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L’ Asianesimo
Nato in età
ellenistica, verso il 250 a.C., ad opera di Egesia di Magnesia
(Lidia, Asia Minore), il
movimento dell’Asianesimo operava sull’arte oratoria,
opposto alla tradizione e al purismo degli
attici.
Egesia si rifaceva alle capacità del retore attico
Carisio (ca.
300 a.C.), che, a sua volta, si ispirava a
Lisia (445
a.C.-380 a.C.). All’inizio esso propugnava l’uso di
periodi brevi organizzati con una certa attenzione, ma, già ai
tempi di Cicerone, con
Eschilo di
Cnido ed Eschine di Mileto, si fondava su un'oratoria
enfatica e
barocca. Poiché questi inserivano
parole del greco ionico (parlato in Asia Minore), nella purezza
del greco attico, furono soprannominati dagli Atticisti come "Asiani"
o "Asiatici". Oratore appassionato, C. Gracco,
nell'antica
Roma, già usava tale stile, ripreso da Cornelio Sisenna,
fino al vero maestro della corrente, l’avvocato Quinto
Ortensio
Ortalo, che operava a Roma ai tempi di Cicerone giovane.
Quest’ultimò divise l’Asianesimo in due correnti:
la prima che
utilizzava periodi brevi e spezzettati, ricca di concettismi,
ritmato e nervosa (il cultus, cioè della "ricercatezza").
la seconda,
all’opposto, ampollosa, con vocaboli poetici e un periodare
complesso, ricco di subordinate, aggettivi e figure retoriche
(il tumor, cioè dell'"esuberanza"). Cicerone preferiva
utilizzare una via di mezzo, e, cioè, lo
Stile rodiese.
All'Asianesimo va ricondotta anche la teoria anomalista:
il linguaggio nell'uso è libertà, creazione e fantasia, per cui
devianze, contaminazioni e neologismi possono e devono essere
accettati.
L’Atticismo
Convenzionalmente identificato alla scuola
di Alessandria,
l’Atticismo propugnava una forma semplice, la purezza dello
stile Attico e un'imitazione dei classici austera e ascetica.
Somigliante al primo periodo dell’Asianesimo, quello
di Lisia (445
a.C.-380 a.C.), aveva come punto di riferimento
Senofonte,
le commedie di
Menandro e i retori e grammatici puristi
Apollodoro di
Pergamo e Dionisio di Alicarnasso. Le opposte dottrine
grammaticali, tra Atticismo e Asianesimo, si fusero anche
opposte posizioni stilistiche.
All’Atticismo va collegata
anche la cosiddetta
teoria
analogista (sostenuta anche da
Cesare nel
De analogia): purista e tradizionalista, la lingua
deve basarsi su norme ben definite e sul rigore dei modelli
classici.
Lo Stile rodiese
Durante il suo soggiorno
in Grecia e
Asia Minore,
fra il 79 e il 77 a.C., Cicerone frequentò la scuola
di retorica di
Apollonio Molone,
nell'isola di Rodi,
riportandone un grande interesse. Infatti scrisse,
successivamente, che, dopo quell’esperienza, sfrondò il suo
stile giovanile adattandolo a quello rodio. Questo terzo
stile presenta
una prosa più tiepida rispetto al ridondante
Asianesimo,
ma che non cade
nella sintesi
dell'Atticismo.
Attaccato da
Licinio Calvo e Marco Giunio Bruto, oratori "atticisti",
che lo imputavano di ispirarsi all’Asianesimo, Cicerone
controbattè con numerose opere sulla retorica (Brutus,
Orator, De optimo genere oratorum),
nelle quali chiariva la sua posizione. Il vero oratore,
secondo Cicerone, non è quello che prediligie in particolare uno
stile anziché un altro, non essendo questi privi di difetti, ma
colui che utilizza tutte e tre le diverse strutture e qualità
stilistiche, combinandole sapientemente
anche all'interno di una
stessa orazione, a seconda l’esigenza di spiegare, divertire o
commuovere l’uditorio. Questa tecnica è già stata utilizzata dal
più grande degli Attici: Demostene. E’ a lui che bisogna
riferirsi per mutuarne l’ampio registro oratorio, cioè, allo
stile rodiese e, soprattutto, il suo.
Quintiliano
nel suo Institutio oratoria (XII, 10, 18) qualificherà lo
stile rodiese come via di mezzo tra Arianesimo (troppo
traboccante) ed Atticismo (troppo succinto).
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