Storia di un pellegrino e della falce di Messina a lui intitolata
La proposta per una serie di iniziative di forte impatto comunicativo, che hanno trovato la loro realizzazione nel 2011, è stata finalizzata a richiamare l’attenzione sull’area falcata di Messina, che da sempre ne ha caratterizzato l’identità, pur versando oggi in uno stato di degrado che certamente non rende onore alla propria storia. Il tema, quanto mai di attualità, è dimostrato dall’articolato dibattito pubblico, riflesso anche in sede parlamentare regionale, che trova quotidianamente ampio spazio nei servizi giornalistici di televisione e stampa.
L’area a forma di falce prende il nome specifico di “penisola o braccio di San Raineri”. Il toponimo secondo le cronache farebbe riferimento ad un romito che abitava “una capannuccia sotto un’antica e rovinosa fabbrica, stimata dei tempi dei Mamertini, vicina al mare” (Placido Samperi, Iconologia, 1644). Le esigue testimonianze letterarie hanno seguito la tradizione orale che ha connotato Raineri come un eremita locale, di epoca medioevale, vissuto in preghiera su questo lembo di terra.
In realtà si può dimostrare la progressiva perdita della memoria storica, che ha portato ed una erronea interpretazione della figura del santo e degli avvenimenti che hanno attribuito il nome alla penisola. La vicenda agiografica di San Raineri è delineata esattamente nei luoghi e nei tempi. Francesco Maurolico, scienziato eccezionale e di alto spessore storiografico, nel suo “Martyrologium” redatto nel 1568 secondo Santa Romana Chiesa, riporta, dopo la conclusione del concilio tridentino, la prima indicazione ufficiale che registra un santo di nome Ranieri. L’abate messinese attesta il santo nato a Pisa e convertitosi visitò come pellegrino Gerusalemme. I suoi resti sono conservati nella cattedrale, dove dal 1633 è celebrato come «patronus» di Pisa. Ciò dimostra che la realtà storica è ben diversa dalla leggenda.
Il saggio di Sergio Bertolami e Rosa Manuli, intitolato “ex Aqua” spiega da dove scaturisca il toponimo di “braccio di San Raineri”, chi lo abbia imposto e perché questa denominazione sia rimasta da secoli nell’uso quotidiano. Alla pubblicazione del volume storico è seguita la mostra «de lingua Phari – storia del braccio di San Raineri». Ha preso avvio con le Giornate Europee del Patrimonio 2011 ed è stata organizzata dalla Biblioteca Regionale Universitaria “Giacomo Longo” di Messina e dall’Arcidiocesi di Messina, con l’adesione dell’Arcidiocesi di Pisa e dell’Opera della Primaziale Pisana, della Fondazione Bonino-Pulejo e naturalmente di Experiences.
Attraverso citazioni e testi di molteplici autori che dall’antichità ai nostri giorni hanno riportato notizie sulla Falce, l’esposizione ha permesso di riflettere sul toponimo e le fonti, sui culti, sulle presenze fisiche che nel tempo hanno caratterizzato il profilo del sito: originario luogo di tumulazione, di eremitaggio, di studio e di preghiera – come rappresentato nella sua massima espressione dal Monastero del S. Salvatore “de lingua Phari” – base logistica delle flotte reali, alloggiamento di soldati e spazio per manovre militari, penisola fortificata a difesa dello Stretto. A partire dall’Ottocento l’area falcata si è trovata ad ampliare le proprie funzioni commerciali marittime e progressivamente è stata interessata da attività a carattere portuale, industriale e produttivo.
Nella chiesa dell’Arcivescovado la mostra ha riservato una sezione dedicata a Ranieri, al quale è intitolato il braccio ricurvo del porto a conferma della pace sancita con lo storico trattato di Avignone del 1372. Sono state esposte le suggestive riproduzioni delle acqueforti di Carlo e Gian Paolo Lasinio sulla vita del santo ed il calco della ricostruzione del suo volto, operata dal prof. Francesco Mallegni in seguito alle indagini biologiche sui resti del santo.