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A differenza di Zena, Paolo Valera nasce a Como nel 1850, ma da famiglia realmente proletaria. Il padre, infatti, era venditore di zolfanelli mentre la madre era cucitrice.
Allo scoppio della terza guerra di indipendenza italiana, nel 1866, nonostante sia ancora minorenne, parte e si arruola nel reparto dei garibaldini. Di idee progressiste collabora con diverse riviste, come La plebe e La farfalla, fino al 1901, quando fonda la rivista La folla. Nel 1879 decide di riunire in un unico libro i reportages giornalistici su Milano, dal titolo Milano sconosciuta. Il libro colpisce l’opinione pubblica creando scandalo tra i benpensanti e ne raccoglie un processo per diffamazione. In effetti, il libro è molto crudo e chiaro. In esso tratta dei luoghi del "vizio" nella città lombarda, ma anche della povertà, della disperazione e del degrado sociale del sottoproletariato urbano. In più, come in un libro d’oggi, egli redige una "mappa" di luoghi come bordelli o luoghi d'incontro omosessuale. Tra scandalo e pruderie il libro, come detto, non passò di certo inosservato al grande pubblico.
Seguirono altre pubblicazioni sempre sul degrado sociale del proletariato. Furono pubblicati: Gli scamiciati (1881), Alla conquista del pane (1884), Amori bestiali (1884).
Nel 1888 rimase invischiato con lo scandalo di Emma Allis, ex amante di Re Vittorio Emanuele II, e per questo fu condannato a tre anni di prigione, che egli evitò partendo in tempo per Londra. Ma nel 1898 tornò a Milano per prendere parte alla rivolta popolare, repressa dal generale Fiorenzo Bava-Beccaris. Preso, passò, per la partecipazione, alcuni mesi in galera. In questo momento turbinoso s'iscrisse al Partito Socialista Italiano.
Ritenuto un sovversivo, fu processato, ma venne assolto dall'accusa, probabilmente, per il clima più tollerante che si viveva nel periodo giolittiano. Visse appartato, dedicandosi a opere di storia.

Agli inizi del Novecento pubblicò, nel 1901, il romanzo La folla (con lo stesso titolo della rivista), e il libro autobiografico, nel 1907, La sanguinosa settimana del maggio '98.
Lo stile di Valera, come d’altronde il suo carattere, è fatto di avvenimenti forti schizzati a tinte scure, con colpi di scena ripetuti e clamorosi. Al centro della sua opera vi è la cruda denuncia delle ingiustizie sociali a favore dei diritti delle classi più umili e oppresse. Rappresentante di quella "scapigliatura democratica", egli cerca, ad uso politico e sociale, la più radicale delle interpretazioni del Naturalismo francese. Le sue idee "estremiste", s’ispirano, infatti, a quelle della Comune parigina, amico com’era di Amilcare Cipriani, il garibaldino che partecipò a quegli avvenimenti.

Nel 1924 redasse a caldo, dopo il delitto Matteotti, Mussolini, una biografia del duce, che gli creò non pochi problemi. In esso tratteggiandolo come un voltagabbana, si guadagnò le ire del gerarca Giampaoli, che mise all’indice il libro, con un provvedimento di sequestro. Ma non basta: augurandosi, sempre nel libro, il ritorno al socialismo di Mussolini, venne espulso dal PSI, "dopo quaranta anni di tessera", come egli stesso ebbe a scrivere in una lettera.
Divenuto successivamente nullatenente, per mangiare scrisse il diario autobiografico I miei dieci anni all'estero (1925). Il libro passò quasi inosservato. Il primo maggio del 1926 morì povero a Milano.
Va ricordata la sua opera di traduttore, a cui si deve la trasposizione in italiano del Quo vadis?
di Henryk Sienkiewicz. 

 

 

 

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