Cesare Beccaria (Cesare Bonesana, marchese di
Beccaria) nasce a Milano nel 1738. Nella sua vita svolge attività nel campo
giuridico, filosofico, economico e letterario.
Opera nella realtà milanese con i fratelli Verri, Pietro ed Alessandro,
collabora con la rivista “il Caffè” ed è fondatore dell' “Accademia dei
Pugni”. Conosce le opere di Locke, Helvetius e Condillac.
Tuttavia la sua figura rimane di grande importanza, anche attuale, per la
sua adesione al pensiero illuminista e alla sua opera principale, pubblicata
nel 1764, “Dei delitti e delle pene”, che gli valse notorietà a livello
europeo. Venne osannato dai filosofi dell'Enciclopedia, dallo stesso
Voltaire e dai philosophes francesi.
“Dei delitti e delle pene”
"Non vi è libertà ogni qual volta le leggi
permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona e diventi
cosa".
Secondo la teoria contrattualistica, la Società si fonda su un contratto
a cui i cittadini aderiscono liberamente, che gli affida il compito di
sorvegliare sulla libertà individuale, sull'ordine pubblico e sulla
sicurezza degli individui. Inserito in tale quadro il delitto può essere
concepito come una violazione del contratto. Avendo la Società diritto di
autodifesa interviene con delle pene in rapporto al crimine commesso
(principio del proporzionalismo della pena) e sul principio “contrattuale”
che nessun individuo può disporre della vita di un altro.
E' a questo punto che Beccaria trattando delle pene si dichiara contrario
alla pena di morte. A suo avviso questa non è efficace come deterrente,
piuttosto è la detenzione la vera soluzione. E' la certezza della pena e non
la sua severità che le dà la vera forza (dall'inglese Robert Peel ). Le
persone, sostiene, tendono a dimenticare l'esecuzione di una condanna a
morte (non essendo stato seguito il processo), viceversa una condanna a
vita, con la prospettiva di passare l'esistenza in carcere, può
rappresentare una dissuasione al commettere un crimine.
Nel trattato, rifacendosi agli scritti di Tommaso Campanella, Beccaria
arriva a sostenere il valore rieducativo della pena e che è "l'estensione e
non l'intensione della pena" a spingere a non commettere delitti. Solo una
fuga dal carcere può rappresentare un rischio per la Società tale da doversi
punire con una condanna a morte.
Innumerevoli saggi di sociologia e di filosofia sono stati pubblicati fino
ad oggi dalla stampa di “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria. Lo
stesso Ugo Foscolo nel suo libro "Ultime Lettere di Jacopo Ortis" sostiene,
in linea con le teorie di Beccaria, che "le pene crescono coi supplizi".
Forse pochi sanno che la figlia di Cesare Beccaria, Giulia, fu la madre di
Alessandro Manzoni.
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