Che Roma fosse la capitale morale d’Italia era già più che
risaputo, ma la città rimaneva sede del papa e dello Stato
Pontificio. La sicurezza di esso era garantita da Napoleone III
e dalle sue truppe. Già Cavour, nel 1860, si era espresso sulla
necessità di una soluzione che assicurasse l'indipendenza del
papa. Egli cercava la "libertà assoluta della chiesa" come
libertà di coscienza, assicurando ai cattolici l'autonomia del
pontefice dal potere civile. Il concetto era proprio quello
attuale della divisione tra potere spirituale e potere
temporale, e quindi ribadì l’idea di “libera Chiesa in libero
Stato”. Sempre Cavour, nell'aprile del 1861, scrisse al
principe
Napoleone, affinchè si adoperasse nei confronti
dell’Imperatore, per ottenere la partenza del presidio francese
che attorniava Roma. Furono avviate trattative e si giunse ad un
abbozzo di convenzione. Purtroppo la morte di Cavour, il
6 giugno del
1861, fece sfumare l’accordo. Erano stati avviati, da
Cavour, contatti con il papa attraverso il cardinale Giacomo
Antonelli. Alla sua morte, il capo del governo Bettino Ricasoli,
il suo successore, il 10 settembre 1861, scrisse al cardinale
Antonelli: “alla mente ed al cuore del Santo Padre, perché colla
sua sapienza e bontà, consenta ad un accordo che lasciando
intatti i diritti della nazione, provvederebbe efficacemente
alla dignità e grandezza della chiesa”. Stavolta non si ottenne
nessuna attenzione. Agli inizi del
1863, il
governo Minghetti riprese il negoziato con Napoleone III.
Questi pretese, dopo i fatti dell’Aspromonte, maggiori garanzie
per il ritiro delle truppe francesi. Tra le richieste, oltre
l’impegno da parte dell'Italia a non invadere lo Stato
Pontificio, vi fu il passaggio della capitale del Regno da
Torino a Firenze. Le truppe italiane potevano intervenire a Roma
solo nel caso che una rivoluzione di tipo repubblicano
scoppiasse in città. Si giunse alla firma della
convenzione di
settembre nel 1864. In conformità a tale accordo la capitale del
Regno d’Italia fu trasferita da Torino a Firenze. Le truppe
francesi tornarono in patria. Quando Garibaldi nel 1867 si
mosse verso Roma (con l’appoggio segreto del governo italiano di
Urbano Rattazzi), anche le truppe italiane oltrepassarono il
confine dello Stato pontificio per “bloccarlo”. Napoleone III
non rimase a guardare. Il 3 novembre i francesi sbarcarono a
Civitavecchia e si unirono alle truppe pontificie che, nel
combattimento con i garibaldini a Mentana, ottennero la
vittoria. Le truppe italiane furono costrette a ritornare ai
vecchi confini. Stavolta, però, nonostante gli accordi, i
francesi rimasero a Roma. Il ministro Eugène Rouher,
parlando al parlamento francese, disse: “l'Italia
può fare a meno di Roma; noi dichiariamo che non si impadronirà
mai di questa città. La Francia non sopporterà mai questa
violenza fatta al suo onore ed al cattolicesimo”. La risposta
politica italiana non si fece attendere. Il 9 dicembre
Giovanni Lanza
(che diventerà capo del Governo alla fine del 1869), nel
discorso di insediamento alla presidenza della camera dei
deputati, affermò: “siamo unanimi a volere il compimento
dell'unità nazionale; e Roma, tardi o tosto, per la necessità
delle cose e per la ragione dei tempi, dovrà essere capitale
d'Italia”. Il 14 luglio 1870 il governo di Napoleone III
dichiarò guerra alla Prussia. Vi furono contatti, richieste
d’intervento, dichiarazioni e risposte politiche tra Francia e
Italia. Nonostante questo nel frattempo, i francesi
abbandonarono Roma. Ma subito dopo, l'imperatrice Eugenia, in
funzioni di reggente, inviò, addirittura, la nave da
guerra Orénoque a permanere davanti a Civitavecchia come
monito. Nella guerra franco-prussiana le cose cominciarono a
peggiorare per i francesi. Con la sconfitta la Francia cedette
alla Prussia l’Alsazia e la Lorena. Il 4 settembre 1870
cadeva il Secondo Impero, e in Francia veniva proclamata la
Terza Repubblica. La strada per Roma era aperta. Le truppe
raggiunsero facilmente le mura. Sul campo si fronteggiavano
50.000 italiani e circa 15.000 militari, di varie nazionalità,
del corpo pontificio. Iniziarono fitte trattative tra il Papa e
il governo italiano. Dopo tre giorni di attesa (si aspettò
invano la dichiarazione di resa), la mattina del 20 settembre
1870, l'artiglieria dell'esercito italiano, iniziò a
cannoneggiare le mura. Fu aperta una breccia (circa trenta
metri) nelle mura, accanto a Porta Pia, che permise a due
battaglioni d’avanguardia (di fanteria e di bersaglieri), al
comando del generale Raffaele Cadorna, di occupare la città.
Sembra, comunque, che il cardinale Giacomo Antonelli, l'allora
segretario di stato del papa, abbia ordinato al generale Kanzler
di ritirare le truppe pontifice entro le mura di Roma e di
limitarsi ad una resistenza puramente simbolica, per evitare
inutili spargimenti di sangue fra italiani. Venne
organizzato il 2 ottobre 1870 il plebiscito che decretò
l'annessione di Roma al Regno d'Italia. Nel giugno del 1871 fu
emanata la legge (3 febbraio 1871, n. 33) che decretava lo
spostamento della capitale d'Italia da Firenze a Roma. L’atto
militare italiano e la successiva annessione portò alla fine
dello Stato Pontificio e del potere temporale dei Papi, durato
millenni nella Storia. Papa Pio IX, rimasto segregato nella
piccola città del Vaticano, reagì scomunicando Vittorio Emanuele
II. Non solo: proibì esplicitamente (con il celebre decreto
Non expedit)
ai cattolici italiani di partecipare attivamente alla vita
politica del nuovo stato. Le conseguenze (l’autoesclusione dei
cattolici) si fecero sentire per circa mezzo secolo nella storia
d'Italia. Solo nel 1919, don Luigi Sturzo fondò il Partito
Popolare Italiano di ispirazione cattolica. La cosidetta
"Questione Romana", perdurò fino alla ratifica dei Patti
Lateranensi del 1929 (il famoso Concordato).
Con la vittoria nella Prima guerra mondiale (1915-1918), che
molti considerano la Quarta guerra d'indipendenza, l’Italia
annesse le terre “irredente”: Il Trentino-Alto Adige, Trieste,
Gorizia, l'Istria, la città di Zara (sulla costa dalmata),
l'isola di Lagosta e l'arcipelago di Pelagosa. Con la soluzione
della questione di Fiume, dopo molte vicende, anche questa venne
annessa nel 1924. Molte di queste conquiste vennero perse con la
II guerra mondiale.
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