Da parte
meridionale della città, varcato il torrente Zaera, sulla via
Consolare che mena a Catania, s’erge semplice ma vasto lo
stabilimento che comunemente appellasi di Collereale dal nome
del primo pio fondatore.
Al sommo
dello ingresso leggesi la seguente iscrizione:
Pauperum
invalidorum Messana Dumtaxat Ospitium A Joanne Capece Minutoli Messanensi Patricio Collisregalis Principe fundaturn Pro Religione ac Humanitate sua
Anno
MDCCCXXVII.
Alla classe
infelice degli uomini, cui natura si mostrò crudele e solo
prodiga di fisiche imperfezioni; a quella classe, che inutile a
se stessa e di peso alla società sarebbe stata dannata non che
alla miseria, alla disperazione, fondavasi questo ospedale per
volere e coi capitali del Principe di Collerale.
Nel 1856 vi
avea 168 tra uomini e donne che raccolti in quelle pareti
benediceano la provvidenza che loro porgea il vitto quotidiano:
oggi se ne contano ben 214 divisi in uomini 152; donne 62.
Si aprono ad
accoglierli vasti saloni mantenuti con invidiabile nettezza; ed
ivi quei miseri van forniti d’ogni comodo, che si appresta loro
con religioso zelo e con ogni sollecitudine per soccorrere il
difetto di natura, mentre vegliasi alla salubrità de’ cibi,
alla nettezza del corpo e dei panni, non meno che a porger loro sollievo e
ricreazione morale. Un vasto atrio, che a mezzo l’edifizio si
distende, serve a ciò; intanto che varï stanzoni nel basso
servir devono ad esercitare nel lavoro que’ corpi: lavoro che
se è di utile alla economia dello stabilimento, è vita di quegli
infelici i quali nello esercizio rinvengono vigore e
distrazione.
Una
deputazione di zelanti cittadini sopraintende allo
stabilimento, ne amministra la rendita e ne governa l’andamento:
la direzione materiale è poi affidata ai religiosi cappuccini,
secondo che il pio fondatore disponea nel suo testamento,
incaricando sopratutti il padre Guardiano de’ Cappuccini che pro
tempore sarà a prendere cura e direzione di sì bell’opera.
Giovanni
Capece Minutolo Principe di Collereale, colpito nella metà
inferiore del corpo da inesorabile morbo, vi perdè l’uso delle
gambe; e conosciuta per prova l’angoscia di chi a natura può
con ragione inviare una maledizione, volle di suo patrimonio
lenire le amarezze di tanti infortunati cui non fu dato godere
il beneficio de’ più in questa vita, la sanità! Ei per
testamentazione del 7 luglio 1825 lasciava suoi eredi i poveri
del comune di Messina paralitici, storpi, zoppi o che per altro
male o vizio organico di corpo si trovassero inabili al lavoro.
Per l’esecuzione della sua volontà e a reggere questo nuovo
stabilimento sceglieva dapprima due amici alla cui integrità
confidava; chiamando successori di costoro e fidecommissari il
decano de’ canonici della nostra Cattedrale ed il Parroco più
avanzato in età delle pievi di Messina.
Ei moriva a
20 marzo 1827 e l’opera iniziavasi con tanta solerzia che a 23
gennaio 1828 già 14 poveri storpï vi dormirono la prima notte,
inviando al cielo la più cara delle orazioni, quella della
riconoscenza. L’opera cresceva in onore e per governativa
disposizione sotto il dì 11 gennaio 1843 a’ due fidecommissari
ecclesiastici tre se ne aggiungevano secolari per meglio
vegliare al decoro ed al lustro di tanta opera.
Nè la voce
del fondatore Principe di Collereale, che parlava beneficenza,
rimase senz’eco; perocché ben altri pietosi cittadini vollero
dividere la santa aspirazione: ed il ricco Banchiere Giovanni
Walser, quasi naturalizzato appo noi per ben lunga dimora, fu
preso della benefica ed umanitaria istituzione, laonde con
testamento del 20 giugno 1833 ve la accrebbe di vistose somme
non minori di onze 20,000: somme queste che meglio si
destinavano al mantenimento di donne storpie.
Il signor
cav. Carlo Chiarello per testamento del 17 maggio 1840 chiamava
erede in metà del suo patrimonio questo spedale; e il nostro
avvocato Giovanni Brigandì con sua disposizione del 20 giugno
1850 vi legava altra rendita di annue onze 30, ponendo a peso
dello spedale l’obbligo di ricevere uno storpio del Comune di
Saponara.
Il nobile
esempio di cristiana carità seguiva la donzella Letteria
Gullotta rapitaci dalla morte nel colera del 1854 poiché con
testamento del 25 agosto 1851 istituiva erede del suo patrimonio
l’ospedale di donne storpie; ed il cav. Paolo Migliorino faceva
il simigliante con testamento del 29 agosto 1854.
Chi viene
oggi a visitarlo, chi ne guarda l’amenità del sito, l’ampiezza
dell’edifizio, la pulitezza onde è mantenuto, il numero di
storpi d’ambo i sessi che vi mantiene; non può arrestarsi
dall’inviare una benedizione a tanti benefattori ed a
paragonarlo coi primi e più cospicui stabilimenti di beneficenza
che l’Italia sa mostrare allo straniero.
Noi dobbiamo
una sincera lode agli attuali fidecommessari che nulla
trascurano perché si accresca di numero e perché si appresti a
quegli infelici ogni cura che possa fare dimenticare per un
momento una vita deforme od inferma che loro concesse la natura.
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