C’è sempre uno scarto tra immaginazione e realtà. Théophile aveva vagheggiato la casa di Lucie nell’ordine assoluto della sua, dove ogni oggetto aveva il suo posto e giocava per l’equilibrio che ne scaturiva. E invece la casa di Lucie assomigliava a quella di Marion più di quanto una irrefrenabile fantasia coloristica avesse potuto fare concepire. Anzi, la casa di Marion e quella di Lucie erano ambedue luoghi in cui la fantasia trova appropriata sede. Al cospetto di tanta creatività, Théophile avvertì la gravità del proprio rigore monacale. Cucina-studio-soggiorno inviluppavano con armonica linearità il vano d’ingresso tanto ridotto da preparare l’insospettata sorpresa: un unico, singolare, spazio aperto, immerso nel paesaggio della città nuova che senza invito prorompeva dalle vetrate a tutt’altezza. La cucina di Marion, così intima come un bozzolo da cui nasce una farfalla, qui si dilatava, perché quella di Lucie si affacciava su di un lungo tavolo da pranzo, separato solo da un’isola attrezzata. Ingombro com’era, quel tavolo, di tinture e boccette d’inchiostri, matite e pennelli, fogli in carta di riso e di cotone, sembrava che Lucie non mangiasse mai. «Un aspetto che non conoscevo di te», mormorò Théophile a mezza bocca, mentre lei godeva per intero della sua meraviglia. In verità Théophile cercava i libri, che non tardarono a balzargli agli occhi, allineati in pile verticali quale schienale di un confortevole divano a sacco anni Ottanta. Ma ce n’erano anche negli scaffali a parete, dai quali si affacciavano burattini smorfiosi e pendevano marionette in studiatissime pose. Ma lo sbigottimento più grande fu scorgere, in un canto del soggiorno, un telaio dai fili tesi coloratissimi e, lungo la parete di fondo, ripiani e rastrelliere colme di gomitoli, rocchetti, matasse di cotone, seta, lana, alpaca. «Amo i filati tinti a mano», sospirò Lucie porgendogli una tazza di caffè e raggomitolandosi con la sua, a piedi scalzi, sul divano soffice. Quei fantastici piedi che avevano attratto Théophile sin dalla prima occhiata in libreria. Era come il rammagliarsi di un racconto rimasto sospeso, tra letteratura e arte.
Théo Feel, Racconti senza senso nella babele delle lingue.