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l'ILLUMINISMO |
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Introduzione |
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La
rivoluzione scientifica |
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L'illuminismo |
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Il nuovo
modello di sviluppo |
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La
diversificazione europea |
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Cosimo
Amidei |
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Cesare
Beccaria |
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Pietro
Giannone |
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Giuseppe
Parini |
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Pietro Verri |
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Conclusioni |
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VIDEO |
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HOME ILLUMINISMO |
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HOME
PRIMOPIANO |
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PARINI -
Dialogo sopra la nobiltà |
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PARINI - Il
giorno |
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Il poeta Giuseppe
Parino nacque in Brianza a Bosisio (oggi
Bosisio Parini, provincia di Lecco) nel
1729 (muterà il cognome successivamente in
“Parini”). Essendo i genitori di modesta
estrazione, con una famiglia numerosa, il
Parini fu affidato alle cure della prozia
che abitava a Milano. Questa si addossò la
spesa di mantenerlo e di farlo studiare
nella prestigiosa scuola degli Arcimboldi,
amministrata dai padri barnabiti. Parini
non eccelleva negli studi, soprattutto
dopo la morte nel 1741 della prozia, che
gli lasciò una piccola eredità (limitate
rendite immobiliari), di cui entrò in
possesso solo nel 1751. Il poeta, per
continuare gli studi, si trovò nella
necessità di lavorare dando lezioni
private e copiando documenti per vari
studi legali. La zia, morendo, si fece
promettere dal giovane di abbracciare la
carriera ecclesiastica per divenire un
sacerdote. Si avviò così,
contemporaneamente, al sacerdozio
(prenderà i voti nel 1754 ). Ciononostante
il Parini negli studi divenne insofferente
ai metodi eccessivamente duri dei suoi
insegnati, che, ai suoi occhi, apparivano
antiquati rispetto ai tempi Durante la
frequenza della
scuola degli Arcimboldi ( della quale
furono allievi anche Pietro Verri e Cesare
Beccaria) portò avanti delle letture
personali, che
risultarono importanti per la sua
formazione, come i classici latini,
Anacreonte, Virgilio e Orazio, e italiani,
Dante e Ariosto, gli autori del
Cinquecento, ma anche i suoi contemporanei
poeti del Settecento. Nel 1752 il
Parini pubblicò la sua prima raccolta di
rime, intitolate
Alcune poesie di
Ripano Eupilino (il
nome è composto dall'anagramma di Parino e
dal nome classico Eupili del lago di
Pusiano, presso Bosisio). Le composizioni,
di argomenti vari, risentono ancora
dell'isolamento culturale e sociale
giovanile, e dagli studi effettuati.
Tuttavia il discreto successo della sua
opera gli servì per essere accolto nel
1753 nell'Accademia dei Trasformati, che
si riuniva nel salotto del conte Giuseppe
Maria Imbonati, frequentato dall'elite
milanese, ove fece amicizie e conobbe
protettori. Nel 1754 a Lodi fu ordinato
sacerdote e le sue ancora scarse
possibilità economiche lo portarono ad
accettare l'aiuto dell'abate Soresi che lo
introdusse in casa del duca Gabrio
Serbelloni con il compito di ripetitore
del figlio. Rimastovi dal 1754 al 1762
con questo servizio, ebbe la possibilità
di fare nuove conoscenze nell'alta società
aperta alle idee provenienti dalla
Francia. Tra gli altri: la duchessa
Vittoria Serbelloni, lettrice appassionata
di Rousseau e Buffon, del medico di
famiglia Giuseppe Cicognini propugnatore
della necessità di estendere le cure anche
alle persone “colpevoli” di avere malattie
infamanti (il Cicognini divenne
successivamente direttore della facoltà di
medicina di Milano). In questi anni il
Parini osservò attentamente l'ambiente
della nobiltà e lesse scritti di autori
come Voltaire, Montesquieu, Rousseau,
Condillac e dell'
Encyclopédie.
Ne rimase
fortemente influenzato nelle idee che
segnarono le nuove pubblicazioni. Tra le
altre
Dialogo sopra la nobiltà
(1757),
La
vita rustica
(pubblicata nel 1790) e
La salubrità
dell'aria
(1759). Nel 1762, prese le difese della
figlia del maestro di musica Giovanni
Battista Sammartini, schiaffeggiata dalla
Serbelloni e questo gli costò il lavoro.
Presto fu assunto in casa Imbonati come
precettore del figlio Carlo, a cui,
successivamente, dedicò l'ode
L'educazione.
Incoraggiato da amici e, in particolare,
dal conte Firmian nel 1763 diede alle
stampe il poemetto
Il Mattino,
che ottenne un discreto successo (sul
primo numero de
La Frusta letteraria
da parte del Baretti). Nel 1765 sostenuto
dall'accoglienza positiva, pubblicò
Il
Mezzogiorno.
Unico critico, nel successo concorde, fu
Pietro Verri con un articolo negativo su
Il
Caffè.
I due poemetti proiettarono il Parini
sulla scena milanese. Diversi furono gli
onori ottenuti. Nel 1766 il ministro Du
Tillot gli offrì la cattedra di eloquenza
presso l'università di Parma, che egli
rifiutò. Nel 1768 il governo austriaco,
rappresentato a Milano dal conte Carlo
Giuseppe de Firmian, tale era il plauso,
lo nominò, in quell'anno, poeta ufficiale
del Regio Ducale Teatro e gli affidò la
direzione della "Gazzetta di Milano",
organo ufficiale del governo. Nell'anno
successivo lo scelse per la cattedra di
eloquenza e belle arti delle Scuole
Palatine, che divennero più tardi il Regio
Ginnasio di Brera. Parini tenne la
cattedra fino al 1773. Come “poeta
ufficiale” del governo austriaco, tra il
1770 e il 1771, scrisse opere non solo in
occasione di cerimonie di corte ( l'Amorosa
incostanza
e l'Iside
salvata),
ma anche per le nozze
dell'arciduca Ferdinando d'Austria e Maria
Beatrice d'Este (l'opera pastorale
Ascanio in
Alba).
Quest'ultima opera fu anche musicata da
Mozart, ed è catalogata come opera K111.
Nel 1774, mentre componeva il testo de Il
Giorno e le Odi, partecipò ad una
commissione per la riforma delle Scuole
inferiori e nel 1776 fu nominato ordinario
della Società patriottica istituita da
Maria Teresa d'Austria. Sempre nel 1776
gli venne attribuita da Papa Pio VI una
pensione annua. Nel 1777 entrò a far parte
dell'Arcadia di Roma. Nel 1791 fu nominato
Soprintendente delle Scuole pubbliche di
Brera, ma, soprattutto, pubblicò
Odi
dell'abate Parini già divolgate, che
raccoglieva ventidue delle sue odi . il
Vespro e la Notte,
invece, non furono
mai date alle stampe e pubblicate solo
postume. Tra il 1793 e il 1796, scrisse
altre odi (Il
messaggio,
Alla
Musa,
la
Musica).
Intanto Napoleone Bonaparte conquistò
Milano. Parini, avverso alla guerra, non
solo partecipò solo per tre mesi alla
Municipalità, a cui era stato nominato,
rappresentando insieme al Verri l'ala
moderata (fu destituito successivamente a
causa della sua assenza), ma, quando gli
fu chiesto, si rifiutò di scrivere
qualcosa per glorificare la vittoria
francese nella violenza e nel sangue. Al
ritorno degli austriaci scrisse il
poemetto
Predàro i filistei l'arca di Dio,
dimostrando la sua avversione alle guerre,
prendendo una posizione quasi equidistante
tra le due potenze.
Lo scritto fu l'ultimo della sua
vita: il 15 agosto 1799 morì nella sua
abitazione a Brera
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