C’era una volta… il venditore di gelati

di Riccardo Alberto Quattrini

Verso la fine dell’Ottocento i primi del Novecento, grazie all’intuizione di alcune famiglie di gelatai bellunesi, i Pampanin, i Bortolot, i Sagui, fecero la comparsa i primi carretti in legno, spinti a mano. Dentro c’era una camera di metallo stagnato che veniva riempita con un misto di ghiaccio e salamoia per tenere bassa la temperatura. Nella camera stagna venivano immersi i contenitori del gelato…
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Adolfo, continua a raccontare della Sunday law

 

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Sono nel salotto buono di Adolfo Rossi, che pochi conosceranno come giornalista del Corriere della Sera e ancor meno come direttore del Progresso italo-americano, quotidiano statunitense in lingua italiana pubblicato a New York che nei tempi d’oro ha raggiunto la tiratura di ben centomila copie giornaliere. Detto in una parola, il suo quotidiano avrebbe potuto riportare la testata Italians, come la rubrica di Beppe Severgnini, perché non c’era un italiano residente nella grande mela che non lo leggesse. Nei suoi libri ha descritto l’America, come quella delle famiglie arricchitesi con le ferrovie, come da noi oggi possono essersi arricchite con le autostrade. Ma non è di questo che stavamo discorrendo prima della nostra pausa caffè.

Nella pagina precedente raccontavi storie semplici, scaturite dalla vita quotidiana dei tuoi tempi, soggetta a certe leggi astruse. Hai parlato in particolare delle leggi domenicali così come erano applicate a New York, nulla in confronto a come erano applicate New-Haven nel Connecticut.

Quello Stato era già famoso da un pezzo per le sue blue laws. Eccone una pagina: – Nessuno potrà dare il suo voto se non è iscritto in una chiesa di questo dominio. Nessuno camminerà in giorno festivo o passeggerà nel suo giardino o altrove, eccetto che, con compunzione, dalla sua casa alla chiesa e viceversa. Nessuno viaggerà, cuocerà cibi, rifarà letti, spazzerà case, si taglierà i capelli o si farà la barba in giorno festivo. Nessuna donna bacerà i suoi figliuoli nei giorni consacrati dalla Chiesa a pregare il Signore.

Leggi terribilmente restrittive, tanto da sembrare delle imposizioni inquisitoriali. Ci si può giungere anche all’improvviso, quando la società sembrerebbe indirizzata in tutt’altro verso. Anche oggi. Basterebbe leggere certe esternazioni dei “castigatori della tastiera”, che sui Social puntualizzano su tutto, dall’alto della propria ignoranza. Così come basterebbe che qualche Gran manipolatore sapesse usare il clangore delle buccine per cantare una nuova messa.

Senti un po’ quello che toccò a Sara Tuttle e a Jacob Newton per aver osato di trasgredire al “codice blue”. Sara era una buona ragazza, nella primavera della vita, che aveva una gran voglia di prendere marito ed era innamorata di Jacob, un povero e bravo giovinetto del vicinato. Avrebbe voluto fare all’amore con lui, ma il pudore le impediva di essere la prima a parlare, e, da parte sua, il giovinotto non ardiva di farsi avanti perché Sara era troppo ricca per lui. Ma in questi casi, ove manca il coraggio dell’uomo, supplisce l’astuzia della donna.

Una domenica mattina Sara incontrò Jacob per la strada, e, per trovar modo d’attaccar discorso, lasciò cadere i guanti fingendo di non avvedersene. Jacob li raccolse e disse sorridendo a Sara: —Se li volete, desidero una ricompensa. —Ma io non ho denaro con me —rispose la biricchina.— Che cosa posso fare per voi? Jacob mise insieme tutto il suo coraggio e disse: —Vorrei un bacio!

Sara non se lo fece dire due volte e lo baciò. Una pinzochera ingiallita e invecchiata nel desiderio di baci che non aveva mai ottenuti, osservò e denunziò il fatto. E i due colpevoli furono citati davanti al competente magistrato, il quale li condannò a pagare la multa.

Può essere assurdo, ma questa è realtà storica. È vero, fa parte di un tempo tanto distante che parrebbe inverosimile che si ripetesse. Questo, però, è il timore costante. Potrei fare un lungo elenco di film o romanzi sul tema di un futuro distopico; tuttavia il tuo resoconto dei fatti è la testimonianza diretta che l’irrazionale è sempre in agguato. Ma torniamo alla capitale del Connecticut.

Una domenica di novembre del 1883 mi recai a New-Haven a trovare un amico. Da New-York si andava a New-Haven in un paio d’ore, attraversando, fra gli altri paesi, Bridgeport, la patria di Barnum, dove il famoso showman teneva i suoi quartieri d’inverno pieni di cavalli e di bestie feroci. Da quelle stalle, per far parlare di sé, di tanto in tanto Barnum lasciava scappare qualche elefante che scorrazzava per i campi circostanti e rovesciava parecchie siepi, affinché non languisse la cronaca dei giornali locali.

New-Haven, a quei tempi, contava più di sessantamila abitanti, ma era tranquilla come un villaggio; strade belle e larghe, fiancheggiate da filari d’alberi, quasi tutte di legno, piccole, eleganti e simpatiche come tante palazzine di villeggiatura. È rinomata per la Yale University … e per la severità con cui si osserva il riposo della domenica.

Il Yale Colege è oggigiorno uno dei più rinomati e importanti degli Stati Uniti, la terza istituzione universitaria più antica, fondata nel 1701. Quindi la città dovrebbe essere un centro nevralgico di cultura superiore. All’epoca c’era anche una colonia italiana che contava circa un migliaio e mezzo di pacifici e laboriosi operai, assai ben visti dalla popolazione.

Quasi tutti lavoravano nelle numerose fabbriche di carrozze e di oggetti di gomma. Per provare il buon conto, il Municipio aprì per essi una scuola nella quale si davano lezioni gratuite serali d’inglese. Straordinario è il numero di chiese d’ogni culto. Nel solo centro della città ne sorgono cinque, a pochi passi l’una dall’altra. Uno dei punti più belli di New-Haven è dove la città finisce sulla riva del Sound. A levante sorgono alcune collinette e a ponente si stendono fino a perdita d’occhio le acque calme del fiume, popolate di barche e di qualche schooner. Mentre io e l’amico tornavamo in città, facemmo quella domenica uno strano incontro. Ventun persone, fra uomini e donne, elegantemente vestiti, venivano condotti a New-Haven prigionieri, scortati da alcuni policemen. Gli arrestati appartenevano alla miglior società.

Di che cosa si erano resi colpevoli?

Ignorando che le autorità avevano deciso di rimettere in vigore le puritane blue laws, quei signori erano usciti a passeggiare come il solito di tutte le feste. Giunti a un certo punto vennero arrestati come contravventori alla legge sulla domenica, rinchiusi in una masseria come un branco di montoni, e condotti quindi tutti insieme a New-Haven. Tradotti davanti al giudice, alcuni furono rilasciati pagando una cauzione, altri trattenuti in prigione. Quella inattesa risurrezione di leggi cadute in disuso era dovuta alla richiesta degli abitanti della borgata di Foxon. Costoro si lagnavano che «quelli di New-Haven violavano costantemente la domenica passando in vettura a Foxon, con grande disappunto e scandalo dei buoni cittadini».

Anche riunirsi in comitiva e visitare i dintorni della città di domenica era da considerarsi vietato? Queste blue laws erano l’espressione di una visione locale e certamente trincerata verso il prossimo. Comico, ma vero!

È comico, piuttosto, il modo usato per fermare quelli che passavano. Il signor Thompson (che svolgeva il compito di constabile, un dirigente di polizia) aveva imboscato i suoi uomini in un punto in cui la strada era tutta coperta dalle noci che il vento aveva fatto cadere dalle piante circostanti. Come il malizioso constabile aveva preveduto, tutti quelli che arrivarono in carrozza a quel punto, vedendo le belle noci, scesero per riempirsene le saccocce. In quella sbucarono i policemen e li dichiararono in arresto.

E dire che oggi lamentiamo gli appostamenti degli autovelox!

 

Dimmi Adolfo: che cosa pensi della Sunday law?

 

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Spesso faccio qualche passeggiata e vado a trovare i miei amici. Alcuni sono giovani e con figli. Buona parte sono persone anziane. Ho sempre amato conversare con quest’ultime, perché custodiscono memoria di un mondo così distante da quello che solitamente viviamo con trepidazione, perché dal mondo di oggi dipende il mondo di domani. Con le persone “d’altri tempi”, nel vero senso della parola, ragiono sul fatto che all’epoca le vicende da loro vissute lasciavano interdetti né più né meno delle vicende che viviamo noi oggi. Ho deciso di fermarmi a parlare con un giornalista famoso, richiesto all’epoca persino dal Corriere della Sera, dove ha svolto anche il ruolo di redattore capo, per lasciarlo, in seguito, e diventare un diplomatico, e chiudere in modo definitivo con il giornalismo. Non aveva alcun titolo di studio accademico per fare il diplomatico, tanto è vero che alcuni suoi colleghi si sono spinti a presentare un ricorso contro la nomina: ricorso rigettato dal ministero. Non è, però, di questo che vorrei parlare con Adolfo Rossi, nativo di Valdentro, oggi frazione di Lendinara in Veneto. Dopo aver letto alcune sue pagine, casualmente, sono rimasto colpito dello stile secco e moderno, quasi telegrafico. Lui sorride del mio apprezzamento e mi invita a mettermi comodo in poltrona. Iniziamo così la nostra conversazione, ricca di note gustose, perché a me sono sempre interessate “le storie”, quelle che ogni persona, anche la più comune, è capace di raccontare, facendo riemergere gli accadimenti di una vita. Parto da un fatto di cronaca, per capire se esiste un possibile parallelo con il nostro passato; questo perché i fatti quotidiani che leggiamo sui giornali, quando riaffiorano dalle esperienze raccontate direttamente dai protagonisti perdono la dimensione della cronaca per diventare “storia”. Alcuni fatti potrebbero rimanere noterelle, per l’appunto, ma servono se non altro a farne tesoro, a cogliere le costanti e le differenze con quanto noi stessi stiamo vivendo.

Parto, come ti dicevo, da un fatto di cronaca, quello dei lavoratori della domenica, tema delicato che riguarda milioni di persone, quelle che lavorano e quelle che solo di domenica hanno tempo e spirito giusto per andare a fare acquisti. Adolfo, ti chiedo di dirmi qualcosa sul riposo festivo: se ne parlava ai tuoi tempi? Ne hai scritto? 

Una delle cose che mi sorprese di più nell’America del Nord, paese che è considerato il più libero e più pratico del mondo, fu di veder conservate ancora negli statuti di alcuni Stati certe leggi puritane, quacchere, ridicole, odiose, medievali, che fanno a pugni con le idee e con le consuetudini moderne.

Alcuni articoli di quegli statuti di origine inglese, erano assolutamente contrari ad ogni principio di libertà, allo spirito medesimo della costituzione americana; eppure non furono aboliti. La maggior parte delle leggi più assurde caddero in disuso, ma non in tutti gli Stati. Gli articoli più strani erano quelli sul riposo della domenica. Gli articoli di questo codice erano a poco a poco caduti in disuso. Verso la fine del 1882, vi fu un risveglio di puritanismo, e col primo dicembre di quell’anno il codice penale di New-York venne rimesso in vigore in tutta la sua forza. Ciò significava che, alla festa, non si poteva comperar un sigaro, né un caffè; che tutte le botteghe dovevano esser chiuse; che qualunque lavoro era proibito; che per le strade non si vedevano né vetture, né omnibus, né carri dei tramways, né vagoni dell’Elevated.

L’Elevated è l’iconica High Line di Manhattan, la ferrovia sopraelevata nel Lower West Side di New York. Quindi erano sospesi persino i mezzi pubblici? Che esagerazione! Lontana da me, comunque, l’idea di contrapporre presente e passato, soprattutto laddove il passato sembra emergere sempre come migliore rispetto al presente. Non esiste contrapposizione, né paragone, perché cambiano i contesti e un discorso, in questi termini, è inammissibile. A me interessa soltanto ascoltare la tua esperienza: mi permette di conoscere qualcosa in più di cui prima non sapevo nulla. Parlami dell’esperienza che hai fatto in America, i ricordi di quell’ultimo triennio passato nell’isola di Manhattan su cui sorge New York.

Non dimenticherò mai la prima domenica che passai sotto la restaurazione di quel codice. Uscito di casa alle otto di mattina, secondo il solito, cercai coll’occhio, nelle vie deserte, un lustrascarpe. Soltanto dopo una mezz’ora scoprii, sulla soglia di una porta, un povero ragazzo irlandese col viso paonazzo, che, in attitudine sospetta, celava sotto la giacca la sua scatola di lustrascarpe. Mi accostai a quel povero ribelle e gli chiesi se aveva il coraggio di violare la legge. Si guardò intorno e non vedendo alcun policeman, s’inginocchiò mormorando: – Hurry up, boss! (Facciamo presto, principale!). – Che cosa pensi della nuova Sunday law? (la legge della domenica) – gli domandai. – Penso – rispose – che io sono un povero orfano e che devo mangiare anche alla domenica. Uno stivale era già lucidato alla bell’e meglio e il ragazzo s’accingeva a lustrare anche il secondo, quando comparve improvvisamente sulla cantonata un policeman, col suo bravo club (manganello corto) in mano. Io non potei trattenere una risata, ma il policeman si accostò con aria minacciosa e disse al ragazzo spaventato: – È la seconda volta che stamane ti colgo in contravvenzione. A casa subito: se ti vedo ancora, ti conduco alla Station House (stazione di polizia). – Lascerete almeno che finisca le mie scarpe! – osservai io. – No – interruppe severamente l’ufficiale di polizia. – Ringraziatemi se vi lascio andare per la vostra strada; osservate la legge!

La legge va sempre osservata, anche quando non è condivisa!

Con uno stivale lucido e l’altro no, andai verso la bottega del mio barbiere: era chiusa e sulla porta stava scritto tanto di closed. Mi avvicinai alle porte di parecchie altre; tutte chiuse egualmente. Mi rassegnavo a passar la festa con la barba da fare, quando bussando per l’ultima volta all’uscio della bottega di un barbiere tedesco vidi un occhio al buco di una tendina abbassata. Quando quell’occhio si convinse che non ero né un policeman, né un detective, una voce mormorò: – Entrate per la porticina laterale. Tre barbieri stavano radendo tre persone, cogli usci chiusi a chiave, silenziosamente. Parevano malfattori in atto di commettere qualche brutto delitto. Di lì a qualche minuto un policeman bussò, ma nessuno gli rispose. Soltanto il padrone bestemmiava fra i denti e diceva: – Ho cinque figli da mantenere, io. Senza il guadagno della domenica mattina, potrei chiudere durante il resto della settimana. Quella mattina un cittadino veniva arrestato ai Five Points mentre si faceva radere e condotto in questura con mezza barba fatta e l’altra guancia insaponata, insieme col barbiere.

Non credo che tutta la città fosse bloccata! Non mi dire: era bloccata!

Il direttore della sala dei concerti «Koster and Bial’s» che volle provare a dare una rappresentazione con un programma sul quale era scritto: – A beneficio dell’Ospedale tedesco – dovette pagare una cauzione di cinquecento dollari per non essere arrestato, e lo spettacolo venne interrotto. Lo stesso accadde all’Alcazar. Prima di mezzogiorno una cinquantina di persone si trovavano alla Corte di Polizia, accusate di violazione della legge domenicale. Nel sedicesimo distretto erano stati arrestati due lustrascarpe neri. Quattro barbieri sorpresi mentre lavoravano segretamente e condotti subito davanti al giudice, ebbero un bel dire che se non sgobbavano alla festa perdevano la maggior parte dei loro guadagni, e invano protestarono ricordando che perfino ai tempi della Santa Inquisizione fu fatta un’eccezione per il lavoro dei barbieri: dovettero pagare quattro dollari di multa per ciascuno.

Quattro dollari all’epoca erano una cifra. Sembra il soggetto di film comico. Se non me le raccontassi tu, queste storie, potrei pensarle come il prodotto della fantasia di uno sceneggiatore.

Un episodio buffo. A mezzogiorno un tedesco usciva con un canestro coperto sotto il braccio dalla porta laterale di una birreria di Houston Street. Essendo proibito di comperare alla domenica qualunque cosa, anche il pane, un policeman lo fermò e gli chiese: – Che cosa avete in quella cesta? Il tedesco, che aveva un boccale di birra, rispose prontamente: – Un gatto arrabbiato che vado ad annegare nel fiume. È anche questo un lavoro proibito dal codice?

Oggi sarebbe certamente proibito maltrattare un animale, altro che ucciderlo! Questa situazione si è protratta nel tempo?

Alla domenica successiva si rinnovarono le medesime scene. Non solo i saloons grandi e piccoli, ma anche i principali alberghi della metropoli vennero attentamente sorvegliati e alcuni di essi, come l’Astor House, sospesero totalmente la vendita delle bevande alcoliche, rifiutandole perfino agli ospiti dell’albergo. Nei vari quartieri della città si eseguirono più di cento arresti, per lo più di uomini e di ragazzi colti mentre uscivano dalle porte di servizio dei Lager Beer Saloons con qualche pinta di birra. Quelli fra i contravventori che vennero arrestati al mattino poterono pagare una cauzione e tornare a casa nello stesso giorno; ma coloro che si lasciarono prendere ad ora tarda dovettero passare la notte nelle Station Houses in attesa che la Corte di polizia si riunisse il giorno appresso. La terza domenica si ebbe un omicidio. Il policeman John W. Smith era stato mandato in giro, vestito in borghese, alla scoperta di qualche violatore della legge domenicale. Per la solita porticina laterale entrò nella birraria di un certo Patrick Reagan in Madison Street e, senza farsi conoscere, domandò un bicchiere di salsa pariglia che gli fu servito dal padrone stesso.

Scusami, se ti interrompo. La salsa pariglia è quella bevanda gassata che oggi chiamiamo “root beer”, cioè “birra di radice”? Era di bassa gradazione alcolica, per questo tanto in voga negli Stati Uniti ai tempi del proibizionismo. Nell’Ottocento era anche usata nella terapia della sifilide (il “mal francese”); più comunemente come diuretico o come rimedio anti-artritico. Prego, continua.

Poco dopo entrarono tre avventori i quali chiesero tre schooners (grandi boccali). Mentre Reagan spillava la birra da un barile, il policeman travestito si bagnò un dito sotto il rubinetto del barile stesso, e, portatolo alla bocca e assicuratosi che la bevanda versata era realmente birra dichiarò senz’altro il birraio in arresto. In prova della sua autorità gettò sul banco la placca metallica che è il distintivo degli addetti alla polizia. Reagan prese la placca e gliela scagliò sulla testa, dicendo che non si curava di tutte le spie della città: quindi, levando di sotto al banco una vecchia sciabola (il birraio apparteneva ad una di quelle associazioni militari che costituivano la guardia nazionale), si avventò contro il policeman. Questi lo prese di mira col revolver, fece fuoco e lo ferì mortalmente al petto. Reagan spirò poco dopo. Questo omicidio, accaduto per causa di una legge la cui applicazione richiedeva un odioso spionaggio, provocò un grido di protesta da parte del pubblico, e i giornali si misero alla testa dell’agitazione.

Assurdo! Come reagì la stampa?

– Invece della statua di Bartholdi nella baia – diceva il Puck – invece della Libertà che illumina il mondo, gli americani dovrebbero eternare la memoria del codice penale di New-York col seguente monumento. E disegnava il progetto di una statua della libertà incatenata, che sorgeva in mezzo a una strada, la quale, essendo domenica, era tutta deserta: soltanto davanti a ogni albergo, teatro, bottega di qualsiasi genere, stava ritto, col bastone in mano, un policeman. –

Dopo il clamore delle cronache l’opinione pubblica sollevò polemiche, tanto da modificare la legge?

Vennero i meetings e si formarono delle associazioni, le quali si proponevano di ottenere la abrogazione di tutti quegli articoli del codice che, col pretesto del rispetto della domenica, violano la libertà del commercio e sono una vera rovina. La questione fu portata alla Camera dei rappresentanti di Albany – la capitale dello Stato di New-York – e suscitò una vivace discussione, specialmente a proposito dell’articolo che proibisce le corse dei cavalli e gli esercizi ginnastici. Il signor Murphy suscitò una grande ilarità chiedendo che fosse eccettuata dalla proscrizione domenicale almeno la pesca alla canna. Ma tutto fu inutile: la maggior parte degli oratori fecero dei discorsi da predicatori, sulla utilità morale e igienica dell’assoluto riposo festivo, ed espressero una profonda indignazione contro qualunque tentativo di europeizzare la domenica nord-americana. Così il codice dello Stato di New-York rimase invariato: si tollera solo che, alla domenica, i cittadini si facciano lustrare le scarpe e radere la barba. Le porte principali delle birrerie e delle botteghe di liquori sono chiuse, ma si può entrare per la porticina di dietro. Ipocrisie grottesche. Quello che vidi a New-York in fatto di leggi domenicali è nulla in confronto di ciò che osservai a New-Haven nel Connecticut.

Dopo il caffè, Adolfo. Facciamo una pausa, prima di raccontarmi altre storie.

 

La moda d’altri tempi

 

Che ne dite se sfogliamo una rivista di moda? Una moda speciale, perché l’immagine proposta interessava le signore di fine Ottocento, non certo quelle di oggi, se non per il fascino che emana. Altri tempi! Quella che presentiamo è una bella toilette da città, vista di fronte e di tre quarti. Gonna di media lunghezza marrone scuro. È guarnita da un “indéplissable” e in basso e a metà della sua altezza da fiocchi tali da formare una piega. Tunica in tessuto ecru. Sul davanti si formano due drappi regolari fissati da un nastro colorato. Sul retro il tessuto ribolle e forma un ponte congiungendosi ai lati. Al centro una sorta di conchiglia. Corpetto in seta grezza, decorato con pizzo ecru e onde formate da un nastro marrone. Cappello di paglia secondo la moda d’Italia a forma di cappuccio. L’ombrellino di seta ripara dal sole primaverile.