

Scianna, il reporter che portò la moda per strada
di Enzo Rossi
Dal 24 ottobre 2025 al 1° marzo 2026 la Castiglia di Saluzzo dedica una grande mostra a Ferdinando Scianna, primo italiano nella Magnum. Novanta fotografie raccontano come un reporter nato all’ombra delle feste popolari siciliane sia riuscito a reinventare la fotografia di moda senza tradire il suo stile: un equilibrio raro, tra verità e messa in scena.
Un viaggio che parte da Sciascia e arriva a Dolce&Gabbana, passando per mezzo mondo.
| ALLA CASTIGLIA DI SALUZZO (CN) DAL 24 OTTOBRE 2025 AL 1° MARZO 2026 FERDINANDO SCIANNA LA MODA, LA VITA Attraverso 90 opere, la rassegna esplora, per la prima volta, uno dei capitoli che hanno segnato la carriera del fotografo siciliano: la moda. |
C’è un’idea semplice alla base di questa mostra: per capire Ferdinando Scianna bisogna tornare alle sue origini, alla luce feroce della Sicilia e alle sue ombre, quelle che il fotografo ama inseguire più del sole. Alla Castiglia di Saluzzo – antica fortezza trasformata in museo – lo raccontano con novanta immagini che ricostruiscono una storia meno nota, quasi sorprendente: l’avventura di Scianna nella moda, un territorio che lui non ha mai vissuto come evasione, ma come un’estensione naturale del suo mestiere di cronista del mondo.
È una storia che comincia molto prima degli scatti per Dolce&Gabbana. Nasce nelle campagne di Racalmuto, davanti a un tavolo apparecchiato dalle zie dello scrittore Leonardo Sciascia. Lì i due si incontrano per la prima volta, quasi fosse un disegno del destino. Da quella amicizia nasce Feste religiose in Sicilia, un libriccino grande quanto un passaporto, dove più che raccontare la verità Scianna cerca le domande – sul sacro, sulla vita e sulla morte. Quel libro diventa il biglietto d’uscita dalla Sicilia: «troppo sole, troppa luce», dirà. Meglio inseguire l’ombra, quella che definisce uno stile.
Milano, poi Parigi. Prima reporter a L’Europeo, poi giornalista e infine – non senza tentennamenti – candidato alla Magnum, il tempio del fotogiornalismo. Nel 1982 entra nell’agenzia dopo anni di prove, missioni e viaggi che vanno dal Libano ai minatori delle Ande, da Benares agli Stati Uniti. È in questo periodo che presenta alla Magnum anche un lavoro sulla moda: l’idea fa discutere, ma con il tempo conquista tutti, compreso Cartier-Bresson.

© Ferdinando Scianna
La sezione introduttiva della mostra lo racconta attraverso lo sguardo di Sciascia, amico e complice intellettuale. Poi una serie di immagini provenienti dalla Fondazione Arte CRT – India, Francia, Bolivia – mostra il vero cuore dello stile di Scianna: l’attenzione per luoghi e persone, l’occhio che anticipa l’immagine per coglierne la vita che scorre. Sono fotografie che spiegano il resto: anche quando si troverà a fotografare la moda, Scianna resterà un reporter.
L’esordio nella moda – una rivoluzione gentile
Il 1987 segna un crocevia. Due giovani stilisti, Domenico Dolce e Stefano Gabbana, gli affidano le immagini per i cataloghi delle loro collezioni. È un azzardo: alla moda non si era mai pensato di affidare la propria immagine a un fotoreporter. Ma la scelta si rivela geniale.
Scianna porta la moda fuori dagli studi e la riporta nella vita. Marpessa, la modella scelta come musa, non posa: vive. Corre in mezzo ai bambini che escono da scuola, si lascia attraversare da un macellaio che passa con un quarto di bue sulla spalla, ascolta i rumori di Caltagirone e Palermo e si muove come un personaggio di una storia più grande di lei.
«Facevo il fotoreporter. Di un sogno, forse, ma un sogno vero», ricorda. Per Scianna una modella può diventare creatura, come scrisse Sciascia, in un gioco pirandelliano dove la finzione si confonde con la vita.
I successivi dieci anni sono un fiume in piena: cataloghi per Dolce&Gabbana e Yohji Yamamoto, lavori per Vogue in varie edizioni, Vanity Fair, Stern, Grazia. Ma un filo non si spezza mai: Scianna continua a cercare persone vere, «real people», come le chiamano nel gergo della moda. E quando gli capita di fotografare modelle e modelli professionisti, li tratta comunque come esseri umani, non come manichini: ne osserva la stanchezza, li ritrae mentre fumano, mentre aspettano, mentre vivono. È lì che la moda smette di essere rappresentazione e torna documento.
La fotografia come memoria del mondo
C’è un tratto costante nelle immagini di Scianna: l’ombra. «A me il sole interessa perché fa ombra», dice. Nella sua fotografia la luce non è un dettaglio tecnico, ma una metafora della vita, del destino. Lo si vede in Sicilia come nei mercati messicani, nelle stazioni di Parigi o in un villaggio nubiano. La moda, osserva, può raccontare un paese più di tante analisi sociologiche.

© Ferdinando Scianna
E quando il fotografo si trova dall’altra parte del mondo, lo sguardo non cambia. In Russia, prima della caduta del Muro, Scianna ritrae modelle e città con la stessa tensione che si respira nelle strade: l’attesa di una fine, la percezione di un passaggio epocale. A Budapest, mentre gli mostrano i monumenti staliniani, gli capita perfino di fotografare le sue modelle su un camion che trasporta i resti di una statua di Stalin. La moda si fa storia, e senza volerlo racconta un pezzo di Europa.
Poi c’è l’America, o meglio Lamerica, come la chiamavano gli emigranti. Un luogo immaginato prima ancora che conosciuto, pieno di ricordi non vissuti. Scianna ci arriva prima come reporter, poi come fotografo di moda. Anche lì non cerca l’esotico: cerca la vita, le contraddizioni, le somiglianze.
Il Sud come destino
Alla fine tutto torna al Sud. Non solo quello geografico, ma quello esistenziale, fatto di memorie che non si possono cancellare. «Il Sud è questa memoria», scrive. È una parte di sé che riemerge ovunque: in Sicilia, in Andalusia, a Portopalo o a Siviglia, dove perfino una gitana con due figli può diventare protagonista di un catalogo. Per Scianna la fotografia è un modo per ricostruire questo paesaggio interiore: un insieme di ombre, riti, struggimenti e verità. Una memoria senza nostalgia.

La mostra e il dialogo con Helmut Newton
A Saluzzo il racconto continua in parallelo. Al Filatoio di Caraglio, infatti, si apre in contemporanea la mostra Helmut Newton. Intrecci. Due fotografi diversi, due modi opposti di interpretare la moda: Newton verso una teatralità sempre più onirica, Scianna verso la verità delle strade. Entrambi, però, figli di un mondo che stava cambiando: la caduta del Muro, le prime tecnologie digitali, un’idea di immagine che non sarebbe più stata la stessa.
Il programma pubblico cura incontri, dibattiti e approfondimenti: un’occasione per capire come la fotografia, la moda e la cultura visiva si specchino nella società contemporanea.
È un invito a guardare oltre l’immagine, per ritrovare la vita che l’ha generata.
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