In occasione delle feste, le autrici Emma si riuniscono ancora una volta – ciascuna con il suo personalissimo stile e con un tocco di ironia – per regalare alle lettrici nuove ricette del cuore. Ai manicaretti già protagonisti dei racconti usciti tra la primavera e l’autunno del 2015, si aggiungono nuove idee da gustare nel periodo natalizio. Il risultato è molto più di una semplice raccolta di ricette: ogni piatto porta con sé un luogo, una storia, pronto per impregnare con i suoi profumi e i suoi sapori le pareti della vostra cucina. Lasciatevi ispirare da piatti tradizionali che sanno di casa e di festa, ce n’è davvero per tutti i gusti e per tutte le occasioni: dalla Liguria alla Sardegna, dalla Catalogna alla Germania. Avete davvero l’imbarazzo della scelta: basta mischiare gli ingredienti, lasciare risposare e poi, finalmente, condividere con le persone che amate.
Una delle figure centrali della New York School, Mark Rothko ha rifiutato con enfasi la lettura del suo lavoro in termini puramente formali ed estetici. Ha usato mezzi astratti per esprimere “emozioni umane di base – tragedia, estasi, sventura e così via”, sforzandosi seriamente di creare un’arte di un’intensità maestosa per un mondo secolare. La scala era un fattore enormemente importante per Rothko: “Dipingere un quadro piccolo significa mettersi al di fuori della propria esperienza, considerare un’esperienza come una visione stereottica o con un vetro riducente. Comunque dipingi il quadro più ampio, ci sei dentro “.
L’éléphant Célèbes, o Elefante Celebes, Elefante di Celebes e Celebes, è un dipinto (125 × 108 cm, olio su tela) del pittore Max Ernst, realizzato nel 1921 e situato nella Tate Modern di Londra. Oltre ad essere stata un’opera che fece da ponte fra lo stile dadaista e quello surreale di Ernst, Celebes è uno dei suoi primi dipinti a sfruttare la tecnica del “collage pittorico”, che simula l’accostamento di numerosi frammenti cartacei fra loro. Nell’opera è raffigurata un’imponente e grottesca creatura tondeggiante con due gambe massicce e una lunga protuberanza che collega il suo corpo alla piccola testa. Sulla sua “cima” è presente un motivo bizzarro che è forse impossibile da associare a qualcosa di esistente. Alla destra del mostro sono visibili un nudo femminile senza testa con il braccio destro sollevato e, dietro di lei, una struttura verticale composta di motivi geometrici. Sebbene vi siano delle nuvole sulla parte superiore del dipinto, la presenza di due pesci in alto a sinistra fa supporre che sia ambientato in un fondale marino.
Max Ernst (Brühl, 2 aprile 1891 – Parigi, 1º aprile 1976) è stato un pittore e scultore tedesco naturalizzato francese. Viene considerato uno dei maggiori esponenti del surrealismo, pioniere della tecnica pittorica del grattage e del frottage. Max Ernst nasce a Brühl, vicino a Colonia dal pittore per ciechi Philipp Ernst, che ritrasse il piccolo Max come Gesù bambino all’età di cinque anni, e da Louise Kopp.[5] Nel 1909 si iscrive all’Università di Bonn per studiare filosofia, frequentando anche dei corsi rivolti alla psicologia e all’arte degli alienati, ma abbandona presto questo indirizzo per dedicarsi al mondo dell’arte. Nel 1912 fonda, assieme ad August Macke il gruppo “Das Junge Rheinland”, esponendo per la prima volta a Colonia alcune sue opere alla Galerie Feldman.[6] Questa città, due anni dopo, gli farà conoscere Hans Arp, con il quale stringerà un’amicizia che durerà tutta la vita.
Jonathan Harker, procuratore legale inglese, arriva in Transilvania per incontrare il suo cliente, il Conte Dracula. Da subito si trova avvolto in un’atmosfera tetra e misteriosa. Prigioniero nel castello del Conte, si ritrova a fare la parte del topo in un gioco crudele che Dracula instaura con il suo ospite. Infatti l’uomo anziano, avvolto in abiti neri e con un insano odio per gli specchi e il sole, si rivela essere un nosferatu: un vampiro assetato di sangue umano. Ed è proprio Harker che consegna a questo mostro senz’anima le informazioni e i contatti necessari a Dracula per raggiungere la popolosa e vitale Inghilterra. La terra in cui inizierà la caccia al Conte Dracula, il più temibile fra i predatori che l’uomo abbia mai conosciuto.
Gli amanti (Les Amants) è un dipinto di René Magritte del 1928, realizzato con la tecnica dell’olio su tela (54cm x 73cm). Dell’opera esistono due versioni, entrambe datate 1928. La prima attualmente è conservata presso la National Gallery of Australia, mentre la seconda donata dal collezionista privato Richard S., si trova al MoMA di New York. Quella del MoMA di New York è la versione più famosa di un tema, quello degli amanti, che ricorre spesso nella pittura di Magritte di quegli anni. Infatti esistono molte rappresentazioni realizzate dal pittore belga che hanno per soggetto un uomo e una donna affiancati, con il volto scoperto, oppure, in numero maggiore, con il volto coperto da lenzuoli bianchi. Ritroviamo il lenzuolo bianco in un’altra opera del pittore intitolata Storia centrale (1928) in cui non sono più due amanti ad avere il volto coperto, ma solo una figura femminile. Secondo molte interpretazioni il filo conduttore di queste opere sarebbe da rintracciare nel suicidio della madre del pittore avvenuto nel 1912, quando l’artista aveva solo 14 anni. La donna si gettò nel fiume Sambre con una camicia da notte avvolta sulla testa. Secondo altre interpretazioni, invece, il volto coperto viene associato all’ossessione che il pittore aveva di coprire i volti anche nella vita reale.
René François Ghislain Magritte (Lessines, 21 novembre 1898 – Bruxelles, 15 agosto 1967) è stato un pittore belga. Insieme a Paul Delvaux è considerato il maggiore pittore del surrealismo in Belgio. Dopo iniziali vicinanze al cubismo e al futurismo, il suo stile s’incentrò su una tecnica raffigurativa accuratissima basata sul trompe l’oeil, alla pari di Salvador Dalí e di Delvaux, ma senza il ricorso alla simbologia di tipo paranoide del primo o di tipo erotico-anticheggiante del secondo. Ma René Magritte, detto anche le saboteur tranquille per la sua capacità di insinuare dubbi sul reale attraverso la rappresentazione del reale stesso, non avvicina il reale per interpretarlo, né per ritrarlo, ma per mostrarne il mistero indefinibile. Intenzione del suo lavoro è alludere al tutto come mistero e non definirlo. Nato a Lessines, Belgio, nel 1898, il padre Léopold Magritte era un sarto. Da giovane si trasferisce più volte con la famiglia: nel 1910, all’età di 12 anni, si trasferirono a Châtelet, dove sua madre Régina Bertinchamps, due anni dopo, nel 1912, morirà gettandosi nel fiume Sambre. Secondo una versione ricorrente, di cui non è chiara la veridicità, venne ritrovata annegata con la testa avvolta dalla camicia da notte; questo fatto sarebbe rimasto particolarmente impresso in alcuni suoi dipinti come L’histoire centrale, Les amants e Le fantasticherie del passeggiatore solitario.
Più disuguale e con maggiori disagi: così sta diventando la società italiana nell’emergenza Covid-19. Ma, archiviato il virus, che cosa resterà di questa esperienza? Saremo condannati all’insostenibilità sociale delle tante disparità oppure è possibile già oggi individuare soggetti e processi per una nuova sostenibilità? Consapevoli che presto ci si renderà conto che la spesa pubblica non è illimitata, chi potrà evitare la rottura della coesione della comunità nazionale? Ecco due dei quesiti ai quali risponde il 2° Rapporto Censis-Tendercapital sui buoni investimenti.
Danae è un dipinto a olio su tela (77×83 cm) realizzato tra il 1907 e il 1908 dal pittore austriaco Gustav Klimt. L’opera si trova a Vienna, alla Galerie Würthle. Klimt affronta un soggetto tratto dalla mitologia greca antica: Danae fu fecondata nel sonno da Zeus, trasformatosi in pioggia d’oro. L’artista rinuncia alla consueta struttura verticale a favore di uno sviluppo ellittico, giocando con un taglio particolare dell’immagine quasi deformante. Infatti la donna è rappresentata rannicchiata in primo piano, ripiegata su sé stessa, avvolta in una forma circolare, che rimanda alla maternità e alla fertilità universale.
Gustav Klimt (Vienna, 14 luglio 1862 – Vienna, 6 febbraio 1918) è stato un pittore austriaco, uno dei più significativi artisti della secessione viennese. Gustav Klimt nacque il 14 luglio 1862 a Baumgarten, allora sobborgo di Vienna, secondo di sette fratelli (quattro femmine e tre maschi):[1] il padre Ernst Klimt (1834-1892), nativo della Boemia, era un orafo,[2] mentre la madre, Anna Finster (1836-1915), era una donna colta e versata nella musica lirica. Tutti i figli maschi della famiglia Klimt riveleranno in futuro una forte inclinazione per l’arte: i fratelli minori di Gustav, Ernst e Georg, diverranno anch’essi pittori. Frequentò per otto anni la scuola primaria nel settimo distretto comunale di Vienna[3] e successivamente nel 1876, malgrado le pressanti ristrettezze economiche, il quattordicenne Gustav venne ammesso a frequentare la scuola d’arte e mestieri dell’Austria (Kunstgewerbeschule), dove studiò arte applicata fino al 1883, cominciando a informare personali orientamenti di gusto e imparando a padroneggiare diverse tecniche artistiche, dal mosaico alla ceramica, nel rispetto dei canoni accademici e della storia dell’arte del passato; fondamentale fu qui l’influenza esercitata da Ferdinand Laufberger e Hans Makart, sui quali condusse i primi studi.
“Carnevale di Arlecchino” è un’opera culminante di una serie di dipinti di Joan Miró infusi con lo schema di colori e il paesaggio della sua nativa Catalogna, in Spagna . La curiosa figura raffigurata nella parte centrale sinistra della tela con una maschera per metà rossa e per metà blu e motivo a rombi sulla tunica fa riferimento alla commedia dell’arte italiana. In questa forma popolare di teatro, l’Arlecchino è uno sciocco personaggio di serie che è perennemente senza successo nell’amore. Gli artisti spesso usavano l’Arlecchino come sostituto di se stessi.
Le Willow Tearooms sono delle sale da tè situate al numero 217 di Sauchiehall Street, a Glasgow in Scozia, progettate dall’architetto di fama internazionale Charles Rennie Mackintosh. Aprirono nel 1903 e guadagnarono in breve un’enorme popolarità, divenendo le più celebri sale da tè della città, tra quelle che aprirono a cavallo tra XIX e XX secolo. Agli inizi della sua carriera, nel 1896, Mackintosh incontrò Catherine Cranston, nota anche come Kate Cranston o semplicemente Miss Cranston, un’intraprendente donna d’affari locale figlia di un mercante di tè di Glasgow e fermamente convinta delle tesi anti-alcool promosse dal Movimento per la temperanza. Il Movimento iniziò ad acquistare popolarità a Glasgow a cavallo dei due secoli, e Miss Cranston concepì l’idea di una serie di art tearooms (sale da tè artistiche), dove le persone potessero incontrarsi per rilassarsi e sorbire bevande analcoliche in diverse stanze all’interno dello stesso edificio. Questo fu l’inizio di una lunga collaborazione lavorativa tra la Cranstone e Mackintosh. Negli anni tra il 1896 ed il 1917, l’architetto progetterà e curerà gli interni di tutte e quattro le sale da lei gestite, spesso in collaborazione con la moglie Margaret. Mackintosh venne contattato da Catherine Cranston per disegnare le decorazioni murali delle nuove Tearooms di Buchanan Street, Glasgow, nel 1896. Queste sale erano state progettate e costruite da George Washington Brown di Edimburgo, mentre gli interni e gli arredi erano stati curati da George Walton. Mackintosh disegnò i fregi a stampo raffiguranti coppie opposte di figure femminili allungate circondate da rose, per la sala dedicata alle signore, la sala da pranzo e la galleria dei fumatori.
Charles Rennie Mackintosh (Glasgow, 7 giugno 1868 – Londra, 10 dicembre 1928) è stato un architetto, designer e pittore scozzese. Esponente del cosiddetto Glasgow movement, fu l’esponente di maggior rilievo dell’Art Nouveau nel Regno Unito. Charles Rennie Mackintosh nacque a Glasgow il 7 giugno 1868, quarto di undici figli e secondo figlio maschio. Da giovane frequentò la Reid’s Public School e l’Allan Glen’s Institution. Nel 1890 Mackintosh fu il secondo vincitore della Borsa per Viaggi di Studio di Alexander Thomson, istituita per l'”avanzamento degli studi dell’antica architettura classica, con speciale riferimento ai principi illustrati nell’opera di Mr. Thomson”. Una volta fatto ritorno, riprese a lavorare nello studio d’architettura Honeyman and Keppie, dove iniziò il proprio primo grande progetto d’architettura, il Glasgow Herald Building, nel 1893. Mackintosh incontrò alla Glasgow School of Art la giovane artista Margaret Macdonald Mackintosh. Entrambi membri del gruppo noto come “I Quattro”, si sposeranno nel 1900. Dopo aver progettato diversi edifici di successo, nel 1903 divenne partner nello studio di Honeyman e Keppie. Durante questo periodo con la ditta, Charles Rennie Mackintosh perfezionò il proprio stile architettonico.
Dorian Gray è un ragazzo di una bellezza e di una purezza incredibili. Mentre posa per il suo ritratto, Lord Henry Wotton gli fa notare come la sua giovinezza è purtroppo destinata a durare poco. Dorian chiede allora di non invecchiare mai e che, al suo posto, sia invece il ritratto a sopportare le ingiurie del tempo. Inizia così un racconto sulle gioie e le perversioni dell’anima, sul bene e sul male, sulla bellezza e l’orrore. Un libro che scava nel cuore dell’uomo perché ”è lo spettatore, non la vita, che l’arte, in realtà, rispecchia”.
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