Nel XV
secolo, con la rinascita
umanistica (in particolare,
Niccolò Niccoli, Leonardo Bruni,
Poggio Bracciolini), i libri e i
reperti storico-artistici
acquisirono il valore di
collegamento con il grande passato
storico d’età classica. Anche i
vari signori, nobili e potenti
intesero lì’importanza delle
collezioni d’arte, ma, concepite,
come esempio di regalità e
mecenatismo, quindi,
trasversalmente, di potenza
politica. Nel gioco delle
collezioni d’arte, anche gli
artisti fecero la loro parte. Essi
intuirono che poteva cambiare il
proprio status di produttori
culturali. Fino ad allora, nel
medioevo, la figura dell’artista
era alquanto defilata. Con
l’umanesimo e poi il rinascimento,
l’artista prende il posto che gli
sideve. Accanto alle opere
classiche ritrovate, si produce
una nuova cultura, che li vede
protagonisti. Vengono aperte nelle
grandi città le botteghe d’arte.
Tra queste, quella dello
Squarcione, di Lorenzo Ghiberti o
del Sodoma e moltissime altre. La
bottega espone, vende capolavori,
crea allievi, ma, soprattutto,
pubblicizza l’artista capo. La
loro attività, successivamente,
venne valorizzata, alla fine del
Cinquecento, da critici e
storiografi, come Giorgio Vasari
con le sue Vite.
L’esempio più eclatante di
collezionisti del periodo è
rappresentato dalla famiglia
Medici a Firenze. Il fondatore
Cosimo il Vecchio de' Medici, come
strumento di consenso, commissionò
opere a Donatello e Brunelleschi,
creò il primo nucleo della
collezione di opere d’arte,
appassionandosi, inoltre, alla
glittica. I suoi successori ne
seguirono l’esempio. Piero il
Gottoso e Lorenzo il Magnifico
concentrarono, incentivandola, la
raccolta nel nuovo palazzo di
famiglia di via Larga e nel
Giardino di San Marco. Intorno
alla famiglia Medici girarono
collaborando i maggiori artisti
rinascimentali, quali Michelangelo
o Leonardo da Vinci. Per
valorizzare tali collezioni, i
Medici fecero edificare il Palazzo
degli Uffizi a Firenze, la prima
costruzione al mondo creata
appositamente per contenerle.
La loro ricca e straordinaria
collezione di famiglia fu
ereditata dalla città con un
lascito di Anna Maria Luisa,
figlia di Cosimo III, quando
Firenze, fu conquistata da
Francesco di Lorena nel 1735.
All’interno delle abitazioni
signorili, nel Cinquecento,
trovano posto le collezioni in
stanze a loro dedicate. Nel nord
Europa sono le
Wunderkammer
(camera delle Meraviglie), che si
svilupperanno in seguito anche da
noi. Queste sono stanze piene, non
solo di oggetti d’arte, ma anche
di stramberie di vario tipo
pseudoscientifiche, che vedremo in
seguito. In Italia, invece,
imperano gli
studioli, Sono
piccole stanze con opere d'arte,
create per rilassarsi e
distendersi intellettualmente. Tra
gli studioli più famosi,
citiamo quello di Isabella d'Este
a Mantova e quello fiorentino di
Francesco I de' Medici, a Palazzo
Vecchio. Con il rinascimento
vengono realizzate le gallerie,
ambienti molto lunghi per
ammirarvi, camminando, le opere
d’arte, come la ricchezza e il
gusto possedute dal proprietario.
Nel Seicento, anche nel campo
del collezionismo, si affermano i
grandi poteri. In Francia prevale
la corte monarchica che possiede
le grosse raccolte d’arte. In
Italia, invece, al centro sia
dell’arte che delle collezioni
d’arte, è la curia di Roma ad
avere le possibilità maggiori. Tra
papi, cardinale e vescovi, e le
loro famiglie potenti, si
affermano nomi ancora oggi noti: i
cardinali Scipione Borghese,
Francesco Maria Del Monte, Pietro
Aldobrandini, Ludovico Ludovisi,
Maffeo Barberini, Marcantonio
Colonna, Giovanni Battista
Pamphilj e Bernardino Spada. I
loro nomi sono legati
inscindibilmente dall’architettura
romana.
Il nuovo
mercato dell’arte
Nel settore del collezionismo
appaiono nuove figure come gli
antiquari, che trattano le
antichità, sia nella loro
reperibilità che nella vendita. Si
aprono spazi anche per i
conoscitori dilettanti,
esperti delle cose artistiche,
nuove e vecchie, che, pur non
possedendo enormi quantità di
opere (come capitava prima) hanno
quelle capacità e cognizioni, atte
a trattare con piccoli
collezionisti borghesi. I nuovi
professionisti ed esperti dà avvio
ad una critica d'arte del tutto
autonoma, che farà nascere le
prime esposizioni d’arte aperte al
pubblico, di nuovi artisti
italiani o esteri. Il mercato, che
fino a quel momento era ristretto
a nobili ed ecclesiastici, si
espande esponenzialmente,
interessando e coinvolgendo
collezionisti privati della
nascente borghesia. Si impongono,
inoltre, ecco i mercanti d’arte,
intermediari essenziali, che
creano e vendono (da parte di
famiglie decadute) collezioni o
singole opere. Venezia, verso la
fine del Seicento, primi del
Settecento, diviene uno dei
principali mercati europei di
opere d’arte. E’ rimasta famosa la
vendita, effettuata dal mercante
Daniele De Nijs, della collezione
dei Gonzaga, al re Carlo I
d'Inghilterra.
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