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Sommario

 
 

 GASTRONOMIA SICILIANA

  

 

   LE MINESTRE

 
 Introduzione

  

 Il contributo greco

  

 La presenza araba

  

 Il macco

  

 Il cuscus
 
 
 
 
 

 

 

 
 
 
 
   



 

 
 
Il cuscus non è esteso a tutta l'Isola, ma al contrario, appartiene esclusivamente a quella piccola parte della Sicilia occidentale,  circoscritta attorno a Trapani, che fronteggia l'Africa.
 
 
Gastronomia - Le minestre e le zuppe
di Carmen Vento
 

 

Si tratta di un piatto tipico che ci dimostra come la tradizione araba sia elaborata e adattata dalla fantasia e dall'esperienza locale. Il sostantivo maschile senza plurale cùscusu indica una "pastina di semola in chicchi piccolissimi" per minestra in brodo. A differenza del maccu questo non è un piatto semplice, ma dalla preparazione alquanto elaborata, e se la purea di fave è comune a molte provincie, il cuscus, al contrario, appartiene esclusivamente ad una piccola parte della Sicilia occidentale, quella circoscritta attorno a Trapani, il cui vocabolo è usato per indicare una zuppa di pesce (ma talvolta di agnello), il cui elemento di base è costituito da chicchi di semola inumiditi con acqua e olio, gonfiati mediante sfregamento con le dita e cotti al vapore.
Ad Agrigento il cuscusu "asciuttu o duci' è un dolce preparato con chicchi di grano perlato, zucchero, pistacchio e mandorle tritate, cotto al vapore dell'acqua bollente.

Dimostrare l'origine araba di questo alimento è facilissimo. Ancora oggi lungo le sponde dell'Algeria, Marocco, Tunisia, il cuscus è una vivanda tipica delle trattorie locali. Quindi anche in Sicilia il nome e la ricetta provengono dal Nord Africa. Il quando, anche questo è facile: nel periodo in cui Idrisi scriveva il suo Kitab Rugiar, e si pensa all'adozione del cuscus come una inevitabile conseguenza della conquista araba. Ma i Trapanesi non sono d'accordo su questo punto e dicono: " che il cuscusu sia antico, lo supponiamo. A noi però non lo hanno insegnato gli arabi, ma i nostri paesani che lavoravano in Tunisia".

La storia è semplice. Vi fu un periodo in cui italiani e francesi pensarono di andare in Africa per trasformare il deserto e le alture intorno a Tunisi, Algeri, Rabat ecc... in terra da coltivare. I trapanesi in particolare andarono volentieri sulla Quarta Sponda, che pur stabilendosi a Biserta o a Marrakesh, mantenevano sempre i contatti con la città-patria, e tornando insegnavano anche le ricette di cucina dei musulmani, tra cui anche il cuscus rielaborato dalle donne di casa. Alberto Denti di Pirajno diceva: per preparare il cuscus ci voleva un chilo di ottima semola di grano duro, ed una donna abilissima e sicura dell'arte sua.

Che la preparazione del cuscus sia un'arte, dipende dalla sua difficoltà di preparazione che si svolge in quattro fasi distinte.

La prima è quella dell'incocciatura o incocciata, operazione che consiste nel ridurre la pasta di semola in minutissime palline, poco più grandi della capocchia di uno spillo, con il moto rotatorio delle dita bagnate dall'acqua salata, nella mafaradda, un grande piatto di terraglia popolare a pareti svasate; dopo di che la semola si lascia asciugare sopra una tovaglia.

La seconda fase consiste nella preparazione della "ghiotta" di pesce da taglio: pauru rosato; scorfano; e con preponderanza anguilla di mare. Si soffrigga con olio in un largo tegame la cipolla affettata, il trito di aglio, prezzemolo ed alloro, pochissimo pomodoro fatto a pezzetti. Allungare con circa due litri di acqua, salare, pepare e far cuocere a fuoco dolce. Quando il pesce sarà ben cotto, filtrarne meno della metà che allungato con acqua tiepida, sarà messo nella pignata del cuscus.

Adesso entra in gioco la cuscusera, è una speciale doppia pentola: la pignata che sta sotto a contatto con il fuoco, per formare il vapore acqueo pieno del profumo della "ghiotta', l'altra che sta sopra, bucherellata, somiglia molto ad uno scolapasta, foderata dentro da una salvietta che serve per non fare scappare le piccolissime palline di cuscusu. La semola incocciata riposta nella parte superiore si provvede ad irrorarla con un filino di olio d'oliva; a questo punto si saldano le due parti della cuscusera con un cudduruni, che è una sorta di cintura di pasta di pane fresca.

A questo punto possiamo accendere sotto la pentola, per circa un'ora e mezzo il vapore cucinerà la semola, dopo di che si verserà il cuscus cotto in una grande zuppiera o nella mafaradda ripulita, e si irrorerà con la metà del brodo tenuto in caldo e filtrato. Avvolgere il tutto con una coperta di lana, lasciando gonfiare (la semola beve moltissimo) per circa mezz'ora. Si serve ben caldo: il brodetto restante della "ghiotta", in una salsiera serve come accompagnamento del cuscus a tavola.

L'attrezzatura per cucinare il cuscus è abbastanza semplice, ma non è altrettanto facile poterla acquistare. E' possibile trovare cuscusere a Trapani ed a Santo Stefano di Camastra.

  

   
 
   
   
 
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