Fondata nel XII secolo dal re ceco Premislao Ottocaro II, la
fortezza dello Spielberg, utilizzata per secoli come castello a
difesa della città di Brno, in Moravia, fu trasformata, in
parte, in prigione dall´imperatore Giuseppe II. Dopo la sua
parziale distruzione ad opera di Napoleone, nel 1809, essa fu
ricostruita e completamente trasformata nel 1820. In essa furono
detenuti, non solo criminali pericolosi, ma anche patrioti,
ribelli contro l'Impero Austriaco, di diversa provenienza. In
essa furono imprigionati ribelli come i così chiamati “Giacobini
ungheresi”, i patrioti italiani (i "Carbonari" e gli aderenti
alla "Giovine Italia") e i rivoluzionari della Rivolta di
Cracovia del 1846. In essa furono detenuti, tra gli italiani,
Silvio Pellico,
Federico Confalonieri, Francesco Arese e Piero Maroncelli.
Ma se lo Spielberg fu la prigione più famosa dell’impero
asburgico (immortalata dall’opera
Le mie prigioni
di Silvio Pellico) , molti altri furono imprigionati per le loro
convinzioni politiche in carceri anche meno importanti. Lo
Spielberg perse la sua funzione carceraria nel 1855, per
decisione dell'imperatore Francesco Giuseppe I d'Asburgo, che lo
riportò all’uso originario di caserma. Dal 1960 la fortezza è
sede del Museo civico di Brno, ed è stata ampiamente
ristrutturata e modificata.
Silvio Pellico, nato
a Saluzzo il 24
giugno 1789, dopo gli studi, effettuati a Pinerolo e
Torino, e un breve periodo in cui soggiornò a Lione, si trasferì
a Milano, nel 1809. Qui ebbe la possibilità di conoscere
letterati italiani,
come Federico Confalonieri, Gian Domenico Romagnosi e Giovanni
Berchet, e personalità di spicco di livello europeo, come Madame
de Stael e Friedrich von Schlegel. All’interno dei circoli
milanesi venne in contatto con le idee sull’indipendenza
nazionale, tanto che, nel 1818, fondò il giornale Il
Conciliatore, dove queste trovavano eco di stampa. Intanto
scriveva, soprattutto poesie e tragedie in versi, come
Francesca da Rimini.
Ma fu la sua adesione
ai cosiddetti "Federati", gruppo di tipo carbonaro,
a farlo entrare nel mirino della polizia austriaca. Il 13
ottobre del 1820, questa effettua l’arresto di
Pellico, Piero Maroncelli ed altri: inizia il periodo più
nero della vita di Pellico. Incarcerato ai Piombi di Venezia,
egli attende la sentenza del tribunale, arrivata il 21 febbraio
del 1822. Essa recita la condanna:
“a morte (…) commutata in quindici anni di carcere
duro, da scontarsi nella fortezza di Spielberg” (a Brno in
Moravia). A marzo del 1822 fu trasferito di notte al terribile
carcere, dove passarono anni della sua vita in terribili
sofferenze.
Essendo un letterato, Pellico, cercò la
maniera per poter scrivere anche in reclusione. Con ingegno e
astuzia iniziò ad usare mollica di pane imbevuta d'acqua (la
carta), lische di pesce (i pennini) e il liquido di residui di
medicine (l’inchiostro). Dopo otto anni, nel 1830, arriva
finalmente la grazia imperiale. Esce di prigione e torna in
Italia. L’esperienza patita non va persa: stende le proprie
memorie nel libro Le mie prigioni, ed ottiene la sua
rivincita morale, tanto che, dopo il successo ottenuto, persino
Metternich confessò che il suo libro aveva nociuto all'Austria
più di una battaglia perduta. Silvio Pellico ottenne il
riconoscimento più impensabile dalla storia: la via che
costeggia, a Brno, la collina su cui sorge la fortezza dello
Spielberg, oggi si chiama Pellicova, proprio in suo
onore.
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