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di Giuseppina Mento
 
 

Uno dei santi protettori più amati in tutta la Sicilia è sicuramente San Giuseppe, che infatti patrono di moltissimi paesi dell'isola e viene festeggiato anche due volte l'anno. La devozione e il culto privato per S. Giuseppe risulta però già dai primi secoli del cristianesimo anche attraverso una serie di leggende e testimonianze dei vangeli apocrifi, mentre il culto pubblico e liturgico fiorisce a partire dai secoli XIV e XV. La grande diffusione del culto di San Giuseppe si riflette sulla varietà dei riti e delle e delle costumanze che celebrano il santo, anche perché la data del festeggiamento, quasi dappertutto il 19 Marzo, coincide con l'equinozio di primavera e assorbe pertanto alcuni usi di più antica tradizione.

Tutte le feste che si celebrano in onore di San Giuseppe hanno infatti come caratteristica comune la preparazione del banchetto collettivo che, come nelle feste di origine agricola assume un valore propiziatorio che assicura i buoni raccolti ricorrendo ai segni dell’abbondanza. Il banchetto per la festa di San Giuseppe viene denominato in vari modi a seconda del paese: cena, cummitu, artaru, tavulata, ma ognuno in ognuno di questi pani votivi sono i protagonisti per eccellenza, il Pitrè infatti afferma che:" trattandosi di un omaggio al Padre della Provvidenza, tutto dev'esser grande e spettacoloso, e il pane dà la misura della provvidenza della giornata’.

Nella tradizione popolare, oltre ad essere il protettore degli orfani e delle ragazze nubili San Giuseppe protegge soprattutto i poveri, e per questo si usa preparare il pranzo sacro offerto al bisognosi e agli orfani, quest’usanza era diffusa, e lo è ancora in qualche paesino, un po’ in tutta la Sicilia, dove infatti protagonisti del banchetto sacro sono tre poveri: un vecchietto, una ragazza orfana, e un bambino che simbolicamente rappresentano la Sacra Famiglia. Inoltre come afferma il Pitrè"questo banchetto si fa per voto dalle persone che lo bandiscono o ripete tradizionalmente dalle famiglie", non solo ma alcune famiglie si curavano di preparare la "cena" anche per incarico di parenti emigrati negli Stati Uniti che non riescono più soddisfare la promessa fatta al Santo.

In particolare nei paesi della Valle del Belice ciò che caratterizza questa festa sono gli "artari" cioè degli altari, allestiti in casa da chi ne ha fatto voto, questi sono costituiti da assi di legno disposti a tre o cinque gradini e vengono addobbati con rami di alloro, mirto frutta e pani votivi, la preparazione di quest'ultimi impegna per diversi giorni le donne di casa ma anche quelle del vicinato. L’impasto della farina della segue un preciso rituale infatti i pani devono essere di peso e dimensioni diverse, mentre la loro collocazione sull’altare spetta per tradizione al capofamiglia: la "spera", un pane-dolce a forma di ostensorio è posto al centro in alto con ai lati due cuori anch’essi in pasta di pane, più in basso si trovano i pani che vengono generalmente offerti a coloro che rappresentano la sacra famiglia: a San Giuseppe la barba, o il bastone, alla Madonna la palma, a Gesù Bambino la croce tutti fatti di pasta con o senza ripieno di fichi secchi.

Al centro dell'altare in basso campeggiano i "cucciddati" che il Pitrè afferma "essere così grandi che per mettersi in forno esigono lo allargamento della bocca di esso" il peso infatti varia dagli otto al dieci chili, il cucciddatti è dunque "l'astro maggiore intorno al quale però si muovono satelliti minori, altri pani di dimensioni relativamente piccole da mezzo chilogrammo l’uno tutti diversi tra loro per figurazioni". La festa di San Giuseppe è in effetti un vero trionfo di pani, ve ne sono infatti alcuni che raffigurano i ferri del mestiere del santo come la tenaglia, il martello, la sega, la scala, altri rappresentano sette figure di monaci, "munacheddi" , la "vastedda" è invece un pane a forma di canestro come quelli preparati per la Pasqua, che contiene fiori, nastri, angeli uccellini e animali di ogni tipo finemente lavorati.

Ai piedi degli altari vi sono di solito delle tavolate anch'esse colme di pietanze di vario tipo, il banchetto viene inaugurato, dapprima dai tre poveri rappresentanti la sacra famiglia ma i pani votivi prima di essere consumati vengono benedetti e poi distribuiti da chi ha fatto il voto a parenti e amici. La festa di San Giuseppe dunque non è solo la festa del pane, del raccolto e del risveglio della natura, è soprattutto la festa della famiglia, in cui attraverso la preparazione del pranzo votivo i fedeli ritualizzano un momento quotidiano fondamentale della tradizione e della cultura contadina.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
      
 
 

   
 
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