Tra bombardamenti e macerie, come salvare la memoria storica di Gaza?

Mappa di Gaza con punti che indicano i luoghi della Sinagoga ebraica, del Cimitero romano, della Chiesa bizantina, della Grande Moschea di Omari, del Porto di Anthedon e del Monastero di Sant’Ilarione. Possiamo vedere il Mar Mediterraneo sul lato sinistro e Israele sul destro di Gaza
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Il monastero di Sant’Ilarione è uno dei primi siti monastici del Medio Oriente (Fonte link al sito web https://www.bbc.co.uk/).

La guerra che devasta la Striscia di Gaza non risparmia i suoi tesori. Tra palazzi crollati e vite spezzate, archeologi e volontari palestinesi cercano di proteggere un patrimonio millenario minacciato dalla guerra. Hanno intrapreso una corsa disperata per mettere in salvo reperti di valore inestimabile, memoria di oltre cinquemila anni di storia.

Una corsa contro il tempo

Nei giorni più intensi dei bombardamenti su Gaza City, il principale archeologo della Striscia, Fadel al-Otol, riceve l’allarme che temeva da tempo: l’edificio che custodisce migliaia di reperti rischia di essere colpito. Con il supporto di organizzazioni internazionali, riesce a coordinare da lontano un’operazione straordinaria: sei camion carichi di mosaici, ceramiche, scheletri e oggetti antichi vengono trasferiti in extremis in un luogo più sicuro. Gran parte della collezione è salvata, ma ciò che rimane viene distrutto quando il palazzo di al-Kawthar, tredici piani, viene raso al suolo.

Gaza, crocevia di civiltà

La storia di Gaza affonda le radici in oltre cinque millenni di civiltà. Porto strategico sul Mediterraneo, la città ha visto passare Cananei, Egizi, Filistei, Greci, Romani, Bizantini, Ottomani. Alessandro Magno la assediò, Napoleone vi soggiornò. Siti archeologici come il monastero di Sant’Ilarione, la sinagoga del VI secolo, la chiesa bizantina di Jabalia o il porto di Anthedon raccontano di un passato che intreccia religioni e culture. Per i palestinesi, questo patrimonio è parte fondante dell’identità collettiva.

La distruzione del patrimonio

La guerra in corso ha accelerato la cancellazione materiale di questo passato. L’Unesco ha registrato danni a oltre cento siti. La Grande Moschea di Omari ha perso il suo minareto ottagonale; il palazzo mamelucco Qasr al-Basha è stato raso al suolo; il Souq al-Qissariya e il bagno turco Hammam al-Samra sono ridotti in macerie. Persino la chiesa di Jabalia, con i suoi mosaici protetti da una struttura di copertura, è stata danneggiata. Israele attribuisce la responsabilità ad Hamas, accusato di collocare infrastrutture militari in prossimità di siti storici.

Archeologi e comunità

La passione di Fadel al-Otol nasce da bambino, sulle coste di Gaza, dove i reperti affioravano con le mareggiate. Dopo studi in Francia, ha guidato scavi riconosciuti a livello internazionale, fino all’inserimento del monastero di Sant’Ilarione nella lista UNESCO. Accanto a lui opera un’intera comunità: il programma Intiqal, ideato da Jehad Abu Hassan con il sostegno del British Council e dell’Agenzia francese per lo sviluppo, ha formato giovani locali nella tutela e valorizzazione del patrimonio, creando anche opportunità di lavoro in un contesto segnato da disoccupazione endemica.

L’Institut du Monde Arabe di Parigi espone 100 opere che ripercorrono il ruolo millenario di Gaza come crocevia di civiltà
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Collezioni in esilio

Paradossalmente, parte del passato di Gaza sopravvive oggi lontano dalla Striscia. A Parigi, l’Institut du Monde Arabe espone mosaici, statue e oggetti di culto provenienti da chiese bizantine, donati o salvati in circostanze fortuite. A Ginevra, il Museo d’Arte e Storia conserva circa 500 reperti che Fadel ora cataloga, consapevole che il loro esilio forzato li ha preservati dalla distruzione.

La memoria come resistenza

La guerra ha cancellato non solo vite e infrastrutture, ma anche musei e collezioni private. L’imprenditore Jawdat Khoudary, che per decenni aveva raccolto manufatti provenienti da scavi e ritrovamenti casuali, ha visto la sua casa-museo trasformata in macerie e cenere. “Posso ricostruire una fabbrica”, ha detto, “ma come si ricostruiscono monete, statue, anfore di Gaza?”.

Oltre la distruzione

La Convenzione dell’Aja del 1954 stabilisce che i monumenti culturali debbano essere protetti anche in guerra. Eppure, oggi, la cancellazione del patrimonio di Gaza è al centro di contenziosi giuridici internazionali, tra accuse di crimini di guerra e di genocidio. Per gli archeologi e i cittadini, resta l’urgenza di preservare ciò che rimane. Come sottolinea Jehad Abu Hassan, “ricostruire il patrimonio culturale significherà anche restituire al mondo l’immagine di una Gaza che non è solo guerra e disperazione, ma storia, identità, civiltà”.


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