Fra i tipi più antichi di pasta alimentare di cui si
ha notizia, oltre ai già citati vermicelli, sono i lasani,
dal greco lasanon, già noti agli etruschi
e agli abitanti di alcune regioni italiane: si trattava di una pasta simile nella forma
alle attuali lasagne. Le lasagne, condite col pomodoro o con olio e ricotta salata,
oppure unite a legumi che si condiscono sempre con olio, si mangiano la sera in comune con
gli altri mietitori nella madia deposta a terra, a differenza di quanto avviene per il
pasto di mezzogiorno (menzujornu o suppa) composto
da una minestra di cavoli condita con pomodoro e alcune volte con l'aggiunta di taglierini
(formato di pasta simile alle lasagne, ma di dimensioni più ristrette) o grossi gnocchi ( lu cavatu ) che si mangia sempre in comune nella madia, ma questa volta essa viene
sostenuta con una mano dagli uomini che stanno in piedi, mentre con l'altra s'affrettano a
mangiare. E come i mietitori seduti intorno alla madia, fattosi il segno della croce, e
recitate a voce alta le preghiere, danno inizio al mangiare comunitario, utilizzando le
mani a mo' di forchetta e cercando di essere il più veloce possibile perché questo
significa tragurgitare una maggiore quantità di pasta, anche i contadini, quando non
svolgono quel lavoro massacrante di mietitura, ma quello solito di zappare la terra o di
seminarla, ed hanno la possibilità di tornare la sera a casa, se il podere in cui
lavorano è vicino, mangeranno insieme a tutta la famiglia sempre nella madia.
Ma perché si usava la madia ( maidda ), cioè quel contenitore di legno
utilizzato per impastare il pane e la pasta, anche per mangiare? E perché non si
usavano posate per prendere la pasta, affidando, piuttosto, la loro funzione alle mani?
Per rispondere a queste domande, mi sono servita della tradizione orale, ovverosia ho
consultato mia madre che, avendo vissuto da giovane in un paese dell'entroterra siciliano, ed avendo
conosciuto, attraverso le discussioni dei suoi genitori e parenti, le abitudini di quei
contadini a cui era stato affidato il compito di coltivare le loro terre, mi ha fornito
una spiegazione plausibile sull'uso di questo oggetto. Il fatto di mangiare nella maidda tutti insieme, aveva non solo una funzione
prettamente pratica: evitare di portare stoviglie ingombranti in campagna, ma anche una
finalità prevalentemente economica: i piatti e le posate erano molto costosi.
Quando, invece, questi zappaterra avevano la
possibilità di tornare, la sera, nelle loro case, un'ora dopo l'ave, la povera tavola
accoglieva, per il pasto più importante della giornata, la cena appunto, la famigliola
che si accontentava di mangiare "quanto Dio e le proprie braccia hanno concesso
loro" : lasagne condite con aglio ed olio, o con legumi, o cavolfiori, o qualche erba
campestre, ed un pezzo di pane per ciascun membro della famiglia.
Questo formato di pasta, realizzato da un impasto di
farina, uova e poca acqua, che veniva preparato dalle massaie in casa, amalgamando
vigorosamente con le mani gli ingredienti fino ad ottenere un composto duro che veniva poi
spianato per realizzare una sfoglia sottile che, in seguito, veniva tagliata a larghe
strisce e posta ad essiccare sulle canne all'aria aperta, non è legato soltanto al
consumo quotidiano, ma anche ad una festività: il capodanno. Si tratta di lasagne
larghissime, dal bordo ondulato, condite con ricotta, sughi di arrosto e formaggio,
inventate a Palermo durante il dominio aragonese in Sicilia in occasione del capodanno e
chiamate, col nome poco lusinghiero, ma portato uniformemente in tutta l'Isola, di lasagne cacate, per prendere in giro le più
elaborate pietanze dei nobili.
Nessun'altra pasta di qualsiasi altra forma, ma solo
le lasagne, che non devono essere manipolate nelle singole case dei contadini, come si fa
abitualmente per il resto dell'anno, ma comprate sempre dal pastaio, devono essere
mangiate quel giorno, se no il proverbio pronostica guai per tutto l'anno:
Cui mangia a Capu d'anno maccarruni,
Tuttu l'annu a ruzzuluni;
mentre, al
contrario le lasagne cacate, innaffiate da abbondante vino, fanno buon sangue per tutto
l'anno come ci dice un altro proverbio:
Lasagni cacati e vinu a cannata
Bon sangu fannu pri tutta l'annata.
Il pasto più importate della giornata è per il
contadino, nel capodanno, come sempre, la sera. La famigliola si riunisce per
mangiare le lasagne
cacate (vedi scheda n.5), che non mancheranno mai a differenza delle altre
pietanze. Dopo il pasto si rimane tutti in casa a parlare, a raccontare storielle, a
scherzare, a fare qualche gioco popolaresco.
Una ricetta particolare di lasagne è quella
denominata Sciabbò,
scibbò o scibò di Castrugiuvanni che viene cucinata ad Enna,
ombelico della Sicilia. Il nome sciabbò o scibò è un
francesismo per indicare l'arricciamento dello sparato delle camicie sia maschili che
femminili, qui si riferisce al fatto che le lasagne sono ricce. Una caratteristica
della ricetta è la presenza di ingredienti contrastanti quali: tritato di carne, cipolla,
pomodoro e poi zucchero, cannella e cioccolata. L'ardito accostamento fra sapori
dolci e salati permette di riconoscere quelle elaborazioni frutto della fantasia dei
cuochi delle nobili casate spagnole che succedettero agli Angioini, e qui spiegato il
francesismo. |
|