono ad esempio in
una serie di riti fra cui quello
di riaccendere , i cosiddetti
fuochi di fine anno, ed in altre
pratiche che tendono a scacciare
il cattivo passato e a propiziare
un anno migliore. Le feste di
Natale e Capodanno sono comunque
tra le feste più attese, anche
perché in Sicilia soprattutto in
passato si identificano con il
grande rientro degli emigrati nei
paesi d’origine, il ritorno anche
se breve dei parenti degli amici
lontani riunisce i nuclei
familiari divisi, e reintegra i
rapporti comunitari minacciati
dalla generale disgregazione
sociale e culturale. Queste feste
nella tradizione popolare
siciliana sono legate al mito
della Vecchia di Natale e della
Vecchia Strina che, come i morti
portano i regali ai fanciulli,
queste usanze infatti sono legate
ad un’unica matrice rituale di
origine agraria che è alla base
sia al culto dei defunti che in
quello della rinascita della vita
e del suo ciclo che trova nel
Capodanno una delle sue
manifestazioni principali.
L’usanza ancora motto popolare
della "strina" siciliana richiama
anche nel nome le "stritiae"
dell'antica Roma, che
rappresentavano appunto i doni di
capodanno, il Pitrè afferma che in
che 'n Sicilia i giorni sacri
della strina sono il 24 Dicembre e
1 Gennaio, in alcuni paesini per
questa occasione i ragazzi vanno
in giro con un sacco ed una
campanella per la raccolta dei
dolci, o di piccole somme di
denaro. Per quanto riguarda i pani
figuranti che si solevano
preparare in questo periodo, sono
rimaste solo sporadiche
testimonianze che sopravvivono
soprattutto nelle province della
Sicilia orientale, a Modica se ne
preparava uno a forma di cannizzu,
cioè a forma del contenitore che
serviva a conservare il grano e
altri cereali. Questo pane si
prepara la vigilia di Natale e lo
si consumava per il Capodanno, il
capofamiglia lo affetta mentre la
moglie lo distribuisce a tutta la
famiglia, il suo valore
propiziatorio è evidente, infatti
esso si riempie di. Simbolici
chicchi di grano, lenticchie, fave
e ceci, in modo che così si
possano colmare anche i ripostigli
del contadino.
Un
altro pane natalizio è il
cosiddetto pani di ‘uoi cioè di
buoi, questo infatti del peso di
un chilo circa consumato durante
il pranzo di Capodanno, è ottenuto
dall’unione di due elementi a
forma di mezza luna, che
rappresentano i due buoi aggiogati
da un cordoncino di pasta a
treccia, era motto diffuso nella
Sicilia sud-orientale e lo si
ritrova anche con la variante
delle nocciole inserite ai fianchi
del pane.
La
preparazione e il consumo del pane
d’uoi sembra comunque riferirsi
anche ad altre feste, in
particolare per la ricorrenza di
San Giuseppe ritroviamo un pane a
pedi di 'uoi che rappresenta però
solo lo zoccolo del bue. Queste
raffigurazioni di buoi nei pani
hanno un carattere rituale e si
collegano ai pani e alle focacce
delle antiche civiltà cerealicole
a forma di animale, che venivano
mangiati come corpo spirito del
grano. Sempre in periodo
natalizio, a Buccheri un paesino
sugli alti Iblei si preparano per
le bambine due tipi di pane, uno è
detto ‘nfasciateddu e raffigura un
infante infasciato, l'altro detto
cùcchia è simile al pane di 'uoi,
infatti è formato dall'unione di
due elementi con le punte che si
aprono come corni. Quest’ultimo
comunque è molto diffuso in tutta
la Sicilia, infatti in molti paesi
della provincia di Catania,
Messina.,
Palermo, si trova la voce cùcchia
ad indicare un pane-dolce formato
da due elementi uniti, per quanto
riguarda invece il suo significato
è anch'esso da mettere in
relazione con i riti di
propiziazione per la fertilità e
la buona annata, infatti la sua
forma rimanderebbe
all'accoppiamento sessuale. Non a
caso il Pitrè indica con il
termine di cùcchia "due mezzi pani
attaccati fra loro, e pare ovvia
la sua derivazione da copula" cioè
coppia e inoltre tutt'oggi il
termine dialettale 'ncucchiare"
significa mettere assieme, unire.
A
Natale in Sicilia si consumano
anche alcuni tipi di focacce calde
preparate a base di farina di
grano e vari ingredienti, esse
hanno vari nomi a seconda delle
località e delle farce, la
scacciata o scaccia è tipicamente
catanese ed ha molte varianti in
quanto può essere farcita in molti
modi, focacce calde sono anche la
'mpanata natalizia nissena, e la
'mpanata Ionica di Natale,
realizzate con pasta di pane e
diversi condimenti all'interno, la
cudduredda di vinu cottu
(ciambella di vino cotto).
Un’altra specialità natalizia
diffusa nel paesi della Valle del
Belice,ma anche in buona parte
della Sicilia orientale sono li
sfinci, paste frolle fritte con
olio che in passato la suocera
dava in omaggio alla nuora. I pani
figurati per Capodanno e Natale
dovevano comunque essere molto
numerosi ma essi probabilmente
sono stati soppiantati dalla
generale diffusione dei panettoni.
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