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Sergio Bertolami
e Rosa Manuli -
EX AQUA -
Il braccio di San Raineri
Pagine 240
Versione brossura
Formato 15,24 x 22,86
Editrice - Experiences Srl
 

Costo Brossura:
Euro 16,00

  1/4  
  LA FILOSOFIA IN ITALIANO
 
 
 

 

 

Giovan Domenico Campanella, meglio conosciuto come Tommaso Campanella, nacque in Calabria, a Stilo nel 1568. La cosa incredibile è che un filosofo e uomo di cultura come Campanella era figlio di un ciabattino povero e analfabeta, che certo non poteva affrontare le spese per mandare i figli a scuola. Dopo il trasferimento nelle vicinanze, a Stignano, il padre aveva intenzione di mandare Tommaso a Napoli da un fratello, per fargli dare una sommaria erudizione di diritto. Tommaso, che invece voleva svolgere studi regolari, decise di entrare nell’Ordine Domenicano, nel convento della vicina Placanica.
Una volta intrapresa la via religiosa, l’ascesa culturale di Campanella fu graduale ma sostanziale: pronunciati i voti nel convento di San Giorgio Morgeto (aveva quindici anni), e preso il nome di Tommaso, svolse gli studi superiori a Nicastro (1585 al 1587) e, a vent’anni, affrontò lo studio della teologia a Cosenza.
Evidentemente inquieto, il giovane Campanella, non soddisfatto dagli studi, decise di leggere da sé i testi riguardanti la filosofia di “Platone, di Plinio, di Galeno, degli stoici, dei seguaci di Democrito e principalmente i Telesiani, e metterli a confronto con il primo codice del mondo per sapere, attraverso l'originale e autografo, quanto le copie contenessero di vero o di falso”.
Fu proprio il De rerum natura iuxta propria principia di Bernardino Telesio, filosofo cinquecentesco anch’esso calabrese, che colpì il giovane e gli permise di penetrare teorie più attuali della Scolastica, che studiava nel convento. Scoprì “…che la natura poteva essere osservata per quello che è, e poteva e doveva essere indagata con i mezzi concreti posseduti dall’uomo, con i sensi e con la ragione, prima osservando e poi ragionando, senza schemi precostituiti…”.
Proprio nel 1588 morì a Cosenza Bernardino Telesio, e Campanella, incredibile coincidenza, ne seguì i funerali.

L’inquietudine di Campanella fu male interpretata: per “intemperanze”, fu trasferito nel piccolo convento di Altomonte. Le sue ricerche, comunque, non cessarono. Quando gli amici gli diedero un piccolo testo, di tale
Jacopo Antonio Marta, scritto contro il pensiero di Telesio, ne rimase colpito. In difesa dell’amato filosofo calabrese, scrisse lo studio Philosophia sensibus demonstrata (del 1589), che verrà stampato a Napoli due anni dopo. Era il suo primo trattato.
Dopo aver confermato la sua adesione al naturalismo di Bernardino Telesio, egli asserisce che le leggi della natura
sono motivate dall'azione creatrice di Dio. Quest’affermazione filosofica, invero, è legata più alle teorie di Marsilio Ficino che a quelle di Telesio, il quale, contrariamente, sosteneva l’autonomia delle leggi della natura.
Alla fine del 1589, con un colpo di testa, il filosofo abbandonò il piccolo convento, recandosi a Napoli, ospite a casa dei marchesi del Tufo. Non abbandonò, tuttavia, l’abito religioso, anche se era molto più interessato alle sue ricerche scientifiche e sui neoplatonici. Le cosiddette ricerche “scientifiche” allora consistevano in pratiche alchemiche e magiche, in generale.

Nel 1590 iniziò a scrivere il De sensu rerum et magia, che fu ultimato nel 1592 (era in latino) e dedicato a Ferdinando I de' Medici granduca di Toscana. Il Santo Uffizio di Bologna gli sequestrò il manoscritto e Campanella si vide costretto a riscriverlo, stavolta, però, in italiano. Il testo fu ultimato nel 1604, e poi tradotto in latino nel 1609 (il libro fu pubblicato a Francoforte nel 1620). In esso cerca di realizzare una filosofia telesiana e platonica al tempo stesso. Critica Democrito e il suo ordine universale basato sugli atomi. Critica anche gli aristotelici, per la mancanza, nelle loro teorie, dell’azione di Dio nel mondo naturale.

Pur non essendoci nessuna affermazione eretica, egli pubblica il Philosophia sensibus demonstrata che inizia a creargli i primi problemi. Considerato scandaloso nel convento di San Domenico, con l'accusa di pratiche demoniache, lo si fa arrestare dalle guardie del Nunzio apostolico, nel 1591. Il filosofo subisce il primo processo. Viene assolto dall’accusa di pratiche demoniache, ma rimane tale per “essere un telesiano, di non tener conto dell'ortodossia filosofica di Tommaso d'Aquino e di essersene stato per mesi «in domibus saecolarium extra religionem”. Era il 28 agosto del 1592. Essendo rimasto per un anno in carcere, la pena non può risultare che blanda: deve recitare dei salmi e tornare immediatamente al suo convento di Altomonte. Campanella ha ventiquattro anni, è giovane e deciso a lasciare segno di sé nel campo culturale e, soprattutto, non ha voglia di rinchiudersi.  Così, invece che recarsi ad Altomonte, prende la strada opposta, e con una lettera di presentazione dell’amico Giovanni Battista da Polistena, padre provinciale di Calabria, per il granduca di Toscana, parte per Firenze. Sogna d’insegnare a Pisa o a Siena, ma Ferdinando I prende informazioni su di lui dal cardinale Del Monte, che ne parla male. Campanella viene dirottato a Bologna, dove il Santo Uffizio lo tiene sotto stretto controllo. Due falsi frati gli rubano molti scritti, consegnandoli all’Inquisizione, per la ricerca di eventuali eresie.
Non andare ad Altomonte non è stata una buona idea: Campanella è ormai un uomo segnato per l’Inquisizione.

   
   
   
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