Corallo di Trapani: sa farsi gioiello come immagine sacra

 

Nell’antichità il corallo trova la sua popolarità come amuleto, specie contro il malocchio come testimonia il classico cornetto. Si riteneva, inoltre, che giovasse alla fecondità delle donne e proteggesse i bambini dai pericoli. Credenza diffusissima presso i Romani, che usavano mettere un rametto al collo dei loro figli.

CONTINUA LA LETTURA E VISITA LA MOSTRA SU GOOGLE ARTS & CULTURE
IL CORALLO DI TRAPANI

 

Storia dell’alchimia: nel mondo islamico – 4/8

 

La Biblioteca di Alessandria fu un vero polo culturale dell’antichità. Dopo la sua distruzione il sapere emigrò nel Vicino Oriente. Anche la cultura dell’alchimia fu recepita dalla letteratura islamica. Anzi, le traduzioni in lingua islamica di vecchi testi greci e i nuovi trattati arabi sulle loro ricerche alchemiche ci hanno tramandato notizie più sostanziose sulla misteriosa pratica. All’interno di questa nuova letteratura si distingue l’opera di uno dei più grandi alchimisti, Jabir ibn Hayyan, vissuto nel VIII secolo, che individuò le quattro qualità della materia: caldo, freddo, secco e umido. Teorizzò, inoltre, che la fusione di due metalli avrebbe portato ad un terzo metallo.
L’unico alchimista europeo conosciuto, di questa fase storica, che abbia scritto trattati sulla pratica dell’alchimia, è Zosimo di Panopoli.

Gli alchimisti islamici hanno operato (come faranno poi quelli europei nel medioevo) nel campo della chimica, anche se marginalmente. Ad essi si deve la scoperta dell’acido muriatico, l’acido solforico e l’acido nitrico. Hanno individuato il sodio ed il potassio, oltre ad avere inventato il procedimento di distillazione. All’alchimia araba si deve anche la nomenclatura alchimistica successiva.

logo4

Terracotta D’Impruneta: dove le lavorazioni risalgono al ‘300

 

Le origini dell’attività sono molto antiche, i più antichi esempi di cotto toscano che conosciamo sono mattoni e tegole risalenti all’XI secolo, rinvenuti nella zona del Chianti. Nel Quattrocento iniziò il rapporto tra Impruneta e Firenze, i fornaciai imprunetini impegnati nella realizzazione di vasellame per i più importanti conventi fiorentini, quali quelli di Sant’Ambrogio, della Santissima Annunziata, Santa Trinità e per gli ospedali di Santa Maria Nuova e degli Innocenti. Il Quattrocento è il secolo in cui nacque la consapevolezza del valore estetico della terracotta ed iniziò così la produzione di sculture e di oggetti d’arredo per interni e esterni. Nel XVI secolo gli artigiani si specializzarono nella realizzazione di grandi orci da olio e di conche da agrumi, iniziò la produzione di particolari formelle dette “soppani” per rivestire le soffittature interne dei palazzi e si intensificò la realizzazione di oggetti decorativi per giardini, cortili e facciate di palazzi. Ci fu inoltre a Firenze la ripresa dell’uso del mattone a vista nelle architetture. Nel corso del XVII secolo fu perfezionata la tecnica fino a riuscire a porre una vernice sull’argilla per avere maggiore impermeabilità e igienicità dei contenitori.

CONTINUA LA LETTURA E VISITA LA MOSTRA SU GOOGLE ARTS & CULTURE
LA TERRACOTTA D’IMPRUNETA

 

Storia dell’alchimia: le origini – 3/8

 

Il fenomeno dell’alchimia ha importanza e diffusione planetaria, quindi, tutt’altro che marginale. Due sono i filoni di sviluppo: uno in Asia, con l’alchimia cinese, sviluppatasi nel Taoismo, e nelle rispettive zone di influenza (come l’India), ed uno occidentale, nato in Egitto, per poi contaminare le civiltà classiche (Grecia e Roma), e poi il mondo islamico e l’Europa intera. Qui, vi furono rapporti superficiali con le varie religioni, ma l’alchimia occidentale va considerata come cultura autonoma. Se vi sono stati contatti o rapporti tra le due realtà alchemiche, non è noto.

L’alchimia occidentale
Gli stessi alchimisti pongono la nascita della loro arte nell’antico Egitto. Purtroppo non ci sono pervenuti documenti, ma ciò che sappiamo deriva da scritti greci e traduzioni arabe. Se mai fossero esistiti (ma si sostiene di no), essi bruciarono nell’incendio della Biblioteca di Alessandria. Sembra che gli antichi egizi considerassero la metallurgia come pratica mistica per eccellenza. Una leggenda vuole che l’invenzione della metallurgia fosse addebitabile al dio Thot, che, nella cultura greca, divenne Ermes. Questo “creatore” avrebbe scritto ben 42 libri sullo scibile umano, tra i quali uno dedicato all’alchimia. La famosa Tavola di smeraldo del dio Ermes Trismegistus (il tre volte grande), secondo antiche traduzioni arabe, sarebbe alla base della pratica alchemica.

Il complesso dettato alchemico trova le sue origini nella cultura filosofica dei Greci. La cultura greca, infatti, sempre caratterizzata da movimenti filosofici, assunse dalla cultura alessandrina i propri concetti. Tre furono le differenziazioni operate su di essa: quella tecnica, quella filosofica e quella religiosa. Grande importanza ebbe l’alchimia nella filosofie del Pitagorismo, dottrina passata, successivamente, nello Gnosticismo. La filosofia pitagorica, che dava enorme rilevanza ai numeri, secondo loro alla base del creato, si ritrova poi nell’importanza che gli alchimisti davano ai numeri nelle loro ricerche.
Un ulteriore contributo alla cultura alchenica fu recepito dalla filosofia della scuola ionica. Essa riteneva che vi fosse un principio unico e originario nella creazione, da ricercare. Filosofi di questa corrente furono Talete ed Anassimandro. A questo pensiero si rifecero i grandi Platone ed Aristotele. Il loro credo filosofico divenne poi base degli obiettivi alchemici.
In questo periodo storico, l’indagine filosofica analizza la realtà materiale e spirituale dell’universo. Viene posto per primo un concetto: una sola materia prima dà vita a tutto il creato. Il filosofo Empedocle distingue questo unico cardine in quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. Aristotele vi aggiunge la “quintessenza”, cioè, l’etere, la materia di cui sono formati i cieli.

Nel successivo periodo romano, l’alchimia acquisisce il carattere di religione esoterica, il mistero e la magia. Nell’età imperiale ed ellenistica si sviluppò, infatti, sull’alchimia una letteratura specifica. Essendo riferita al dio Thot-Ermete, essa venne denominata come “ermetica”. I contenuti vennero mutuati dal Neoplatonismo e dal Neopitagorismo. Più tardi, nel II secolo, fu redatto il testo degli Oracoli caldaici, di cui è rimasto poco, ma che confermava i precedenti della letteratura ermetica. La dottrina alchemica si va a formare in tale periodo.

logo4

Arancia di Ribera: modello alimentare, educativo, di ristorazione

 

L’agrumicoltura nasce nelle valli di Ribera agli inizi dell’Ottocento, ma solo nel 1930, con la coltivazione delle varietà Brasiliano e della Washington navel, si raggiunse uno standard qualitativo eccellente, sostituendo gradualmente le vecchie varietà, molto acide e con molti semi.
La specializzazione si è andata affinando nei decenni successivi, privilegiando tecniche produzione innovative.
L’istituzione nel 1994 del Consorzio Arancia di Ribera ha consolidato la coltivazione dell’arancia nel territorio.
Il sodalizio ha puntato da una parte alla tutela dell’Arancia di Ribera e dall’altra alla salvaguardia della qualità nel pieno rispetto della natura.
Fin dalle fasi di avvio della propria attività il Consorzio ha intrapreso iniziative finalizzate all’innovazione, alla ricerca scientifica e all’evoluzione tecnologica, consentendo in brevissimo tempo l’innalzamento dei livelli di produzione, nel pieno rispetto della qualità e della naturalità delle arance prodotte, nonché della loro tutela.

CONTINUA LA LETTURA E VISITA LA MOSTRA SU GOOGLE ARTS & CULTURE
ARANCIA DI RIBERA

Fonte originale: Consorzio di Tutela Arancia Ribera di Sicilia

 

Gli alchimisti – 2/8

 

L’alchimista medievale era un uomo “dotto”, un po’ defilato, che aveva conoscenze di molte tematiche, sia chimiche, che spirituali ed astrologiche, magia ed esoterismo. L’alchimista era considerato un serio studioso.
Tra le eminenti personalità che si interessarono all’alchimia, spicca Isac Newton, il grande scopritore della forza di gravità. Mantenne sempre il riserbo sulle sue ricerche in tale campo, ma non diede mai alle stampe né testi filosofici né alchemici. Tali studi vennero pubblicati solo nel 1936 dall’economista John Maynard Keynes, entrato in possesso dei manoscritti originali di Newton.
Tra il XVI e il XVII secolo, molte altre personalità, insospettabili e non, operarono da alchimisti, come, tra gli altri, Ruggero Bacone, Thomas Browne, Giordano Bruno, ma anche San Tommaso d’Aquino.

Il pensiero illuminista ed il materialismo razionale, nel Settecento, incentivarono la ricerca scientifica nei settori dell’astronomia, della fisica, chimica e botanica, che iniziarono e approfondirono la ricerca sulle trasmutazioni della materia, facendo perdere di credibilità all’alchimia, che in tale secolo scomparve del tutto.
La recente riscoperta della tematica dell’alchimia, ha permesso di decifrare i complessi rapporti con la cultura di quei secoli. L’alchimia, oggi, viene collegata, non solo al pensiero eretico e para-filosofico, ma anche alla stregoneria e alle sette mistiche, quali quella dei Rosa Croce.

logo4

Gli studenti italiani in viaggio tra i monumenti adottati

 

Il progetto La scuola adotta un monumento® della Fondazione Napoli Novantanove, nato a Napoli nel 1993, muove dal riconoscimento della centralità della scuola nella formazione della cultura e dei comportamenti dei cittadini ed individua nelle giovani generazioni il soggetto privilegiato per l’affermazione di una nuova consapevolezza del bene culturale. Significa imparare a riconoscere i beni culturali come emergenze monumentali e insieme manufatti antropologici, radicati nel tessuto culturale e sociale di una comunità, segno forte della sua identità e, al tempo stesso, veicolo di sentimenti di appartenenza, di solidarietà, di condivisione. La scuola adotta un monumento® si inserisce in tale prospettiva formativa indicando, quale strumento privilegiato per l’acquisizione delle proprie radici culturali e di atteggiamenti propositivi nei confronti del futuro, la conoscenza del bene culturale: “adottare un monumento non significa solo conoscerlo ma anche prenderlo sotto tutela spirituale e dunque sottrarlo all’oblio e al degrado, averne cura, tutelarne la conservazione, diffonderne la conoscenza, promuoverne la valorizzazione.” Nel 2018, anno Europeo del Patrimonio, la Fondazione compie 25 anni di intensa attività.

CONTINUA LA LETTURA E VISITA LA MOSTRA SU GOOGLE ARTS & CULTURE
GLI STUDENTI ITALIANI IN VIAGGIO TRA I MONUMENTI ADOTTATI

 

La misteriosa Alchimia – 1/8

 

L’alchimia è una filosofia esoterica, che alcuni studiosi fanno risalire addirittura alla civiltà egizia. Si tratta di una specie di chimica, ma pure di fisica, astrologia e medicina, anche se la famosa ricerca della pietra filosofale l’applicò molto alla  metallurgia (la trasformazione dei metalli in oro).
Alcuni studiosi ritengono l’alchimia, soprattutto, il precursore della chimica moderna, nata nel XVII secolo, con l’applicazione del metodo galileiano alla ricerca scientifica.
La ricerca alchemica, essendo una filosofia, anche se pratica, mirava all’ottenimento di obiettivi enormi, come conquistare l’onniscienza; creare una medicina universale per curare tutte le malattie; estrarre un elisir che prolungasse la vita all’infinito e la trasmutazione delle sostanze, in particolare, i metalli in oro. Alla sommità di tutte le ricerche quella della pietra filosofale.

In realtà, tutte queste ricerche erano probabilmente più metaforiche che reali. Questo perché l’applicazione ad una simile “professione” doveva ottenere il raggiungimento di uno stato filosofico e metafisico della conoscenza. L’alchimista segue un percorso immateriale che lo liberi interiormente, cioè uno sviluppo spirituale. Ad esempio il rapporto con i metalli, da un lato il piombo e dall’altro l’oro, sono da considerarsi categorie simboliche dell’essere.

L’alchimia, scienza esoterica, ha sempre goduto di un aura di mistero. Nel medioevo, infatti, non poteva che essere un’attività occulta, per non scontrarsi con i canoni della Chiesa. Il suo fine principale era il cammino spirituale che andava dal piombo (lo stato più negativo) all’oro (lo stato massimamente positivo). La piena consapevolezza personale comportava il raggiungimento di un proprio Dio. Fine che non poteva essere condiviso proprio dalla religione cristiana.
Ciononostante, il cammino verso la verità e la somma perfezione, simboleggiata dall’oro, metallo incorruttibile, erano il fine ultimo dell’umanità, verso cui era diretta. La scoperta dell’elisir che guariva ogni male e la pietra filosofale che trasformava i metalli, erano l’obiettivo da perseguire, perché già implicito e prefissato.
Inoltre, finché non nacque la scienza sperimentale, nel secolo XVII, non potendo avere un rapporto con dati reali di fisica e chimica, la ricerca alchemica era costretta a poggiare sulla magia, ma anche sulla metafisica e la filosofia. La realtà materica, quindi, conviveva, necessariamente, con la metafisica ed il pensiero speculativo. Se nell’antichità si era conformata come una specie di religione parallela metallurgico-medicinale, col tempo acquisì una sorta di misticismo “superiore”, portatore di conoscenze empiriche e di significati filosofici.

L’opus alchemicum o processo alchemico, era alquanto complesso, diviso tra chimica, filosofia e magia. La pietra filosofale veniva cercata attraverso sette procedimenti, divisi in quattro operazioni. Si partiva dalla “materia prima”, che, con l’aggiunta di zolfo e mercurio, veniva riscaldata, in vari momenti e metodi, nel tentativo di ottenere gradualmente la trasmutazione della sostanza in stadi più “elevati” della materia. Le fasi erano variabili da un minimo di tre ed un massimo di dodici. Nel processo avevano importanza i colori, che denotavano il livello raggiunto (nero, bianco e rosso) ed i numeri, sempre ritenuti magici ed essenziali.
Essendo l’alchimia una pratica magica e mistica, possedeva un gran numero di simboli e significati esoterici, che naturalmente, rientravano nella creazione alchemica.

logo4

 

Il Risorgimento nella Collezione della Fondazione Cariplo

 

I decenni del Risorgimento, gli anni compresi tra la metà e la fine del XIX secolo, rappresentarono un momento di intensa vitalità e di rinnovamento dei mezzi espressivi dell’arte italiana. In quegli anni si succedettero repentinamente grandi avvenimenti, impensabili fino a poco tempo prima, che videro per la prima volta la partecipazione corale del popolo. Parallelamente si assistette nel mondo dell’arte a un profondo mutamento dei generi pittorici, dei temi, delle gerarchie e, soprattutto, alla nascita di una pittura ispirata alle vicende del Risorgimento in grado di competere con la pittura di stori­a internazionale.

Un importante nucleo di dipinti d’epoca e soggetto risorgimentale, attualmente nella Collezione della Fondazione Cariplo, racconta con straordinaria vivacità e intenso realismo questo momento cruciale della storia e dell’arte italiana.

CONTINUA LA LETTURA E VISITA LA MOSTRA SU GOOGLE ARTS & CULTURE

1859 – 1893 – PITTURA DEL RISORGIMENTO La Collezione della Fondazione Cariplo