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A guisa di un grande anfiteatro sorge Messina alle falde di una catena di montagne, che la custodiscono alle spalle e la liberano dai forti venti del settentrione. ...essa giace in riva al mare, sul quale stende lo storico Braccio di S. Rainero che forma, a guisa di falce, un porto, il più bello dell'Italia

 
 
 
Guide di Messina

Ospedale degli storpii




 

di Giuseppe Coglitore, da Storia monumentale-artistica
di Messina
, 1864
 

 
   
 

Da parte meridionale della città, varcato il torrente Zaera, sulla via Con­solare che mena a Catania, s’erge sem­plice ma vasto lo stabilimento che co­munemente appellasi di Collereale dal nome del primo pio fondatore.

Al sommo dello ingresso leggesi la se­guente iscrizione: 

Pauperum invalidorum
Messana Dumtaxat
Ospitium
A Joanne Capece Minutoli
Messanensi Patricio
Collisregalis Principe fundaturn
Pro Religione ac Humanitate sua

Anno MDCCCXXVII. 

Alla classe infelice degli uomini, cui natura si mostrò crudele e solo pro­diga di fisiche imperfezioni; a quella classe, che inutile a se stessa e di peso alla società sarebbe stata dannata non che alla miseria, alla disperazione, fon­davasi questo ospedale per volere e coi capitali del Principe di Collerale.

Nel 1856 vi avea 168 tra uomini e donne che raccolti in quelle pareti benediceano la provvidenza che loro porgea il vitto quotidiano: oggi se ne contano ben 214 divisi in uomini 152; donne 62.

Si aprono ad accoglierli vasti saloni man­tenuti con invidiabile nettezza; ed ivi quei miseri van forniti d’ogni comodo, che si ap­presta loro con religioso zelo e con ogni sol­lecitudine per soccorrere il difetto di natu­ra, mentre vegliasi alla salubrità de’ cibi, alla nettezza del corpo e dei panni, non meno che a porger loro sollievo e ricreazione mora­le. Un vasto atrio, che a mezzo l’edifizio si distende, serve a ciò; intanto che varï stanzoni nel basso servir devono ad eser­citare nel lavoro que’ corpi: lavoro che se è di utile alla economia dello stabilimento, è vita di quegli infelici i quali nello esercizio rinvengono vigore e distrazione.

Una deputazione di zelanti cittadini so­praintende allo stabilimento, ne amministra la rendita e ne governa l’andamento: la direzione materiale è poi affidata ai religiosi cappuccini, secondo che il pio fondatore disponea nel suo testamento, incaricando sopratutti il padre Guardiano de’ Cappuccini che pro tempore sarà a prendere cura e direzione di sì bell’opera.

Giovanni Capece Minutolo Principe di Collereale, colpito nella metà inferiore del corpo da inesorabile morbo, vi perdè l’uso delle gambe; e conosciuta per pro­va l’angoscia di chi a natura può con ragione inviare una maledizione, volle di suo patrimonio lenire le amarezze di tanti infortunati cui non fu dato godere il beneficio de’ più in questa vita, la sa­nità! Ei per testamentazione del 7 luglio 1825 lasciava suoi eredi i poveri del co­mune di Messina paralitici, storpi, zoppi o che per altro male o vizio organico di corpo si trovassero inabili al lavoro. Per l’esecuzione della sua volontà e a reggere questo nuovo stabilimento sceglieva dap­prima due amici alla cui integrità confi­dava; chiamando successori di costoro e fidecommissari il decano de’ canonici della nostra Cattedrale ed il Parroco più avan­zato in età delle pievi di Messina.

Ei moriva a 20 marzo 1827 e l’opera iniziavasi con tanta solerzia che a 23 gennaio 1828 già 14 poveri storpï vi dor­mirono la prima notte, inviando al cielo la più cara delle orazioni, quella della riconoscenza. L’opera cresceva in onore e per governativa disposizione sotto il dì 11 gennaio 1843 a’ due fidecommissari ecclesiastici tre se ne aggiungevano se­colari per meglio vegliare al decoro ed al lustro di tanta opera.

Nè la voce del fondatore Principe di Collereale, che parlava beneficenza, rimase senz’eco; perocché ben altri pietosi citta­dini vollero dividere la santa aspirazione: ed il ricco Banchiere Giovanni Walser, quasi naturalizzato appo noi per ben lun­ga dimora, fu preso della benefica ed umanitaria istituzione, laonde con testa­mento del 20 giugno 1833 ve la accrebbe di vistose somme non minori di onze 20,000: somme queste che meglio si desti­navano al mantenimento di donne storpie.

Il signor cav. Carlo Chiarello per te­stamento del 17 maggio 1840 chiamava erede in metà del suo patrimonio questo spedale; e il nostro avvocato Giovanni Bri­gandì con sua disposizione del 20 giugno 1850 vi legava altra rendita di annue onze 30, ponendo a peso dello spedale l’obbligo di ricevere uno storpio del Comune di Saponara.

Il nobile esempio di cristiana carità seguiva la donzella Letteria Gullotta rapitaci dalla morte nel colera del 1854 poiché con testamento del 25 agosto 1851 istituiva erede del suo patrimonio l’ospedale di donne storpie; ed il cav. Paolo Migliorino faceva il simigliante con testamento del 29 agosto 1854.

Chi viene oggi a visitarlo, chi ne guarda l’amenità del sito, l’ampiezza dell’edifizio, la pulitezza onde è mantenuto, il numero di storpi d’ambo i sessi che vi mantiene; non può arrestarsi dall’inviare una benedizione a tanti benefattori ed a paragonarlo coi primi e più cospicui stabilimenti di beneficenza che l’Italia sa mostrare allo straniero.

Noi dobbiamo una sincera lode agli attuali fidecommessari che nulla trascurano perché si accresca di numero e perché si appresti a quegli infelici ogni cura che possa fare dimenticare per un momento una vita deforme od inferma che loro concesse la natura.

   
 
 
 
 
 
 
 
  Brani tratti da: AAVV, Guide di Messina, Ottocento,  Experiences, 2008.
 

 
     
 
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