|
Per
comprendere i reali contorni di questa
vicenda legata al toponimo di San Raineri
a Messina gli autori del saggio hanno
indagato sul concetto di religiosità
medievale, esaminando le testimonianze che
la storia ci ha consegnato. In maggior
numero sono fonti scritte, ma quella più
singolare è una fonte iconografica.
Raffigura la vita del santo negli
affreschi del Campo Santo monumentale di
Pisa e narra di un evento miracoloso
compiuto a Messina. Il legame fra le due
città è, quindi, più stretto di quanto
finora ritenuto, ma occorre operare un
giusto raccordo fra i documenti
disponibili. Il ciclo di Ranieri a Pisa
viene dipinto tra il 1376 e il 1386, prima
dal fiorentino Andrea di Bonaiuto, poi,
alla sua morte, da Antonio Veneziano.
L’opera è stata recuperata dopo i danni
causati da un incendio nel 1944, quando
uno spezzone provocato dallo scoppio di
una granata manda in fiamme il tetto
ligneo del Campo Santo. Nel 2010, in
occasione delle celebrazioni per l'850°
anniversario della morte del santo patrono
di Pisa, quattro delle sei scene, sono
state restaurate e di nuovo collocate al
loro posto. Fra queste vi è il «Ritorno a
Pisa di san Ranieri», nel quale è
rappresentato l’episodio del miracolo di
Messina.
Fatto
particolare è che l’evento dipinto, non è
stato mai descritto nella Vita che
Benincasa, amico di Ranieri, ha riportato
nell’unica agiografia conosciuta, né di
conseguenza è narrato dagli storici
successivi. Sarebbe, però, un errore
considerare questo episodio miracoloso
come una interpolazione, poiché l’intero
ciclo pittorico rispecchia un piano di
rappresentazione attentamente predisposto
dalla committenza, cioè l’Opera della
Primaziale Pisana, preposta alla
edificazione ed alla manutenzione dei
monumenti della cosiddetta Piazza dei
Miracoli. Nel medioevo, di fatto, il
valore educativo costituito dalle immagini
dipinte o scolpite, è predominante sul
valore puramente estetico.
La spiegazione
si trova nei documenti storici di area
toscana. Pur non essendo mai stato
canonizzato, la fama di Ranieri, santo
miracoloso, si è diffusa anche fuori dagli
ambiti della città e della provincia. È
l’anno 1372 quando la regina Giovanna di
Napoli chede ai consoli pisani «una
reliquia dell'inclito confessore san
Ranieri». Estratta una costola del santo,
viene spedita con due galee della
Repubblica a Messina, dove è posta con
gran venerazione nella cappella dei pisani
ubicata in quell’area del porto che in
memoria dell’avvenimento sarà denominata
«Braccio di S. Ranieri».
Il dipinto di
Antonio Veneziano vuole in realtà
celebrare un “miracolo” che si è prodotto
a Messina, compiuto da san Ranieri, ma non
durante la sua esistenza, bensì nella
seconda metà del secolo XIV. Il dono sacro
suggella, difatti, un evento grandioso.
Nel 1372 con l’adesione al trattato di
Avignone, proposto da Gregorio XI ed
accettato dall’aragonese Federico IV e
dall’angioina Giovanna di Napoli, si
conclude l’interminabile guerra iniziata
con il Vespro nel 1282 e che va sotto il
nome di “Guerra dei novant’anni”.
Sulla base di
queste notizie, l’affresco raffigurante il
miracolo di Ranieri compiuto a Messina può
essere letto in modo chiaro ed esauriente.
Il dipinto in questione ha due piani di
lettura. Nel primo Ranieri si fa versare
da un oste del vino in seno alla schiavina
da pellegrino. Il vino gocciola a terra e
dall’acqua (ex
aqua) che
rimane alla vista dei presenti è possibile
accertare il comportamento disonesto del
commerciante. Ma il concetto da mettere in
evidenza è quello simbolico del secondo
piano di lettura, laddove la “separazione
del vino” per mezzo dell’acqua, è
allegoria di un «regno
Sicilie tam ultra quam citra Pharum».
La terra degli antichi siculi, è divisa in
due parti, di qua e di là del Faro,
dall’acqua (ex
aqua) dello
Stretto di Messina. L’isola prenderà nome
di Trinacria e negli anni a venire sarà
autonoma dal regno di Napoli.
A questo punto, non
rimane che considerare la ragione per cui
ciò che è chiaro a Francesco Maurolico non
lo è più per Placido Samperi, meno di
ottanta anni dopo. È facile comprendere
come, in tutto ciò, sia stata messa in
gioco «la memoria dei posteri». La nebbia
calata su san Ranieri è graduale a partire
dal Settecento. Molto influirà la
successiva militarizzazione della
penisola, prima con il forte S. Salvatore,
infine con la costruzione della Real
Cittadella, eretta dopo la rivolta
antispagnola, più per controllo della
città che dello Stretto di Messina.
|