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Sommario

 
 

 GASTRONOMIA SICILIANA

  

 

   LA PASTA

 
 Le origini della pasta

  

 La pasta nella cucina popolare

  

 Le lasagne

  

 I maccheroni

  

 Conclusioni
  
 
 
 
 

 

 

 
 
 
 
   



 

 
 
Mangiare nella madia evitava di  portare stoviglie ingombranti in campagna, ma c'era anche   una finalità  economica:  piatti e  posate erano molto costosi.
 
 
Gastronomia - La pasta
di Lucia Maranto
 
 

Fra i tipi più antichi di pasta alimentare di cui si ha notizia, oltre ai già citati vermicelli, sono i lasani, dal greco lasanon, già noti agli etruschi e agli abitanti di alcune regioni italiane: si trattava di una pasta simile nella forma alle attuali lasagne.  Le lasagne, condite col pomodoro o con olio e ricotta salata, oppure unite a legumi che si condiscono sempre con olio, si mangiano la sera in comune con gli altri mietitori nella madia deposta a terra, a differenza di quanto avviene per il pasto di mezzogiorno (menzujornu o suppa) composto da una minestra di cavoli condita con pomodoro e alcune volte con l'aggiunta di taglierini (formato di pasta simile alle lasagne, ma di dimensioni più ristrette) o grossi gnocchi ( lu cavatu ) che si mangia sempre in comune nella madia, ma questa volta essa viene sostenuta con una mano dagli uomini che stanno in piedi, mentre con l'altra s'affrettano a mangiare. E come i mietitori seduti intorno alla madia, fattosi il segno della croce, e recitate a voce alta le preghiere, danno inizio al mangiare comunitario, utilizzando le mani a mo' di forchetta e cercando di essere il più veloce possibile perché questo significa tragurgitare una maggiore quantità di pasta, anche i contadini, quando non svolgono quel lavoro massacrante di mietitura, ma quello solito di zappare la terra o di seminarla, ed hanno la possibilità di tornare la sera a casa, se il podere in cui lavorano è vicino, mangeranno insieme a tutta la famiglia sempre nella madia.

Ma perché si usava la madia ( maidda ), cioè quel contenitore di legno utilizzato per impastare il pane e la pasta, anche per mangiare?  E perché non si usavano posate per prendere la pasta, affidando, piuttosto, la loro funzione alle mani? Per rispondere a queste domande, mi sono servita della tradizione orale, ovverosia ho consultato mia madre che, avendo vissuto da giovane in un paese dell'entroterra siciliano, ed avendo conosciuto, attraverso le discussioni dei suoi genitori e parenti, le abitudini di quei contadini a cui era stato affidato il compito di coltivare le loro terre, mi ha fornito una spiegazione plausibile sull'uso di questo oggetto. Il fatto di mangiare nella maidda tutti insieme, aveva non solo una funzione prettamente pratica: evitare di portare stoviglie ingombranti in campagna, ma anche una finalità prevalentemente economica: i piatti e le posate erano molto costosi.

Quando, invece, questi zappaterra avevano la possibilità di tornare, la sera, nelle loro case, un'ora dopo l'ave, la povera tavola accoglieva, per il pasto più importante della giornata, la cena appunto, la famigliola che si accontentava di mangiare "quanto Dio e le proprie braccia hanno concesso loro" : lasagne condite con aglio ed olio, o con legumi, o cavolfiori, o qualche erba campestre, ed un pezzo di pane per ciascun membro della famiglia.

Questo formato di pasta, realizzato da un impasto di farina, uova e poca acqua, che veniva preparato dalle massaie in casa, amalgamando vigorosamente con le mani gli ingredienti fino ad ottenere un composto duro che veniva poi spianato per realizzare una sfoglia sottile che, in seguito, veniva tagliata a larghe strisce e posta ad essiccare sulle canne all'aria aperta, non è legato soltanto al consumo quotidiano, ma anche ad una festività: il capodanno.  Si tratta di lasagne larghissime, dal bordo ondulato, condite con ricotta, sughi di arrosto e formaggio, inventate a Palermo durante il dominio aragonese in Sicilia in occasione del capodanno e chiamate, col nome poco lusinghiero, ma portato uniformemente in tutta l'Isola, di lasagne cacate, per prendere in giro le più elaborate pietanze dei nobili.

Nessun'altra pasta di qualsiasi altra forma, ma solo le lasagne, che non devono essere manipolate nelle singole case dei contadini, come si fa abitualmente per il resto dell'anno, ma comprate sempre dal pastaio, devono essere mangiate quel giorno, se no il proverbio pronostica guai per tutto l'anno:

Cui mangia a Capu d'anno maccarruni,
Tuttu l'annu a ruzzuluni;

mentre, al contrario le lasagne cacate, innaffiate da abbondante vino, fanno buon sangue per tutto l'anno come ci dice un altro proverbio:

Lasagni cacati e vinu a cannata
Bon sangu fannu pri tutta l'annata.  

Il pasto più importate della giornata è per il contadino, nel capodanno, come sempre, la sera.   La famigliola si riunisce per mangiare le lasagne cacate (vedi scheda n.5), che non mancheranno mai a differenza delle altre pietanze.  Dopo il pasto si rimane tutti in casa a parlare, a raccontare storielle, a scherzare, a fare qualche gioco popolaresco.

Una ricetta particolare di lasagne è quella denominata Sciabbò, scibbò o scibò di Castrugiuvanni che viene cucinata ad Enna, ombelico della Sicilia.  Il nome sciabbò o scibò è un francesismo per indicare l'arricciamento dello sparato delle camicie sia maschili che femminili, qui si riferisce al fatto che le lasagne sono ricce.  Una caratteristica della ricetta è la presenza di ingredienti contrastanti quali: tritato di carne, cipolla, pomodoro e poi zucchero, cannella e cioccolata.  L'ardito accostamento fra sapori dolci e salati permette di riconoscere quelle elaborazioni frutto della fantasia dei cuochi delle nobili casate spagnole che succedettero agli Angioini, e qui spiegato il francesismo.

 

   
 
   
   
 
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