C. Sodano, N. Santopuoli – Il concetto di paesaggio nella normativa italiana

Il concetto di paesaggio è stato evoluto nel tempo fino a giungere a un paesaggio culturale espresso nella Convenzione Europea del Paesaggio e nel Codice dei Beni Culturali italiano. Il percorso dal concetto ottocentesco di paesaggio come veduta a quello culturale è ripercorribile attraverso le norme di tutela italiane. Il dibattito italiano che si guarda alla fine dell’Ottocento, richiama il dibattito europeo sul tema della tutela del paesaggio che si svolgeranno negli anni anni e che guardano le leggi di tutela degli affari e delle lingue interpretando i miei intellettuali del tempo, tra i quali Alois Riegl e John Ruskin. Il contributo affronta il tema del paesaggio con la storia delle norme di tutela

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Irene Lisi: La visione dell’antico fra conoscenza e progetto

Il rapporto tra il “monumento” di architettura contemporanea e il monumento storico è esplicito in un accurato lavoro di analisi dei rapporti geometrici e di percezione visiva, che svelano interrelazioni inaspettate e puntuali fra i due elementi. L’innovativo metodo di ricerca mira a contestualizzare l’Ara Pacis all’interno della teca di Richard Meier. Non si tratta mai di tempo immerso nella realtà aumentata del viaggio nel presente dello spettatore odierno.

IMMAGINE DI APERTURA – L’Ara Pacis all’interno della teca di Richard Meier, foto tratta da pag. 62 del libro.

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F. Gasmi Issiakhem, G. Lotti, V. Frosini: Design et durabilité en Algérie et Italie

Design e sostenibilità tra Algeria e Italia: sfide, contributo e specificità. Un catalogo della mostra Quando il design italiano incontra il design algerino, Algeri, 2018. Design et durabilité entre l’Algérie et l’Italie: défis, contribution et spécificité. Un catalogo per l’esposizione Quand le design italien rencontre le design algérien, Alger, 2018.

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Geografie dell’abbandono: indagine del fenomeno

La tesi indaga il fenomeno della dismissione dei borghi in Italia, analizzando in una prima parte numeri, causa e situazione attuale del paese. L’obiettivo è quello di definire una metodologia di studio per le realtà che permetta di individuare le possibili strategie di riattivazione. La seconda parte riguarda l’applicazione di questa metodologia sul caso studio della Valle di Zeri, un comune che si trova nell’alta Toscana. I temi su cui si focalizzano la metodologia sono: lettura del contesto, ricostruzione storica, analisi delle risorse e lettura dei casi studio. L’analisi della situazione in corso il trend attuale dell’andamento della popolazione portandolo ad un progressivo incremento.

Politecnico di Milano – Facoltà di Architettura
Relatore: Gennaro Postiglione
Studente: Michela Bassanelli
Anno Accademico 2008-2009
IMMAGINE DI APERTURA: Civita, frazione di 11 abitanti del comune di Bagnoregio (Viterbo) – Foto tratta da pag.10 della pubblicazione.

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Uova e coniglietti di cioccolata: i cioccolatieri europei danno forma alla Pasqua

Se tornassimo indietro di 200 anni, le uniche uova di Pasqua disponibili erano uova vere (sebbene splendidamente decorate). Fu solo agli inizi del XIX secolo che i pasticcieri europei escogitarono furbamente un piano per crearne un’alternativa dolce. Sono i cioccolatieri francesi e tedeschi ad avere il merito di aver inventato le uova di cioccolata, sebbene fossero molto scure e amare quando furono realizzate per la prima volta. A quell’epoca il cioccolato era così costoso che le uova potevano essere acquistate solo dalle famiglie più abbienti. Inoltre, le uova di Pasqua disponibili al tempo non erano vuote all’interno, perché i pasticcieri del tempo non avevano ancora trovato il modo di modellare il cioccolato con facilità.

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UOVA E CONIGLIETTI DI CIOCCOLATA

SU FOCUS: Com’è nata la tradizione delle uova di Pasqua?

La Carta di Fabriano: un sistema produttivo rimasto intatto da centinaia d’anni

Fabriano è una delle pochissime città al mondo dove ancora oggi la carta viene fabbricata a mano a testimonianza della volontà di non recidere i legami con una tradizione ultracentenaria. Qui nacque la prima carta occidentale, merito delle innovazioni tecnologiche che questo territorio apportò alla fabbricazione del prodotto.

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LA CARTA DI FABRIANO

Liquirizia di Calabria: qualità superiore con Denominazione di Origine Protetta

Molto probabilmente la pianta della liquirizia venne importata in Calabria dai Greci circa 700 anni prima di Cristo. In questi luoghi la radice di liquirizia trovò un microclima e un  habitat ideale che ne consentì addirittura lo svilupparsi di un diverso ecotipo, come dimostrano le mappature genetiche effettuate e che ne hanno consentito l’individuazione rispetto a liquirizie di altra provenienza. Per comprendere su quali basi era sorta questa attività nella regione e con quali prospettive si era poi sviluppata, bisogna risalire al XIV secolo e alla logica del latifondo. Non a caso la quasi totalità delle ditte produttrici sono state di proprietà di famiglie nobili e feudatarie, le quali con investimenti irrisori e soprattutto senza compromettere l’usuale ciclo agricolo, riuscirono lentamente a consolidare l’ancora incerto mercato della liquirizia.

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LIQUIRIZIA DI CALABRIA

Autori: Giuseppe Giacosa, il librettista di Puccini

Giuseppe Giacosa è noto per i suoi drammi di tipo borghese, ma, soprattutto, per il suo lavoro di librettista insieme a Luigi Illica. Infatti, insieme realizzarono i tre testi per le opere liriche di Giacomo Puccini, che compose tra il 1893 e il 1904: La bohème, Tosca e Madama Butterfly.
Ai suoi inizi, probabilmente ispirato dal movimento del Romanticismo, compose drammi di ambiente storico (La partita a scacchi del 1871, e Il marito amante della moglie del 1871). Pur riscuotendo un certo successo (le sue ricostruzioni erano alquanto dubbie), si concentrò sul dramma borghese. Egli, cogliendo un certo disagio nel mondo borghese, si fa portavoce delle inquietudini di quello. Le sue composizioni, dai toni semplici e misurati, sfociano nel dramma per cause piccole e apparentemente banali e si svolgono in ambientazioni, stavolta, attente e minuziose, anche verso i particolari.

Nella sua collaborazione con Puccini ed Illica, si compone un terzetto di grandi qualità. Giacosa si interessa maggiormente delle parti liriche del libretto. Il suo intimismo di stampo naturalista lo rende perfetto per gli approfondimenti psicologici dei personaggi, specialmente femminili. E’ una vita assai stressante, soprattutto per quanto riguarda scadenze e rifacimenti, oltre che impegnativo per le caratteristiche proprie del teatro musicale. Il suo buon carattere, però, lo fa mediatore nelle liti che scoppiano all’interno di esso (Puccini gli dà, scherzosamente,  il nome di “Buddha” per la sua saggezza e per il suo fisico “ingombrante”).
Alla sua morte (avvenuta il 1 settembre del 1906), fatidicamente il gruppo si scioglie, rendendosi impossibile la collaborazione tra Puccini ed Illica. La perfezione delle opere pucciniane che ci sono rimaste, dimostrano tutta la caratura d’artista di Giacosa.

Alessandro Barbero spiega Marc Bloch, il più grande fra gli storici moderni

Marc Léopold Benjamin Bloch (Lione, 6 luglio 1886 – Lione, 16 giugno 1944) è stato uno storico e militare francese. Tra 1920 e 1926, con Lucien Febvre, tentò il progetto di lanciare una rivista internazionale di storia sociale ed economica comparata, con l’ambizione di sollecitare la partecipazione e gli scambi scientifici tra gli studiosi europei delle varie discipline. I due, in cerca di un curatore di elevato profilo accademico, si rivolsero nel 1921 a Henri Pirenne. Attraverso Pirenne, nel 1925, Bloch e Febvre contattarono l’American Historical Association, nella speranza di ottenere un finanziamento dal fondo intitolato a Laura Spelman Rockefeller. Il progetto naufragò, in parte per interessi nazionalistici da ambo le parti, ma non da ultimo per la riluttanza da parte di Bloch e di Febvre ad ammettere studiosi tedeschi nel comitato editoriale, nonostante il carattere internazionale della rivista.

Nel 1929, col «gruppo strasburghese» che includeva anche Febvre, Bloch fondò invece la rivista Annales d’histoire économique et sociale (dal 1994 chiamata Annales. Histoire, Sciences Sociales), il cui titolo era già di per sé una rottura con «la storia storicizzante», in auge in Francia grazie al positivismo. Bloch, uno dei primi storici francesi a interessarsi allo studio comparato delle civiltà e alla storia del pensiero (vista anche come storia antropologica), vi pubblicò nel periodo precedente alla guerra importanti articoli, centrati soprattutto sul feudalesimo, e brillanti note di lettura il cui apporto metodologico è rimasto vivo anche dopo la morte dell’autore e sino ai giorni nostri.

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Autori: Arrigo Boito, il librettista di Verdi

Arrigo Boito (nato a Padova, il 24 febbraio del 1842), scrittore che aderì alla Scapigliatura, incarna la duplice figura di letterato-musicista. Egli, in effetti, presenta un’iniziale formazione come musicista. Infatti, studiò (dal 1853) violino, pianoforte e composizione al conservatorio di Milano, (fu allievo di Alberto Mazzucato). Già innovatore, contestava le convenzioni musicali del tempo, compose, dal 1860 al 1861, la cantata Il quattro giugno e il mistero Le sorelle d’Italia, componendo sia la musica che i testi.
Realizzò il suo primo libretto per la musica dell’amico Faccio, l’Amleto, tratto dall’omonima tragedia di Shakespeare.

La sua vita fu caratterizzata dal rapporto lavorativo e dall’amicizia con Giuseppe Verdi (come per Giacosa con Puccini). Incontrato a Parigi, nel 1861, dove conobbe anche Rossini e Berlioz, scrisse per lui il testo dell’Inno delle Nazioni, eseguito all’Esposizione Universale di Londra. Superata un’iniziale antipatia, i due composero opere liriche come: l’Otello (1887) e il Falstaff (1893), entrambi rielaborando i relativi drammi di Shakespeare. Modificò, anche, sensibilmente il Simon Boccanegra (1881).

Dal 1887 al 1898 nacque un intenso rapporto affettivo con la famosa attrice di teatro Eleonora Duse, che lo portò a tradurre per lei i drammi shakespeariani Antonio e Cleopatra, Romeo e Giulietta e Macbeth.
Nella sua intensa e produttiva attività di librettista collaborò anche con altri musicisti, come: con Amilcare Ponchielli (La Gioconda), con Giovanni Bottesini (Ero e Leandro), con Costantino Palumbo (Pier Luigi Farnese), con Alfredo Catalani (La falce) e con Gaetano Coronaro (Un tramonto).
Arrigo Boito, come abbiamo detto musicista_librettista, compose, anche, un’opera tutta sua: Mefistofele, rielaborando il Faust di Goethe, con musiche d’ispirazione wagneriana. Se la prima, alla Scala di Milano, fu un totale insuccesso (proteste e scontri spinsero a non andare oltre la seconda rappresentazione), rielaborata e messa in scena al Teatro Comunale Bologna, nel 1875, fu un tale successo che ancora si replica ogni volta che viene rappresentata. Unica fra le composizioni di Boito, compose, in realtà, una seconda opera lirica, il Nerone, ma non riuscì a portarla al termine, non essendo interamente strumentato. Fu completato, il più fedelmente possibile a sue indicazioni, da Arturo Toscanini, Antonio Smareglia e Vincenzo Tommasini. Rappresentata per la prima volta alla Scala il 1º maggio 1924 (Boito era morto nel 1918) ottenne un grande successo iniziale. Tuttavia, essa non si è affermata nel gusto, a differenza del Mefistofele, e successivamente è stata poco rappresentata.

I suoi successi lo portarono ad essere, dal 1890 al 1891, il direttore onorario del Conservatorio di Parma (che porta ancora il suo nome) e, nel 1893, a ricevere una laurea honoris causa in musica dall’Università di Cambridge. Fu nominato, infine, senatore del Regno d’Italia nel 1912.

Unitamente all’attività di librettista, egli portò avanti quella di poeta, spesso seguendo i canoni della Scapigliatura. Amico di Emilio Praga, compose la raccolta del  Libro dei versi (1877), e pubblicò un poemetto originalissimo Re Orso (1864), una fiaba dal gusto orrido e inquietante. Su varie riviste tra il 1867 e il 1874, editò diverse novelle, quali: L’Alfier nero, Iberia, La musica in piazza, Il pugno chiuso e Il trapezio. Intensa fu la collaborazione di giornalista e critico con la rivista Figaro, da lui stesso fondata e diretta (nel 1864).