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Sergio Bertolami
e Rosa Manuli -
EX AQUA -
Il braccio di San Raineri
Pagine 240
Versione brossura
Formato 15,24 x 22,86
Editrice - Experiences Srl
 

Costo Brossura:
Euro 16,00

  5/5  
  LA FILOSOFIA IN ITALIANO
 
 
 

 

 

Nei cinque dialoghi del De la causa, principio et uno, Bruno affronta i principi della realtà naturale.
Scrive che l'Intelletto è il «principio formale costitutivo de l'universo e di ciò che in quello si contiene». Questo «empie il tutto, illumina l'universo e indirizza la natura a produrre le sue specie». La Forma, infatti, è il principio vitale, l'anima delle cose, e tutte sono dotate di questa e, perciò, non hanno alcuna imperfezione. La teoria di Bruno è simile a precedenti: nei pitagorici lo chiamano “motore ed agitatore dell'universo”, nei platonici “il fabbro del mondo”.
La Materia, in se stessa non è indifferenziata, un nulla, perché, se anche pensata senza una forma specifica, non per questo «come il ghiaccio è senza calore» ma semmai «come la pregnante è senza la sua prole, la quale la manda e la riscuote da sé [...] non viene a ricever le dimensioni come di fuora, ma a cacciarle come dal seno». La materia è il secondo principio della natura. Essa è «potenza d'esser fatto, prodotto e creato». Essa è equivalente al principio formale, che è «potenza di fare, di produrre, di creare» e poiché non può esistere l’una senza l’altra, «il tutto secondo la sostanza è uno».
Questo è il punto fondamentale della sua filosofia: la vita è materia, materia infinita. Sia che la materia sia corporea, sia che non lo sia, “tutta la differenza depende dalla contrazione a l'essere corporea e non essere corporea”. E’ potenzialmente ogni cosa, e “quello che è tante cose diverse bisogna che non sia alcuna di quelle particolari. Conviene, a quello che è tutto, che escluda ogni essere particolare».
«È dunque l'universo uno, infinito, immobile; una è la possibilità assoluta, uno l'atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo et ottimo; il quale non deve poter essere compreso; e perciò infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato e per conseguenza immobile; questo non si muove localmente, perché non ha cosa fuor di sé ove si trasporte, atteso che sia il tutto; non si genera perché non è altro essere che lui possa derivare o aspettare, atteso che abbia tutto l'essere; non si corrompe perché non è altra cosa in cui si cange, atteso che lui sia ogni cosa; non può sminuire o crescere, atteso che è infinito, a cui non si può aggiungere, così è da cui non si può sottrarre, per ciò che lo infinito non ha parti proporzionabili».

In tutto questo, Giordano Bruno non affronta il problema di Dio. Essendo causa e principio della natura, Egli risulta inconoscibile a noi umani che possediamo solo il «lume naturale». Dio «ascende sopra la natura» e può essere conosciuto solo grazie al «lume soprannaturale», cioè solo con la fede.

Nel De l'infinito, universo e mondi Bruno, trattando di nuovo dei temi sopra citati, - l'infinità dell'universo, l'esistenza di mondi infiniti e l’assenza di un centro in un universo infinito – tocca il problema dell'antico ordine gerarchico, ipotizzato fino a quel momento dagli altri filosofi: dal «corpo più denso e crasso» a quelli più eterei e divini, in un’ascesa piramidale. Se le teorie aristoteliche erano ancora molto diffuse dipendeva, scrive Bruno, dalla «fama de gli autori che gli son stati messi nelle mani» e non dalla forza di un pensiero libero e aperto, che procede «con più sicuri passi alla cognizione della natura».

Giordano Bruno definisce, inoltre, nei cinque libri del De minimo, tre tipi di minimo: il minimo fisico, l'atomo (alla base della scienza della fisica), il minimo geometrico, il punto (alla base della geometria) e il minimo metafisico, o monade (alla base della metafisica). Questi tre tipi di minimo sono indivisibili e base di ogni aggregazione.

Nel De immenso (diviso in otto libri), ribadendo la sua teoria cosmologica, Bruno sostiene, anche se solo in parte, la nuova teoria eliocentrica di Copernico.

 

Nonostante che i suoi testi furono messi all’indice nel 1603, la figura di Giordano Bruno ha lasciato un ampio strascico, anche se fatto di molte incomprensioni e pregiudizi. Persino lo stesso Galileo Galilei non fece mai cenno alle sue teorie.  Gli astronomi Tycho Brahe e Keplero, invece, si opposero all'ipotesi dell'infinità dell'universo.
Denis Diderot, nella sua Enciclopedia, alla voce Giordano Bruno, da lui composta, lo ritiene precursore di Leibniz per l'armonia prestabilita, nella teoria della monade e nella ragione sufficiente; e precursore di Spinoza nella concezione di Dio come essenza infinita dove  libertà e necessità collimano. Egli giudica che, con Leibniz e Spinoza, Giordano Bruno sia fondatore della filosofia moderna.

   
   
   
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