Arrigo Boito (nato a Padova, il 24 febbraio del 1842), scrittore che aderì alla Scapigliatura, incarna la duplice figura di letterato-musicista. Egli, in effetti, presenta un’iniziale formazione come musicista. Infatti, studiò (dal 1853) violino, pianoforte e composizione al conservatorio di Milano, (fu allievo di Alberto Mazzucato). Già innovatore, contestava le convenzioni musicali del tempo, compose, dal 1860 al 1861, la cantata Il quattro giugno e il mistero Le sorelle d’Italia, componendo sia la musica che i testi.
Realizzò il suo primo libretto per la musica dell’amico Faccio, l’Amleto, tratto dall’omonima tragedia di Shakespeare.
La sua vita fu caratterizzata dal rapporto lavorativo e dall’amicizia con Giuseppe Verdi (come per Giacosa con Puccini). Incontrato a Parigi, nel 1861, dove conobbe anche Rossini e Berlioz, scrisse per lui il testo dell’Inno delle Nazioni, eseguito all’Esposizione Universale di Londra. Superata un’iniziale antipatia, i due composero opere liriche come: l’Otello (1887) e il Falstaff (1893), entrambi rielaborando i relativi drammi di Shakespeare. Modificò, anche, sensibilmente il Simon Boccanegra (1881).
Dal 1887 al 1898 nacque un intenso rapporto affettivo con la famosa attrice di teatro Eleonora Duse, che lo portò a tradurre per lei i drammi shakespeariani Antonio e Cleopatra, Romeo e Giulietta e Macbeth.
Nella sua intensa e produttiva attività di librettista collaborò anche con altri musicisti, come: con Amilcare Ponchielli (La Gioconda), con Giovanni Bottesini (Ero e Leandro), con Costantino Palumbo (Pier Luigi Farnese), con Alfredo Catalani (La falce) e con Gaetano Coronaro (Un tramonto).
Arrigo Boito, come abbiamo detto musicista_librettista, compose, anche, un’opera tutta sua: Mefistofele, rielaborando il Faust di Goethe, con musiche d’ispirazione wagneriana. Se la prima, alla Scala di Milano, fu un totale insuccesso (proteste e scontri spinsero a non andare oltre la seconda rappresentazione), rielaborata e messa in scena al Teatro Comunale Bologna, nel 1875, fu un tale successo che ancora si replica ogni volta che viene rappresentata. Unica fra le composizioni di Boito, compose, in realtà, una seconda opera lirica, il Nerone, ma non riuscì a portarla al termine, non essendo interamente strumentato. Fu completato, il più fedelmente possibile a sue indicazioni, da Arturo Toscanini, Antonio Smareglia e Vincenzo Tommasini. Rappresentata per la prima volta alla Scala il 1º maggio 1924 (Boito era morto nel 1918) ottenne un grande successo iniziale. Tuttavia, essa non si è affermata nel gusto, a differenza del Mefistofele, e successivamente è stata poco rappresentata.
I suoi successi lo portarono ad essere, dal 1890 al 1891, il direttore onorario del Conservatorio di Parma (che porta ancora il suo nome) e, nel 1893, a ricevere una laurea honoris causa in musica dall’Università di Cambridge. Fu nominato, infine, senatore del Regno d’Italia nel 1912.
Unitamente all’attività di librettista, egli portò avanti quella di poeta, spesso seguendo i canoni della Scapigliatura. Amico di Emilio Praga, compose la raccolta del Libro dei versi (1877), e pubblicò un poemetto originalissimo Re Orso (1864), una fiaba dal gusto orrido e inquietante. Su varie riviste tra il 1867 e il 1874, editò diverse novelle, quali: L’Alfier nero, Iberia, La musica in piazza, Il pugno chiuso e Il trapezio. Intensa fu la collaborazione di giornalista e critico con la rivista Figaro, da lui stesso fondata e diretta (nel 1864).