Il pensiero kantiano riscosse un enorme successo nel
periodo che va dalla fine del Settecento agli inizi
dell’Ottocento. Si attribuiva la sua fortuna alla sua
riorganizzazione e riformulazione delle due diverse tendenze
filosofiche, quella del razionalismo europeo e quella,
contemporanea, dell’empirismo britannico.
Alcuni critici sostengono la vicinanza tra il pensiero
kantiano e quello di Galilei. Questo perché ambedue tentarono
una fusione tra metodo matematico e metodo sperimentale.
Tuttavia, Galilei era uno scienziato, Kant un filosofo. Per
questo il successo di Kant, nell’armonizzare i due sistemi
citati, fu visto, non come una conclusione scientifica, ma come
punto di partenza di un nuovo metodo filosofico.
Le
critiche Ciononostante il
pensiero kantiano sollevò numerose polemiche. Sottoposta a
critica fu soprattutto, la sua teoria sulla conoscenza umana,
divisa in due aspetti, le apparenze sensibili e la cosa nella
sua essenza. Accettando, infatti, la conoscenza secondo
l'idealismo di Berkeley, e, cioè, l’esistenza dei corpi reali,
indipendentemente dalla loro conoscenza sensibile, si creava un
dualismo, che, oltretutto, veniva dopo un altro dualismo tra
fenomeno e noumeno. Seguendo il pensiero di Kant, la cosa reale
finiva, così, per essere del tutto sconosciuta. Kant finì per
essere tacciato di fenomenismo e agnosticismo.
Nonostante Kant avesse costruito la sua filosofia in modo
organico e ordinatore, finì , sotto il profilo della conoscenza
per dare origine a delle involontarie difficoltà. La
causalità per cui il noumeno finiva per creare in noi dei
fenomeni, che era il contrario dell’inconoscibilità delle cose.
Non solo, poiché la causalità come categoria dell'intelletto era
valida solo per i fenomeni, non poteva essere usata
indipendentemente dai fenomeni stessi. Così concluse il filosofo
Friedrich Heinrich Jacobi.
Ad esso si aggiunsero le critiche di Gottlob Ernst
Schulze, che derivò come postulando l’esistenza delle cose
indipendentemente dalla loro conoscenza, finiva per essere
dogmatico, cosa a Kant stesso inaccettabile. Supporre, infatti,
l’esistenza del noumeno a priori, condizionava la sua conoscenza
alla pensabilità dell’ oggetto stesso, arenandosi, così, nello
scetticismo anti-metafisico di David Hume.
Il Kantismo
Lo sviluppo del pensiero di Kant ebbe
inizio già dal 1787 con Karl Leonhard Reinhold,
Questi, in prospettiva idealistica, cercò di eliminare il
concetto di “cosa in sé”. Salomon Maimon, invece, sostenne
l’inutilità di indagare una presunta realtà esterna alla
coscienza, sostenendo che, come un numero immaginario, la vera
realtà (il noumeno) era in ciò che è contenuto nella nostra
coscienza.
Altri filosofi, come Johann Gottlieb Fichte, e,
soprattutto, Friedrich Schelling, spostarono il dibattito
sell’ontologia, che Kant aveva tralasciato. Sostenendo, invece,
che l'essere
esiste dentro l'autocoscienza. Nell’auto-formazione individuale,
la cosa in sé coincideva con il momento trascendentale. Secondo
i filosofi citati, una conoscenza necessaria e universale,
quindi, non poteva prescindere dall’ontologia.
|
|