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Marcello Crinò
EUTICHIO AJELLO
Dalla Sicilia alla Spagna
Pagine 104
Versione brossura
Formato 15,24 x 22,86
Editrice - Experiences

 

Costo: Brossura:
Euro 10,00

 
  2/3  
  IL SETTECENTO
 
 
 

 

 

In questo periodo in Italia sorgono scuole un pò dappertutto con tendenze diverse presso le corti o nei grandi centri urbani.
Venezia si distingue su tutte. Già nel Seicento la sua pittura era stata di grande livello, distinguendosi per l'originale tendenza “coloristica”. Ma è nel Settecento che la pittura veneta raggiunge il suo culmine. Le grandi correnti artistiche, ad esempio il Vedutismo, passano sempre di più per la città lagunare. Tra i pittori che operano a Venezia si distingue l'opera di Giovan Battista Tiepolo (1696-1770). Egli non segue la mimesi ma l'ostentata finzione ed esagerazione:unisce, nelle decorazioni parietali e dei soffitti, una grande fantasia di colori ad un senso magico della prospettiva.(Affreschi di Villa Valmarana a Vicenza). Si possono cogliere nell’opera di Tiepolo ingredienti di cultura tardo cinquecentesca e secentesca
Molti altri sono pittori che hanno legato la loro fama a Venezia. Tra questi si distinguono Giovanni Antonio Canal, più conosciuto come il Canaletto (1697-1768) e Francesco Guardi (1712-1793), che operano nella città veneta. Il Vedutismo è un genere pittorico che rappresenta vedute prospettiche di città o paesaggi, limitandosi alla realtà oggettiva del panorama, soprattutto architettonico, in modo scientifico tramite l'uso della camera ottica. Eccezionale è il rinnovamento nelle rappresentazioni di Venezia del Canaletto, così attente nella riproduzione (nei suoi quadri pur di piccolo formato) dei bellissimi palazzi, diffondono ovunque delle bellissime immagini della città. Al tempo stesso per la loro precisione e accuratezza (il valore matematico della prospettiva), possono essere considerate dei veri e propri rilievi architettonici, una vera documentazione di Venezia in quel secolo. Egli è affascinato dalle idee razionalistiche dell'Illuminismo, ed è per questo che propugna la ricerca di una specie di scientifica oggettività, avvalendosi proprio dello strumento ottico.
A differenza di Canaletto, Guardi non crea una rappresentazione quasi fotografica, ma cerca di rappresentare nei suoi quadri la luce della città lagunare con veloci tocchi di pennello. Egli cerca la città con la memoria, con rappresentazioni meno scientifiche e più emotive. Crea così alcuni capolavori dove la "curiosità" si lega ad un colore prezioso.
Altri pittori si applicheranno alla raffigurazione di Venezia: il figlio del Tiepolo, Giandomenico; Giovan Battista Piazzetta e Pietro Longhi.
L' architettura veneziana del Settecento determinerà sostanzialmente il caratteristico aspetto odierno della città lagunare. Tra gli architetti che la generarono, un grande artefice fu Baldassarre Longhena (Chiesa della salute).

Tra gli artisti vedutisti, c'è Van Wittel, pittore olandese, che ne è uno dei maggiori esponenti. Egli si reca spesso a Napoli. La città partenopea, grazie a questo artista, viene rappresentata con quadri prospettici notevolmente scientifici e rigorosi. Van Wittel, come Canaletto, adopera la camera ottica. “uno strumento ottico che inquadra e permette i vedere meglio la realtà...vedere con ordine, con gli occhi e la mente insieme. Vedere le singole cose e il contesto che formano; ma sapendo che l'ordine non è della realtà oggettiva, bensì della mente che valuta e coordina i dati del senso”. (Argan)
Sempre a Napoli si distingue la pittura di Giordano. Nei suoi quadri spariscono i riferimenti naturalistici. Giordano supera la grandiosità barocca di P. Da Cortona, anticipando nella sua pittura molte tendenze del gusto decorativo europeo. Da ricordare la notevole creatività di Corrado Giacquinto e per i vivaci ambienti scenografici di Francesco Solimena (detto l’Abate Ciccio).
A Napoli opera soprattutto l'architetto Vanvitelli che per i Borboni progetta e costruisce la grandiosa Reggia di Caserta, immersa in un enorme parco di stile rococò, con giochi d’acqua e fontane e arredato da statue mitologiche o di gusto arcadico.

Tipica di una cultura illuministica, come abbiamo visto, è la passione per il "il paesaggio". Ma questo sviluppatosi a Roma (abbiamo già parlato di Giambattista Piranesi), dietro l’esempio classico di Poussin e di Lorrain, non poteva che riempirsi di ruderi dell'antica Roma. Nelle opere dei cosiddetti "Rovinisti" si anticipa preannunciandolo il Romanticismo.
In architettura i riferimenti non mancano nella città eterna. Così, alla fine del barocco, ci si ispira sia dalle esperienze del Bernini sia da quelle del Borromini. Altri architetti come Ferdinando Fuga (Palazzo della Consulta, Facciata di Santa Maria Maggiore), contaminano la propria opera con un chiaro riferimento neoclassico. A Roma si sviluppa anche la nuova urbanistica settecentesca, essendo il centro del cattolicesimo. Nel 1721 viene realizzata la scalinata di Trinità dei Monti grazie all’opera di Alessandro Specchi e Francesco De Sanctis. Nel 1733 segue la Fontana di Trevi ad opera di Niccolò Salvi, che riempie l'omonima pazza con uno spettacolo scrosciante di statue e festosi giochi d’acqua.

A Torino si impone l’attività di un grande architetto, il messinese Filippo Juvara (piano regolatore della città, Basilica di Superga, Palazzina di caccia di Stupinigi); che successivamente passò dalla corte dei Savoia a quella spagnola, realizzando preziose costruzioni.

Alessandro Magnasco, pittore di calda fantasia descrittiva, operò a Genova.

A Bologna, si distingue la figura di Crespi. Egli pratica una pittura “naturalistica". Basandosi su effetti luministici, egli coglie nella sua opera episodi di vita quotidiana.

Ugualmente in Lombardia, Giacomo Antonio Melchiorre Ceruti (1698-1767), detto il Pitocchetto, dipinge opere a soggetto religioso, nature morte e ritratti. Aveva come soggetti principali i poveri, i reietti, i vagabondi, i pitocchi (da qui il soprannome di Pitocchetto). Nella ritrattistica (intensamente caratterizzata) si distingue Fra’ Galgario (Giuseppe Ghislandi).

In Sicilia si mette in mostra uno scultore innovatore come il palermitano Giacomo Serpotta. La sua produzione artistica comprende numerossissime varietà di sculture a stucco, il quale consentendo grande duttilità della materia, gli permise di legare il suo nome al gusto e allo spirito del rococò.

   
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