Liquida Photofestival: Annunciata la III edizione del festival di fotografia contemporanea di Torino

LIQUIDA PHOTOFESTIVAL
III EDIZIONE | 2 – 5 maggio 2024
Complesso della Cavallerizza di Torino
 
Annunciato il programma completo del festival di fotografia contemporanea nato da Paratissima: “REBIRTH” è il concept che guida la nuova edizione.

Gli spazi del Complesso della Cavallerizza di Torino si preparano ad accogliere dal 2 al 5 maggio 2024 la III edizione di Liquida Photofestival, il festival di fotografia contemporanea nato nella cornice di Paratissima e divenuto in poco tempo uno degli appuntamenti italiani più apprezzati e riconosciuti nel suo genere.

Annunciato il programma completo del festival, che quest’anno sceglie “REBIRTH” come tema guida della nuova edizione, un tentativo di indagare le infinite declinazioni possibili cui la vita può metterci di fronte: “Ridefinirsi, re-inventarsi, ricollocarsi all’interno delle dinamiche della società e della relazione con noi stessi: dalla purificazione alla ri-scoperta del proprio corpo e della propria identità” – sottolinea Laura Tota, direttrice artistica del festival – “REBIRTH delinea lo spazio delle possibilità che ogni giorno possiamo e dobbiamo scegliere per essere entità consapevoli nel nostro viaggio”. 

A partire da giovedì 2 e fino a domenica 5 maggio sarà possibile visitare – dalle 10:00 e sino alle 20:00 – i progetti fotografici in mostra, oltre a prendere parte alle altre esperienze che il festival offre, dai talk alle presentazioni, dalle sezioni dedicate all’editoria alle sessioni OneToOne – i biglietti di ingresso sono acquistabili dal link: www.paratissima.it/ticket-2024-liquida.  

LE MOSTRE

Nucleo centrale del festival sono i progetti della mostra REBIRTH – The Exhibition, che costituiscono proprio delle visioni in merito al concetto di Rinascita. Attraverso quattro punti di vista di autori nazionali e internazionali, il visitatore è chiamato a confrontarsi con un viaggio attraverso l’introspezione e una nuova visione del sé. Partendo dal potere purificatore e ristoratore dell’acqua dei placidi ritratti della fotografa Denisse Ariana Pérez, che porta in mostra la sua serie Agua, passando attraverso la tensione verso una nuova forma di identità consapevole e solidamente sociale della Donna in New Moons di Ada Marino, approdiamo alla delicatezza di Bianca, il progetto di Sandra Lazzarini che chiede di percepire la propria pelle difforme come una tela su cui costruire il futuro dialogo con il nostro corpo, in una ridefinizione e accettazione di sé lontana dagli stereotipi di bellezza contemporanea. Infine, il progetto Borderland di Filippo Barbero invita l’osservatore a ritrovare la propria essenza nel presente attraverso una rilettura di luoghi, emozioni, visioni richiamati dai luoghi del proprio passato.

Nella sezione collettiva Exhibition, Liquida Photofestival ospita invece le migliori proposte pervenute tramite call. Sono ventinove gli autori selezionati per raccontare il caleidoscopio della fotografia contemporanea: Paola Francesca Barone, Federica Baruffi, Stefania Bonatelli, Viviana Bonura, Gaia Caramellino, Valentina Cardia, Carlodemarchis, Andrea Cordero, Luca Daddario, Gloria Fenaroli, Ottavia Franchina, Alessandro Galli, Beppe Giardino, Giovanna Goryup, La Vaga Circe, Giulia A. N. Lentini – Gan, Andrea Manni, Viola Marrucci, Mizaru Zen, Monica Mazzotto Momaz, Marta Passalacqua, Daniele Robotti, Alessio Rutigliano, Azia Maria Sammartano, Anabella Sarrias, Francesca Stano, Valeria Vavoom, Matteo Verre, Filippo Zanella.

Nella sezione Liquida Grant, che premia le migliori proposte, selezionate da una giuria di esperti, con un Group Show e un Solo Show, il vincitore del premio Full Project, che vede la produzione e l’esposizione in singolo del proprio progetto, è il fotografo austriaco Peter Pflügler con Now Is Not The Right Time, una riflessione intima e autobiografica su un trauma di carattere familiare, il tentato suicidio del padre, vissuto durante la propria infanzia. Un progetto che si rivela coerente con il tema scelto da Liquida per questa edizione, che marca il concetto di rinascita e dell’elaborazione del trauma attraverso lo strumento fotografico. L’allestimento della mostra è stato progettato attraverso il workshop guidato da Andrea Isola Exhibit DESIGNER che ha coinvolto undici allievi.

I vincitori del premio One Shot, che vedono l’esposizione dei propri lavori in una collettiva, sono: Sebastian Bahr, Guglielmo Cherchi, Angela Crosti, Austin Cullen, Claudia Deganutti, Nanni Licitra, Lello Muzio, Ivana Noto, Chiara Paderi, Elisa Roman. Vincitore del premio “ArtPhilein”, che vede la realizzazione di un progetto editoriale realizzato in collaborazione con la casa editrice ArtPhilein Editions di Lugano, è Davide Degano con Romanzo Meticcio, progetto che studia la condizione post-coloniale italiana come elemento fondamentale della vita contemporanea del nostro paese.Il vincitore del premio “ImageNation”, che ha la possibilità di esporre lo scatto selezionato nella mostra di ImageNation Milan a settembre 2024 presso la Fondazione Luciana Matalon, è Pietro Longhi con L’aria diventa elettrica.

LE ALTRE SEZIONI

A completare il ricco programma di Liquida Photofestival 2024 sono poi le sezioni collaterali. Come EdiTable, la sezione dedicata all’editoria, che accoglie una serie di pubblicazioni  in linea con il concept del festival, “Rebirth”, selezionate da Vittoria Fragapane, book editor della casa editrice elvetica ArtPhilein. Il pubblico potrà sfogliare, consultare e acquistare le pubblicazioni e i magazines da collezione, oltre a partecipare a diversi talk / presentazioni con gli autori/editori. Tra le case editrici coinvolte ci sono: ArtPhilein Editions, Boite Editions, 89Books, VOID, KULT Books, Witty Books, Cavie Project, Skinnerboox. Tra le presentazioni in programma si segnalano quella di Dame Magazine (venerdì 3 alle 18:00), “Paradise”, il libro d’artista del fotografo Gian Marco Sanna (sabato 4 alle 17:00) e quella con la casa editrice 89Books (sabato 4 alle 18:00).

Sabato 4 e Domenica 5 maggio quattro professionisti della fotografia contemporanea saranno disponibili per vere e proprie sessioni One To One di confronto con i fotografi.Seislot di 15 minuti ciascuno per ciascun lettore, che andranno oltre le classiche letture portfolio per permettere di ottenere un riscontro immediato sui propri lavori, con la partecipazione di: Laura Tota, Vittoria Fragapane, Gabriele Stabile e Rebecca Delmenico.

LIQUIDA 2024

Liquida Photofestival – la cui direzione artistica è affidata a Laura Tota – ha l’obiettivo di restituire lo stato della ricerca fotografica nelle sue diverse forme d’espressione, cercando di dare voce ai nuovi talenti della fotografia contemporanea, non solo dal punto di vista della produzione autoriale, ma anche della riflessione fotografica, coinvolgendo addetti ai lavori che oggi iniziano il proprio percorso in questo cosmo in continuo divenire. Un festival in cui l’immagine scorre, assecondando il sentiero di un fiume a volte impetuoso, a volte docile, ma mai uguale a se stesso. 

Con il patrocinio di Città di Torino e Città Metropolitana di Torino.
Con il supporto di Cassa Depositi e Prestiti.
Media partner: Collater.al Magazine e IL FOTOGRAFO.
Powered by: Paratissima, PRS Srl Impresa Sociale, Cavallerizza Torino.


CONTATTI:
www.paratissima.it/liquida-2024/
www.instagram.com/liquidaphotofestival/
 
UFFICIO STAMPA:
Daccapo Comunicazione
info@daccapocomunicazione.it

“Restaurando Canova”: Presentazione del restauro di due sculture attribuite ad Antonio Canova esposte alle Collezioni Comunali d’Arte di Bologna

Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica


Restaurando Canova
Presentazione del restauro di due sculture delle Collezioni Comunali d’Arte

Giovedì 4 aprile 2024 ore 15.00
Palazzo d’Accursio, Cappella Farnese
Piazza Maggiore 6, Bologna

Musei Civici d’Arte Antica del Settore Musei Civici Bologna presentano al pubblico i restauri di due importanti sculture attribuite ad Antonio Canova conservate alle Collezioni Comunali d’Arte, resi possibili grazie alla collaborazione scientifica con istituzioni e professionisti di eccellenza quali Opificio delle Pietre DureMuseo Gypsotheca Antonio CanovaPolitecnico di Milano – Dipartimento di Design e Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale.
Si tratta dell’Apollino, capolavoro della fase giovanile dell’artista, scolpito nel 1797 – di cui si erano perse le tracce dal 1839 e riscoperto nel 2013 da Antonella Mampieri, storica dell’arte dei Musei Civici d’Arte Antica di Bologna, all’interno delle stesse Collezioni Comunali d’Arte dove la statua in marmo è in realtà sempre stata esposta ma riferita allo scultore Cincinnato Baruzzi, allievo del grande maestro – e di una Testa di vecchio, storicamente attribuita alla produzione canoviana come unica opera in terracotta, databile tra il 1820 e 1830, opera discussa e di controversa attribuzione.
L’incontro si svolge giovedì 4 aprile 2024 alle ore 15.00 nella Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio, in Piazza Maggiore 6 a Bologna, con ingresso gratuito.

Sarà possibile seguire la presentazione in diretta streaming sul canale YouTube Storia e Memoria di Bologna. 

Il progetto per i restauri delle due opere nasce dalla ricorrenza del bicentenario della morte di Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822), celebrata con una ricca programmazione di attività orientata alla tutela, valorizzazione e conservazione dell’opera del maggiore scultore italiano dell’Ottocento.

Nel 2022 l’Apollino è stato esposto per la prima volta al pubblico nella sua rinnovata bellezza nella mostra Canova e il potereLa collezione Giovanni Battista Sommariva, ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Moira Mascotto ed Elena Catra al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (TV), che ha inteso ricostruire le prestigiose relazioni dell’artista con i massimi esponenti del panorama politico e culturale della sua epoca. Prima dell’esposizione la statua è stata restaurata presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, grazie alla generosità della Fondazione Canova, e dopo essere stato oggetto di un progetto di digitalizzazione in 3D eseguito con tecnologie di nuova generazione dal Politecnico di Milano.
Il Comune di Bologna ha aderito alle celebrazioni del bicentenario finanziando il restauro della Testa di vecchio, rara terracotta patinata tradizionalmente attribuita a Canova. L’intervento, condotto da Giovanni Giannelli del Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale, ha recuperato a una migliore leggibilità l’opera, che torna così alla fruizione del pubblico e all’attenzione degli storici dell’arte, libera da colorazioni incoerenti e da restauri inadeguati, offrendosi a una nuova valutazione critica.

Saluto istituzionale:
Silvia Battistiniconservatrice Collezioni Comunali d’Arte | Settore Musei Civici Bologna
Intervengono:
• per la storia e la contestualizzazione delle opere Antonella Mampieri, referente Archivio fotografico e Catalogo Musei Civici d’Arte Antica | Settore Musei Civici BolognaCincinnato Baruzzi collezionista di Canova
• per il restauro dell’Apollino
Paola Franca Lorenzi, restauratrice Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze – Settore restauro Materiali lapidei

Riccardo Gennaiolifunzionario storico dell’arte Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze – Settore restauro Materiali lapidei

Moira Mascottodirettrice Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno
Giuseppe Amorusoprofessore associato Dipartimento di Design – Politecnico di Milano
• per il restauro della Testa di vecchio
Giovanni Giannellidirettore tecnico Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l., San Lazzaro di Savena.

Durante l’incontro sarà possibile vedere le opere restaurate, esposte nel percorso di visita delle Collezioni Comunali d’Arte: Apollino nella Sala Boschereccia (Sala 16) e Testa di vecchio nella Sala 20, una delle due sale Palagi. Le opere

Entrambe le sculture sono pervenute alle Collezioni Comunali d’Arte grazie alla donazione disposta nel 1878 dallo scultore Cincinnato Baruzzi (Imola, 1796 – Bologna, 1878), allievo di Canova e a lungo direttore del famoso studio romano del maestro in via delle Colonnette, a favore del Comune di Bologna, nominato suo erede universale.


Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822)
Apollino, 1797
Marmo bianco apuano, cm 53 x 145 x 44 x 62, altezza base cm 78
Bologna, Collezioni Comunali d’Arte, n. inv. S 25

La scultura, che appartiene alla produzione giovanile di Canova, era stata particolarmente amata da colui che l’aveva creata ed è ricordata nelle sue memorie autografe come opera di grande valore.
Il dio è rappresentato come un giovane nudo dalle forme perfette, in appoggio sulla gamba destra e con la sinistra flessa, leggermente scartata di lato. Il corpo è animato da una lieve torsione serpentinata. Il volto androgino è incorniciato da una chioma di capelli lievemente arricciati e raccolti classicamente sulla sommità del capo in un nodo, che esalta l’effetto etereo della luce. Apollo trattiene con la mano sinistra l’arco, che termina con delle piccole teste di rapace, appoggiato al suolo, in evidenza rispetto alla corteccia del tronco posto dietro di lui. Con la mano destra tratteneva una freccia di metallo, ora perduta. La faretra è legata con un fiocco al tronco d’albero dove il serpente Pitone sta avviluppando le sue spire.

La scultura, scolpita a tutto tondo, è associata al piedistallo di marmo, concepito come un’antica ara. Questo, un cilindro dalla forma a rocchetto, è decorato con festoni vegetali trattenuti da nastri e borchie sul fusto. Gli elementi decorativi sono scolpiti a basso e alto rilievo. Il disco superiore o bilico è variamente modanato e decorato da una fascia perlinata sormontata da una decorazione vegetale dal profilo convesso. La base del piedistallo si presenta variamente modanata e con una fascia concentrica decorata con foglie e bacche di alloro a profilo convesso di imposta al fusto. Il basamento cilindrico è ancora dotato del congegno originario che permetteva la rotazione della scultura, presente anche in altre opere scultoree di Canova, e in occasione del restauro è stato ripristinato e rimesso in funzione.
L’Apollo o Apollino deriva da una lunga riflessione dell’artista sul tema del nudo giovanile stante iniziata con l’Amorino Lubomirski (1786 – 88), conservato nel Castello Łańcut in Polonia, e proseguita con altre tre versioni idealizzate del medesimo tema: l’Amorino Campbell (1787 – 89) dell’Anglesey Abbey di Cambridge, l’Amorino La Touche (1789) della National Gallery of Ireland a Dublino e l’Amorino alato Jusupov (1793 – 97) all’Ermitage di San Pietroburgo.

La variante con Apollo colto dopo aver ucciso il serpente Pitone fu venduta da Canova al diplomatico francese Jean-François Juliot e pervenne nel 1808 alla collezione del politico lombardo Giovanni Battista Sommariva. Quest’ultimo riuscì ad acquistare altre tre statue dello scultore: la Maddalena Penitente, la Tersicore e il Palamede. Esposto nell’abitazione parigina del collezionista, l’Apollo venne messo all’asta con il resto delle opere della raccolta nel 1839. Da questo momento se ne persero le tracce e ne rimasero solo alcune descrizioni e un’immagine incisa, un’illustrazione del volume di Isabella Teotochi Albrizzi su Antonio Canova che così descrive l’opera: “la semplice e leggiadra sua mossa, la schietta aria del volto, il molle suo corpicciuolo, il modo grazioso, con cui sono aggruppati i suoi capelli, tutto ricorda l’Amorino, del quale si è altrove favellato: e bene ognuno si avvede che non molta correr dove va la diversità fra due Deiformi fanciulli, di Venere l’uno, l’altro figliuol di Latona”. Riapparso all’estero sul mercato antiquario negli anni Cinquanta dell’Ottocento, l’Apollino fu acquistato da Cincinnato Baruzzi che lo trasferì nella sua villa sulla collina bolognese, allestita come una casa museo e dedicata alla celebrazione della scultura moderna.

Esposta alle Collezioni Comunali d’Arte dagli anni Trenta del Novecento, la scultura, inizialmente attribuita a Canova, con il tempo finì per essere considerata una replica di Baruzzi stesso, suo ultimo proprietario, e progressivamente dimenticata. Restituito al catalogo del sommo scultore di Possagno nel 2013 da Antonella Mampieri, che ha ricostruito le vicende collezionistiche dell’opera attraverso la lettura di documenti originali conservati presso la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, all’interno del ricco carteggio appartenuto a Cincinnato Baruzzi e alla moglie, Carolina Primodì, l’Apollino sta riscuotendo negli ambienti scientifici e presso il pubblico dei visitatori un largo consenso, come testimonia il prestito antecedente il restauro per la mostra Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna organizzata da Gallerie d’Italia a Milano nel 2019 che, sia per l’importanza e la bellezza delle opere esposte, sia per la grande rilevanza scientifica, ha rappresentato una straordinaria occasione di conoscenza della scultura tra Sette e Ottocento.

Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822) attr.
Testa di vecchio, sec. XIX (1820 – 1830)
Terracotta, marmo broccatello, cm 51 x 52 x 24, altezza base cm 22
Bologna, Collezioni Comunali d’Arte, n. inv. S 20

Il busto in terracotta è posto su una base in marmo con epigrafe latina “UNICUM CANOVAE PLASMA” commissionata da Cincinnato Baruzzi. L’attendibilità dell’attribuzione dell’opera è stata messa in discussione da parte della critica e forse proprio grazie a questo restauro sarà possibile affrontare nuovamente il problema. Tuttavia va sottolineata l’alta qualità del ritratto particolarmente vivo, alla cui naturalezza contribuiscono la lieve rotazione su cui si dispone il personaggio e il torso nudo, altre volte presente nella produzione ritrattistica dello scultore.

Nel 2021 il Settore Materiali lapidei dell’Opificio delle Pietre Dure ha redatto il progetto di restauro dell’Apollino la cui finalità ha riguardato la pulitura delle superfici e lo studio degli strati superficiali protettivi applicati in passato, per procedere all’eliminazione dei materiali dannosi e non più idonei per l’opera (materiale di deposizione, incrostazioni e collanti).
L’istituto è inoltre intervenuto in fase preliminare attuando una approfondita campagna diagnostica, le cui indagini hanno permesso di pianificare l’intervento che è stato condotto secondo i principi deontologici del restauro: gradualità, controllabilità, ritrattabilità e minimo intervento. I risultati delle indagini preliminari sono stati determinanti per la conoscenza dei materiali superficiali (patinature, protettivi, adesivi), osservati sul marmo e per la valutazione della loro conservazione o meno.

Le operazioni di restauro, definite dalle prove di pulitura, sono state diversificate tra la figura dell’Apollino e il piedistallo e hanno avuto l’obiettivo di recuperare l’equilibrio tra i vari valori che connotano la qualità artistica della scultura.

Particolare attenzione è stata rivolta, inoltre, al basamento in forma di ara cilindrica dotato di bilico, che consentiva all’Apollino di girare su se stesso a 360°. Lo smontaggio del disco superiore del piedistallo ha permesso lo studio di tale meccanismo e la ricostruzione di una delle due manopole di bronzo, andata perduta, ha consentito la ri-funzionalizzazione del sistema di rotazione. Lo studio della presa e la sua successiva ricostruzione sono stati realizzati in ambiente virtuale partendo dalla matematica della scansione 3D della manopola conservata. Le fasi di modellazione, prototipazione e sinterizzazione di una copia sono state eseguite dall’equipe dell’ing. Giuseppe Amoruso del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano.

Il bilico è realizzato in lega di rame e ferro: ferro per la crociera e il pignone interno ai rulli; alligati della lega di rame (almeno rame, stagno e piombo) per il disco, i giunti di innesto e i rulli. Nel caso dell’Apollino il sistema è costituito da un elemento superiore, il disco del piedistallo, in cui sono inseriti tre rulli solidali, grazie al pignone centrale di ferro e a un elemento di forma a “U”, anch’esso in lega di rame, fissato a gesso in uno scasso realizzato nello spessore del disco di marmo. I tre rulli sono posti nella circonferenza a 120° l’uno dall’altro. Il bilico permette il movimento grazie all’uso di cuscinetti a rulli. Nell’elemento inferiore del piedistallo è fissato il sistema di tenuta a crociera di ferro, i giunti di innesto realizzati entrambi in lega di rame e l’anello di lega di rame su cui corrono i rulli. Giunti e rulli consentono il trasferimento del moto rotatorio calcolato sul carico assiale che insiste sul bilico stesso. Il sistema è nascosto, protetto all’interno del piedistallo. Il bilico di Canova non mostra tracce di olii o grassi usati come lubrificante, ma sulle superfici metalliche in lega di rame che permettono l’unione delle due parti, i giunti di innesto e l’anello metallico, si riscontrano incisioni profonde e graffi che testimoniano, forse, il serraggio e successivo grippaggio dei rulli. Per migliorare la funzionalità del bilico e ridurre gli attriti sono stati predisposti un anello e una lamina politetrafluoetilene o teflon PTFE sugli elementi metallici inseriti nel piedistallo, che permetteranno di restituire, in maniera occasionale, il movimento rotatorio dell’Apollino, conservando i materiali costituivi del bilico.

Per la Testa di vecchio in terracottale operazioni di restauro sono state finalizzate alla pulitura completa di tutta la superficie del busto e della base, alla rimozione di tutte le stuccature di giunzione tra i vari elementi e di ricostruzione, alla rifinitura della pulitura della superficie.

Prima dell’intervento conservativo si osservava sulla superficie la presenza di una “patinatura” risultante da un intervento di restauro eseguito per riassemblare i vari frammenti fratturati, forse a causa di una caduta accidentale dell’opera. Tale “patinatura” risultava cromaticamente molto disomogenea con zone più scure come a ridosso delle stuccature, dove le integrazioni presentavano un fenomeno di alterazione, oltre che “granulosa” e inadeguata a una superficie come la terracotta. Alcune lacune nel volto, nel busto e sul retro non sono state integrate e con ogni probabilità sono riconducibili a problematiche riguardanti fenomeni di ritiro durante il processo di cottura dell’argilla che hanno inoltre provocato numerose fessurazioni e microfessure.

Un altro elemento molto evidente è il collante utilizzato per riassemblare i vari frammenti che ha determinato la fuoriuscita con abbondanti colature dalle fratture. La durezza della consistenza è tale da far ipotizzare una natura cementizia o di un bicomponente con un’alta densità e questa, forse, è una delle cause che non ha permesso di riallineare perfettamente nel riassemblaggio le fratture che in qualche punto risultavano non in aderenza e fuori asse.

Sul retro sono presenti due staffe metalliche di sostegno trattenute da un bullone che collegano il busto alla base in pietra.

All’interno della testa, la verifica eseguita con apparecchiatura elettronica ha segnalato un perno metallico molto consistente all’interno di un riempimento in gesso, una lima utilizzata a sostegno della testa che risultava completamente distaccata a causa di una frattura circolare sul collo. La bonifica e la pulitura ha riguardato tutto l’interno del capo e la parte retrostante dove, con piccoli vibroincisori è stato possibile rimuovere totalmente il collante fuoriuscito dalle fratture. Le fessurazioni e fratture nella parte retrostante del basamento sono state attentamente consolidate con iniezioni di resina bicomponente e infine stuccate con un impasto adeguato. La ricollocazione della testa è avvenuta inserendo dei piccoli perni in acciaio inox e collocandoli in zone con maggiore spessore, utilizzando resina bicomponente e riallineando perfettamente i bordi della frattura. È stato possibile riposizionare l’elemento correttamente e in perfetta adesione esercitando una pressione con una cinghia regolabile nel tensionamento.

Per altri elementi applicati non allineati si è ritenuto invasivo e troppo rischioso tentare di distaccarli, in quanto il collante utlizzato risulta molto rigido e ancora efficiente.

La rifinitura della pulitura infine è stata eseguita a tampone e acqua distillata per poi eseguire la sigillatura e l’integrazione delle lacune con stucco sintetico addizionato con carbonato di calcio perfettamente reversibile in acqua. Con alcol polivinilico (gelvatol) diluito al 15% è stato possibile effettuare il fissaggio superficiale della terracotta e delle stuccature.

Il restauro pittorico a integrazione delle lacune è stato eseguito con colori a vernice, mentre gli scompensi cromatici sono stati recuperati con velature ad acquerello.

Un ultimo elemento rilevato è la presenza nella parte retrostante di impronte digitali rimaste sull’argilla durante le fasi di plasmatura, che sono state analizzate e comparate dall’Università degli Studi di Padova con il dataset di impronte di Antonio Canova conservato alla Gipsoteca di Possagno, con l’acquisizione di ulteriori dati utili per quanto riguarda l’attribuzione dell’opera in oggetto.

La realizzazione dell’Apollino ha costituito una sfida personale per Antonio Canova, al limite del possibile, riuscendo finalmente a plasmare quella bellezza tanto ricercata nelle sue opere, verso la perfezione.
Il progetto nato da una collaborazione tra i Musei Civici di Bologna e il Dipartimento di Design del Politecnico di Milano con la direzione scientifica del prof. Giuseppe Amoruso, si è posto l’obiettivo di riprodurre l’opera con le più moderne tecnologie l’operaper proporne un nuovo allestimento interattivo ed esperienziale e favorirne una più ampia accessibilità multimediale.

Il team di ricerca è partito da alcune domande: cosa può giustificare la replica di un capolavoro artistico? Come è possibile, superando le difficoltà tecniche ed operative della riproduzione, trasmettere a coloro che la visiteranno quei valori tangibili ed intangibili che riflettono ed amplificano i concetti di materialità, fragilità e immaginazione tattile?

Nella prima fase di sviluppo è stata completata l’acquisizione tridimensionale dell’opera tramite la tecnica di scansione senza contatto, attualmente considerata il metodo più efficace per ricavare la morfologia della superficie di un oggetto di forma complessa e di difficile riproduzione fotografica a causa dei numerosi dettagli anatomici e decorativi. Il procedimento ha sperimentato l’utilizzo di uno scanner a luce strutturata, tecnologia che permette di ricostruire la geometria degli oggetti attraverso la proiezione di pattern di luce codificati, che vengono deformati quando si proiettano sul soggetto. I pattern di luce strutturata, solitamente bianca, sono costituiti da motivi geometrici codificati; la fotocamera acquisisce questi modelli di luce distorti, fotogramma dopo fotogramma, mentre il software di scansione analizza la griglia e ricostruisce accuratamente le superfici dell’oggetto. A seconda delle dimensioni dell’oggetto e della durata della scansione, in una sola sessione lo scanner 3D può acquisire decine, centinaia o addirittura migliaia di fotogrammi. La luce riflessa viene trasformata in un modello ad alta risoluzione tramite gli algoritmi di riconoscimento e ricostruzione. Con questo procedimento iterativo si determinano i punti sulla superficie che sono rispettivamente più vicini o più lontani dalla fotocamera
Dal modello geometrico, completato con la rappresentazione dello stato superficiale della scultura (la sua texture), sono state rappresentate le ortofoto (proiezioni ortografiche) a beneficio del successivo intervento di conservazione e il prototipo della maniglia presente sul bilico rotante su cui poggia la statua per poterne poi realizzare una copia e integrare quella mancante.

Infine è stata realizzata la replica tattile in scala 1:1 (tramite la stampa 3D) per poter portare il visitatore alla scoperta di quei dettagli che svelano il mito e la sua traduzione nella forma scolpita: i capelli raccolti in un nodo nella parte superiore del cranio, le lunghe ciocche che accarezzano il collo e le spalle del giovane Apollo, i lineamenti del viso che rappresentano la perfezione classica e il desiderio di purezza espressiva.

Direzione scientifica e replica 3D da scansione con Artec EVA: Giuseppe Amoruso (professore associato Dipartimento di Design – Politecnico di Milano)

Elaborazioni 3D: Andrea Manti (ricercatore Dipartimento di Design – Politecnico di Milano)

QR-code per esplorare il modello 3D:


Informazioni

Collezioni Comunali d’Arte
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Tel. +39 051 2193998
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In collaborazione con

Biella, Palazzo Gromo Losa e Palazzo Ferrero: la mostra “Banksy, Jago, TVBOY e altre storie controcorrente” chiude a 30mila visitatori

Immagine dell’allestimento
Chiude a 30 mila visitatori la mostra dei record “Banksy Jago TV boy e altre storie controcorrente”: un grande successo per il territorio.

Ha chiuso con 1.200 visitatori nel solo giorno di Pasquetta, 1° aprile, la mostra “Banksy Jago TVBOY e altre storie controcorrente” raggiungendo così le 29.790 presenze che, sommate alle persone intervenute nel giorno dell’inaugurazione, porta al numero record di 30 mila visitatori.
Gli organizzatori Fondazione Cassa di Risparmio di BiellaPalazzo Gromo Losa srlComune di Biella e Arthemisia con il main sponsor Biver Banca – Gruppo Banca di Asti esprimono grande soddisfazione per un risultato andato oltre le aspettative.

Immagine dell’allestimento

Siamo tutti davvero felici per questo traguardo che abbiamo raggiunto come territorio – commenta il Presidente Michele Colombo – questa è la dimostrazione che Biella e il Biellese posso essere attrattivi per grandi flussi con proposte culturali importanti. Per noi è il punto di partenza per un lavoro più ampio e continuativo grazie al quale contiamo di raggiungere risultati ancora più importanti nell’ambito dello sviluppo turistico e culturale del territorio”.

A fare da corollario alle parole del Presidente il grande impegno della struttura, già al lavoro su Selvatica, arte e natura in Festival che aprirà il 20 aprile con una dote di 640 biglietti già venduti grazie alla promozione congiunta con la mostra appena conclusa e l’impegno a proporre per l’autunno una nuova grande mostra.

In occasione della chiusura inoltre sono stati ringraziati tutti coloro che hanno collaborato al progetto, lavorando anche nei giorni festivi, in particolare Coopculture e l’Associazione Stilelibero che gestisce Palazzo Ferrero, a cui è stato donato uno speciale “uovo d’artista” e la caffetteria Deiro in collaborazione con la quale, grazie a un ampio lavoro di rete, è stato possibile realizzare numerosi “momenti speciali” che hanno contribuito a far conoscere la mostra a un pubblico ampio e diversificato, spesso composto da molti giovani, come durante le aperture serali di Halloween, Natale, Carnevale e in occasione dei concerti finali del Biella jazz Club realizzati da giovani musicisti del Liceo musicale La Grangia di Vercelli. La promozione della mostra e degli eventi è stata potenziata anche grazie alla sinergia con Fondazione BIellezza e sono state attivate numerose convenzioni e collaborazioni speciali.

Immagine dell’allestimento

La mostra inoltre ha rappresentato anche per il tessuto imprenditoriale locale un importante volano di sviluppo grazie ai numerosi eventi collaterali che hanno portato visitatori al Piazzo non solo nei week end, ma anche in settimana, ad esempio in occasione delle conferenze con gli artisti: Laurina Paperina e Jago in dialogo con Michelangelo Pistoletto, entrambi eventi subito sold out.

Grande apprezzamento è stato registrato anche da parte delle scuole per le quali la mostra ha rappresentato un interessante momento di approfondimento di numerose tematiche artistiche e sociali, le visite guidate su prenotazione disponibili sono state esaurite più di un mese prima della chiusura dell’evento per un totale di oltre 3.500 studenti e insegnanti coinvolti cui si aggiungono circa 1.000 visitatori che hanno usufruito delle visite guidate destinate all’utenza libera.


Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso
sam@arthemisia.it 
press@arthemisia.it | T +39 06 69380306

4^ Biennale Disegno Rimini: “Viaggio in una stanza” – Le opere dello Studiolo Rivi

Paul Jenkins, Phenomen a Noel, acquerello su carta, 1967. Foto Carlo Vannini
4^ Biennale Disegno Rimini
 
Mostra
VIAGGIO IN UNA STANZA
Una collezione d’arte moderna incorniciata all’antica.
Le opere dello Studiolo Rivi

Rimini, Museo della città, Saletta Bilancioni
4 maggio – 28 luglio 2024

Mostra a cura di Alessandra Bigi Iotti
 
Vernice per la stampa: venerdì 3 maggio 2024, ore 11.30, Rimini

Alla Biennale del Disegno di Rimini (4 maggio – 28 luglio) c’è una mostra che pone un originale dilemma: quadro o cornice? O meglio, da cosa si parte, cosa viene prima?
Consuetudine vuole che la seconda, ovvero la cornice, sia ancillare all’opera d’arte: prima l’artista crea l’opera, poi intorno ad essa un artigiano mette la cornice.

Ma in Italia c’è una collezione – e che collezione – dove a menar le danze è proprio la cornice, pur essedo il suo contenuto, ovvero il quadro, opera di artisti tra i più importanti del ‘900 italiano e non solo. I nomi degli “incorniciati” sono quelli di  Accardi, Afro, Alviani, Angeli, Appel, Arman, Baj,  Birolli, Bertini, Brunori, Bonalumi,  Capogrossi, Carmassi, Cassinari,  Corpora, Crippa, Dorazio, Dova, Fontana,  Fautrier, Guttuso, Hartung, Ligabue, Jenkins, Manzoni, Marca-Relli, Mastroianni, Masson, Mathieu, Mattioli, Melotti, Morandi, Munari, Music, Nigro, Perilli, Pomodoro, Rotella, Ruggeri, Sam Francis, Sanfilippo, Santomaso, Savelli, Scanavino, Schifano, Scialoia, Shimamoto, Schneider, Sironi, Sumi, Tancredi, Tapies, Tobey, Turcato, Vedova, Veronesi.

Giuseppe Santomaso, Sera a Castelfranco, tecnica mista su carta, 1957. Cornice toscana XVI secolo. Foto Carlo Vannini

Questa “rivoluzione” è frutto dello straordinario gusto – e competenza – di Lia e Daniele Rivi che non sanno dividersi tra due passioni: collezionano dagli anni ’80 carte di artisti italiani e stranieri degli anni ’50 e ’60 e preziose cornici antiche, dal XVI al XVIII secolo, che hanno il compito di ornare, impreziosire e personalizzare opere d’arte moderna con uno spiccato gusto per l’Informale italiano e internazionale.

Il loro Studiolo, spazio privato, contenuto, ma ricchissimo e oggetto di questa mostra raccoglie a oggi una settantina di opere che colpiscono sia per la bellezza e ricchezza delle cornici sia per la qualità, l’eleganza e l’omogeneità delle carte, le quali costituiscono una delle più raffinate e originali collezioni private di opere su carta degli anni centrali del XX secolo.

Perché unire un’opera d’arte moderna, informale o astratta, a una delicata e preziosa opera di ebanisteria e d’intarsio come una ricca cornice bolognese del XVII secolo? Quale il senso e il significato di tale operazione? La mostra, ospitata negli spazi del Museo della città di Rimini, cerca proprio di approfondire il problematico e stimolante rapporto tra quadro e cornice, affrontato in dettaglio nel catalogo dal Professor Pietro Conte, docente di estetica all’Università Statale di Milano.


Info: www.biennaledisegnorimini.it
 
Ufficio Stampa: Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Tel. +39 049.663499 | Rif. Simone Raddi simone@studioesseci.net
 
Ufficio Stampa Comune di Rimini
Tel. 0541 704262 | ufficio.stampa@comune.rimini.it
 
Ufficio stampa Apt Servizi Emilia-Romagna
Tatiana Tomasetta, cultura@aptservizi.com

Roma, Museo Orto Botanico: Fragile Ecosystem di Giulia Pompilj – Finissage 6 aprile 2024

FRAGILE ECOSYSTEM

Installazione di Giulia Pompilj


Finissage 6 aprile 2024
ore 17.30 su invito
 
Museo Orto Botanico – Serra Espositiva
Largo Cristina di Svezia, 23 A – 24 – Roma
 
Dall’8 marzo al 6 aprile 2024

Il giorno 6 aprile 2024 dalle 17.30 alle 20.00 si svolgerà presso la Serra Espositiva del Museo Orto Botanico – Sapienza Università di Roma il finissage del progetto espositivo ed installativo Fragile Ecosystem di Giulia Pompilj, con la collaborazione di Edoardo Tedone – soundscape design. 

Alle ore 18.30 la performance di Eva Grieco e Claudia Pelliccia

Fragile Ecosystem è una installazione, realizzata con tessuti e tinture di origine vegetale, che riflette sulla precarietà dell’ambiente naturale e richiama le silhouette e gli echi di un ecosistema in via di estinzione. I tessuti in cotone, attraversati dal vento, evocano l’effimero paesaggio di un mondo al suo stato terminale, nel quale, nascosto tra le pieghe, un debole bagliore resta in vita, a simboleggiare la resilienza della natura di fronte alle avversità. Al centro di Fragile Ecosystem è quella tensione che intercorre tra un ecosistema e gli elementi che lo compongono, spostando così il punto di osservazione sulla complessa rete di effimere relazioni di cui l’ambiente si nutre.

La forza di un ecosistema risiede nella sua capacità di ripristinare l’equilibrio in caso di perturbazioni. Tuttavia, tutti gli ecosistemi, se sottoposti a prove eccessive, possono rivelarsi fragili. La specificità e le condizioni che ne permettono lo sviluppo rendono alcuni ecosistemi più vulnerabili di altri: se una componente viene meno a causa di disturbi eccessivi o prolungati, anche gli ecosistemi più robusti possono subire danni irreparabili.

L’inserimento dell’opera all’interno del Giardino Botanico di Roma, luogo di biodiversità e di tutela della flora, apre un dialogo suggestivo sulla fragilità dell’esistenza biologica, coadiuvato dalla capacità dell’artista di trasformare processi materiali in veicoli narrativi e divulgativi.

Giulia Pompilj esplora la complessa trama di aspetti biologici, storici e sociali che plasmano gli ecosistemi. La curiosità intellettuale di Giulia ha trovato una vivace espressione presso la Design Academy Eindhoven nei Paesi Bassi, dove si è laureata nel dipartimento “Food Non-Food” nel gennaio 2020. Durante il suo percorso accademico, si è immersa nei mondi del bio e del research design. Durante lo stage a Mater Iniciativa, un centro di ricerca gastronomica in Peru, Giulia ha forgiato una metodologia distintiva: questo metodo coinvolge l’uso del processo di tintura naturale e della ricerca etnobotanica per trasformare le molecole vegetali in colori. Il risultato è una rappresentazione visiva della profonda connessione tra gli abitanti locali e il loro ambiente naturale. Giulia considera questa forma di ricerca, di intuizioni e scienza, un potente mezzo di comunicazione. L’impegno di Giulia per l’arte è riflesso nella serie di mostre internazionali alle quali ha preso parte. Le sue opere, come “What Does Colour Mean”, ora in mostra ad Hong Kong Design Institute e “WARMI” , mostrano la sua capacità di fondere arte e scienza. Oltre alle mostre, Giulia coinvolge il pubblico attraverso conferenze, workshop e pubblicazioni. Eventi notevoli includono “Dirty Dyes” presso il Textile Art Camp di Berlino, o “Behind the Beauty of Fashion”video proiettato durante New York Textile Month, oltre a contribuire a DAMN Magazine. Il suo impegno per l’istruzione si estende a workshop sui processi di tintura naturale, come “Tintura Naturale” presso OZ Officine Zero a Roma e “Natural Dye” presso BGK Holbeak in Danimarca o “Water Lab” per l’Università dell’Arte e del Design a Karlsruhe in Germania. Giulia ha partecipato a residenze artistiche, tra cui “Spark Narration” presso ACED ad Amsterdam e “Metabolic Relation” presso DieDAS a Saaleck, in Germania.


INFO

FRAGILE ECOSYSTEM
Installazione di Giulia Pompilj

Soundscape design: Edoardo Tedone
La mostra è accompagnata da una collezione di lampade in ceramica a tiratura limitata

Finissage 6 aprile 2024 ore 17.30 su invito
Degustazione a cura di Altrovino (www.altrovino.eu)

Museo Orto Botanico – Serra Espositiva
Largo Cristina di Svezia, 23 A – 24 – Roma

Apertura al pubblico: dall’8 marzo al 6 aprile 2024

Orari: dal lunedì alla domenica  9.00 – 17.30 (ultimo ingresso 16.30) – non è necessaria la prenotazione
Biglietteria: 06 49917107 (10:00 – 17:30)
Tariffe: intero 5,00 € (non è necessaria la prenotazione) – ridotto 4,00 € 6-18 anni; over 65; studenti universitari e scuole; soci enti convenzionati – gratuito 0-5 anni; studenti e personale Sapienza Università di Roma; diversamente abili e relativi accompagnatori; docenti accompagnatori di gruppi scolastici

Museo Orto Botanico
info-ortobotanico@uniroma1.it
https://web.uniroma1.it/ortobotanico

Giulia Pompilj
giuliapompilj@gmail.com
www.giuliapompilj.com

Ufficio Stampa
Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next – blowart
roberta.melasecca@gmail.com