Il tempo. Come guadagnarlo piuttosto che sprecarlo – 1/3

Kairòs, copia ispirata al bronzo di Lisippo
e conservata nel Museo di Antichità di Torino

di Sergio Bertolami

In queste poche righe proverò a parlare del tempo, non certo per dare una risposta ad un tema filosofico universale, quanto piuttosto per riflettere su come più opportunamente potremmo impiegarlo nel quotidiano. Per questo comincerei con la fatidica domanda: «Che cos’è il tempo?». Nelle Confessioni, Agostino d’Ippona così risponde «Quando nessuno me lo chiede, lo so, ma, se qualcuno me lo chiede e voglio spiegarglielo, non lo so più». Agostino concentra le sue considerazioni proprio sul vivere una realtà di per se dinamica, perché, dice, «tre sono i tempi, il presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro. Infatti questi tre tempi sono in qualche modo nell’animo, né vedo che abbiano altrove realtà: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione diretta, il presente del futuro l’attesa». Il tempo è, dunque, un’estensione del tutto umana; concepibile solo all’interno della volontà creatrice di Dio, che a differenza nostra non ha né un “prima” né un “dopo”, ma è eterno. Mentre il tempo che ha principio e fine è una sua creatura ma sta a noi gestirlo. A noi che è dato da vivere, dall’alfa all’omega.

In questi passaggi di riflessione è racchiusa una concezione del tempo che la classicità grecoromana aveva già esplorato, legandola oltretutto alla divinità, come indica Agostino. Per meglio dire, a una poliedricità del divino. Per i greci, Aion rappresenta il tempo infinito dell’eternità; Kronos il tempo sequenziale del passato/presente/futuro. I romani doppiano i greci con Eone e Saturno. Ciò che dell’antichità meraviglia è la profondità che non riusciamo più a percepire, indotti a intendere i protagonisti della mitologia come figurine distanti da noi e spesso risibili. Sono in realtà allegorie, attraverso cui rendere tangibili concetti spesso oscuri. Concetti che al contrario andrebbero approfonditi e spiegati. Se ci riferiamo, per esempio, a un famoso epigramma di Posidippo, ci accorgeremmo che un terzo dio soprassedeva il tempo, oltre ad Aion e Kronos. Lo rappresenta Lisippo nel IV secolo in un bassorilievo in bronzo [nell’immagine una copia in marmo]. Si tratta di Kairòs, divinizzazione  di un concetto centrale nel pensiero greco: il tempo  opportuno e conveniente, il momento propizio. La personificazione romana è declinata al femminile: Occasio, e la divinità antitetica si chiama Pœnitentia, poiché persa la buona occasione, l’opportunità favorevole, non rimane che subirne la conseguente penitenza.

Kairòs ed Occasio sono ambedue numi difficili da riconoscere. Hanno piedi alati, il volto coperto da un folto ciuffo sulla fronte e il capo così raso da rendere impossibile afferrarli dal retro per i capelli una volta sfuggiti. L’immagine allegorica dimostra che, perso il momento propizio, non potremo che rammaricarci. È possibile, però, rimediare, sapendone trarre un’esperienza e capacitarci che le opportunità vanno colte immediatamente. Per farlo occorre riflettere che, se nel passato il tempo era considerato influente in quanto scandito dai ritmi naturali (la notte e il giorno, l’estate e l’inverno, la semina e il raccolto), nel vivere odierno è divenuto imprescindibile.

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