Competenze e conoscenze sembrano due termini equivalenti. Anni fa cercavamo un disegnatore per il nostro studio di architettura. La mia domanda era: come si effettua l’esatto rilevamento di uno spazio avendo a disposizione soltanto una rullina. Il rilevamento è analisi, selezione, sintesi di una realtà oggettiva e i grafici dovranno raffigurarne gli aspetti geometrici, costruttivi, d’uso. Ma a me interessava unicamente sapere come quel disegnatore avrebbe riportato su carta i dati metrici dedotti in cantiere, senza misurare angoli, ma soltanto lati. Era una domanda elementare la mia, alla quale su di una ventina di aspiranti rispose solo un geometra fresco di diploma. Gli altri confondevano la trilaterazione con la triangolazione. Alle insufficienti conoscenze geometriche corrispondeva la totale mancanza di competenze. Il concetto di competenza indica come una persona sa utilizzare le proprie risorse per fare fronte a situazioni spesso complesse, senza per forza ricorrere a dispositivi tecnologici. Il sapere disciplinare sarebbe gran cosa, ma è soltanto una parte delle competenze. Alle risorse conoscitive occorre aggiungere, infatti, risorse cognitive. Occorre cioè saper pensare: osservare, confrontare, ragionare, prendere decisioni, prevedere e risolvere in anticipo possibili problemi. Occorrono, in più, risorse personali: alcune innate come tenacia o creatività, altre acquisite con l’esperienza. Su tutte vale l’assunzione di responsabilità: «Non lo so». Esistono, poi, risorse sociali da saper gestire: lavorare in gruppo, considerare il punto di vista altrui, collaborare piuttosto che ostacolare, condividere (non solo social). Una cosa, però, è certa: non esistono competenze senza conoscenze specifiche e non generiche. Paoletto sapeva cosa fosse un rilievo: come rilevare trilaterazioni con una rullina e disegnarle con un semplice compasso.
Fonte immagine: Parphoenix
Pubblicato su 100NOVE n. 27 – 6 luglio 2017