Infinite sono le ricette per la preparazione del timballo, il cui ripieno non impone limiti alla fantasia. Il timballo della tradizione è quello di maccheroni, dalle svariate forme e consistenze: maccheroni corti o lunghi, secchi o freschi (cioè lavorati a mano) lisci o rigati. Ma sono presenti anche ziti, mezzemaniche, fettuccine, lasagne…e persino il riso, cereale di antica tradizione siciliana, oggi desueto in queste preparazioni. Li accompagnano le verdure, le carni tra le quali quelle di gallina contenente le uova non nate, animelle e rigaglie (frattaglie).
Il timballo eleva i maccheroni, associati spesso alla schiettezza e alla semplicità del popolo, a piatto di prestigio, infatti la sua fama a partire dal secolo XVII travalica le Alpi, innalzandolo a piatto nobiliare e facendogli assumere un ruolo di primaria importanza nella letteratura gastronomica francese e italiana. Il famoso cuoco Antonin Carême celebra il timballo di maccheroni tanto da renderlo una preparazione di prestigio per l’Italia del Risorgimento e per la Francia dell’Impero e della Restaurazione.
L’interscambio tra le due culture gastronomiche, già nel Rinascimento aveva visto il prevalere della cucina italiana e in particolare toscana in Francia grazie a Caterina dei Medici, famosa, nello specifico, per aver introdotto l’uso di elaborati pasticci di carne. Nel ‘600 e nel ‘700, i ruoli si invertono, l’egemonia spetta alla cucina francese che, ingentilisce ed armonizza l’uso dei prodotti, controllando il dosaggio delle spezie, equilibrando contrasti fra dolce e salato e introducendo nuove tecniche di cottura. La superiorità di questa cucina contribuisce alla istituzione di un gergo specifico tuttora presente nel lessico abituale della gastronomia siciliana: monsù da monsieur, ragù da ragoût, gattò da gateaux…