Aurelio Misiti – Dalla Convegnite agli incontri operativi

dell’On. Prof. Aurelio Misiti

Si sta sviluppando un interessante dibattito sulle modalità d’impiego delle risorse per superare l’arretratezza delle regioni meridionali. Esse consistono in circa il 40% dei fondi riconosciuti dall’Europa al nostro paese. Va definitivamente superato il tempo dei dibattiti, per passare alle realizzazioni delle opere previste nel “PROGETTO DI SISTEMA PER IL SUD IN ITALIA E PER L’ITALIA IN EUROPA”, pubblicato nel Quaderno n.65 dello SVIMEZ.

In tale prospettiva, si è svolto l’11 febbraio a Milazzo il convegno organizzato dal Kiwanis Club Milazzo, in cui è stato illustrato il progetto per il completamento delle autostrade siciliane.

Utilizzando il partenariato pubblico-privato, non sono necessari ulteriori esborsi a carico dello Stato, oltre a quelli a suo tempo investiti per l’autostrada Catania – Palermo – Trapani – Castelvetrano – Mazara del Vallo. Con i ricavi ottenuti dai pedaggi dell’autostrada esistente – realizzata con finanziamento statale a fondo perduto – si possono costruire in Sicilia, attraverso il project financing, le seguenti autostrade (vedi figura ):

• Gela-Castelvetrano
• Palermo-Agrigento (completamento)
• Tangenziale di Palermo
• Marsala-Mazara del Vallo.

La presenza degli investitori privati – che hanno accolto la proposta – ha dato concretezza all’incontro, concluso con soddisfazione dal Presidente della Regione On. Nello Musumeci.

Autostrade che si possono costruire in Sicilia in partenariato con il project financing

L’attraversamento stabile dello Stretto di Messina: situazione attuale e sviluppi

Il 4 agosto 2021 il Ministro Giovannini, in audizione presso le Commissioni riunite ambiente e trasporti della Camera dei Deputati, ha raccolto le indicazioni del Gruppo di Lavoro di redigere uno studio di Fattibilità tecnico economica che possa indicare quale sia la soluzione più adeguata che permetta di giungere ad una decisione definitiva, se quella del ponte a una o più campate.

Per tale studio sono stati stanziati 50 milioni di euro già individuati con la Legge di Bilancio 2021. Il Ministro ha affermato che la prima fase del Progetto di Fattibilità dovrà concludersi entro la primavera del 2022.

L’attraversamento stabile dello Stretto di Messina: infrastruttura strategica per l’Italia

Da secoli il collegamento stabile della Sicilia con il Continente è un tema controverso, ma di grande interesse. In Aldai abbiamo cercato innanzitutto di capire perché il ponte a campata unica di cui si ragiona da più di un trentennio, un’opera senza eguali sempre data per progettualmente conclusa, non fosse stato ancora realizzato per ottenere l’auspicata continuità territoriale tra l’Italia continentale e la Sicilia.

Percorrendo la storia del ponte e della Società Stretto di Messina (SdM), si individuano, su documenti ufficiali, una serie di momenti cruciali quali quello della mancata approvazione del “Progetto Definitivo” da parte del CIPE, con la conseguente permanente assenza di un “Progetto Esecutivo” cantierabile.

Per quanto riguarda il ponte a campata unica di 3300 metri, molte informazioni oggettive, acquisite su tutti i grandi ponti realizzati nel mondo, determinano alcune significative preoccupazioni:

• il ponte misto progettato ferroviario-stradale più lungo che sia stato realizzato nel mondo (ponte Yavuz Sultan Selim sul Bosforo del 2016, ma a tutt’oggi privo dei binari) ha una campata di 1.408 metri; è evidente come la realizzazione di un ponte a campata unica di 3.300 metri richiede un salto tecnologico mai messo in pratica sinora;

• l’ipotizzato ponte a campata unica sarebbe caratterizzato da un eccezionale indice di snellezza (altezza della sezione trasversale dell’impalcato / lunghezza campata) di 1/1320 rispetto al massimo esistente, ovvero quello del danese Great Belt Bridge, che raggiunge solo il valore di 1/350; in una struttura così lunga e flessibile, soggetta naturalmente a significative oscillazioni, il passaggio dei treni, anche limitandone la velocità, non risulta esaminato e confermato dalle autorità competenti in tema di sicurezza;

• essendo con impalcato scoperto, per un numero di giorni ventosi annui non specificato il ponte dovrebbe essere chiuso al traffico, così come già avviene in analoghe situazioni. Se il transito dei treni dovesse essere sospeso con venti superiori a 115 km/h, come previsto per il ponte sul Bosforo, ciò costituirebbe una limitazione all’utilizzo particolarmente significativa, data anche la conseguente necessità di mantenere in servizio le navi traghetto.

D’altra parte, la presenza nell’area della cosiddetta “Sella dello Stretto” (un breve tratto di mare tra Villa San Giovanni e Ganzirri ove i fondali sono profondi solo un centinaio di metri) rende ipotizzabili almeno tre soluzioni che possono presentare idonei requisiti preliminari per un’infrastruttura di collegamento stabile. Esse possono sintetizzarsi in:

• ponte a più campate, con due appoggi in mare sulla “Sella”, a circa 100 metri di profondità, e impalcato, ad uno o (meglio) due piani, ad una quota di circa 80 metri sul livello del mare, che permetterebbe il transito delle navi più grandi senza limitare la navigazione e senza interessare la riserva naturale di Capo Peloro;

• tunnel sottomarino, che transita nel sottosuolo all’interno della “Sella” a circa 170 metri di profondità e quindi con copertura continua di almeno 50 metri; un tunnel realizzabile con TBM utilizzando tecnologie consolidate e in continuo progresso, che hanno già avuto molti impieghi nel mondo anche riuscendo a superare in sicurezza faglie tettoniche presenti sul percorso, come è avvenuto nel tunnel sottomarino del Bosforo;

• tunnel a mezz’acqua, vincolato alla “Sella” e a circa 50 metri dal livello del mare, con tecnologie già adottate nel settore petrolifero offshore, ma non ancora utilizzate per il transito, in sicurezza, di mezzi e persone.

Ogni soluzione presa in esame è descritta per i suoi vantaggi specifici e fa propria l’esigenza di garantire un adeguato servizio ferroviario urbano capace di collegare efficacemente gli insediamenti che si trovano sulle due sponde dello Stretto.

Tenendo conto dell’attuale situazione urbanistica dell’area vasta, che presenta forti esigenze e grandi potenzialità di riqualificazione e sviluppo economico e sociale, la formazione tra le due sponde di un’unica area urbana di oltre 500.000 abitanti sarebbe in grado di attrarre e sostenere anche funzioni di livello superiore, permettendo la riqualificazione e lo sviluppo di un territorio molto esteso.

Tra i vantaggi del collegamento stabile dello Stretto è quindi fondamentale quello di contemperare una adeguata risposta non solo al traffico a lunga distanza di viaggiatori e merci, con recuperi di oltre un’ora per il solo attraversamento, ma anche di coprire esigenze di mobilità attuali e future tra gli ambiti metropolitani di Messina e di Reggio Calabria, per realizzare la cosiddetta “Città dello Stretto”, riducendone l’attuale eccessiva mobilità individuale.

In attesa degli auspicati sviluppi, con riferimento alla velocizzazione del traghettamento ferroviario, diventa urgente l’introduzione di treni viaggiatori compatibili con le linee AV in composizione bloccata ridotta (max 5 carrozze) trasportabili sui traghetti senza scomposizione dei convogli. Questa è una soluzione da tenere in seria considerazione, perché può e deve garantire immediati e consistenti vantaggi.

Tutto questo affascinante lavoro, svolto con molto impegno volontario, ha evidenziato la necessità per il Governo Italiano di attivare da subito appositi studi di fattibilità indipendenti, sia per i ponti che per i tunnel, in modo da approfondire il confronto completo, anche dei costi a vita intera, tra le soluzioni alternative del collegamento stabile.

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IMMAGINE DI APERTURA – L’odierno attraversamento dello Stretto nella foto di Nino Blasco da Pixabay 

Stati Uniti – Qui si può sconfinare nell’utopia, motore nascosto del mondo

di Cosimo Inferrera
Presidente AEM (Associazione Europea del Mediterraneo)

Quando una società è propensa a sognare si dimostra capace di rinnovarsi: gli USA ancora lo sono, questo il segreto dei loro successi, e di altri potenziali … Però con l’ombra del rischio di un nazionalismo esasperato. Biden lo supera con l’esperienza sulla macchina e con l’antidoto forte del bisogno di unire. Unire è la parola chiave, che tiene insieme democrazia e libertà. Forse nel Presidente Biden abbiamo trovato un vecchio saggio, che soffre delle stesse manie … Unire le Regioni profondamente diverse del Mediterraneo in un sistema macroregionale di tipo europeo è il sogno di alcuni veggenti di questa parte del Mediterraneo. Qui si può sconfinare nell’utopia, motore nascosto del mondo ! L’Italia come Stato è il meno propenso alla lungimiranza, e quindi alla giusta dose di spinta utopica… L’Italia è in ingessatura perenne: vive nel mantenimento dello Status quo, non è quindi uno Stato serio. Se lo fosse avrebbe realizzato negli anni scorsi mega porti gateway ad Augusta (questo per niente), a Gioia Tauro (questo per metà), a Taranto (l’unico a buon punto). Questa mancanza di fiuto politico mediterraneo impedisce al nostro Paese di invertire la polarità dei mercati, da Sud verso Nord …Proprio qui sta il nodo del Meridione italiano e quindi dell’intero Paese.

Il quotidiano francese è uno dei giornali più autorevoli che hanno seguito le elezioni statunitensi.
Questa è la bellissima prima pagina di oggi

Qual è oggi la soluzione migliore per far arrivare in Sicilia l’Alta Velocità ferroviaria?

I giornali di questa mattina danno ampio spazio al tema dell’attraversamento stabile dello Stretto di Messina: dal Corriere della Sera al Giornale di Sicilia. La Gazzetta del Sud (quotidiano di Messina e Calabria) nei giorni scorsi ha riportato che il ministro Paola De Micheli, durante il question time al Senato, ha dichiarato che la questione «richiede un’attenta valutazione delle problematiche tecnico-costruttive, delle ricadute occupazionali, ambientali e trasportistiche e, più in generale, degli esiti di una puntuale analisi costi/benefici. A questo seguirà una compiuta verifica e valutazione dell’opera da parte di tutte le forze politiche e dei territori interessati». Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ne ha parlato espressamente domenica sera dalla piazza di Ceglie Messapica come di un «miracolo di ingegneria». Le carte sono dunque sul tavolo del governo e quello che fa più scalpore è che al progetto ponte sembra preferirsi il progetto tunnel sottomarino. Experiences ha dedicato molte pagine all’argomento, attraverso i dettagliati resoconti dell’ing. Giovanni Saccà, il quale sta discutendo con la commissione di esperti del Ministero dei Trasporti la soluzione tunnel, che sembrerebbe indubbiamente la più logica ed economica. Uno dei nostri lettori, seguendo il video da lui elaborato per uno dei convegni a favore della Macroregione Mediterranea e pubblicato su YouTube (canale di Experiences), ha posto proprio all’ingegnere Saccà questa domanda: «Ho visto che ci sono varie soluzioni per attraversare lo stretto, inizialmente si è puntato sul classico ponte, poi è uscita la versione dei tunnel sotto il fondale marino, infine c’è una versione tra il fondale e il livello del mare. Sarebbe interessante un video riepilogativo tra i pro e i contro di tutte le soluzioni…».
L’ingegnere Saccà, da noi contattato, ha prontamente risposto segnalandoci una sua recente pubblicazione sulla rivista “Il Giornale dell’Ingegnere”. Lo stesso Saccà ci ha rimandato anche ad un articolo di riepilogo uscito sul sito web Teknoring.com, portale delle professioni tecniche. Sulla base di questi suoi contributi è possibile chiarirsi meglio le idee, che allo stato dei fatti sembrano nella maggioranza dei casi ancora molto confuse e soprattutto legate ad argomentazioni ideologiche.

LEGGI L’ARTICOLO: Ponte sullo Stretto di Messina: a che punto siamo?

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Infrastrutture Strategiche – Dalla relazione dell’ing. Giovanni Saccà

Milano ALDAI-Federmanager – Infrastrutture Strategiche – Giovanni Saccà

Consiglio Europeo: alcune riflessioni

di Giuseppe Valerio
Presidente federazione regionale Aiccre Puglia – Membro Direzione nazionale Aiccre

Giuseppe Valerio

La vicenda dei cinque giorni ininterrotti di riunione dello scorso Consiglio europeo a Bruxelles (forse superato per pochi minuti in durata da quello di Nizza) ha catalizzato l’attenzione dell’intera Europa e non solo politica e giornalistica. L’Unione si sfascia, l’Unione non regge; no: come sempre nei momenti difficili l’Europa non solo tiene ma avanza e fa un altro passo verso l’integrazione politica.
L’argomento che ha più attratto, specie noi italiani, è stato il Recovery Fund, vale a dire quanto in via straordinaria è stato deliberato a sostegno dei Paesi, come l’Italia, che hanno subito di più, finora, le conseguenze della pandemia da Covid-19.
Una prima riflessione.
Nessuno si è ricordato che pochi giorni prima c’era stato un altro avvenimento rivelatosi estremamente importante: l’elezione del nuovo Presidente dell’Eurogruppo, vale a dire dei Paesi che adottano l’euro come moneta comune. Si era diffusa la tesi (sovranista ed antieuropeista) che l’Italia dovesse lasciare l’Unione oramai soggiogata dalla preponderante presenza della Germania. Hai voglia da parte nostra a sostenere, invece, che non era vero poiché in Europa vige la legge che uno vale uno. Bene abbiamo avuto ragione noi, ancora una volta (anche perché è la realtà). Germania, Italia, Francia e Spagna rappresentano la maggioranza – in tutti i sensi – dell’Unione e sostenevano la candidatura della spagnola Nadia Calviño, ma uno vale uno ed una coalizione di piccoli Paesi è stata maggioranza ed ha scelto Il ministro dell’economia irlandese Paschal Donohoe.

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IMMAGINE DI APERTURA: La sala delle riunioni del Consiglio europeo nel palazzo Europa di Bruxelles (Fonte Wikipedia)

Tax Free per le imprese che nel Mezzogiorno investono su turismo e beni culturali?

di Sergio Bertolami
Intervento al Videoconvegno “Mediterraneo chiama Europa”

Le persone più colte e raziocinanti vedono nel retaggio culturale una certezza duratura. Questo è ancora una volta confermato, perché, dopo la pandemia, la ripartenza dell’Italia trova l’intero patrimonio architettonico, storico e artistico, completamente intatto. Occorre tuttavia ripensare la giusta strategia per il suo rilancio.
Volendo considerare, come esempio, le riaperture dei musei e delle aree archeologiche, ci accorgiamo che una particolare attenzione è rivolta alle grandi città d’arte come Roma, Firenze, Venezia, Milano. A questo proposito vale ricordare il “Piano strategico di sviluppo del turismo (2017-2022)” che evidenzia come il 60% dei flussi turistici, negli ultimi anni, si è concentrato solo in 4 regioni: Lazio, Toscana, Veneto e Lombardia. La situazione alla riapertura rispecchia, a ben guardare, le tendenze.
È vero: chi sogna la fine del turismo di massa alla fine potrebbe averla vinta. Non per gli effetti di una programmazione migliore, ma solo perché in un contesto di depressione economica e di privazioni le vacanze saranno molto più costose ed elitarie. Si farà dunque evidente la spaccatura tra chi potrà prenotare un viaggio e chi cederà, suo malgrado, alla virtualità di una pagina web.
Il turismo rappresenta, comunque, un importante fattore di attrattività. I dati statistici citati evidenziano pure che Campania, Puglia e Sicilia esprimono forti potenzialità del patrimonio culturale. Nel nostro territorio meridionale si potrebbe compiere, pertanto, un salto di qualità, qualora si riuscisse a promuovere una crescita anche nella dimensione imprenditoriale. ​
Se reputassimo come delle risorse le tracce del passato disseminate nel territorio, ci convinceremmo che è arrivato il momento di guardare ai settori culturali e ai loro meccanismi di funzionamento in una prospettiva di sviluppo sostenibile: sia nazionale, sia regionale.

Per questo motivo vorrei fare riferimento all’on. Dario Franceschini. Il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nell’attuale governo Conte-Due – con un’esperienza maturata all’interno del medesimo ministero, tra il 2014 e il 2018, sia nel Governo Renzi che nel Governo Gentiloni – ha rilasciato domenica scorsa, 31 maggio, un’intervista al Corriere della Sera. Il ministro afferma che, passata l’emergenza, in Italia il turismo tornerà a crescere impetuosamente. In che modo?
Dice testualmente: «Dobbiamo fare scelte strutturali che ci mettano in condizione di governare quella crescita e distribuire la ricchezza su tutto il territorio nazionale. A partire dal Sud, la parte del mondo più ricca di bellezze artistiche e naturali, in cui paradossalmente vanno meno del 20% dei turisti stranieri». È sicuramente un ottimo proposito, che trova sostegno su tre priorità di intervento.

La prima priorità è di ordine urbanistico, attraverso un piano di recupero e rilancio dei borghi disseminati a centinaia lungo la dorsale appenninica. Per la verità, questi borghi sono in gran parte abbandonati al loro destino: vanno ripopolati, riabilitati e messi in sicurezza sismica.

La seconda priorità è di ordine infrastrutturale. È un altro punto dolente da aggiungere al primo. Lo stesso ministro Franceschini ne è cosciente. Difatti, il divario infrastrutturale nel nostro Paese non è solo tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest, ovvero fra costa tirrenica e adriatica della penisola italiana. Il ministro, in modo evidente, non si riferisce all’intera maglia di opere pubbliche – intesa comunemente come capitale fisso sociale – ma soprattutto alla rete ferroviaria e stradale.
Parla infatti della Taranto-Bologna. Sul lato adriatico da Pesaro a Termoli c’è una vecchia linea ferroviaria che danneggia 500 chilometri di costa. Vieta il rapporto diretto delle comunità col mare e impedisce anche un proficuo sviluppo del turismo balneare. Franceschini parla anche dell’alta velocità sul Tirreno, che non può fermarsi a Salerno, ma deve arrivare fino in Sicilia: a Catania e a Palermo. Si richiama, senza farne menzione, al “Corridoio 1 Berlino-Palermo”, il tracciato caduto nel dimenticatoio dei trasporti previsti dall’Unione europea per collegare le capitali alle grandi aree metropolitane e ai grandi centri urbani.
Qui il ministro fa una stridente frenata, difronte alla domanda se questo suo disegno preveda il Ponte. Franceschini risponde: «Beh, i treni ad alta velocità dovranno pur attraversare lo Stretto. Ma andranno visti costi e benefici di tutte le soluzioni alternative». Ancora costi e benefici? Vi ricordate Sergio Cofferati quando disse: «Il Ponte unirebbe due deserti industriali». Il deserto continua ad esistere. Oggettivamente, potremmo però ribattere che il turismo al Sud sarebbe un valido volano di sviluppo e le industrie culturali e creative non da meno.

Veniamo, infine, alla terza priorità di intervento che concerne il Recovery Fund e l’utilizzo di una parte importante degli oltre 170 miliardi per l’Italia da parte UE, la quale secondo il ministro dovrebbe essere investita per sostenere le imprese del settore turistico e culturale.

A dare sostanza a quelli che si potrebbero credere “i sogni di Franceschini”, viene il senatore Matteo Renzi, che rilancia l’idea del Ponte sul quale sino ad ora s’è fatta sempre terra bruciata. Ma non solo, perché il leader di Italia Viva riporta in luce la proposta della fiscalità speciale, uno strumento che altri non hanno mai saputo adoperare. «Serve una battaglia europea – assicura Renzi – per fare almeno delle due isole principali, Sicilia e Sardegna, regioni speciali dal punto di vista fiscale, in grado di competere con Malta o con l’Albania, a Sud, ma anche, dentro i confini settentrionali dell’Unione, con Irlanda, Lussemburgo, Olanda». È questo il modo giusto per dimostrare una concreta capacità propulsiva e prefigurare un futuro ambizioso.
Renzi propone l’adozione della fiscalità di vantaggio come strada speciale per richiamare investimenti. Io proporrei non solo in Sicilia e Sardegna, ma in tutto il Mezzogiorno. Turismo e beni culturali sarebbero indubbiamente gli asset giusti per ripagare investimenti. Il dibattito è aperto per elaborare l’idea e riporre ogni scetticismo.

Senza dubbio le prospettive sono incredibilmente irripetibili. Perché irripetibili? «In un tempo normale – afferma Renzi – questa ipotesi non sarebbe stata presa in considerazione, ma adesso tutto è cambiato». Dopo l’emergenza pandemica, sommando le risorse del Recovery Fund, gli effetti moltiplicatori e la nuova programmazione comunitaria 2021-2027, rimane solo da chiedersi se la politica sarà capace di coglierne le opportunità.

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IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Design_Miss_C da Pixabay  

Nel 65.mo anniversario della conferenza di Messina – Convegno Messina Taormina Pantelleria 4-5 giugno 2020

Il Convegno è prezioso per l’aiuto che offre nel renderci più protesi all’ascolto del rintocco solenne di qualche decennio fa: quando tutti si scostavano e sembravano fuggire, nei primi due giorni di quel giugno 1955 si fece avanti “lo spirito di Messina con il suo abbraccio così energizzante da poter fronteggiare insieme situazioni difficili, delicate, anche momenti drammatici. Conseguendo un risultato storico: il mantenimento della pace fra popoli che avevano dovuto contare milioni di vittime fra le loro stesse genti.

Ecco dunque le ragioni che trasformano il messaggio del 65.mo anniversario, di per sé severo e impegnativo per l’analisi e la comprensione degli ultimi decenni di vita travagliata dell’UE, in una occasione proficua di studio, programmazione, impegno per il futuro della nostra terra meridionale. 

“What about Finland ? ” così ad alta voce Gaetano Martino esclamò ad Andrej Andreevic Gromyko in piena assemblea ONU, ripresa dalla stampa statunitense. E noi oggi diciamo e chiediamo allo stesso modo: “Cosa c’è di nuovo sul fronte della solidarietà e dell’aiuto da parte europea?”

La Conferenza sul futuro dell’Europa: ecco la risposta con cui l’UE è di fronte alle grandi sfide su demografia, economia, migrazioni, terrorismo, ambiente, coronavirus. La conferenza della durata di due anni sarà un forum pubblico aperto, inclusivo e strutturato con i cittadini per affrontare tali sfide. L’obiettivo sarebbe quello di Identificare non solo le priorità politiche, ma anche i meccanismi costituzionali (cioè la capacità di governo) necessari per renderle credibili ed efficaci. La conferenza deve rilanciare il progetto europeo comune, recuperando lo spirito costruttivo della Conferenza di Messina del 1955, per la particolare valenza geopolitica e il ruolo fondamentale che l’area euro mediterranea riveste nel contesto globale.                                                                                        

Il Mediterraneo è lontano dall’essere area di pace, di stabilità condivisa. E mostra profonde contraddizioni: da un lato centro di crisi virulente, competizione egemonica, scontro ideologico e settario; dall’altro piattaforma con potenzialità sempre maggiori di connettività economica, energetica, infrastrutturale tra Europa-Africa-Asia. Le sfide restano tante a partire dalla crisi migratoria coi forti flussi provenienti soprattutto dall’Africa sub-sahariana e dal Medio Oriente, mentre si rischia tuttora di far prevalere un approccio securitario.

Non possiamo lasciare che su una questione così centrale non vi sia una adeguata risposta da parte dell’Unione Europea. A tale obiettivo deve poter contribuire il ‘Piano 2030 per il Sud sviluppo e la coesione per l’Italia’’, così da rafforzare, nella programmazione Europea 2021-2027, la cooperazione territoriale e “le strategie macroregionali” europee.  Con il raddoppio del Canale di Suez, il Mediterraneo è sempre più strategico dal punto di vista economico-culturale-sociale, per questo occorre sostenere il dialogo costruttivo tra i popoli che condividono lo stesso mare, avviando sinergie e progettualità. La cooperazione deve diventare un mirabile strumento di interazione dialettica, occasione di dialogo, che promuova la conoscenza reciproca e ponga le basi per l’integrazione regionale, fondamento di un futuro di pace e di prosperità. Il recente incontro di Bari ‘’Mediterraneo, frontiera di pace’’, promosso dalla CEI ha voluto chiamare tutti, a cominciare dai cristiani in comunione con Roma, ad essere costruttori di pace per cercare nuove vie di riconciliazione. I corridoi europei e mediterranei devono agevolare questa maggiore coesione con la definizione di scenari, obiettivi e strategie comuni.                          

PROGRAMMA

CONFERENZA-Messina-Taormina-Pantelleria-Programma-4-5-GIUGNO-2020-004-1

Links piattaforma Go to Webinar
URL di iscrizione al Videoconvegno Web del 4 giugno 2020 – ore 16:00-19:00
https://attendee.gotowebinar.com/register/2145747926175473934
URL di iscrizione al Videoconvegno Web del 5 giugno 2020 – ore 09:00-12:00
https://attendee.gotowebinar.com/register/6314277982067384592
Max 500 PARTECIPANTI

Segreteria Messinaweb.eu
Gianfranco Ferro Ernesto Bernardo

Regia Maurizio Marchetti – Collaborazione Tecnica Antonino Previti

Comunicazione e stampa
Geri Villaroel Franco Arcovito Giuseppe Bevacqua Carmelo Cutuli Rosario Fodale Giuseppe Frazzica Quotidiani – Radiotelevisioni

La registrazione dell’evento verrà pubblicata sul canale YouTube all’indirizzo:
https://www.youtube.com/channel/UCsw8e5us6kc4jcSkJji4JmA?view_as=subscriber

IMMAGINE DI APERTURA tratta dal programma 

Intervista a Giulio Tarro: La terapia sierologica è l’unica strada in attesa del vaccino

Pubblichiamo su Experiences questa importante intervista al messinese prof. Giulio Tarro, già apparsa il 7 maggio su Ildenaro.it e gentilmente inviataci da Paolo Pantani e Rocco Giordano editore di Sistemi di Logistica, che nel mese di aprile ha dedicato uno speciale su CoVid-19 e nuove politiche economiche

Prof. Giulio Tarro

Prof. GIULIO TARRO

  • Primario emerito dell’Azienda Ospedaliera “D. Cotugno”, Napoli
  • Chairman della Commissione sulle Biotecnologie della Virosfera, WABT – UNESCO, Parigi
  • Rector of the University Thomas More U.P.T.M., Rome
  • Presidente della Fondazione de Beaumont Bonelli per le ricerche sul cancro – ONLUS, Napoli
In questa intervista, che pubblichiamo sia nella versione video che scritta, il professore Giulio Tarro, virologo di fama internazionale e primario emerito dell’ospedale Cotugno di Napoli, traccia le prossime tappe della lotta al Covid-19. E afferma che la terapia sierologica è l’unica strada da seguire in attesa del vaccino. Allievo di Albert Bruce Sabin, il virologo che ha scoperto e sviluppato il più diffuso vaccino contro la Poliomielite, Tarro insieme al suo maestro e collega polacco ha realizzato degli studi di portata storica che dimostrano l’incidenza degli Herpesvirus nell’insorgere di alcune forme tumorali. All’intervista video partecipano Rocco Giordano, economista, docente universitario, titolare della Giordano Editore e coordinatore del gruppo di lavoro della Macroregione Mezzogiorno Mediterraneo, e Francesco Montanaro, medico specialista in Gastroenterologia e infettivologo.
 
Professore Tarro, su cosa si basano le sue certezze in merito a Fase 2 e Fase 3?
Le mie dichiarazioni si basano sulla pratica, essendo io un pragmatico e avendo un bagaglio di esperienza legata a maestri italiani e anglosassoni che mi hanno permesso di superare le varie epidemie presentatesi a Napoli, in Campania e nel Sud in generale; mi riferisco al colera del 73’ al male oscuro del 79’, dove l’isolamento e la collaborazione con la pediatria sono state fondamentali per evitare le morti dei bambini, senza passare poi per l’AIDS, e le varie influenze stagionali dove la diagnosi tempestiva è stata fondamentale. A questo proposito il CoronaVirus, già presente fra il 2002/2003 come malattia respiratoria acuta che si è perpetuata poi per sei mesi da aprile a novembre e che ha avuto un caso ad Amalfi trasportato al Cotugno e del quale me ne occupai personalmente. Adesso è presente questa nuova epidemia che ha permesso il mio coinvolgimento.
 
Vogliamo ripercorrere insieme le tappe di questa vicenda?
Già alla fine di gennaio con una collaborazione con la Cina, sviluppando già un elaborato in inglese dove l’esperienza della MERS la cui cura si fondava sugli anticorpi dei guariti, è stata molto utile. Ero fra coloro che sostenevano che in Italia non ci sarebbe stato un caso, ad oggi credo che abbiamo pagato un tributo a fronte di una sanità che è stata colta impreparata a causa dei vari tagli subiti ormai dal 97’ al 2015 di almeno del 15% al 51% in meno delle terapie intensive. Quando il virus ha iniziato a circolare, i nostri vicini francesi hanno rafforzato questo aspetto mentre noi eravamo a un quarto rispetto a loro, trovandoci ormai a marzo con quelli che sono considerati i fiori all’occhiello come gli ospedali principali della Lombardia con Milano capitale, completamente privi di organizzazione e di posti letto, ma soprattutto anche privi di possibilità medico-professionali, nonostante la collaborazione cinese, con carenze di esperienza sulle diagnosi non chiare non solo sulle polmoniti interstiziali. Credo che siano molto valide le sperimentazioni partite da Napoli, come quella del professore Ascierto, che utilizzando i pazienti del Cotugno ha avviato il farmaco Tocilizumab.
 
Secondo lei la maggiore diffusione del virus al Nord ha motivazioni epidemiologiche?
Teniamo presente che il Covid arriva da Wuhan e provincia cinese che hanno una condizione climatica molto simile a quella della Pianura Padana e questo potrebbe già essere un aspetto da prendere in considerazione; l’altro aspetto è che ci sia una variante padana, come una variante sudamericana, ma quello che è importante rispetto al suo quesito è che ci potrebbero essere delle particelle in particolare che aprono la porta al virus, catalizzandolo all’interno dell’organismo. A parte questo possono esserci moltissimi altri fattori come l’isolamento di pazienti anziani e pazienti con altre patologie che altrimenti, incrementerebbero la diffusione del virus fra i giovani.
 
Ci spiega come funziona la terapia sierologica?
Il contributo elaborato già a fine gennaio con l’esperienza dei Cinesi prendeva spunto dalla MERS e quindi trattare il nuovo virus con il siero, di cui basti pensare che occorrono 200 ml di plasma che iniettato anche in pazienti gravi dopo 48 ore può andare a neutralizzare il virus. Posti come a Mantova usano questa terapia e fin ora non hanno avuto più vittime. Credo quindi che si debba puntare su questo anche per poi incentivare la scoperta del vaccino.
 
Come si fa con le controindicazioni?
In primis abbiamo a che fare solo con il siero e non con i globuli rossi ed è già importantissimo. Poi con le nuove metodologie non abbiamo più a che fare con i rischi dell’epatite ed è un altro vantaggio, considerando che queste sono scelte che intercorrono tra la vita e la morte.
 
Questa terapia potrebbe essere utilizzata già da ora per i nostri sanitari in attesa del vaccino?
Potenzialmente si, rappresenterebbe una sorta di vaccino attuale, visto che per quello effettivo tra le varie procedure e sperimentazioni avrà luogo almeno fra 18 mesi.

LA SANITÀ NELL’EMERGENZA DEL COVID19: UNA VISIONE GLOBALE

IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Ri Butov da Pixabay 

Nel servizio televisivo di Campi Flegrei, Paolo Pantani commenta Vittorio Feltri

il quotidiano diretto da Vittorio Feltri e Pietro Senaldi, sulla prima pagina del 4 marzo, riportava il titolo “Virus alla conquista del Sud”, l’occhiello “L’infezione crea l’unità d’Italia”. Titoli ad effetto di questo genere sono una specialità di Feltri, servono ad attrarre l’attenzione dei suoi lettori che ne condividono le posizioni e a irritare la maggior parte di non lettori che non acquisteranno mai il suo quotidiano, ma che immancabilmente faranno cassa di risonanza. Questo permette al direttore di portare a casa qualche copia in più, nella convinzione di fare informazione corretta. Sta di fatto che il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha espresso  “distanza e dissenso per una reiterata scelta redazionale su temi di grande rilevanza sociale”. Paolo Pantani, coordinatore per la Campania della Macroregione Mediterranea, nell’intervista alla televisione Campi Flegrei, ha fornito risposte su questa “asimmetria informativa”, rispedendo senza acredine al mittente le sue discutibili opinioni, tutt’altro che fraterne.

IMMAGINE DI APERTURA Il Dott. Paolo Pantani nel corso dell’intervista.