Nei cinque dialoghi del De la causa, principio et uno,
Bruno affronta i principi della realtà naturale. Scrive che
l'Intelletto è il «principio formale costitutivo de l'universo e
di ciò che in quello si contiene». Questo «empie il tutto,
illumina l'universo e indirizza la natura a produrre le sue
specie». La Forma, infatti, è il principio vitale, l'anima delle
cose, e tutte sono dotate di questa e, perciò, non hanno alcuna
imperfezione. La teoria di Bruno è simile a precedenti: nei
pitagorici lo chiamano “motore ed agitatore dell'universo”, nei
platonici “il fabbro del mondo”. La Materia, in se stessa non
è indifferenziata, un nulla, perché, se
anche pensata senza una forma specifica, non per questo «come il
ghiaccio è senza calore» ma semmai «come la pregnante è senza la
sua prole, la quale la manda e la riscuote da sé [...] non viene
a ricever le dimensioni come di fuora, ma a cacciarle come dal
seno». La materia è il secondo principio della natura. Essa è
«potenza d'esser fatto, prodotto e creato». Essa è equivalente
al principio formale, che è «potenza di fare, di produrre, di
creare» e poiché non può esistere l’una senza l’altra, «il tutto
secondo la sostanza è uno». Questo è il punto fondamentale
della sua filosofia: la vita è materia, materia infinita. Sia
che la materia sia corporea, sia che non lo sia, “tutta la
differenza depende dalla contrazione a l'essere corporea e non
essere corporea”. E’ potenzialmente ogni cosa, e “quello che è
tante cose diverse bisogna che non sia alcuna di quelle
particolari. Conviene, a quello che è tutto, che escluda ogni
essere particolare». «È dunque l'universo uno, infinito,
immobile; una è la possibilità assoluta, uno l'atto, una la
forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente,
uno il massimo et ottimo; il quale non deve poter essere
compreso; e perciò infinibile e interminabile, e per tanto
infinito e interminato e per conseguenza immobile; questo non si
muove localmente, perché non ha cosa fuor di sé ove si trasporte,
atteso che sia il tutto; non si genera perché non è altro essere
che lui possa derivare o aspettare, atteso che abbia tutto
l'essere; non si corrompe perché non è altra cosa in cui si
cange, atteso che lui sia ogni cosa; non può sminuire o
crescere, atteso che è infinito, a cui non si può aggiungere,
così è da cui non si può sottrarre, per ciò che lo infinito non
ha parti proporzionabili».
In tutto questo, Giordano
Bruno non affronta il problema di Dio. Essendo causa e principio
della natura, Egli risulta inconoscibile a noi umani che
possediamo solo il «lume naturale». Dio «ascende sopra la
natura» e può essere conosciuto solo grazie al «lume
soprannaturale», cioè solo con la fede.
Nel De l'infinito, universo e mondi Bruno, trattando
di nuovo dei temi sopra citati, - l'infinità dell'universo,
l'esistenza di mondi infiniti e l’assenza di un centro in un
universo infinito – tocca il problema dell'antico ordine
gerarchico, ipotizzato fino a quel momento dagli altri filosofi:
dal «corpo più denso e crasso» a quelli più eterei e divini, in
un’ascesa piramidale. Se le teorie aristoteliche erano ancora
molto diffuse dipendeva, scrive Bruno, dalla «fama de gli autori
che gli son stati messi nelle mani» e non dalla forza di un
pensiero libero e aperto, che procede «con più sicuri passi alla
cognizione della natura».
Giordano Bruno definisce, inoltre, nei cinque libri del De
minimo, tre tipi di minimo: il minimo fisico, l'atomo (alla
base della scienza della fisica),
il minimo geometrico, il punto (alla base della geometria)
e il minimo metafisico, o monade (alla base della metafisica).
Questi tre tipi di minimo sono indivisibili e base di ogni
aggregazione.
Nel De immenso (diviso in otto libri), ribadendo
la sua teoria cosmologica, Bruno sostiene, anche se solo in
parte, la nuova teoria eliocentrica di Copernico.
Nonostante che i suoi testi furono messi all’indice nel 1603,
la figura di Giordano Bruno ha lasciato un ampio strascico,
anche se fatto di molte incomprensioni e pregiudizi. Persino lo
stesso Galileo Galilei non fece mai cenno alle sue teorie.
Gli astronomi Tycho Brahe e Keplero,
invece, si opposero all'ipotesi dell'infinità
dell'universo.
Denis Diderot, nella sua Enciclopedia, alla voce Giordano
Bruno, da lui composta, lo ritiene precursore di Leibniz per
l'armonia prestabilita, nella teoria della monade
e nella ragione sufficiente; e precursore di Spinoza nella
concezione di Dio come essenza infinita dove
libertà e necessità collimano. Egli giudica che, con Leibniz e
Spinoza, Giordano Bruno sia fondatore della filosofia moderna.
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