
Papà Bernard il capomastro
di Gio Bonaventura
I quotidiani di carta sono a disposizione già prima di entrare in cabina. Ma su Air France ho scoperto una nuova soluzione introdotta da un paio d’anni, a quanto pare: leggere la versione digitale del giornale prescelto, che si può scaricare fino a 30 ore prima del decollo. Mi viene proposta mentre sto sistemando il trolley di Lilli nello scomparto del bagaglio a mano sopra il sedile. In attesa di partire sfoglio Le Monde. Poi ricordo che ho portato alcune stampe che mi hanno dato Alizée ed Eulalie. Di certo risultano più comode dei Pdf da leggere sul mio iPhone. Fanno parte di quegli appunti reperiti nello studio di Gaspard. Appunti preziosi per conoscere da vicino i contorni di questa storia.
Émile sin dall’avvio ha cominciato a scoprire quante difficoltà possa nascondere anche il più modesto progetto edilizio. E non poteva fare a meno di chiedersi come avesse fatto Papà Bernard, un capomastro che a malapena sapeva leggere e scrivere, a costruire senza troppe grane la casa del sindaco. Una casa che, tutto sommato, non sembrava nemmeno fatta male. Se, come a Parigi, Émile avesse potuto usufruire delle prestazioni di un appaltatore o di qualcuno con cui firmare un contratto, non avrebbe dovuto preoccuparsi più di tanto, ma in campagna era obbligato a usare mezzi essenziali e rivolgersi direttamente a Papà Bernard. Lo vedeva entrare nei piccoli cantieri conducendo un carrettino pieno di pezzi di legno, sacchi di gesso e stucchi e i suoi attrezzi ordinari. Era sempre soddisfatto, il che non guasta. A domandargli il motivo che lo rende appagato la sua risposta Papà Bernard ce l’ha.
Quando si lavora per un buon cliente – confessava a Émile – ovverosia un cliente che ti paga quello che ti deve, che aggiunge una bottiglia di vino quando fa caldo, allora le cose vanno bene. Finita la giornata un lavoratore ripone gli arnesi col cuore in pace. Ma quando c’è da scazzarsi coi signori per avere il tuo, allora non è più il caso di lavorare. Perché i fornitori bisogna pagarli. Ella, signor Émile – continuava – sa bene che i mattoni li devo pagare al fornaciaio, che questi stucchi li devo pagare al gessaio, e così via tutto il resto. Se il signore ti fa tirare il collo, bisogna sbattere la testa qua e là, per dare del denaro a chi lavora con te e ti trovi in un mare di guai.
A chi, di contro, domandava a Émile se fosse certo delle abilità pratiche dell’anziano capomastro, lui rispondeva così: Papà Bernard ha l’esperienza della consuetudine. È un manovale di campagna, di quelli che hanno iniziato portando il secchio sulle spalle. È figlio di un muratore e ha imparato il mestiere guardando suo padre. Lavora con intelligenza, con onestà, e ha voglia di capire ciò che deve fare. Non si limita semplicemente a eseguire: osserva, ragiona, imita i migliori ed evita gli errori più comuni.
Chi lo incontra in cantiere – proseguiva Émile – rimane spesso colpito. Non solo dalla sua capacità, quanto dalla tenacia con cui vuole comprendere ogni dettaglio. Se non afferra subito il senso di una richiesta, non la esegue a caso: torna il giorno dopo, ti espone i suoi dubbi e ti costringe a rivedere ogni punto oscuro. È ostinato, sì, ma in modo costruttivo: lavora solo se capisce davvero cosa deve fare, e questo – se da un lato può risultare scomodo – dall’altro obbliga a una chiarezza che nei cantieri non è mai troppa.
Quella che potrebbe apparire intransigenza non è testardaggine: è rigore. Si dice che abbia lasciato un lavoro importante, la ristrutturazione del castello di un nostro vicino, perché gli si chiedeva di fare una cosa un giorno e di rifarla al contrario il giorno dopo. Di questo parla con schiettezza, non ha peli sulla lingua. Non ha timore di definire incompetente l’architetto di quel castello: non ha il coraggio di imporre una volta per tutte il progetto adottato e approvato. Quell’architetto appartiene alla categoria di professionisti che preferisce piegarsi a ogni capriccio, o meglio preferisce assecondare i pareri di tutti. Non solo del committente, ma anche degli amici di casa, che hanno da ridire sulla dimensione delle stanze, sulla posizione della scala, specialmente sullo stile, sulle decorazioni a stucco o a pittura.
Non dice tutto questo con arroganza, ma con argomenti concreti, basati sulla conoscenza dei materiali locali e delle tecniche costruttive. Ha di sicuro meno cultura tecnica di un architetto, ma paradossalmente spesso ha più buon senso. Il suo atteggiamento mette in luce un principio semplice, ma spesso trascurato: in un cantiere, l’autorità non s’impone con la gerarchia – io ho studiato e tu no – oppure con il silenzio non rispondendo mai per un chiarimento – perché tu, Papà Bernard, non le puoi capire certe cose – questa è presunzione. L’autorità, meglio l’autorevolezza, si conquista dimostrando di sapere davvero quello che si dice. Un architetto può zittire un muratore, certo, ma se pochi giorni dopo cambia idea e dà ordini contraddittori, manda la sua fiducia a farsi benedire.
Anche chi occupa una posizione subalterna ha una sua dignità, e spesso anche un suo sapere. Se gli si presta ascolto, quando le sue considerazioni sono fondate, sarà il primo a riconoscere il valore di chi sta sopra di lui. Ma se lo si ignora, sarà altrettanto pronto a giudicare l’interlocutore come incapace e, a volte, con ragione.
Da quello che lui stesso afferma tra le righe dei suoi discorsi, Papà Bernard non ha capitali, né potrebbe mai anticipare le spese che un’impresa edile in città affronterebbe di slancio. Non è un appaltatore, e non si finge tale. Non firma contratti, non gestisce preventivi, non ha alcuna possibilità di comprare i materiali di tasca propria. Per cui ci si accorderà così: Émile gli darà ciò che serve. Calce, pietre, sabbia. Gli riserverà un compenso per il solo lavoro manuale, non per il materiale da costruzione. Questo sistema, per seccante che sia, evita almeno una delle insidie più frequenti nel mondo dell’edilizia: l’inganno sulla qualità delle forniture.
Nessun muratore, con un accordo di questo tipo, ha interesse a risparmiare un centesimo sul mattone. Un appaltatore, al contrario, potrebbe sentirsi spinto ad acquistare materiali più economici per aumentare i propri margini di guadagno, a lucrare sulla qualità, sulla messa in opera. Papà Bernard no. Lavora con quello che gli si mette in mano. E proprio per questo, ogni decisione sulle provviste dovrà essere presa con cura. Nulla dovrà andare sprecato. Questo comporterà che ogni momento della costruzione Émile dovrà seguirlo da vicino. Il suo controllo dovrà essere diretto, quotidiano, meticoloso. In compenso otterrà un vantaggio: poter lavorare in trasparenza.
Ripongo i fogli. Li studierò quando saremo di nuovo a casa. Ora voglio solo riposare e lasciare la mente spaziare nel vuoto.
Maison de campagne – 9
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