Alchimisti nel Rinascimento – 6/8

 

La “rivoluzione” rinascimentale vede lo sviluppo di tutte le attività filosofiche, letterarie e scientifiche. In un complesso generale, dove alchimia e scienze naturali, astrologia e astronomia, magia e medicina, erano tutte collegate e non ancora distinte tra esse. Esempio di ciò, si evidenzia la personalità dell’alchimista Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim (1486-1535). Costui, infatti si occupò contemporaneamente di ricerche scientifiche, medicina, astrologia e filosofia. Pubblicò diversi testi, molto apprezzati dai suoi colleghi alchimisti (ad esempio, il De occulta philosophia). In un coacervo di filosofia mistica, magia occultista, scienza sperimentale e numerologia, egli si riteneva anche in grado di evocare gli spiriti dell’aldilà.

Nel 1561 a Parigi, fu pubblicata la prima “storia dell’alchimia”, scritta da Robert Duval. Se la pratica alchemica, nel Cinquecento, era misteriosa ed occulta, non bisogna pensare che gli alchimisti operassero marginalmente alla società. Tra essi, infatti, è noto come svolgessero questa pratica personaggi notori, come Caterina Sforza, Cosimo I de’ Medici e Francesco I de’ Medici, che fece dipingere nel suo studiolo di Palazzo Vecchio, da Giovanni Stradano, addirittura delle allegorie alchimistiche. In effetti, i grandi regnanti non erano lontani dall’alchimia. La celebre regina Elisabetta I d’Inghilterra possedeva un proprio “consulente scientifico”, tale John Dee, che si occupava, oltre che di alchimia, anche di astrologia e crittografia. Nel 1564, pure John Dee pubblicò un testo alchemico, Monas Hieroglyphica, facendo riferimenti anche alla Cabala.

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