Le storielle di Pitrè: Giufà e la statua di gesso

 

Si racconta che c’era una mamma e aveva un figlio chiamato Giufà; questa mamma di Giufà campava da poverella.
‘Sto Giufà era babbo (stupido), lagnoso e mariolo.
Sua madre aveva un po’ di tela e (un giorno) disse a Giufà: «Prendiamo un po’ di questa tela; vai a venderla in qualche paese lontano, ma (fai attenzione) l’hai da vendere a quelle persone che parlano poco».
Giufà se ne partì con la tela in spalla e andò a venderla.
Arrivato in paese cominciò a vanniari (a gridare in pubblico come un banditore): «Chi vuole la tela!».
Le persone lo chiamavano, ma cominciavano a parlare assai: a chi (la tela) pareva grossolana, a chi pareva cara. A Giufà pareva (proprio) che parlassero assai, e non glie ne voleva dare.
Cammina di qua, cammina di là, si infila in un cortile. Non c’era nessuno; ma ci trovò una statua di gesso e Giufà le disse: «La volete comprare la tela?».
La statua non gli dava conto; Giufà vide che parlava poco:
«Ora, a voi, che parlate poco, vado a vendervi la tela».
Prende la tela e gliela stende di sopra.
«Ora, domani vengo per la grana», e se ne andò.
Quando fece giorno, tornò per riscuotere i quattrini, ma la tela non la trovò, e (arrabbiato) ripeteva:
«Dammi la grana della tela».
Ma la statua non gli diceva niente.
«Visto che non mi vuoi dare la grana, ti faccio vedere chi sono io», e afferrò uno zappone e va a prenderla a mazzate fino a ridurla in pezzi.
Ma (sorpresa!) nella pancia ci trova una pentola di denari.
Si mise i denari nel sacco e se ne tornò da sua mamma.
Arrivato da sua madre le disse: «La tela la vendetti a una che non parlava, ma la grana la sera non me ne dette; poi ci tornai la mattina col zappone, l’ammazzai di legnate, la gettai a terra e (finalmente) mi dette ‘sti denari».
La mamma, che era sveglia gli disse: «Non dire niente a nessuno, che a poco a poco nni jemmu manciannu (ce li andremo mangiando) ‘sti denari».

Fonte dell’immaginewww.behance.net
Illustrazione della storia: Marina De Santis

Pitrè e le storielle di Giufà

 

Dalla tradizione siciliana ci piace trarre qualche storia da leggere, per tornare indietro nel tempo. Non potevamo cominciare, senza rendere omaggio a Giuseppe Pitrè.

Giuseppe Pitrè, medico e scrittore, è nato a Palermo il 21 dicembre 1841 ed è morto nella medesima città il 10 aprile 1916. È il fondatore in Sicilia della demologia, che egli preferiva chiamare demopsicologia, ossia la scienza che studia le manifestazioni, le tradizioni, la cultura del popolo, documentate attraverso una serie di libri, che all’epoca non sempre trovarono estimatori. Pitrè ideò e realizzò, inoltre, il “Museo etnografico siciliano”, esistente ancora oggi a Palermo, nel quale raccolse il compendio della cultura materiale del suo popolo.

Da “Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani” (edito oggi dalla Casa editrice “Il Vespro”, Palermo, a cura del prof. Aurelio Rigoli), abbiamo tratto alcuni racconti dal ciclo di Giufà, per altro in parte già ripresi da Italo Calvino nelle sue esemplari “Fiabe italiane”, edite nei Millenni di Einaudi, e trascritti in lingua italiana.

Il ciclo delle avventure di Giufà è di derivazione araba, come testimoniato dallo stesso nome del protagonista (in alcuni paesi è chiamato anche Giucà), uno sciocco bighellone, che ripetutamente ne combina di tutti i colori, ma quasi sempre gli finisce bene, senza neppure rendersene conto. Nonostante tutto ci affascina la sua simpatia e la sua ingenuità, comune a quanti vivono alla giornata, aspettando che il mondo gli cada addosso.

Per Internet ne abbiamo approntato, senza pretese, una trasposizione dal siciliano, che Pitrè e i “raccoglitori” che con lui hanno collaborato, hanno trascritto, mantenendo i modi di dire della tradizione orale e che nel nostro caso non è possibile restituire con la stessa vivezza. Come già ebbe a dire Calvino, a proposito dei racconti di Pitrè, «al centro del costume di raccontar fiabe è la persona – eccezionale in ogni villaggio o borgo – della novellatrice o del novellatore, con un suo stile, un suo fascino. Ed è attraverso questa persona che si mutua il sempre rinnovato legame della fiaba atemporale col mondo dei suoi ascoltatori, con la Storia».

A partire da domani, la prima storia, poi a questo primo racconto ne seguiranno altri, con la speranza che i visitatori siano tentati leggerli in originale.

Fonte dell’immagine: Dialoghi Mediterranei

Il British Museum nell’Ottocento 4/5

 

Nel 1840, durante gli anni di chiusura, il museo realizzò la sua prima spedizione archeologica, sotto la guida di Charles Fellows. Il sito degli scavi era a Xanthos, nell’antica Licia, in Asia minore. Furono scoperte le tombe dei notabili della città, poste tra il Monumento delle Nereidi e la tomba di Payava. Successivamente il museo sovvenzionò altri scavi in Assiria, come a Nimrud e Ninive. Il rinvenimento delle tavolette cuneiformi di Sardanapalo, trasformò il British Museum in un centro mondiale si studi sulla cultura assira. Nel 1857 l’archeologo Charles Thomas Newton scoprì il mausoleo di Alicarnasso, considerato una delle Sette meraviglie del mondo antico. Successivamente, nel 1892, venne effettuata una campagna di scavi nell’isola di Cipro.

Le ricerche archeologiche non si fermarono a questo punto, ma proseguirono anche nel secolo successivo. Diversi archeologi britannici operarono in vari paesi del globo. Aurel Stein lavorò nell’Asia centrale, David George Hogarth, Leonard Woolley e Thomas Edward Lawrence aprirono un sito di scavi a Karkemiš, e Emily Torday, operante in Africa, ampliò le collezioni etniche centrafricane del museo. Tra le acquisizioni più eclatanti vi fu il tesoro di Ur, (risalente al 2600 a.C.), rinvenuto da Leonard Woolley nei suoi scavi svoltisi dal 1922 al 1934. Dai cimiteri anglosassoni di Sutton Hoo si scoprirono corredi funebri in materiali preziosi e in granato una nave funeraria mentre da Mildenhall giunsero oggetti d’arredamento Romani.

Con l’affermarsi dell’istituzione del British Museum, molti collezionisti, a fine Ottocento, l’arricchirono di donazioni. In questo periodo se ne distinguono due, per la grandezza e la varietà dei pezzi, quella di A.W. Franks, grande collezionista e curatore, avvenuta nel 1897, e quella del barone Ferdinand James von Rothschild, del 1898. Con l’incremento continuo delle collezioni, il British Museum non poteva fermare la sua espansione edilizia. Nel 1895, venne acquistata una vasta area confinante, situata ad est, nord e ovest dell’edificio principale. Nel 1906, si iniziò a costruire l’ala nord.

 

Home

 

Galleppini, il fumettista di Tex 2/6

 

Galleppini (lo pseudonimo è Galep), molto più giovane di Bonelli, era nato nel 1917 a Castel di Pari, in provincia di Grosseto, era un fumettista molto prolifico, anche se il suo nome viene comunemente associato al personaggio di Tex Willer, da lui creato. Insieme a Bonelli, continuò per quarant’anni a disegnare questo storico personaggio del fumetto, smettendo solo nel 1994.

Nato da genitori sardi, Galep inizia a lavorare come collaboratore a produzioni animate, per poi passare, nel 1936, a fumettista con il giornale Mondo Fanciullo, e, successivamente, per l’Arnoldo Mondadori Editore. Per la casa editrice milanese realizzerà i disegni di due storie, Pino il Mozzo e La perla del mar d’Oman (su sceneggiature di Federico Pedrocchi). Nel 1940, passa alla Casa Editrice Nerbini, di Firenze (città dove si trasferì) che pubblicava il giornale per ragazzi “L’Avventuroso”. Per essa compone sia la sceneggiatura che i disegni delle storie La leggenda dei RugiLa conquista dell’Atlantico, e I conquistatori di oceani.

Nel periodo della guerra, Galep sospende il lavoro di fumettista, per dedicarsi alla pittura. Torna in circolazione nel 1947, con la ripresa dell’Italia intera. Collabora con la Casa Editrice Universo, che pubblica gli Albi dell’Intrepido e con la casa editrice Nerbini, per la quale crea la riduzione a fumetti del Pinocchio di Carlo Collodi. Ma è un anno speciale e di grande impegno: trasforma in fumetti dei classici della letteratura, come I Promessi Sposi, I Tre MoschettieriLa maschera di ferroLe Mille e una Notte, e Le avventure del barone di Münchhausen.
L’anno successivo, il 1948, Tea Bonelli lo chiama per le Edizioni Audace (che diverrà la Sergio Bonelli Editore). Compito: realizzare la parte grafica di due personaggi, Occhio Cupo e Tex Willer, ideati da Gian Luigi Bonelli (come abbiamo visto, capo della casa editrice). Per realizzare questi fumetti, da Cagliari si trasferisce prima a Milano, a casa della Bonelli, e poi in Liguria.

 

 

Le librerie sono luoghi speciali !

 

«Una bandiera issata sventola a indicare la sua presenza, la carrozza con cui si aggira per le strade di Londra porta il suo motto inciso sul fianco. No, non si tratta della regina, ma di James Lackington, il primo libraio moderno della storia. Siamo a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo e la capitale britannica è popolata da piccoli tuguri angusti e scuri che prendono il nome di librerie, ma ricordano più spelonche impolverate. I libri hanno dei costi esorbitanti, restando così oggetti alla portata di pochi. Ma Lackington cresce nel mondo dell’artigianato e piano piano vede la sua città cambiare».

Continuate a leggere la storia di questo libraio che molti fra noi non conoscevamo. Soffermiamoci anche su tante altre pagine dello speciale sito web che BLOGROLL vi propone questa settimana. Parla di libri, perché, come vi è scritto, «i tantissimi volumi custoditi nelle librerie sono porte che si aprono su infiniti mondi e che permettono a chi li sfoglia nei corridoi della libreria di iniziare un viaggio che si conclude a casa, dopo aver letto e assaporato tutto il libro».

Ma non dimenticate di fare una puntata su di un articolo in particolare. Spiega perché, per un amante del libro, la libreria è un luogo di culto. Lo ha redatto il giornalista Ben Kassoy, l’Editor in capo della DoSomething.org. Come un esploratore urbano avido, usa le librerie quali punti di riferimento sulle sue auto-visite guidate di fine settimana. Divertente, no?

Fonte dell’immagine: Read it forward

MY FAVORITE BOOKSTORE
JAMES LACKINGTON, IL PRIMO LIBRAIO MODERNO
ECCO PERCHÉ LE LIBRERIE SONO LUOGHI SPECIALI PER I LETTORI


Le torri moderne, i grattacieli 2/2


Esistono grattacieli anche in Italia. Quello più conosciuto, è, senz’altro, il grattacielo Pirelli di Milano, progettato dall’architetto Gio Ponti, alto 127 metri, in cemento armato, che conta 32 piani. La città lombarda, però, possiede altri grattacieli molto elevati. Ad esempio, la nuova sede della Regione Lombardia (alta 161 metri), inaugurata nel 2010, e l’Unicredit Tower (231 metri), sempre a Milano, che è anche il più alto d’Italia, per 231 metri, che tuttavia, con la sua guglia di 85 m, raggiunge una quota più elevata.

Nel resto della penisola esistono anche altri grattacieli, come la torre Telecom Italia, posto nel centro direzionale di Napoli, e la torre Piacentini a Genova, costruita nel 1940. A Torino svetta, sin dal 1889, la Mole Antonelliana, che però non è un edificio né abitativo, né per uffici. E, comunque, alta 167,5 metri.

Fonte immagine: 60 anni per il Pirellone

 

Bis! Bene, bravi, bis!

 

Roberto Metro ed Elvira Foti, hanno felicemente sorpreso. Al Palacultura, per la stagione concertistica della Filarmonica Laudamo di Messina, hanno presentato un’antologia di celebri Bis, mettendo “In programma… i fuori programma”. I più attraenti che possano venire in mente, trascritti per pianoforte a quattro mani. Qui è la prima delle sorprese, perché le trascrizioni sono opera del maestro Metro: brani musicali da orchestra eseguiti, non solo su strumento solista, ma da ambedue concertisti sul medesimo pianoforte. Per cui, “Sul bel Danubio blu” o la “Marcia di Radetzky”, ascoltati sin da bambino ogni capodanno in diretta da Vienna, sono stati per me come riaprire la scatola dei ricordi occultata in un cassetto. Metro dice di aver provato per gioco, quanto per passione, ad adattare le note di Strauss scritte per un’intera orchestra al virtuosismo delle mani che si muovono su di una tastiera. Ha continuato con altre partiture da interpretare brillantemente in coppia con sua moglie. Tutte sue quelle presentate, ad eccezione di Brahms e Liszt. Ecco la seconda sorpresa. Metro, ha raccontato come, cercando a Milano fino ad approdare a Budapest, abbia ritrovato gli spartiti del famoso ciclo delle sei Rapsodie ungheresi di Liszt, trascritte dallo stesso autore per pianoforte a quattro mani. Manoscritto ritenuto perso. Senza la sua perseveranza quelle note sarebbero rimaste inespressive negli scaffali di una biblioteca. Come Achille Papin, oggi i due artisti messinesi incantano la platea: «Quando facevo del mio meglio riuscivo a renderla perfettamente felice – diceva il personaggio di Karen Blixen – Per tutto il mondo risuona un solo, lungo, grido che esce dal cuore dell’artista: consentitemi di dare il meglio di me!».

 

Le antiche leggende del mare

 

L’universo sconosciuto sempre rappresentato dal mare è stato fonte di nuove storie e leggende. Dalle prime traversate degli uomini primitivi ai Fenici, dalle esplorazioni ai traffici commerciali o al viaggio mitico di Cristoforo Colombo. Storia dopo storia. La partenza, il viaggio e l’approdo sicuro sono ricchi di “incontri” misteriosi. Così la grande distesa d’acqua si popola di presenze sorprendenti, come streghe, spiriti maligni, sirene e mostri. Dalle innumerevoli disgrazie, create da tempeste e gorghi, nascono “sfortune” e superstizioni. Come incontrare mitiche navi fantasma.

Il libro di Maria Savi Lopez – pubblicato da Experiences in due e-Book – raccoglie quante più possibili leggende e racconti sul mare. Un testo del XIX secolo, che ci riporta vecchie storie, ma anche resoconti validi tutt’oggi, pur se il mare non fa più paura come una volta. Sono comunque racconti curiosi ed affascinanti. Una buona lettura per distendersi e svagarsi con una dimensione favolistica e affascinante. Sono storie di sempre, presenti nella marineria e narrate dai vecchi marinai. Se poi si ama il mare e lo si pratica, sono leggende da imparare e a propria volta narrare, durante le traversate, ai compagni di viaggio, per semplice scaramanzia oppure ironia e divertimento. Perché non provare ad “immergersi” in questo mondo leggendario?

Alcuni Video su queste fantastiche storie:
“Olandese Volante” – Tra Mito e Realtà
Gli uomini-pesce esistono?

 

MARIA SAVI LOPEZ, Le leggende del mare, in due e-Book, costo di ognuno 0,80 centesimi.