Campanella, nel suo pensiero filosofico, non fa altro che
continuare le teorie naturalistiche del suo maestro ideale
predecessore, Bernardino Telesio, portandole al loro estremo.
Egli formula tre principi base: materia, caldo e freddo (le tre
primalità), che corrispondono alle tre
nature divine. La Materia compone la natura: “Dio prima fece lo
spazio, composto pure di Potenza, Sapienza e
Amore [...] e dentro a quello pose la materia, che è la mole
corporea”. Ma se la materia nella natura è comune a tutti
gli esseri, allora tutti gli esseri hanno la comune sensibilità.
Telesio sostiene che anche i sassi possono conoscere? Allora
Campanella afferma che anche i sassi conoscono,
perché anche i sassi possiedono i tre principi fondamentali:
caldo, freddo e materia corporea.
Da questa teoria, come
ulteriore passo, si presenta il problema della conoscenza. Essa
può derivare solo dai sensi, perché, secondo Campanella, non può
esistere una conoscenza razionale senza che prima non sia stata
sensibile. Su questo punto la filosofia di Campanella diverge da
quella di Telesio. Egli rivaluta l’essere umano con delle
affermazioni, quanto meno, preziose. Pone infatti due tipi di
conoscenza: la prima è di se stesso (sensus inditus), la seconda
è del mondo naturale esterno, comune a tutti gli uomini (sensus
additus). Se la conoscenza esterna può essere falsa o divergere
tra gli uomini, la conoscenza di se, cioè la “coscienza” di se
non può fallire e quindi certa. Campanella si rifà, per questo
passaggio, ad Agostino d'Ippona. E’ la base su cui lavorerà
Cartesio, che formulerà la famosa cogito ergo sum,
cioè “penso dunque esisto”, elemento fondamentale per i suoi
ragionamenti filosofici.
Punto dolente delle sue
riflessioni è quello sulle religioni, che tanti problemi gli
causò. Egli individua due tipi di religione: una
religione naturale e le religioni positive. La prima scaturisce
dall’ordine globale dell’universo stesso, mentre le religioni
positive sono le religioni “di Stato”, cioè imposte dall’alto.
Il cristianesimo è, tuttavia, per Campanella l’unica religione
positiva, cioè stabilita dallo stato, che, contemporaneamente, è
in armonia con l’ordine naturale, a cui oltretutto assomma il
grande valore della Rivelazione cristiana. Purtroppo una tale
asserzione cozzava con i dogmi della Chiesa della Controriforma,
quale era in quei tempi. Sull’importanza maggiore fra potere
temporale e potere spirituale, Campanella era
dell’opinione che lo fosse il potere temporale. Di quale
nazione, in particolare, dipendeva, poi, dalla sua convenienza.
La Città del Sole
Tommaso Campanella, in carcere, scrisse, nel 1602, la sua opera
più famosa, La città del sole, in cui sognava la nascita
di una repubblica universale, felice e pacifica, basata su
regole di giustizia naturale. La Città del Sole, è una città
ideale, nella sua utopia governata dal Metafisico. E’ retta da
un re-sacerdote di una religione naturale basata sul Dio Sole,
un dio laico (molto simile, comunque, alla religione cristiana).
Il re-sacerdote ha ai suoi comandi tre ministri (rappresentanti
le tre primalità della sua concezione filosofica), che
simboleggiano Potenza, Sapienza e Amore. In questa Città del
Sole, secondo una concezione collettivista, i beni sono in
comune, come le stesse donne. Alle sue spalle di Tommaso
Campanella già altri hanno ipotizzato città o regni utopistici.
Il primo è senz’altro Platone, poi l'Utopia di Tommaso Moro (nel
1517) e la stessa Nuova Atlantide di Bacone. Questo stile
di immaginare e scrivere di mondi ideali ha come fondamento
l’incapacità e l’impossibilità di realizzare riforme reali e
tangibili nella società del tempo. Vengono allora immaginati
mondi ideali e perfetti, come, appunto, La Città del Sole.
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