
Simbolo della Roma medievale e testimone di duemila anni di storia, la Torre dei Conti torna oggi al centro dell’attenzione dopo i recenti crolli. La legge impone il suo restauro, non la demolizione. Ma nel dibattito sulla tutela del patrimonio non si possono dimenticare le vite perdute nei cantieri.
Un monumento scampato ai secoli
Poche architetture raccontano la storia di Roma come la Torre dei Conti, eretta sul confine tra il Foro della Pace e via Cavour, sopravvissuta a guerre, terremoti, demolizioni e persino ai piani urbanistici più invasivi del Novecento. Il recente crollo di una sua parte, seguito da quello della torre gemella di Segni, ha riportato all’attenzione pubblica la fragilità di un edificio unico nel suo genere e la necessità di un intervento urgente di restauro.
Dietro ogni disastro, però, si cela una catena di concause. E dietro ogni pietra caduta ci sono nomi e storie, come quella di Octay Stroici, l’operaio morto nel cantiere, rimasto intrappolato sotto le macerie. La sua vicenda richiama una riflessione più ampia sulla sicurezza sul lavoro, sulla responsabilità civile e sull’assenza, nel diritto italiano, di una categoria analoga all’“act of God” anglosassone, che riconosce la fatalità senza escludere la ricerca della verità. Un tema che dovrebbe riaccendere l’attenzione sul sostegno concreto alle famiglie dei caduti sul lavoro, italiani e stranieri.

Dall’età imperiale al Medioevo: duemila anni di storia
La Torre dei Conti è un mosaico di epoche sovrapposte. Le sue fondamenta risalgono all’età imperiale: un’ala laterale del Foro della Pace di Vespasiano (71-75 d.C.), che inglobava una delle nove esedre del complesso e ospitava, nella sesta aula, la celebre “Forma Urbis Romae”, la grande pianta marmorea della città affissa sotto i Severi. Durante il pontificato di Felice IV (526-530), una delle aule fu trasformata nella Basilica dei Santi Cosma e Damiano, segno di una continuità d’uso che attraversa i secoli.
Nel Medioevo, intorno all’anno 858, Pietro dei Conti di Anagni vi edificò la prima torre, inglobando parte delle strutture romane. Ma è nel 1203 che l’edificio assume la forma conosciuta, per volontà di Riccardo dei Conti di Segni, fratello di Innocenzo III, con l’intervento dell’architetto Marchione Aretino. Alta oltre sessanta metri, rastremata a gradoni e costruita su tre blocchi sovrapposti, la torre si impose come una delle più potenti fortificazioni della Roma papale, in posizione strategica fra Vaticano, Laterano, Campidoglio e Quirinale.
Lo stesso Petrarca, nella lettera XI,7 delle Familiares, ne celebrò la grandezza: dopo il terremoto del 1348, che ne dimezzò l’altezza, scrisse che la torre “come decapitata, contempla l’onore disteso al suolo della sua superba cima”.
I terremoti, gli spogli e i restauri
Da allora, la torre ha conosciuto una lunga serie di ferite: il crollo del 1348, quello del 1644, altri danni nel 1703, nel 2009 e nel 2016, fino alla dichiarazione d’inagibilità del 2006. A ogni scossa, a ogni crollo, la sua massa di laterizi e travertini – ricavati in parte dagli spolia dei Fori – si è ridotta, consolidata, ricomposta.
Nel Cinquecento, quei marmi furono persino staccati e riutilizzati per ornare Porta Pia, in un paradossale ciclo di riuso dei materiali. Nel Seicento, sotto Alessandro VII Chigi, furono aggiunti i contrafforti. Poi il degrado: stalla, deposito di carbone, rudere dimenticato nel cuore di Roma.
Con la modernità, l’assedio del tempo cambiò volto. Nel 1884, la torre passò ai Nicolini, che costruirono accanto un palazzo affacciato sul Foro Romano e tentarono perfino di demolirla, senza riuscirvi. Mezzo secolo dopo, fra il 1932 e il 1934, il palazzo fu abbattuto per aprire via dell’Impero (oggi via dei Fori Imperiali), ma la torre fu risparmiata. Nel 1937, Mussolini la donò alla Federazione Nazionale Arditi d’Italia, che vi installò il “Tempio della Pace”, trasformato poi in Mausoleo degli Arditi, dove riposa Alessandro Parisi.
Un monumento tutelato “tre volte”
Oggi la Torre dei Conti è protetta da tre diverse forme di tutela: ope legis per la proprietà pubblica, con decreto di interesse culturale specifico e con tutela d’insieme lungo l’asse dei Fori Imperiali. La legge ne vieta la demolizione e impone il restauro.
Eppure, da anni, il monumento attende interventi di consolidamento, mentre le puntellature – presenti su molti altri edifici lungo la linea C della metropolitana – sono qui assenti o insufficienti. Nel frattempo, la precarietà strutturale e l’abbandono si sommano a un contesto urbanistico sempre più fragile, dove le modifiche alla viabilità storica (come sulla via Alessandrina) rischiano di aggravare le condizioni di equilibrio di tutto il sistema archeologico.
La voce degli studiosi: l’appello dei Lincei
Il 9 novembre, ventisei accademici dei Lincei – tra storici, archeologi e storici dell’arte – hanno lanciato un appello pubblico per la messa in sicurezza immediata e il restauro della Torre dei Conti. Nella loro lettera si sottolinea come il monumento, tra i più significativi esempi dell’architettura medievale romana, debba essere restaurato secondo criteri rigorosi, evitando qualunque ipotesi di demolizione o di uso improprio.
Gli studiosi contestano inoltre i progetti che prevedono “pesanti dotazioni impiantistiche” – come una caffetteria panoramica o una sala conferenze – in una struttura tanto complessa e fragile. Invocano invece un ritorno alla sobrietà: la torre, scrivono, deve conservare la sua funzione di monumento, al pari degli altri resti antichi dell’area dei Fori imperiali, accogliendo solo usi compatibili con la sua natura.
Restauro, non demolizione
La vicenda della Torre dei Conti è una prova di coscienza per l’Italia intera. Non è solo una questione tecnica o urbanistica, ma una sfida alla memoria e alla responsabilità collettiva. A più di due secoli dal chirografo di Pio VII (1802), che sanciva la protezione dei monumenti nello Stato Pontificio, la tradizione italiana del restauro resta un modello internazionale.
Lasciare che una torre così simbolica cada nell’oblio significherebbe rinunciare a quella stessa idea di tutela che ha reso Roma un museo a cielo aperto. Restaurarla, invece, vuol dire restituirle la voce che il Petrarca le aveva immaginato: quella di una città che, ferita ma vigile, continua a contemplare la propria storia.
Appello dell’Accademia Nazionale dei Lincei
Il 9 novembre 2025, 26 studiosi – tra storici, archeologi e storici dell’arte – hanno sottoscritto una lettera aperta in cui ribadiscono che la Torre dei Conti “è un importante monumento della Roma medievale e la legge ne contempla la conservazione, in nessun caso la demolizione”. (www.ilgiornaledellarte.com)
Nel documento gli accademici esprimono preoccupazione per le destinazioni d’uso previste dall’amministrazione comunale (caffetteria panoramica, museo, sala conferenze) e sollecitano l’avvio immediato delle puntellature, ricordando che “se non lo fa il Comune, è tenuto a farlo lo Stato tramite il Ministero della Cultura”. (Corriere Roma)
Concludono con un richiamo alla tradizione italiana nella tutela del patrimonio: la torre deve essere restituita alla sua funzione di monumento — «senza provocare alterazioni incongrue e danneggiamenti». (la Repubblica)
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