«La scomparsa del Banco di Napoli» presentazione a Palazzo Ricca del libro di Andrea Rey 


Nel lontano ottobre 2017 cominciammo ad occuparci della Questione del Banco di Napoli. Fino ad oggi sono stati pubblicati oltre 50 articoli sul giornale il Denaro on line e su Experiences.

Le presentazioni del libro “La scomparsa del Banco di Napoli” sono state fatte in tutti i comparti della società:

  • Culturali – al Museo di Napoli di Gaetano Bonelli, ben due volte, è persino intervenuto a sorpresa il Vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola, dandoci anche l’auspicato sostegno istituzionale
  • Accademici – alla Facoltà di Economia e Commercio, presenti i Professori Adriano Giannola e Renato Briganti, nonché gli allievi del Master in Finanza Etica
  • Associativi – presentazione del libro presso il Circolo La Contea dell’Onorevole Avvocato Luciano Schifone
  • Professionali – presso l’Ordine dei Commercialisti di Napoli
  • Fondazione Arciconfraternita di San Giuseppe dei Nudi – alla presenza del giornalista Rai Ermanno Corsi e del Sovrintendente della Fondazione Avvocato Ugo de Flaviis
  • Alla Fondazione Banco di Napoli – luogo simbolo dove è iniziata la nostra narrazione.

È stato fatto un ottimo lavoro. Adesso, che tutti i comparti sociali e istituzionali sono stati finalmente informati, si apre una fase nuova, la Battaglia per la Rifondazione del Banco di Napoli utilizzando tutte le possibilità tecniche, editoriali, mediatiche e di comunicazione.

Dobbiamo realizzare un docu-film. sulla scomparsa del Banco di Napoli e presentare per una ultima volta il libro alla Università Cattolica di Milano, nella capitale finanziaria di questo Stato.


“Il Banco di Napoli non era solo una banca, anzi la banca più antica al mondo, ma una parte integrante della cultura e dell’identità di Napoli, testimone di secoli di storia e trasformazioni sociali, come comprova il suo Archivio Storico”. Sabato 9 marzo alle 10:30, a Palazzo Ricca, è in programma la presentazione del libro di Andrea Rey, Ricercatore di Economia Aziendale Università degli Studi di Napoli “Federico II”, «La scomparsa del Banco di Napoli», Editoriale Scientifica. Partecipano con l’autore, Adriano Giannola Professore Ordinario di Economia Bancaria Università degli Studi di Napoli “Ferderico II” già Presidente Fondazione Banco di Napoli, Marilena Rispoli Farina Professore Ordinario di Diritto Commerciale e Bancario Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Roberto Maglio Professore Ordinario di Economia Aziendale Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Orazio Abbamonte Presidente Fondazione Banco di Napoli. Modera il giornalista Nando Santoanastaso.

«La vicenda che poco meno d’un trentennio fa ha portato alla scomparsa del Banco di Napoli – spiega Abbamonte – la principale risorsa per il sostegno all’imprenditoria e non solo del Mezzogiorno, per quanto ormai risalente, conserva una grande attualità per la comprensione del nostro recente trascorso, condizione indispensabile per agire nell’attualità. Attraverso quella grave operazione, il Sud è stato privato del suo principale Istituto di credito, con conseguenze incalcolabili in termini di opportunità di sviluppo perdute. Questione, come si vede, di straordinaria attualità, oggi che si discute di Regionalismo differenziato e che le aree territoriali più ‘fortunate’ sono indotte a ridurre gli spazi di solidarietà Nazionale». In questa prospettiva, la Fondazione ha promosso la presentazione del volume di Rey, che contribuisce, con puntualità di apporti, a far chiarezza sulle condizioni che favorirono la fine del Bando di Napoli. «Attraverso una ricerca minuziosa – commenta Rey – si è cercato di dipingere un quadro completo della vicenda, esplorando le intricate circostanze che hanno determinato la scomparsa del più grande polmone finanziario del Mezzogiorno. Nel libro, si è andati oltre la semplice cronaca degli eventi, cercando di dare spazio al complesso impianto normativo-regolamentare nonché alle articolate e innovative operazioni finanziarie su cui si è basato l’intervento di salvataggio dell’Istituto napoletano. 

Dati oggettivi e non opinioni personali caratterizzano l’intero volume: il lettore svilupperà la propria riflessione sull’operazione che, di fatto, ha cancellato oltre cinque secoli di storia». L’obiettivo della ricerca è comprendere se l’intervento definito di “salvataggio” del Banco di Napoli sia stato eseguito in maniera tale da tutelare effettivamente l’Istituto Napoletano, i suoi azionisti e i suoi creditori oppure altri attori che hanno partecipato all’operazione. «Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il puntuale contributo del Professore Emerito Adriano Giannola – dice Paolo Pantani Vice Presidente Centro studi Regione Mezziogiorno EU-MED – testimone in prima persona della genesi della clamorosa scomparsa di un Banca, la più antica del mondo. La motivazione è quella di rendere giustizia alla scomparsa immotivata dal nostro tessuto economico del Banco di Napoli, e rendere possibile un riscatto e una rifondazione di questo fondamentale strumento economico». 



Da Paolo Pantani paolopantani44@gmail.com

Anna Laura Longo e l’interesse per una scrittura multi-centrica

Anna Laura Longo

Una nota che fa riferimento a una recente pubblicazione poetica . L’autrice è Anna Laura Longo, la casa editrice Campanotto. 

Ammirevole l’onda.
Non può essere istituzionalizzata.

Siamo a pag.21 di Declinazioni del timbro, una raccolta di neo-scritture poetiche, pubblicata da Campanotto editore e di cui è autrice Anna Laura Longo.

La possibilità di avvicinarsi a un vero e proprio fragore d’onda era stata già acutamente intravista dal critico Cesare Milanese, che ha firmato la post-fazione relativa al precedente volume, intitolato Questo è il mese dei radiosi incarnati del suolo (Oèdipus).

E proprio Milanese già faceva notare come, nei versi di Longo, si potesse procedere a sorvolo in una serie di “permutazioni”, sia concettuali, sia visive, rilevando un’arditezza conveniente e apposita, volta a una sollecitazione di tutti i sensi, con un’accentuazione continua proprio di un “suolo di mare” in fragore d’onda e di un “suolo di terra” in crepitìo, dovuto ai crespi sentieri, di cui l’autrice stessa ci parla e ci fa fare esperienza.

In Declinazioni del timbro, l’energia di ondeggiamento si rende ora oltremodo esplicita. Quelli che vengono proposti possono considerarsi in sostanza dei testi multicentrici: la mobilitazione interna, determinata dal particolarissimo incedere delle parole, delle immagini, delle esplorazioni ritmiche e multisensoriali, avviene con naturalezza ma, nello stesso tempo, si offre a un passo davvero trepidante.

Feedback
retroazione
localizzata in parte sul volto
e mitigata da un flusso caldo
disintegrante.

Può risultare interessante soffermarsi sull’espressione “localizzata in parte sul volto” proprio perchè quella che viene messa in atto, anche mediante una costruzione sintattica giocata quasi interamente sulla frammentazione e sulla mobilitazione interna, è volontariamente una scrittura che punta a generare un dis-locamento (anche per l’occhio). Il tutto avviene attraverso una calibrata costruzione o, si potrebbe dire, attraverso un’indagine focalizzante, in cui l’immagine o l’evento che poeticamente affiora prende le mosse da una parziale e provvisoria localizzazione. Successivamente, attraverso un balzo atletico e repentino, il procedimento costruttivo a cui si affida la scrittura, conduce verso una de-localizzazione istantanea, che condurrà a dare risalto a una nuova e altrettanto momentanea localizzazione. Questo l’assunto che viene ad essere instillato nei versi. L’autrice non a caso ci tiene a descrivere la sua poetica come un qualcosa di vicino all’arte cinetica. Una scrittura di questo genere, in qualche modo basata su un’efficacia anti-statica, non potrà che sviluppare una rinnovata demarcazione dei territori poetici.

Le onde rendono rilevabile
una nuova e limpida demarcazione.
L’improbabile resta possibile
se un meta-sistema affiora
smaniando.

Ecco, nuovamente, le onde pronte ad avvolgerci e a catturarci. Ciò che risulta interessante è che tale demarcazione, dal punto di vista della fruizione, può trovare spazio nella pagina, ma può avere una risonanza anche al di fuori di essa. Il desiderio è quello di produrre un’energica animazione nei percorsi. A pag.23 non potrà sfuggire il fatto che si parli di una “stabilizzazione incauta, che prelude ai passi della meraviglia”. E più avanti ci avvince la forza riversata in un “aitante sradicamento”.


[…] é necessario il suolo
nel tentativo di disancorare
il passo o l’azione inservibile,
alimentando il vuoto o un alone di attesa
per il concretarsi del passaggio nitido,
desiderabile.

Ecco un ulteriore squarcio poetico che sintetizza il senso dei procedimenti messi in atto.Di qui la necessità di offrire tipologie o “forme” di esperienze conoscitive molto personalizzate e soprattutto confacenti alla natura della ricerca artistica portata avanti: la conoscenza del libro – ci dice l’autrice – può avvenire anche e soprattutto attraverso esperienze collocate al di fuori del libro stesso. Anna Laura, da questo punto di vista, ci pone infatti di fronte a risultati anche sonori e artistico-visivi, facendo ruotare in modo intrepido le sensazioni, così come avviene negli otto componimenti finali, definiti per l’appunto Corollari intrepidi. Questi ultimi si basano su una prosa scattante, che viene disarticolata con raffinatezza e con una messa a fuoco che si fa notare in virtù delle abilissime deviazioni o per i ribaltamenti sensoriali prospettati, rispondenti a un criterio costruttivo complessivamente coerente e, a ben vedere, unificante. Sempre Cesare Milanese scriveva: “un’attitudine, questa, che le consente di saper mantenere il continuum del testo sempre in tenuta di sé stesso…”

Il movimento, che coincide proprio con l’ondeggiamento di carattere ciclico e vistosamente legato al fatto naturale – va detto – è pregno di coraggio e racchiude anche una richiesta implicita di trascendenza, non soltanto una giusta pretesa di libertà interiore.

Il coraggio è stato trovato steso
e aderente a un’isola,
come un blocco acerbo,
ma diluito tra sottili colpi
e formidabili ondate.

Diverse ricerche musicali circondano questo libro e danno un risalto anche all’attività  musicale di Longo, pianista sperimentale e artista-visiva oltreché autrice. In conclusione, l’onda non può affatto essere istituzionalizzata e, di pari passo, la vita non può arrivare ad essere “istituzionalizzata”: grazie a questo libro siamo posti di fronte alla necessità di scorgere questo rischio e siamo invitati quindi a disabilitare le nostre distrazioni, per recuperare una buona vigilanza in merito al mantenimento di una visione o di un’esperienza, almeno in parte, libera dai condizionamenti. In quanto disegnatrice di percorsi agili e sostanzialmente mutevoli, l’onda-Longo celebra dunque niente altro che la preziosità dell’arte, il cui segreto non può e non deve essere racchiuso in codici, in strutture, in formule o schemi. La delicata fuoriuscita dai margini, ricostruita proprio nelle pagine, ci restituisce, in qualche modo, un’interpretazione riguardante il senso di esistere o di poter essere al mondo.


Da Elisabetta D’onofrio 
Estro Lab estro.lab@hotmail.com 

Editoria: Cucina senza frontiere: viaggio gastronomico in versione senza glutine e senza lattosio

Il libro Cucina senza frontiere: viaggio gastronomico in versione senza glutine e senza lattosio vi invita a esplorare sapori deliziosi del mondo.
Offre infatti, una vasta gamma di ricette pensate per accontentare il palato di chi ha esigenze alimentari specifiche.
Con questa raccolta di ricette, scoprirete come la cucina senza glutine e senza lattosio possa essere appagante, varia e incredibilmente gustosa.
Ogni pagina del libro è intrisa di tradizioni culinarie provenienti da diverse parti del mondo, reinterpretate per celiaci e intolleranti al lattosio, senza compromessi sul sapore.

Immergiti in un viaggio culinario senza confini con ‘Cucine senza frontiere: Viaggio Gastronomico senza Glutine e senza Lattosio‘.
In questo libro, scoprirai un mondo di sapori provenienti dai quattro angoli della terra, reinterpretati in chiave gluten free.
La celiachia non sarà mai più un limite, ma un’opportunità per esplorare nuovi piatti, gusti e tradizioni.
Dalla dolcezza irresistibile dei brownies agli avvolgenti involtini primavera, dalla tradizionale moussaka greca ai deliziosi onigiri giapponesi, ogni ricetta è pensata per deliziare il palato senza rinunciare alla sicurezza di ingredienti adatti a chi segue una dieta senza glutine e lattosio.
Un invito a sperimentare, gustare e godere di un mondo di possibilità culinarie, senza compromessi.

Sara Bontempi

Sara Bontempi, nata in provincia di Varese nel 1979, attualmente vive in Liguria, nel Golfo dei Poeti.  
Sposata con Ruggero, con cui gestisce il travel blog Iris e Periplo Travel, dove condividono la loro passione per i viaggi.  
Lavora come promoter editoriale, offrendo servizi e promozione ad autori e artisti.
I suoi racconti sono stati inclusi in varie antologie, tra cui “Giappone Desire – Letture per innamorarsi del Sol Levante” e “Racconti Vol.3 Alcova Letteraria Quarta Edizione”.
Ha pubblicato il libro “Golfo dei Poeti, a spasso per Lerici, San Terenzo, Tellaro”(2023) in self publishing.
Il bacio sulla fronte” (2023) è il suo primo romanzo, scritto con il cuore e i bei ricordi dei tempi andati.  
Presente al Salone del Libro di Torino 2024 per il firmacopie del romanzo, presso lo stand della casa editrice.

Il libro “Cucina senza frontiere: viaggio gastronomico in versione senza glutine e senza lattosio”, scritto da Sara Bontempi, è un Independently published di Amazon.


Sara Bontempi
Redattrice editoriale 

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ControcorrEndo: Storia di una rinascita, il libro sull’endometriosi di Vania Mento

Il libro “ControcorrEndo: Storia di una rinascita” è scritto con straordinaria dedizione da Vania Mento, Presidentessa e fondatrice dell’associazione “La voce di una è la voce di tutte”.

L’endometriosi è una malattia cronica che colpisce milioni di donne in tutto il mondo, spesso causando dolore fisico e impatti significativi sulla qualità della vita.

ControcorrEndo non è solo un libro, ma un faro di speranza per tutte le donne che combattono contro questa malattia.

Il libro offre una prospettiva intima sulla vita di Vania Mento, affrontando con coraggio e onestà le sfide quotidiane legate all’endometriosi.
Attraverso la sua storia di resilienza e rinascita, Vania condivide non solo le difficoltà incontrate lungo il percorso, ma anche le strategie che ha adottato per superarle.

Il 24 novembre del 2012, il giorno del mio quarantesimo compleanno, ho ricevuto la diagnosi di endometriosi e la mia vita è cambiata per sempre.
Per anni sono entrata ed uscita dalla sala operatoria, ho visto le vite degli altri andare avanti mentre la mia si è fermata e tutto è stato spazzato via: sogni, progetti, speranze.
Il 22 maggio 2017, stremata da sette interventi e da un licenziamento in tronco, ho tentato il suicidio: mi ha salvata una lavanda gastrica e, successivamente, un percorso psichiatrico che mi ha fatto comprendere quanta potenzialità ci fosse dentro di me e come avrei potuto trasformare il mio dolore in qualcosa di utile da trasmettere al prossimo.
Da allora ho deciso di dedicare la mia vita alla sensibilizzazione sull’endometriosi per far sì che nessuna persona debba subire quello che ho subito io.

Innanzitutto non è una biografia: non ho una storia abbastanza interessante da raccontare.
Queste pagine vogliono essere un monito, un aiuto, un messaggio per tutte le migliaia di persone che non ricevono una diagnosi o che la ricevono tardivamente, dopo anni di visite inutili e costose, di esami invasivi, dopo anni di “Non hai nulla di grave”, “È tutto nella tua testa”, “Le mestruazioni le hanno tutte e non si lamentano”, “Prendi una pastiglia e vai a lavorare”, “Sei solo una fannullona”, “Non hai voglia di lavorare”, “ È solo un mal di pancia”, “Hai la soglia del dolore bassa”.

Il dolore non è normale.
Noi non siamo nate per soffrire.
Dobbiamo vivere il nostro tempo su questa terra nel migliore dei modi o, perlomeno, dobbiamo provarci.
Se un medico vi dice che il dolore durante le mestruazioni è normale, cambiate medico.

Vania Mento

Vania Mento è nata a Vercelli nel 1972, da quando ha avuto la diagnosi di enometriosi, nel 2012, ha deciso di dedicare la sua vita alla sensibilizzazione su questa malattia che le ha cambiato l’esistenza.
Il libro “ControcorrEndo: Storia di una rinascita” è disponibile su Amazon, sia in versione cartacea con copertina rigida che in ebook.

L’intero ricavato delle vendite sarà devoluto all’associazione “La voce di una è la voce di tutte”.


Sara Bontempi
Redattrice editoriale 

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Editoria: Dreams Hotel, il nuovo romanzo di Raffaella Dellea

“Dreams Hotel” di Raffaella Dellea è un incantevole romanzo di genere romance che riesce a catturare il cuore dei lettori attraverso una storia semplice, ma ricca di emozioni e significati profondi.
Ma Dreams Hotel si eleva al di là dei canoni del semplice romance, regalando ai lettori un mix di emozioni che vanno dalla felicità alla rivalsa, passando per l’empatia nei confronti delle protagoniste.

Finalmente, dopo anni di assenza, sono tornata al Dreams Hotel.
Una misteriosa telefonata di mia sorella Hope mi ha spinto a fare questo viaggio, lasciando Parigi alle spalle.
Appena ho varcato la soglia dell’hotel, ho sentito un brivido di emozione percorrere la mia spina dorsale. La bellezza di questo luogo è rimasta intatta nel corso degli anni, come se il tempo si fosse fermato per preservare la sua magia.
Non posso fare a meno di pensare a quanto sia fortunata ad avere questo luogo magico come rifugio, un’oasi di felicità.
Per non parlare dell’accoglienza calorosa della mitica Zia Margaret. Il suo sorriso luminoso e gli occhi scintillanti di gioia mi hanno fatto sentire subito a casa. Come un angelo custode, lei sa esattamente di cosa ho bisogno in questo momento. Il suo affetto e la sua presenza amorevole mi riempiono di calore e mi fanno sentire amata e accolta.

Nata a Luino, sulle sponde del lago maggiore, è cresciuta in un piccolo comune dei dintorni.
Ad oggi vive nei pressi di Varese con il marito e i due figli.
Si dedica al volontariato e ama leggere e scrivere da quando ne ha memoria.
Curiosa, eclettica e multipotenziale concilia la sua anima razionale con una più sensibile e creativa.
Ama definirsi “Una donna normale con sogni speciali” e per questo oltre ad un lavoro full time, la famiglia e un’attività da freelence dedicata a formazione e crescita personale, scrive. Lo fa per passione, per il desiderio di vivere e regalare emozioni.
Nel 2018 ha pubblicato il suo primo romanzo: “Con l’Africa nel Cuore”, seguito da “Conquiste” nel 2021, oltre ad una serie di testi brevi.
Nel 2024 ha deciso di condividere con i suoi amati lettori Dreams Hotel.

Il romanzo Dreams Hotel dell’autrice Raffaella Dellea è disponibile su Amazon Kindle Publishing, ad un prezzo promozionale per il mese di febbraio!

Il confronto e la condivisione sono per l’autrice una grande gioia e risponde personalmente a chi la contatta tramite email (contatti@raffaelladellea.com) o sul suo profilo instagram @raffaelladellea_writer.

Siete invitati anche ad iscrivervi al gruppo WhatsApp “Dreams Hotel”, per essere sempre aggiornati.


Sara Bontempi
Redattrice editoriale 

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Vision & Global Trends: Il Kazakistan secondo Fabrizio Vielmini

Giovedì 25 febbraio presso il Caffè letterario Horafelix – Via Reggio Emilia, 898 – Roma, verrà presenato il volume “Kazakistan: fine di un’epoca. Trent’anni di neoliberismo e geopolitica nel cuore della Terra” (Mimesis, 2023), di Fabrizio Vielmini.

All’incontro partecipano:

Fabrizio Vielmini – autore del libro – professore associato di Relazioni internazionali alla Webster University di Tashkent (Uzbekistan), ricercatore associato di Vision & Global Trends. International Institute for Global Analyses e membro del Comitato editoriale di Geopolitica. Ha recentemente curato – con Tiberio Graziani – L’Asia centrale: nella ridefinizione degli equilibri mondiali, Geopolitica Vol XII, n. 1/2023. Esperto in politica estera, storia e affari della Russia, del Caucaso e dell’Asia centrale. Fra il 2002 ed il 2021 ha risieduto nell’ex-URSS, dove ha lavorato per l’OSCE (Organisation for Security and Cooperation in Europe) e l’Unione Europea. Da oltre un quarto di secolo, si dedica allo studio delle dinamiche politico-economiche del Kazakistan, Paese in cui ha vissuto a lungo.

Giuseppe Sacco – Professore ordinario di Relazioni e sistemi economici internazionali presso la LUISS (ret.). Autore di numeri articoli e saggi dedicati alle relazioni internazionali, alla sociologia ed economia dello sviluppo e e delle migrazioni internazionali.

Marco Centaro – Laurea Triennale in Scienze per l’Investigazione e la Sicurezza con tesi su Travel Security, conseguita presso Università degli Studi di Perugia. Attualmente studente magistrale in Investigazione, Criminalità e Sicurezza Internazionale, presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma., collabora con Vision & Global Trends International Institute for Global Analyses, nell’ambito del progetto Società Italiana di Geopolitica.

Tiberio Graziani – Chairman di Vision & Global Trends. Direttore di Geopolitica. Dal 1998 al 2008 ha tenuto corsi scientifico-tecnologici all’Università de L’Aquila e all’Università degli Studi di Perugia, e lezioni presso l’Università di Teramo, l’Università l’Orientale di Napoli, l’Università Kore di Enna, l’Università di Genova e, per conto dell’Istituto del Commercio Estero (ICE), in varie nazioni tra cui Argentina, Cina, India, Libia e Uzbekistan. Partecipa abitualmente a diversi convegni internazionali, tra cui l’Astana International Forum e l’Astana Club .


Vision & Global Trends: Il Kazakistan secondo Fabrizio Vielmini

Editoria: Il Golfo dei Poeti – A spasso per Lerici, San Terenzo, Tellaro

“Il Golfo dei Poeti – A spasso per Lerici, San Terenzo, Tellaro” è un invito a immergersi nella magia di un angolo unico della Liguria.
Lerici, San Terenzo e Tellaro sono tesori nascosti lungo la costa del Golfo dei Poeti.
Le pagine di questo libro vi condurranno per mano attraverso vicoli acciottolati, porticati antichi e lungomari incantevoli.
Esplorando gli scorci panoramici che hanno ispirato le opere di poeti del calibro di Percy Bysshe Shelley e Lord Byron, avventurandosi in un viaggio che abbraccia la ricchezza culturale di queste terre bagnate dal mare Ligure.

Benvenuti nel cuore incantevole del Golfo dei Poeti, dove il mare azzurro si sposa con i pittoreschi borghi di Lerici, San Terenzo e Tellaro.
Questa guida è scritta con amore da chi chiama questo angolo di paradiso la propria casa, offrendo ai visitatori uno sguardo privilegiato e autentico.
Attraverso le pagine di questo libro, viaggerete per gli stretti carugi di Lerici, ammirando il castello che domina il paesaggio e le sue spiagge tranquille che invitano al relax.
San Terenzo, con la sua elegante passeggiata sul lungomare e la spiaggia dorata, vi accoglierà con il suo fascino senza tempo.
L’avventura continua a Tellaro, un borgo incastonato tra le rocce, dove il tempo sembra essersi fermato.
Scoprirete gli angoli segreti di queste località, i vicoli suggestivi e i percorsi panoramici per fare trekking sul Golfo.

Le foto scattate da Ruggero Morisco aggiungono un tocco di poesia visiva a ogni pagina, catturando la bellezza intrinseca di questo luogo magico.
Le sue immagini trasmettono l’anima e lo spirito del Golfo dei Poeti, trasportando i lettori in un viaggio visivo indimenticabile.
Se siete alla ricerca di una guida autentica e appassionata per esplorare il Golfo dei Poeti, questo libro vi condurrà in un viaggio coinvolgente, offrendovi una prospettiva locale che renderà la vostra visita un’esperienza indimenticabile.

Sara Bontempi, nata in provincia di Varese nel 1979, attualmente vive in Liguria, nel Golfo dei Poeti.  
Sposata con Ruggero, il fotografo del libro, con cui gestisce il travel blog Iris e Periplo Travel, dove condividono la loro passione per i viaggi.  
Lavora come promoter editoriale, offrendo servizi e promozione ad autori e artisti.
Il suo racconto “Sugamo, la Tokyo dei pensionati” è stato scelto per la raccolta “Giappone Desire – Letture per innamorarsi del Sol Levante” (2023) pubblicato da Idrovolante Edizioni. 
Un altro suo racconto è stato scelto e pubblicato nell’antologia Racconti Vol.3 Alcova Letteraria Quarta Edizione (2023).
Il bacio sulla fronte” (2023) è il suo primo romanzo, scritto con il cuore e i bei ricordi dei tempi andati.  
Presente al Salone del Libro di Torino 2024 per il firmacopie del romanzo, presso lo stand della casa editrice.
Ha pubblicato il libro di ricette “Cucina senza frontiere: Viaggio gastronomico in versione senza glutine e senza lattosio” (2024) in self publishing.

“Il libro Golfo dei Poeti, a spasso per Lerici, San Terenzo, Tellaro”, scritto da Sara Bontempi con le foto di Ruggero Morisco, è un Independently published di Amazon.


Sara Bontempi
Redattrice editoriale 

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Natale e Fine anno 2023 con Guy de Maupassant: oggi “Notte di Capodanno”

Acquaforte di Henri De Toulouse-Lautrec

Suggeriamo d’iniziare questo nuovo anno 2024 con un racconto pieno di umorismo di Maupassant. La versione originale si intitola “La notte di Natale”, ma la situazione descritta si può ripetere anche la notte di fine anno, poiché non è legata ad alcun evento religioso. Anzi, tutt’altro… Il racconto è uscito per la prima volta nel 1882 nella raccolta “Mademoiselle Fifi” con il titolo di “Nuit de Noël” che naturalmente noi abbiamo trasformato in Notte di Capodanno.

Guy de Maupassant (1850–1893) è stato tra gli autori francesi più conosciuti e apprezzati dell’Ottocento. È reputato dall’attuale critica letteraria come l’ideatore del racconto moderno e maestro del romanzo letterario. Aderì alla scuola realista, incentrata sulle vicissitudini umane, i destini e le spinte sociali, con uno sguardo disilluso e spesso pessimistico.

Maupassant fu l’allievo favorito di Flaubert, e le sue storie sono caratterizzate da uno stile scarno e scorrevole. Molti dei soggetti dei suoi racconti fanno riferimento alla guerra franco-prussiana del 1870, dove descrive l’inutilità dei conflitti che colpiscono civili innocenti, coinvolti in eventi estranei al loro controllo, così da trovarsi a mutare improvvisamente la propria esistenza. Maupassant ha scritto circa 300 racconti, sei romanzi, tre racconti di viaggio e un volume di versi. La sua pubblicazione, Boule de Suif (Palla di sego, 1880), è considerata il suo capolavoro. La storia narra di dieci persone in fuga da Rouen, invasa dai prussiani, su una carrozza diretta a Dieppe. Una storia senza tempo, dove emerge la figura morale di Elisabeth Rousset, una prostituta soprannominata “Boule de Suif” a causa del suo sovrappeso, disprezzata inizialmente dai suoi compagni di viaggio.

«Vigilia di Capodanno! Vigilia di Capodanno! Ah! ma no, non mi sveglierò!».
Il grasso Henri Templier lo disse con voce furiosa, come se gli fosse stata proposta un’infamia.
Gli altri, ridendo, gridavano: «Perché sei arrabbiato?»
Lui rispose: «Perché la notte di Capodanno mi ha giocato lo scherzo più sporco del mondo, e ho conservato un disprezzo imbattibile per questa stupida notte d’imbecille allegria.
– Che cosa?
– Che cosa? Volete saperlo? Bene, ascoltate:
Ricordate quanto faceva freddo due anni fa in questo periodo? Un freddo da uccidere i poveri nelle strade. La Senna gelava, i marciapiedi ghiacciavano i piedi attraverso le suole degli stivaletti; il mondo sembrava sull’orlo del collasso.
Avevo molto lavoro in quel periodo e rifiutai ogni invito per Capodanno, preferendo passare la notte davanti a un tavolino. Ho cenato da solo; poi mi sono messo al lavoro. Ma ecco che, verso le dieci, il pensiero dell’allegria che correva per Parigi, il vocio delle strade che mi arrivava malgrado tutto, i preparativi per la cena dei miei vicini, ascoltati dall’altra parte dei tramezzi, mi agitavano. Non sapevo più cosa stessi facendo; stavo scrivendo sciocchezze, e ho capito che dovevo rinunciare alla speranza di produrre qualcosa di buono, quella notte.
Ho camminato un po’ per la mia stanza. Mi sono seduto, mi sono alzato. Stavo subendo, certamente, l’influenza misteriosa della gioia dall’esterno e mi sono rassegnato.
Ho chiamato la mia cameriera e le ho detto: «Angèle, vai a comprarmi qualcosa per una cena a due: ostriche, pernice fredda, gamberi, prosciutto, dolci. Portami due bottiglie di champagne: apparecchia la tavola e vai a letto».
Lei obbedì, un po’ sorpresa. Quando tutto fu pronto, mi misi il cappotto e uscii.
Rimaneva una grande domanda da risolvere: con chi avrei festeggiato il Capodanno? I miei amici erano invitati ovunque. Per averne uno avrei dovuto procurarmelo in anticipo. Quindi ho pensato di fare allo stesso tempo una buona azione. Mi sono detto: Parigi è piena di ragazze povere e belle, che non hanno da mangiare e che vanno in giro alla ricerca di un ragazzo generoso. Voglio essere la Provvidenza delle Feste di una di queste poverette.
Andrò in giro, entrerò nei luoghi di piacere, chiederò, caccerò, sceglierò quella che mi piace.
E mi sono messo a girovagare per la città.
Certo, ho conosciuto tante povere ragazze in cerca di avventura, ma erano tutte brutte da farne scorpacciata, o così magre da congelare in piedi se si fossero fermate.
Ho un debole, lo sapete, mi piacciono le signorine grassottelle. Più sono in carne e più le preferisco. Una donnona mi fa perdere la testa.
All’improvviso, davanti al Théâtre des Variétés, ho visto un profilo che mi piaceva. Una testa, poi, sul davanti, due protuberanze, quelle del petto. Bellissima. Il di sotto sorprendente: la pancia di un’oca grassa. Sono rabbrividito, mormorando: “Dio santo, che bella ragazza!” Mi restava un punto da chiarire: il volto.
Il viso è il dessert; il resto è … è l’arrosto.
Affrettai il passo, raggiunsi questa donna errante e, sotto un lampione a gas, mi voltai all’improvviso. Era affascinante, molto giovane, bruna, con grandi occhi neri.
Ho fatto la mia proposta che lei ha accettato senza esitazione.
Un quarto d’ora dopo eravamo seduti nel mio appartamento.
Entrando disse: «Ah! Stiamo messi bene qui».
E si guardava attorno con la visibile soddisfazione di aver trovato la tavola e il posto giusto in quella notte gelida. Era superba, così carina da stupirmi, e abbastanza grassottella da deliziare il mio cuore per sempre.
Si tolse cappotto e cappello, si sedette e cominciò a mangiare; ma non sembrava di buon umore, e talvolta il suo viso un po’ pallido si contraeva come se soffrisse di un dolore velato.
Le chiesi: «Sei nei guai?».
Lei rispose: «Bah! dimentichiamo tutto».
E ha iniziato a bere. Vuotò il bicchiere di champagne d’un fiato, lo riempì e lo vuotò di nuovo, incessantemente.
Presto un po’ di rossore le salì alle guance e cominciò a ridere.
Già l’adoravo, baciandola a bocca piena, scoprendo che non era né stupida, né comune, né maleducata come le ragazze sul marciapiede. Le domandai dettagli sulla sua vita. Lei rispose: «Piccolo mio, questo non ti riguarda!».
Ahimè! un’ora dopo…
Finalmente arrivò il momento di andare a letto, e mentre io toglievo la tavola apparecchiata davanti al fuoco, lei si spogliò frettolosamente e si infilò sotto le coperte.
I miei vicini facevano un baccano terribile, ridevano e cantavano come matti, e mi sono detto: «Ho fatto bene ad andare a cercare questa bella ragazza; Non avrei mai potuto lavorare».
Un gemito profondo mi fece voltare. Domandai: «Che ti succede, gattina mia?». Non rispose, ma continuò a emettere sospiri dolorosi, come se avesse sofferto terribilmente.
Continuai: «Non ti senti bene?». E all’improvviso gettò un grido, un grido straziante. Mi precipitai, una candela in mano.
Aveva il viso scomposto dal dolore, e si torceva le mani, ansimava, mandando dal fondo della gola quella specie di gemiti sordi che sembrano dei rantolii e che fanno mancare il cuore.
Ho chiesto sconvolto: «Ma che ti succede? dimmi, che ti succede?».
Lei non rispose e si mise a urlare.
All’improvviso i vicini tacquero, ascoltando cosa stava accadendo a casa mia.
Ripetevo: «Dove soffri, dimmi, dove soffri?».
Balbettò: «Oh! La mia pancia! la mia pancia!». All’improvviso ho sollevato la coperta e ho visto…
Stava partorendo, amici miei.
Allora ho perso la testa; Mi sono precipitato sul muro per colpirlo con dei pugni, con tutte le mie forze, gridando: «Aiuto, aiuto!».
La mia porta si aprì; una folla si precipitò a casa mia: uomini in giacca e cravatta, donne scollate, Pierrot, Turchi, Moschettieri. Questa invasione mi spaventò così tanto da non riuscire più nemmeno a spiegarmi.
Loro credevano in un qualche incidente, forse un crimine, e non capivano più.
Alla fine, dissi: «È… è… questa… questa donna che… che sta partorendo».
Allora tutti presero ad esaminarla, fornendo la propria opinione. Un cappuccino in particolare affermava di saperlo fare e di voler aiutare la natura.
Erano grigi come gli asini. Pensavo che l’avrebbero uccisa; e mi precipitai a capo scoperto, giù per le scale, per cercare un vecchio dottore che abitava in una strada vicina.
Quando tornai col dottore, tutto lo stabile era in piedi; era stato riacceso il gas delle scale; gli abitanti di tutti i piani occupavano il mio appartamento; quattro scaricatori seduti stavano finendo il mio champagne e i miei gamberi.
Alla mia vista scoppiò un grido tremendo, e una lattaia mi presentò in un lenzuolino un terribile pezzetto di carne rugosa, increspata, piagnucolosa, miagolante come un gatto; e lei mi disse: «È una bimba».
Il medico visitò la piccola appena data alla luce, dichiarò problematiche le sue condizioni, poiché il parto era avvenuto subito dopo cena, e se ne andò dicendo che a breve mi avrebbe mandato un’infermiera e una bambinaia.
Le due donne arrivarono un’ora dopo, portando un pacchetto di medicine.
Ho passato la notte su di una poltrona, troppo sconvolto per pensare al seguito.
Al mattino il dottore ritornò. Trovò la paziente molto sofferente.
Mi disse: «Sua moglie, signore…».
Lo interruppi: «Non è mia moglie».
Continuò: «La sua amante, mi interessa poco». Ed elencò le cure di cui aveva bisogno, la dieta, i rimedi.
Cosa fare? Mandare questa disgraziata in un ospedale? Sarei passato per uno zotico in tutto il palazzo, in tutto il quartiere.
L’ho tenuta. È rimasta nel mio letto per sei settimane.
La bambina? L’ho mandata presso dei contadini di Poissy. Mi costa ancora cinquanta franchi al mese. Avendo pagato all’inizio, sono costretto a pagare fino alla morte.
E, più tardi, crederà che io sia suo padre.
Ma, come se non bastasse, quando la ragazza fu guarita… lei mi amava… mi amava perdutamente, la mendicante!
– Ebbene?
– Beh, era diventata magra come un gatto randagio; e l’ho buttata fuori casa, questo scheletro, che ora mi aspetta per strada, si nasconde per vedermi passare, mi ferma la sera quando esco, per baciarmi la mano, infine mi dà fastidio fino a farmi impazzire.
Ed è per questo che non mi sveglierò mai più.

26 dicembre 1882


Natale e Fine anno 2023 con Guy de Maupassant: oggi “Racconto di Natale”

Questo “Conte de Noël” (Racconto di Natale) è stato pubblicato per la prima volta sul quotidiano Le Gaulois lunedì 25 dicembre 1882. In seguito, il testo venne inserito nella raccolta Clair de lune (pp. 55-64). Di nuovo è stato ristampato nelle riviste La Lecture del 25 dicembre 1888 e Le Voleur del 25 dicembre 1890.

Guy de Maupassant (1850–1893) è stato tra gli autori francesi più conosciuti e apprezzati dell’Ottocento. È reputato dall’attuale critica letteraria come l’ideatore del racconto moderno e maestro del romanzo letterario. Aderì alla scuola realista, incentrata sulle vicissitudini umane, i destini e le spinte sociali, con uno sguardo disilluso e spesso pessimistico.

Maupassant fu l’allievo favorito di Flaubert, e le sue storie sono caratterizzate da uno stile scarno e scorrevole. Molti dei soggetti dei suoi racconti fanno riferimento alla guerra franco-prussiana del 1870, dove descrive l’inutilità dei conflitti che colpiscono civili innocenti, coinvolti in eventi estranei al loro controllo, così da trovarsi a mutare improvvisamente la propria esistenza. Maupassant ha scritto circa 300 racconti, sei romanzi, tre racconti di viaggio e un volume di versi. La sua pubblicazione, Boule de Suif (Palla di sego, 1880), è considerata il suo capolavoro. La storia narra di dieci persone in fuga da Rouen, invasa dai prussiani, su una carrozza diretta a Dieppe. Una storia senza tempo, dove emerge la figura morale di Elisabeth Rousset, una prostituta soprannominata “Boule de Suif” a causa del suo sovrappeso, disprezzata inizialmente dai suoi compagni di viaggio.

Il dottor Bonenfant frugò nella sua memoria, ripetendo a bassa voce: «Un ricordo di Natale?… Un ricordo di Natale…»?
E all’improvviso esclamò:
– Ma sì, ne ho uno, e per giunta molto strano; è una storia fantastica. Ho visto un miracolo! Sì, signore, un miracolo la notte di Natale.
Sorprenderà sentirmi parlare così, io che non credo quasi a nulla. Eppure, ho visto un miracolo! L’ho visto, dico, visto, visto con i miei occhi, quello che s’intende esattamente per visto.
Ne sono rimasto molto sorpreso? No; perché se non credo nelle tue convinzioni, credo nella fede, e so che smuove le montagne. Potrei citare molti esempi, ma irriterei e mi esporrei anche a sminuire l’effetto della mia storia.
Prima di tutto confesso che, se non sono stato molto convinto e convertito da ciò che ho visto, sono stato a dir poco molto commosso, e cercherò di raccontare la cosa con ingenuità, come se fossi un credulone dell’Alvernia.
Allora ero un medico di campagna e vivevo nel borgo di Rolleville, nel cuore della Normandia.
L’inverno di quell’anno fu terribile. Già alla fine di novembre, la neve arrivò dopo una settimana di gelate. Si vedevano da lontano le grandi nubi provenienti da nord, e cominciò la bianca discesa dei fiocchi di neve.
In una notte tutta la pianura fu sepolta.
Le fattorie, isolate nei loro cortili quadrati, dietro le cortine di grandi alberi coperti di brina, sembravano addormentarsi sotto l’accumulo di quel muschio spesso e leggero.
Nessun rumore attraversava più la campagna immobile. Solo i corvi, in stormi, descrivevano lunghi festoni nel cielo, cercando invano la propria vita, cadendo tutti insieme sui campi lividi e pizzicando la neve con i grandi becchi.
Non si sentiva altro che il vago e continuo scorrere di quel polviscolo che cadeva continuamente.
Durò otto giorni interi, poi la valanga si fermò. La terra aveva sul dorso uno strato spesso cinque piedi.
E, per tre settimane, un cielo terso come un cristallo azzurro di giorno, e di notte tutto seminato di stelle che si sarebbero potute credere gelate, tanto rigoroso era il vasto spazio, disteso sulla falda unita, dura e lucente di neve.
La pianura, le siepi, gli olmi delle recinzioni, tutto sembrava morto, ucciso dal freddo. Non uscivano più né uomini né animali: solo i camini delle case col tetto di paglia, in camicia bianca, rivelavano la vita nascosta, attraverso sottili fili di fumo che salivano dritti nell’aria gelida.
Di tanto in tanto si sentivano gli alberi scricchiolare, come se i loro rami di legno fossero stati spezzati sotto la corteccia; e talvolta un grosso ramo si staccava e cadeva, mentre il gelo invincibile pietrificava la linfa e rompeva le fibre.
Le abitazioni disseminate qua e là per i campi sembravano distanti l’una dall’altra cento leghe. Vivevamo come meglio potevamo. Da solo, ho tentato di andare a trovare i miei clienti più vicini, esponendomi costantemente a rimanere sepolto in qualche cavità.
Ben presto mi sono reso conto che un misterioso terrore aleggiava sul paese. Si pensava che un simile flagello non fosse naturale. Si sosteneva che di notte si udissero voci, fischi acuti, urla momentanee.
Queste grida e questi fischi provenivano senza dubbio dagli uccelli migratori che viaggiano al tramonto e che fuggivano in massa verso il sud. Ma andate, dunque, a far sì che persone sconvolte ascoltino la ragione. Lo spavento invadeva gli animi e la gente si aspettava un evento straordinario.
La fucina di papà Vatinel si trovava al confine della frazione di Épivent, sulla strada principale, ormai invisibile e deserta. Ora, poiché alla gente mancava il pane, il fabbro decise di andare al villaggio. Rimase qualche ora a chiacchierare nelle sei case che formano il centro del paese, prese il suo pane e qualche notizia, e un po’ di questo timore che si era sparso per la campagna.
E ripartì prima del tramonto.
All’improvviso, mentre camminava lungo una siepe, gli parve di vedere un uovo sulla neve; sì, un uovo depositato lì, tutto bianco come il resto del mondo. Si chinò, era davvero un uovo. Da dove veniva? Quale gallina era potuta uscire dal pollaio per venire a deporre le uova in questo posto? Il fabbro rimase sorpreso, senza capire, ma raccolse l’uovo e lo portò a sua moglie.
— Ehi, padrona di casa, ecco un uovo che ho trovato per strada!
La donna annuì:
— Un uovo sulla strada? Con questo tempo? Sei ubriaco, ovviamente.
— Ma no, signora mia, anche se era ai piedi di una siepe, e ancora caldo, non congelato. Per questo me lo sono messo sulla pancia per non farlo raffreddare. Lo mangerai per cena.
L’uovo fu fatto scivolare nella pentola dove sobbolliva la zuppa, e il fabbro cominciò a raccontare ciò che si diceva nel contado.
La donna ascoltava, tutta pallida.
—L’altra notte ho sicuramente sentito dei fischi, anche se sembravano provenire dal camino.
Si sedettero a tavola, mangiarono prima la zuppa, poi, mentre il marito spalmava il burro sul pane, la moglie prese l’uovo e lo esaminò con occhio diffidente.
– Se ci fosse qualcosa in quest’uovo?
—Cosa vuoi che ci sia?
– Lo sai ti, o me?
— Dai, mangialo, e non fare la stupida.
Lei aprì l’uovo. Era come tutte le uova, e molto fresco.
Cominciò a mangiarlo esitante, ad assaggiarlo, a lasciarlo, a riprenderlo. Il marito disse:
— Ebbene! Che sapore ha questo uovo?
Lei non rispose e finì di inghiottirlo; poi, all’improvviso, piantò sul suo uomo due occhi fissi, smunti, in preda al panico; alzò le braccia, le attorcigliò e, convulsa dalla testa ai piedi, rotolò a terra lanciando grida orribili.
Per tutta la notte si dibatté tra spasmi terribili, scossa da tremori spaventosi, contorta da convulsioni orribili. Il fabbro, incapace di trattenerla, fu costretto a legarla.
E lei urlava esagitata, con voce instancabile:
— Ce l’ho nel corpo! Ce l’ho nel corpo!
Sono stato chiamato il giorno dopo. Ho prescritto tutti i sedativi conosciuti senza ottenere il minimo risultato. Era una pazza.
Poi, con una velocità incredibile, nonostante l’ostacolo della forte nevicata, la notizia, questa strana notizia, si diffuse di fattoria in fattoria: «La moglie del fabbro è posseduta»! E la gente veniva da ogni parte, senza osare entrare in casa; ascoltavano da lontano le sue terribili grida, emesse con una voce così forte che non si potevano credere di una creatura umana.
Il parroco del villaggio fu informato. Era un vecchio prete ingenuo. Egli accorse in cotta come per ungere un moribondo e, tendendo le mani, pronunciò le formule di esorcismo, mentre quattro uomini tenevano su un letto la donna schiumante e contorta.
Ma lo spirito non fu scacciato.
E Natale arrivò senza che il tempo fosse cambiato.
La mattina prima il prete venne a trovarmi:
— Voglio che questa sfortunata, disse lui, partecipi alla funzione di stasera. Forse Dio compirà un miracolo in suo favore, proprio nell’ora in cui è stato partorito da donna.
Risposi al prete:
— Concordo nel modo più assoluto, signor abate. Se la sua mente fosse colpita dalla cerimonia (e nulla avrebbe maggiori probabilità di commuoverla), potrebbe essere salvata senza altro rimedio.
Il vecchio prete mormorò:
— Lei non è credente, dottore, ma mi aiuterà, vero? Lei si occuperà di portarla?
E io gli promisi il mio aiuto.
Venne la sera, poi la notte; e la campana della chiesa cominciò a suonare, gettando la sua voce lamentosa attraverso lo spazio tetro, sopra la distesa bianca e ghiacciata di neve.
Degli esseri neri venivano lentamente, a gruppi, ubbidienti al suono metallico del campanile. La luna piena illuminava l’intero orizzonte con un chiarore luminoso e pallido, rendendo più visibile la cerea desolazione dei campi.
Mi procurai quattro uomini forti e mi diressi alla fucina.
L’indemoniata urlava ancora, legata al pannolino. La vestirono adeguatamente malgrado la sua disperata resistenza e la portarono via.
La chiesa adesso era piena di gente, illuminata e fredda; i cantori emettevano le loro note monotone; il serpente russava; la campanella del chierichetto, regolando i movimenti dei fedeli.
Chiusi la donna e i suoi guardiani nella cucina del presbiterio, e aspettai il momento che credevo fosse favorevole.
Scelsi l’istante che segue la Comunione. Tutti i contadini, uomini e donne, avevano ricevuto il loro Dio per mitigare il suo rigore. Calò un grande silenzio mentre il sacerdote completava il mistero divino.
Al mio ordine la porta fu aperta e i miei quattro assistenti fecero entrare la pazza.
Non appena vide le luci, la folla inginocchiata, il coro in fiamme e il tabernacolo dorato, lottò con tale vigore che quasi ci sfuggiva, ed emise grida così acute che un brivido di terrore percorse la chiesa; tutte le teste si alzarono; alcuni se la filarono.
Non aveva più la forma di una donna, tesa e contorta tra le nostre mani, il viso stravolto, gli occhi furiosi.
La trascinarono fino ai gradini del coro e poi la tennero a forza accovacciata a terra.
Il prete si era alzato; stava aspettando. Appena la vide bloccata, prese fra le mani l’ostensorio circondato da raggi d’oro, con l’ostia bianca al centro, e, fatto qualche passo, lo sollevò sopra la testa con le due braccia tese, presentandolo allo sguardo spaventato dell’indemoniata.
Lei urlava sempre, con l’occhio fiso, teso su quell’oggetto raggiante.
E il prete rimase così immobile che lo si sarebbe preso per una statua.
E questo durò molto, molto a lungo.
La donna sembrava presa da paura, affascinata; guardò fissamente l’ostensorio, ancora scossa da tremori terribili, ma fugaci, e ancora piangendo, ma con voce meno straziante.
E questo continuò per molto tempo.
Si sarebbe detto che non potesse più abbassare gli occhi, che fossero fissi sull’ostia; fon faceva che gemere, e il suo corpo irrigidito, pian piano, s’ammorbidiva e s’affossava.
Tutta la folla era prostrata con la fronte a terra.
La posseduta abbassava rapidamente le palpebre, poi immediatamente le sollevava, come se non potesse sopportare la vista del suo Dio. Si era zittita. E poi all’improvviso ho notato che i suoi occhi restavano chiusi. Dormiva il sonno dei sonnambuli, ipnotizzata, scusa! Vinta dalla persistente contemplazione dell’ostensorio dai raggi dorati, sconfitta dal Cristo vittorioso.
Fu portata via, inerte, mentre il sacerdote risaliva i gradini dell’altare.
I presenti, commossi, intonarono un Te Deum di ringraziamento.
E la moglie del fabbro dormì quaranta ore di fila, poi si svegliò senza alcun ricordo della possessione, né della liberazione.
Questo, signore, è il miracolo che ho visto.
Il dottor Bonenfant rimase in silenzio, poi aggiunse con voce seccata: «Non potevo rifiutarmi di certificarlo per iscritto».
 
 
25 dicembre 1882


Editoria: “Una morte perbene”, romanzo giallo di Simonetta Ronco

Simonetta Ronco ha tessuto una trama di mistero e suspense nella sua opera “Una Morte per Bene”, portando i lettori in un affascinante viaggio nella Liguria degli anni ’70.
Con un’opera ben scritta e una raffinata capacità di descrivere ambienti e personaggi, l’autrice crea un’atmosfera avvolgente che cattura immediatamente l’attenzione.

Imperia, 1971. Attilio Cernuschi, proprietario del quotidiano locale, viene trovato morto in un bosco.
Delle indagini è incaricato il commissario Luca Traverso, trasferito da poco nella cittadina ligure dopo un procedimento disciplinare.
Traverso affronta l’inchiesta con il preciso scopo di chiarire tutti gli aspetti oscuri di una vicenda che, con il passare dei giorni, diventa sempre più intricata.
La personalità della vittima appare infatti al centro di un sistema di collusioni, favori, complicità fra tutti o quasi i componenti della buona società locale.
Un sistema che ha le sue radici in due omicidi rimasti impuniti, omicidi che Traverso risolverà a poco a poco, con l’aiuto di alcuni dei protagonisti della storia, chiamati a riscattarsi dopo la bufera che si è abbattuta sulle vite di tutti.

“Mi ascolti Anna, il commissario Traverso si sta impegnando molto per scoprire la verità sulla morte di suo padre e io voglio aiutarlo. Le prometto che farò quanto mi è possibile per capire cosa c’è dietro a questa storia e per rispondere alle sue domande. Lei è una brava ragazza, e merita serenità e sicurezza.”

Simonetta Ronco, genovese, è docente universitaria, giornalista e scrittrice.
Appassionata di crimini e misteri ha creato due personaggi di successo: il pianista investigatore Audemars Février, e il commissario veggente Dario Barresi.
“Una morte perbene” è la prima indagine di Luca Traverso, poliziotto anni Settanta, che riporta alla mente le atmosfere di provincia in cui si muovevano attori culto come Lino Ventura e Ugo Tognazzi.

Il romanzo Una morte perbene, dell’autrice Simonetta Ronco è pubblicato dalla casa editrice Edizioni Leucotea.

Disponibile nelle migliori librerie e negli store online. Link acquisto Amazon:


Sara Bontempi
Redattrice editoriale 

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