È online il numero 16 di ArtOnWorld.com – Rivista internazionale d’arte ed economia

Per approfondire la lettura e scoprire molti argomenti fra i quali anche quelli scientifici, vi invitiamo a sfogliare il magazine internazionale collegandovi al seguente link

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É online il nuovo numero primaverile di ARTonWORLD, con in copertina il grande artista Alberto Giacometti. Un focus interessante è dedicato alla sua mostra allestita nel museo SMK di Copenaghen in Danimarca.
Seguono le grandi Fiere dell’arte come Tefaf raccontata dalla nostra collaboratrice estera Ksenia Drobyshevskaya, seguita da Art Basel allestita ad Hong Kong e Basilea, introdotta dalla direttrice responsabile della rivista. Il mercato dell’arte è in piena espansione, lo si legge chiaramente nelle percentuali di opere acquistate dai numerosi collezionisti presenti in queste fiere. Un parterre di gallerie fra quelle italiane ed estere ci fa conoscere opere meravigliose tra artisti affermati ed emergenti. Non mancano i libri d’arte che vengono recensiti in ogni numero.

La sezione dedicata al diritto dell’arte, curata dall’avvocato e professore Giulio Volpe, presenta un argomento molto delicato come “la libera circolazione delle opere d’arte“.

Per la serie del personaggio è stato scelto Giacomo Puccini, in onore della ricorrenza dei cento anni dalla sua morte. Lo scopriamo Fotografo grazie ad una preziosa e inedita mostra allestita presso la Fondazione Ragghianti.

Altri eventi importanti sono il Festival Internazionale dell’Aquilone a Cervia e la presenza della Repubblica di San Marino alla Biennale di Venezia.


CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

Culturalia

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Le immagini eventualmente riprodotte in pagina sono coperte da copyright (diritto d’autore) e – qualora non fosse di per sé chiaro – specifichiamo che sono state fornite a Experiences S.r.l. dagli Organizzatori o dagli Uffici Stampa degli eventi, esclusivamente per accompagnarne segnalazioni o articoli inerenti.Tali immagini non possono essere acquisite in alcun modo, come ad esempio download o screenshot. Qualunque indebito utilizzo è perseguibile ai sensi di Legge, per iniziativa di ogni avente diritto, e pertanto Experiences S.r.l. è sollevata da qualsiasi tipo di responsabilità.

Polo Museale – Castello Conti Acquaviva D’Aragona, Conversano: “Chagall. Sogno d’amore”

Chagall. Sogno d’amore

20 aprile – 27 ottobre 2024
Polo Museale – Castello Conti Acquaviva D’Aragona di Conversano

Dal 20 aprile 2024, al Polo Museale – Castello Conti Acquaviva D’Aragona di Conversano, apre al pubblico la grande mostra Chagall. Sogno d’amoreoltre 100 bellissime opere attraverso cui viene raccontata tutta la vita e l’opera di uno degli artisti universalmente più noti e amati: Marc Chagall.

A seguito dell’esperienza maturata lo scorso anno a Conversano con la mostra di Antonio Ligabue, che ha conseguito un grandissimo apprezzamento da parte dei visitatori, il Comune e Arthemisia rilanciano proponendo al pubblico un artista dalla portata internazionale quale Mar Chagall, evidente segno di crescita e progressione nella proposta culturale della Città.

Marc Chagall (Bielorussia, 1887 – Francia 1985) è uno dei più grandi artisti al mondo ed uno dei principali interpreti della pittura del Novecento che – con le sue opere universalmente note, un inconfondibile stile onirico e fantasioso e una vita ricca di tormenti – rappresenta un unicum nella storia dell’arte.
Ebreo ed esule dalla sua patria, proprio per il credo religioso, nel 1910 si trasferisce a Parigi per approfondire gli studi artistici. Attivamente coinvolto nella Rivoluzione Russa, fonda un’accademia d’arte nella sua terra natia, contestata pesantemente dal Governo. Torna in Francia, ma la seconda guerra mondiale lo costringerà a scappare in Spagna, in Portogallo e negli Stati Uniti. Nel 1944 perde la sua amatissima moglie, e questo sarà un ulteriore e tragico trauma nella vita e nell’opera dell’artista. Nel 1948 Chagall torna in Francia e si stabilisce in Provenza, dove abiterà fino alla sua morte nel 1985.

Chagall. Sogno d’amore rappresenta una straordinaria opportunità per ammirare oltre 100 opere tra dipinti, disegni, acquerelli e incisioni dell’artista; un nucleo di opere rare e straordinarie, certificate e autorizzate dalla Fondation Chagall, provenienti da collezioni private e quindi di difficile accesso per il grande pubblico che consentono di ripercorrere la traiettoria artistica del pittore dal 1925 fino alla morte.

L’Amore è il fil rouge che unisce tutta la produzione di Chagall: amore per la religione, per la patria, per la moglie, per il mondo delle favole, per l’arte.

La mostra, dal forte impatto emotivo, racconta un mondo tutto suo, intriso di stupore e meraviglia. Nelle opere coesistono ricordi d’infanzia, fiabe, poesia, religione ed esodo, un universo di sogni dai colori vivaci, di sfumature intense che danno vita a paesaggi popolati da personaggi, reali o immaginari, che si affollano nella fantasia dell’artista: un immaginario onirico in cui è difficile discernere il confine tra realtà e sogno.

Ad arricchire la mostra anche tanti supporti multimediali come video, approfondimenti didattici, elementi immersivi.

Promossa e sostenuta dal Comune di Conversano Città d’Arte e Museco – Musei in Conversano, la mostra Chagall. Sogno d’amore è prodotta e organizzata da Arthemisia ed è a cura di Dolores Duràn Ucàr, una delle più importanti studiose dell’artista. La voce italiana della mostra è affidata alla storica dell’arte Francesca Villanti.


Date
20 aprile – 27 ottobre 2024

Sede
Polo Museale – Castello Conti Acquaviva D’Aragona
Piazza Conciliazione (Arco monumentale)
Conversano – Bari

Orario apertura
Dal martedì al venerdì 10.00 – 13.30 | 15.30 – 19.00
Sabato e domenica 10.00 – 13.30 | 15.30 – 20.30
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Lunedì chiuso

Biglietti
Intero € 15,00
Ridotto € 13,00

Informazioni e prenotazioni
T. +39 080 99 52 31

Sito
www.arthemisia.it

Hashtag ufficiale
#ChagallConversano

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

L’isola di Saint Barth – Fu Cristoforo Colombo a donarle il nome di suo fratello Bartolomeo

CHAMPAGNE SAINT BARTH

Saint Barth (Saint Barthélemy è il suo nome per intero) – nei meravigliosi Caraibi –  è ricca di vegetazione, insenature e collinette che dominano il mare. Personaggi del calibro di Madonna, Naomi Campbell e Claudia Schiffer, nel corso degli anni ’80 e ’90 hanno fatto conoscere al mondo questo piccolo paradiso che da allora è diventato una delle mete più costose e chic del mondo.

Fu Cristoforo Colombo il primo europeo a metter piede sull’isola di Saint Barth nel 1493 e le donò un nome speciale: quello di suo fratello Bartolomeo.

Situata nelle piccole Antille dei Caraibi e abitata a quel tempo da indigeni dediti alla pesca, nel corso dei secoli successivi l’isola di Saint Barth ha assistito al passaggio di numerosi coloni: Svezia, Francia e Ordine di Malta si sono susseguiti negli anni e hanno lasciato il segno in piccoli dettagli. La capitale Gustavia ad esempio, si chiama così per il passaggio di Re Gustav.

In seguito al referendum del 1878 l’isola di Saint Barth torna sotto il controllo della Francia che trasmette tradizioni, leggi e cultura: si ritrova nel profumo di baguette che si sente passando davanti alle boulangeries, nei piatti tipici della cucina francese, nello charme trasmesso dagli abitanti del posto, nell’atmosfera elegante che si percepisce in ogni angolo.

Oggi Saint Barth è un’isola per pochi perché la notevole popolarità data da stilisti, attori, modelle e fotografi, ha reso questo fazzoletto di terra una destinazione d’élite, dove i prezzi di ville affacciate sul mare raggiungono cifre astronomiche e dove gli hotel con meno di 4 stelle si contano sulle dita di una mano. Ma un viaggio da queste parti, merita davvero? Come dicono gli americani, tanto amanti di questa zona del mondo, yes, definitely.


L’arte di Angelo Caroselli tra naturalismo e stregoneria, nel nuovo saggio di Maurizia Tazartes

MAURIZIA TAZARTES
Angelo Caroselli e compagni di strada
Arte, risse, streghe in Campo Marzio (1600-1650)

Mauro Pagliai Editore, 2024
Maurizia Tazartes
Angelo Caroselli e compagni di strada
Arte, risse, streghe in Campo Marzio (1600-1650)
Mauro Pagliai, 2024
Pagine: 112
Caratteristiche: ill. b/n, 34 tavv. col. f.t., br.
ISBN: 978-88-564-0537-8
 
Collana: Gli artisti raccontati nel loro tempo
Settore:
A1 / Storia dell’arte
Prezzo: 18 €

Roma, prima metà del ‘600. Campo Marzio è un quartiere caotico e rissoso, un “tridente” di vie in cui palazzi signorili e tuguri respirano la stessa maleodorante aria. La città cresce senza regole ed è qui che Angelo Caroselli (1585-1652) vive la sua esperienza artistica, iniziata col lavoro di copista nella bottega del padre rigattiere. Descritto come “malvestito, trascurato, stoico e filosofo”, ben presto Caroselli riesce a far crescere il suo laboratorio, collaborando e coesistendo con altri pittori quali Pietro Paolini, Agostino Tassi, nonché gli artisti nordici trasferitisi proprio a Campo Marzio, tra cui Pieter van Lear e Claude Lorrain.

Maurizia Tazartes ci regala un saggio di ampio respiro, un lungo racconto di vita e arte ricco di vicende intriganti e basato su una attenta ricerca documentale.       

Genio e sregolatezza: binomio perfetto se ci riferiamo a Caravaggio e a quegli artisti che, sulla sua scia, influenzarono profondamente il Seicento italiano e, in definitiva, la storia dell’arte.

Tra loro Angelo Caroselli (Roma, 1585-1652), artista non tra i più noti ma non per questo secondari.   protagonista di quella scena romana tumultuosa, segnata da un sorprendente fermento artistico così come da lati oscuri ed episodi di cronaca nera degni di un grande “romanzo criminale”.

Il nuovo saggio di Maurizia Tazartes, intitolato Angelo Caroselli e compagni di strada, pubblicato dall’editore Pagliai, rende omaggio a questo artista inquadrandone l’opera nel contesto storico attraverso un attento scavo documentario.

Tazartes, storica d’arte, autrice di importanti monografie – tra cui quelle dedicate a Vermeer (Mondadori, 2008) e Hokusai (Skira, 2016) – torna ad occuparsi dei caravaggeschi dopo i suoi lavori su Orazio Gentileschi (Pagliai, 2016) e Agostino Tassi (Pagliai, 2017).

“Caroselli”, spiega la studiosa, “è uno di quei pittori poveri ed estrosi, straordinari e innovativi, che dai modelli di Caravaggio passano a nuovi linguaggi”.

La sua esperienza artistica inizia col lavoro di copista nella bottega del padre rigattiere. Siamo a Campo Marzio, un quartiere caotico e rissoso, un “tridente” di vie in cui palazzi signorili e tuguri respirano la stessa maleodorante aria. Dove si consumano agguati e tradimenti, e dove fa capolino perfino la magia nera: le Vanitas dipinte da Caroselli, allegorie incentrate sulla vanità dei fatti umani, si rifanno a un mondo in cui indovine e maghe ricevono i clienti nelle loro abiette dimore, e negromanti evocano i morti con i loro artifici. Ma nelle stesse strade, ad esempio, opera anche la comunità dei Bentvueghels, paesaggisti tedeschi e olandesi irruenti, spregiudicati, geniali che, tra bettole e gozzoviglie, si confrontano con il naturalismo di Michelangelo Merisi.

Personalità enigmatica e complessa, molto abile nel restauro e nelle copie di dipinti, Caroselli riesce a far crescere la bottega di pittura e a lasciare un’importante quantità di opere, molte ancora sparse sul mercato e ancora in attesa di una sistemazione cronologica. Il suo talento lo porterà a Firenze, alla corte del granduca Cosimo II de’ Medici, e successivamente a Napoli, dove lavorerà per aristocratici, mercanti, borghesi, e ordini religiosi.

A differenza di tanti suoi “compagni di strada”, finiti uccisi o travolti dalle tragedie familiari, Angelo riuscirà alla fine a far fronte a infortuni e dispiaceri e dedicarsi a un’esistenza relativamente tranquilla: abbandonati gli amori fugaci, convolato in seconde nozze nel 1642, si spegnerà una decina d’anni dopo nel suo letto romano. La sua eredità saranno i figli – di cui uno artista di talento – ma soprattutto una serie di dipinti dove il realismo si intreccia spesso con le note inquietanti della magia.


Maurizia Tazartes
Angelo Caroselli e compagni di strada
Arte, risse, streghe in Campo Marzio (1600-1650)
Mauro Pagliai, 2024
Pagine: 112
Caratteristiche: ill. b/n, 34 tavv. col. f.t., br.
ISBN: 978-88-564-0537-8
 
Collana: Gli artisti raccontati nel loro tempo
Settore:
A1 / Storia dell’arte
Prezzo: 18 €

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La mostra del Sassetta occasione per scoprire uno dei più incredibili borghi d’Italia

Sassetta: Madonna col Bambino, tempera su tavola, 67,5 x 45,3. Siena, Arcidiocesi dalla pieve di San Giovanni Battista a Molli (Sovicille)
IL SASSETTA E IL SUO TEMPO
Uno sguardo sull’arte senese del primo Quattrocento
Massa Marittima, Museo di San Pietro all’Orto
15 marzo – 14 luglio 2024

Mostra a cura di Alessandro Bagnoli

Dal 15 marzo, ai Museo di San Pietro all’Orto si potranno ammirare le magnifiche opere riunite dalla mostra “Il Sassetta e il suo tempo. Uno sguardo   sull’arte senese del primo Quattrocento”. L’esposizione resterà aperta al pubblico sino al 14 luglio, consentendo di ammirare un nucleo fondamentale di tavole di Stefano di Giovanni, meglio noto come il Sassetta (attivo a Siena dal 1423 al 1450), l’artista che immise i fermenti del Rinascimento nella grande tradizione trecentesca senese.

La mostra, curata da Alessandro Bagnoli, è promossa dal Comune di Massa Marittima, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Siena – Colle Val d’Elsa – Montalcino, il Dipartimento Beni Culturali dell’Università di Siena, la Diocesi di Massa Marittima – Piombino, la Pinacoteca Nazionale di Siena, la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo.

Il Sassetta riunito al San Pietro vale da solo una visita, per la bellezza delle selezionatissime opere, sue e di precisi artisti di confronto.   

Sassetta, Adorazione dei Magi (31 x 36,4 cm).
Siena, collezione Chigi Saracini

Ma a rendere imperdibile una gita a Massa Marittima in occasione della mostra è anche il contesto che la accoglie. A partire dal Museo di San Pietro, dove tra i diversi capolavori spicca la Maestà di Ambrogio Lorenzetti, poi il contiguo, curioso, Museo dell’Organo e dell’Arte Organaria, e l’intero borgo, incredibile scrigno d’arte e di architettura.

Massa sorse nel cuore delle Colline Metallifere, dal cui sottosuolo si estraeva anche l’argento. Fatto che certo favorì l’istituzione di una zecca cittadina. Il poter battere moneta, il trasferimento in questo luogo protetto della Corte Vescovile prima insediata a Populonia, la presenza di un ceto economico ricco e collegato con l’intera Europa, favorì il crearsi di una serie di monumenti di grandissimo pregio, la cui costruzione venne commissionata alle migliori maestranze del momento. Basti pensare alla maestosa cattedrale di San Cerbone, opera dei Maestri Comacini, al Palazzo Comunale, a quello del Podestà e ad altri che testimoniano il potere e il gusto della classe dirigente tra Medio Evo e primo Rinascimento. Gli imponenti edifici di antichi conventi e monasteri, spesso oggi destinati a funzione diversa da quella originaria, testimoniano l’importanza che ebbero anche a Massa la presenza e la committenza, religiosa.

Ma il monumento più popolarmente celebre della città sono le Fonti dell’Abbondanza, per l’incredibile affresco che le sovrasta: l’albero della Fecondità un unicum nell’iconografia medievale. L’affresco venne realizzato a cavallo tra il ‘200 e il ‘300, a pochi passi dalla Cattedrale, proprio sopra una delle vasche utilizzate per l’approvvigionamento idrico della popolazione. Vi è raffigurato un grande albero, allegoria dell’abbondanza, da cui pendono dei falli di ragguardevoli dimensioni, oggetto della contesa di un gruppo di donne. Il tutto sotto un volo indifferente di neri corvi.   

Quando Siena mise fine all’autonomia del Comune di Massa Marittima, dimezzò la Torre del Candeliere e costruì il Cassero una fortificazione interna alla città per tenere sotto controllo i cittadini ribelli. Questi due gioielli, la torre e il Cassero, furono uniti dall’arco senese, un unicum per bellezza monumentale.

I reperti del ricco Museo Archeologico testimoniano quanto antica sia la presenza umana su queste colline.

Non è di interesse turistico, ma certo storico, il fatto che in questo borgo siano attive ben 3 logge massoniche. Una serena convivenza di pensieri e credi che fa di Massa Marittima un luogo non solo bello da scoprire ma anche da vivere.


La mostra sarà aperta dal 15 marzo al 30 giugno dal martedì alla domenica 9.30 – 13.00 \ 14.30 – 18.00 e dall’1 al 15 luglio tutti i giorni 9.30 – 13.00 \ 14.30 – 18.00.
 
Info e prenotazioni:
Museo di San Pietro all’Orto, Corso Diaz 36 – Massa Marittima 0566/906525;
accoglienzamuseimassa@gmail.com   www.museimassamarittima.it 
 
Ufficio Stampa:
Ufficio Stampa del Comune di Massa Marittima, Monica Moretti, mmoretti95@gmail.com
 
Ufficio stampa del Sistema dei Musei di Maremma e del Parco delle Colline Metallifere, Fabrizio Lucarini    fabrizio@ilogo.it
 
In collaborazione con
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
ref. Roberta Barbaro roberta@studioesseci.net

«La scomparsa del Banco di Napoli» presentazione a Palazzo Ricca del libro di Andrea Rey 


Nel lontano ottobre 2017 cominciammo ad occuparci della Questione del Banco di Napoli. Fino ad oggi sono stati pubblicati oltre 50 articoli sul giornale il Denaro on line e su Experiences.

Le presentazioni del libro “La scomparsa del Banco di Napoli” sono state fatte in tutti i comparti della società:

  • Culturali – al Museo di Napoli di Gaetano Bonelli, ben due volte, è persino intervenuto a sorpresa il Vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola, dandoci anche l’auspicato sostegno istituzionale
  • Accademici – alla Facoltà di Economia e Commercio, presenti i Professori Adriano Giannola e Renato Briganti, nonché gli allievi del Master in Finanza Etica
  • Associativi – presentazione del libro presso il Circolo La Contea dell’Onorevole Avvocato Luciano Schifone
  • Professionali – presso l’Ordine dei Commercialisti di Napoli
  • Fondazione Arciconfraternita di San Giuseppe dei Nudi – alla presenza del giornalista Rai Ermanno Corsi e del Sovrintendente della Fondazione Avvocato Ugo de Flaviis
  • Alla Fondazione Banco di Napoli – luogo simbolo dove è iniziata la nostra narrazione.

È stato fatto un ottimo lavoro. Adesso, che tutti i comparti sociali e istituzionali sono stati finalmente informati, si apre una fase nuova, la Battaglia per la Rifondazione del Banco di Napoli utilizzando tutte le possibilità tecniche, editoriali, mediatiche e di comunicazione.

Dobbiamo realizzare un docu-film. sulla scomparsa del Banco di Napoli e presentare per una ultima volta il libro alla Università Cattolica di Milano, nella capitale finanziaria di questo Stato.


“Il Banco di Napoli non era solo una banca, anzi la banca più antica al mondo, ma una parte integrante della cultura e dell’identità di Napoli, testimone di secoli di storia e trasformazioni sociali, come comprova il suo Archivio Storico”. Sabato 9 marzo alle 10:30, a Palazzo Ricca, è in programma la presentazione del libro di Andrea Rey, Ricercatore di Economia Aziendale Università degli Studi di Napoli “Federico II”, «La scomparsa del Banco di Napoli», Editoriale Scientifica. Partecipano con l’autore, Adriano Giannola Professore Ordinario di Economia Bancaria Università degli Studi di Napoli “Ferderico II” già Presidente Fondazione Banco di Napoli, Marilena Rispoli Farina Professore Ordinario di Diritto Commerciale e Bancario Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Roberto Maglio Professore Ordinario di Economia Aziendale Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Orazio Abbamonte Presidente Fondazione Banco di Napoli. Modera il giornalista Nando Santoanastaso.

«La vicenda che poco meno d’un trentennio fa ha portato alla scomparsa del Banco di Napoli – spiega Abbamonte – la principale risorsa per il sostegno all’imprenditoria e non solo del Mezzogiorno, per quanto ormai risalente, conserva una grande attualità per la comprensione del nostro recente trascorso, condizione indispensabile per agire nell’attualità. Attraverso quella grave operazione, il Sud è stato privato del suo principale Istituto di credito, con conseguenze incalcolabili in termini di opportunità di sviluppo perdute. Questione, come si vede, di straordinaria attualità, oggi che si discute di Regionalismo differenziato e che le aree territoriali più ‘fortunate’ sono indotte a ridurre gli spazi di solidarietà Nazionale». In questa prospettiva, la Fondazione ha promosso la presentazione del volume di Rey, che contribuisce, con puntualità di apporti, a far chiarezza sulle condizioni che favorirono la fine del Bando di Napoli. «Attraverso una ricerca minuziosa – commenta Rey – si è cercato di dipingere un quadro completo della vicenda, esplorando le intricate circostanze che hanno determinato la scomparsa del più grande polmone finanziario del Mezzogiorno. Nel libro, si è andati oltre la semplice cronaca degli eventi, cercando di dare spazio al complesso impianto normativo-regolamentare nonché alle articolate e innovative operazioni finanziarie su cui si è basato l’intervento di salvataggio dell’Istituto napoletano. 

Dati oggettivi e non opinioni personali caratterizzano l’intero volume: il lettore svilupperà la propria riflessione sull’operazione che, di fatto, ha cancellato oltre cinque secoli di storia». L’obiettivo della ricerca è comprendere se l’intervento definito di “salvataggio” del Banco di Napoli sia stato eseguito in maniera tale da tutelare effettivamente l’Istituto Napoletano, i suoi azionisti e i suoi creditori oppure altri attori che hanno partecipato all’operazione. «Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il puntuale contributo del Professore Emerito Adriano Giannola – dice Paolo Pantani Vice Presidente Centro studi Regione Mezziogiorno EU-MED – testimone in prima persona della genesi della clamorosa scomparsa di un Banca, la più antica del mondo. La motivazione è quella di rendere giustizia alla scomparsa immotivata dal nostro tessuto economico del Banco di Napoli, e rendere possibile un riscatto e una rifondazione di questo fondamentale strumento economico». 



Da Paolo Pantani paolopantani44@gmail.com

A chiarimento delle problematiche relative al copyright delle immagini.
Le immagini eventualmente riprodotte in pagina sono coperte da copyright (diritto d’autore) e – qualora non fosse di per sé chiaro – specifichiamo che sono state fornite a Experiences S.r.l. dagli Organizzatori o dagli Uffici Stampa degli eventi, esclusivamente per accompagnarne segnalazioni o articoli inerenti.Tali immagini non possono essere acquisite in alcun modo, come ad esempio download o screenshot. Qualunque indebito utilizzo è perseguibile ai sensi di Legge, per iniziativa di ogni avente diritto, e pertanto Experiences S.r.l. è sollevata da qualsiasi tipo di responsabilità.

Anna Laura Longo e l’interesse per una scrittura multi-centrica

Anna Laura Longo

Una nota che fa riferimento a una recente pubblicazione poetica . L’autrice è Anna Laura Longo, la casa editrice Campanotto. 

Ammirevole l’onda.
Non può essere istituzionalizzata.

Siamo a pag.21 di Declinazioni del timbro, una raccolta di neo-scritture poetiche, pubblicata da Campanotto editore e di cui è autrice Anna Laura Longo.

La possibilità di avvicinarsi a un vero e proprio fragore d’onda era stata già acutamente intravista dal critico Cesare Milanese, che ha firmato la post-fazione relativa al precedente volume, intitolato Questo è il mese dei radiosi incarnati del suolo (Oèdipus).

E proprio Milanese già faceva notare come, nei versi di Longo, si potesse procedere a sorvolo in una serie di “permutazioni”, sia concettuali, sia visive, rilevando un’arditezza conveniente e apposita, volta a una sollecitazione di tutti i sensi, con un’accentuazione continua proprio di un “suolo di mare” in fragore d’onda e di un “suolo di terra” in crepitìo, dovuto ai crespi sentieri, di cui l’autrice stessa ci parla e ci fa fare esperienza.

In Declinazioni del timbro, l’energia di ondeggiamento si rende ora oltremodo esplicita. Quelli che vengono proposti possono considerarsi in sostanza dei testi multicentrici: la mobilitazione interna, determinata dal particolarissimo incedere delle parole, delle immagini, delle esplorazioni ritmiche e multisensoriali, avviene con naturalezza ma, nello stesso tempo, si offre a un passo davvero trepidante.

Feedback
retroazione
localizzata in parte sul volto
e mitigata da un flusso caldo
disintegrante.

Può risultare interessante soffermarsi sull’espressione “localizzata in parte sul volto” proprio perchè quella che viene messa in atto, anche mediante una costruzione sintattica giocata quasi interamente sulla frammentazione e sulla mobilitazione interna, è volontariamente una scrittura che punta a generare un dis-locamento (anche per l’occhio). Il tutto avviene attraverso una calibrata costruzione o, si potrebbe dire, attraverso un’indagine focalizzante, in cui l’immagine o l’evento che poeticamente affiora prende le mosse da una parziale e provvisoria localizzazione. Successivamente, attraverso un balzo atletico e repentino, il procedimento costruttivo a cui si affida la scrittura, conduce verso una de-localizzazione istantanea, che condurrà a dare risalto a una nuova e altrettanto momentanea localizzazione. Questo l’assunto che viene ad essere instillato nei versi. L’autrice non a caso ci tiene a descrivere la sua poetica come un qualcosa di vicino all’arte cinetica. Una scrittura di questo genere, in qualche modo basata su un’efficacia anti-statica, non potrà che sviluppare una rinnovata demarcazione dei territori poetici.

Le onde rendono rilevabile
una nuova e limpida demarcazione.
L’improbabile resta possibile
se un meta-sistema affiora
smaniando.

Ecco, nuovamente, le onde pronte ad avvolgerci e a catturarci. Ciò che risulta interessante è che tale demarcazione, dal punto di vista della fruizione, può trovare spazio nella pagina, ma può avere una risonanza anche al di fuori di essa. Il desiderio è quello di produrre un’energica animazione nei percorsi. A pag.23 non potrà sfuggire il fatto che si parli di una “stabilizzazione incauta, che prelude ai passi della meraviglia”. E più avanti ci avvince la forza riversata in un “aitante sradicamento”.


[…] é necessario il suolo
nel tentativo di disancorare
il passo o l’azione inservibile,
alimentando il vuoto o un alone di attesa
per il concretarsi del passaggio nitido,
desiderabile.

Ecco un ulteriore squarcio poetico che sintetizza il senso dei procedimenti messi in atto.Di qui la necessità di offrire tipologie o “forme” di esperienze conoscitive molto personalizzate e soprattutto confacenti alla natura della ricerca artistica portata avanti: la conoscenza del libro – ci dice l’autrice – può avvenire anche e soprattutto attraverso esperienze collocate al di fuori del libro stesso. Anna Laura, da questo punto di vista, ci pone infatti di fronte a risultati anche sonori e artistico-visivi, facendo ruotare in modo intrepido le sensazioni, così come avviene negli otto componimenti finali, definiti per l’appunto Corollari intrepidi. Questi ultimi si basano su una prosa scattante, che viene disarticolata con raffinatezza e con una messa a fuoco che si fa notare in virtù delle abilissime deviazioni o per i ribaltamenti sensoriali prospettati, rispondenti a un criterio costruttivo complessivamente coerente e, a ben vedere, unificante. Sempre Cesare Milanese scriveva: “un’attitudine, questa, che le consente di saper mantenere il continuum del testo sempre in tenuta di sé stesso…”

Il movimento, che coincide proprio con l’ondeggiamento di carattere ciclico e vistosamente legato al fatto naturale – va detto – è pregno di coraggio e racchiude anche una richiesta implicita di trascendenza, non soltanto una giusta pretesa di libertà interiore.

Il coraggio è stato trovato steso
e aderente a un’isola,
come un blocco acerbo,
ma diluito tra sottili colpi
e formidabili ondate.

Diverse ricerche musicali circondano questo libro e danno un risalto anche all’attività  musicale di Longo, pianista sperimentale e artista-visiva oltreché autrice. In conclusione, l’onda non può affatto essere istituzionalizzata e, di pari passo, la vita non può arrivare ad essere “istituzionalizzata”: grazie a questo libro siamo posti di fronte alla necessità di scorgere questo rischio e siamo invitati quindi a disabilitare le nostre distrazioni, per recuperare una buona vigilanza in merito al mantenimento di una visione o di un’esperienza, almeno in parte, libera dai condizionamenti. In quanto disegnatrice di percorsi agili e sostanzialmente mutevoli, l’onda-Longo celebra dunque niente altro che la preziosità dell’arte, il cui segreto non può e non deve essere racchiuso in codici, in strutture, in formule o schemi. La delicata fuoriuscita dai margini, ricostruita proprio nelle pagine, ci restituisce, in qualche modo, un’interpretazione riguardante il senso di esistere o di poter essere al mondo.


Da Elisabetta D’onofrio 
Estro Lab estro.lab@hotmail.com