Siegfried Bing, il mercante d’arte che sapeva fare rete fra Oriente ed Occidente

di Sergio Bertolami

20 – Il ruolo di Bing a sostegno delle arti applicate

Ho parlato di Arthur Lasenby Liberty e non posso trascurare Siegfried Bing. A cercare due notizie su di lui, troverete che era un mercante di nascita tedesca, un editore ed anche un mecenate. Proveniva da una ricca famiglia ebrea di Amburgo. Suo padre era da principio un decoratore di ceramiche, poi divenne anche produttore. Suo figlio, Marcel Bing, un talentuoso disegnatore di gioielli in stile Art Nouveau. Troverete anche che il grande successo di Bing fu aprire un negozio di artigianato orientale a Parigi alla fine degli anni Settanta del XIX secolo, che trasformò nel 1895, battezzandolo Art Nouveau. Con questo nome identificò una corrente artistica che oggi tutti conoscono. Pochi sanno, però, che dal momento della sua morte, a settembre del 1905, un velo oscurò ciò che era noto a molti fino a quel momento. Si tornò a parlare di lui solo quando negli anni Sessanta del Novecento un rinnovato interesse portò di nuovo all’attenzione le arti decorative e, con queste, soprattutto l’Art Nouveau. Questo protagonista eccellente era talmente uscito di scena, che qualcuno, leggendo “S. Bing”, confuse persino il suo nome di battesimo Siegfried con Samuel. Mi piacerebbe soffermarmi a lungo sulla sua figura; come, ad esempio, avrei preferito non essermi limitato a qualche accenno su Paul Cassirer e suo cugino Bruno Cassirer, i quali come ricorderete promossero, con la propria galleria d’arte e la propria casa editrice, la Secessione di Berlino. Bing, tedesco come loro, mercante come loro, s’interessò a diffondere, invece, la sensibilità per un Oriente fino ad allora sconosciuto nella sua vera essenza. Dette vita alla fine del 1880 a un periodico mensile, Le Japon artistique, e organizzò una serie di mostre sull’arte giapponese, con ceramiche e stampe ukiyo-e. Chi, al suo tempo, parlava di Siegfried Bing lo descriveva come un apprezzato esteta; il suo atteggiamento rifletteva eleganza, cultura, capacità di appassionare ad esotici oggetti di qualità.

Manifesto per la Maison de l’Art Nouveau (museo delle arti decorative, Parigi)

Julius Meier-Graefe, il noto critico tedesco – che quale amichevole concorrente tentò la strada del commercio, aprendo anche lui a Parigi La Maison Moderne, una galleria che esponeva opere Art Nouveau – scriveva di Bing: «Tutti pensavano alla sua figura delicata, con una mente da intellettuale parigino. Parlava e scriveva un francese classico, evitando tutte quelle frasi fiorite da boulevard. Aveva i modi educati di un marchese dei vecchi tempi, che trascorreva i momenti di libertà a caccia di bon mot nella sua biblioteca. Difficilmente gli si sarebbe attribuita l’eccezionale energia di un ricercatore, né tanto meno quella di un commerciante. Eppure, Bing era entrambe le cose. Ecco perché una parte sostanziale dell’inizio della conquista intellettuale del Giappone è dovuta a lui». Bing in verità era un uomo d’affari, ma colto e raffinato come pochi, soave e persuasivo verso i suoi clienti. Aveva compreso come per avere successo occorresse, anziché seguire l’opinione pubblica, allontanarsene quanto più possibile. L’arte giapponese fu lo stimolo creativo, oltre che commerciale, per Bing, ma anche per lo stesso Julius Meier-Graefe oppure – giusto per citarne uno solo – per Henri Vever, il più famoso gioielliere degli inizi del Novecento, che aveva un negozio proprio di fronte a quello di Bing. Utilizzando volantini che invitavano alle mostre, allestendo ambientazioni in stile che esponevano le preziose collezioni, diffondendo cataloghi ricchi di immagini, e tanti altri mezzi promozionali, come le pubbliche conferenze alla Japan Society di Londra di cui era socio, Siegfried Bing rese tangibile ai suoi contemporanei il nuovo gusto estetico che si stava diffondendo in Occidente. All’epoca in cui tutto questo si materializzò Bing aveva pochi concorrenti disposti ad investire la propria reputazione e una considerevole fortuna nella ricerca pioneristica di nuove forme d’arte. A Londra abbiamo seguito le “avventure” commerciali di William Morris o di Arthur Lasenby Liberty, ma fu il negozio di Bing a fare sprizzare il movimento Art Nouveau in ambito internazionale.

Siegfried Bing

Naturalmente – come vale sempre per i visionari e i precursori – l’attività di Bing fu derisa dalla stampa francese, che chiedeva il motivo per cui non esibisse la produzione artistica europea anziché proporre l’arte esotica. Ma Bing era convinto, sapeva cosa fare, giacché nel commercio era cresciuto. Suo padre Jacob era comproprietario, con Samuel Joseph Renner, della Bing Gebrüder, un’azienda fondata ad Amburgo per importare porcellana e vetro francesi e che rimarrà attiva fino al 1888. I soci si erano divise le responsabilità: Renner operava ad Amburgo e Jacob a Parigi, a partire pressappoco dal 1850; per cui ben presto, finiti gli studi, i figli Siegfried, Michael e più tardi Auguste, raggiunsero la famiglia a Parigi ed entrarono in azienda. Nel 1854, Jacob acquistò una modesta manifattura a St. Genou, un piccolo centro della Valle della Loira, per la produzione di oggetti in porcellana, spinto dal rapido aumento del commercio import-export di articoli pregiati. Con l’acquisizione, arrivò anche un brevetto per la cottura della porcellana dura in un forno a carbone, innovazione particolarmente efficiente per i tempi, aumentando la produzione dell’azienda. Quando però nel 1863 le spese superarono le entrate, la manifattura fu venduta. Il venticinquenne Siegfried Bing rilevò gli interessi di famiglia e acquisì azioni della Leullier fils una nuova manifattura di porcellana operante nel mercato locale. Avrebbe rifornito il negozio di famiglia in rue Martel a Parigi, fiorente nella vendita di porcellane e vetri artistici ad una clientela benestante. Padre e fratelli continuarono a gestire il punto vendita, mentre Siegfried, con questo suo ingresso nella manifattura Leullier, intraprese la sua ascesa. La produzione industriale incrementò e si distinse, così da essere premiata alle Esposizioni per l’eccellenza artistica di alcune delle sue creazioni. Erano quelli gli anni del regime bonapartista di Napoleone III, la Francia competeva con altre nazioni europee, in particolar modo con l’Inghilterra, nella fabbricazione di articoli di lusso, rinomati per le qualità estetiche e l’alto valore commerciale. Leullier fils produceva e decorava servizi in porcellana, ma realizzava anche lampadari e altri complementi d’arredamento per impreziosire le abitazioni di una borghesia rampante. Un set da tavola vinse persino una medaglia all’Esposizione Universale di Parigi del 1867. A maggio 1868 Jacob Bing morì, ma come da calendario a luglio Siegfried sposò Johanna Baer, una cugina di terzo grado, di famiglia ricca, colta e ben consolidata ad Amburgo. La coppia si trasferì a Parigi, al 31 di rue de Dunkerque, in prossimità degli uffici Leullier.

Exposition Universelle Paris, Porcellane Leullier Fils & Bing Incisione del 1867. 

Tuttavia, la stagione propizia era al volgere. Le nubi avverse delle crisi finanziarie del Secondo Impero e soprattutto la guerra franco-prussiana (1870-1871) avrebbero potuto rovesciare le fortune di Bing, per via della sua origine tedesca e degli stretti legami familiari con la Germania. Tuttavia, grazie all’abilità d’imprenditore, nonostante le avversità riuscì a rafforzare la propria immagine. Dopo avere trascorso a Bruxelles il periodo del pesante assedio prussiano di Parigi, Bing rientrando nella capitale dopo la resa trovò la Leullier in scompiglio. La maggior parte dei suoi dipendenti arruolati nell’esercito e il commercio delle arti decorative completamente crollato. Con una città prostrata dai lutti e dalla fame, caseggiati distrutti dai cannoneggiamenti, le persone erano preoccupate della sussistenza piuttosto che del lusso. Come se non bastasse la tragedia colpì la famiglia Bing. Il fratello di Siegfried, Michael, morì a febbraio del 1873 e il terzogenito della coppia, nato a maggio, morì due mesi dopo. Come può accadere nei momenti di crisi, c’è chi si lascia abbattere e chi invece trova la forza morale di affrontare e capovolgere la realtà. Bing, per primo, s’impegnò a mantenere attiva la manifattura di porcellana, evitando licenziamenti e stabilendo relazioni con diversi importatori stranieri. Quindi, richiese ed ottenne la cittadinanza francese. Era un passo dovuto. Non doveva essere facile per un imprenditore tedesco riavviare l’attività commerciale in una città straziata dalla guerra contro i prussiani. Nella sua domanda di naturalizzazione del 1876 si presentava come un candidato devoto alla Francia quale paese di adozione; di nascita tedesca, ma residente in terra francese da ventidue anni ininterrotti; senza alcun coinvolgimento in politica, ma interessato soltanto agli affari e alla famiglia, senza interessi diretti nel suo paese d’origine. Nonostante tutto, la Bing Gebrüder era ancora attiva e alla morte di Michael l’intera gestione ricadde su Siegfried, l’unico della famiglia Bing a trovarsi stabilmente in Francia.

Da sinistra: Siegfried Bing, Louis Gonse, Mme Roujon, Emmanuel Gonse e Mme Gonse a Midori-no-sato, 1899. Fotografia. Reims, Musée Le Vergeur, Société des Amis du Vieux Reims, Archivi Hugues Krafft

È precisamente in questi anni che Siegfried Bing cominciò ad interessarsi di arte orientale e a collezionare oggetti ceramici di raffinata fattura. Dal momento che era pur sempre un uomo d’affari, con una forte propensione per le arti decorative, si può dire che seppe fiutare il mercato che lo indirizzava quasi naturalmente a soddisfare la mania dei parigini per le curiosità giapponesi. Questo, almeno, è quanto si legge riguardo ad un uomo particolarmente riservato. Scrive Gabriel P. Weisberg, il suo maggiore biografo: «Sempre discreto, Bing era piuttosto ossessivo riguardo alla decisione di nascondere la propria identità; solo poche persone conoscevano le sue collezioni private, e ancor meno sapevano qualcosa della sua vita personale. Per lui, l’opera d’arte che difendeva – fosse giapponese o, più tardi, una sua versione Art Nouveau – era la sola cosa più importante; il suo ego, e la vita, dovevano essere sublimati, addirittura eliminati». Ci sono, tuttavia, alcuni fatti particolari che vanno presi in considerazione. A partire dal 1870 il cognato di Bing, Martin Michael Bair, ricoprì per due mandati (1870-74 e 1877-81) l’incarico di console a Tokyo. La sua posizione gli permetteva di intrattenere rapporti con l’alta società giapponese e apprezzare le migliori raccolte d’arte private. Da buon collezionista, acquistò articoli selezionati, non solo per sé stesso, ma anche per Bing.  Nella sua qualità favorì lo sviluppo di relazioni commerciali, come nel caso della Ahrens and Company, società di import-export, che aveva uffici a Yokohama, Tokyo e Londra. Fatto sta che nel 1874 Siegfried Bing era già diventato un collezionista abbastanza conosciuto da essere invitato a unirsi alla Società dell’Asia orientale di Tokyo. Nel marzo del 1876 organizzò, inoltre, la sua prima esposizione pubblica all’Hotel Drouot, la più grande casa d’aste parigina, nota per le belle arti, l’antiquariato e le antichità. La vendita gli fruttò oltre 11.000 franchi, e questo suggerisce che all’epoca avesse già raccolto una buona collezione di oggetti esotici da proporre alla sua platea di acquirenti. «Questa vendita – annota Gabriel P. Weisberg – presentò anche il primo record del suo pubblico coinvolgimento in questo mercato».

Henry Somm, Fantaisies Japonaises, S. Bing, Rue Chauchat, incisione del 1879 circa

La mania viscerale dei parigini per l’arte giapponese trovò ampio sfogo due anni dopo, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1878. L’enorme padiglione giapponese ospitò, nel corso dell’evento, campioni e dimostrazioni pratiche riguardanti l’arte e l’industria. I numerosi visitatori furono avvinti dagli aspetti della vita e della cultura del Sol Levante, resi espliciti da una dovizia di notizie su ogni luogo specifico e su ogni tecnica adottata dagli artisti e dagli artigiani, che fosse ceramica o bronzo. Siegfried Bing, naturalmente, non si lasciò sfuggire l’occasione, perché programmò l’apertura del suo nuovo negozio, al 19 di rue Chauchat, in coincidenza con l’apertura dell’Esposizione e del suo ricercatissimo padiglione giapponese. Non è necessario rimarcare che ebbe un grande successo, tanto da ripagare l’investimento iniziale e permettergli nel giro di quattro anni di acquistare definitivamente i locali. Era giunto ormai il tempo per Siegfried Bing di stabilire legami diretti con i giapponesi e organizzare il suo primo viaggio in Estremo Oriente, che immancabilmente ebbe luogo nel 1880.

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

Stephen King – Laurie

Quando sua sorella Beth si presenta con una cagnolina, la prima reazione di Lloyd – vedovo da sei mesi, solo e senza figli – è di rifiuto. Il lutto gli ha tolto forze e desideri: già gli pesa occuparsi di se stesso, gestire un cane sarebbe impensabile. Ma la paziente fiducia della cucciola e i modi perentori della sorella – una persona in lutto ha bisogno di qualcosa per tenere la mente occupata – hanno ben presto la meglio sulla fragile determinazione di Lloyd. Rimasti soli, l’uomo e la cagnetta – che Lloyd ha chiamato Laurie – imparano a conoscersi, scoprendo insieme il piacere di semplici riti condivisi. Fra questi, la passeggiata lungo il canale. Un sentiero tranquillo, che però un giorno diventa teatro di un evento atroce, a cui né Lloyd né Laurie erano preparati… Un regalo di King ai lettori italiani, in occasione dell’uscita del nuovo romanzo “The Outsider”.

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IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Mabel Amber da Pixabay



Alla divertente scoperta degli Archivi della Città Metropolitana di Bordeaux

L’idea che ci siamo fatti a scorrere le pagine del sito web della Città Metropolitana di Bordeaux è che siano molto attivi da queste parti. Bordeaux Métropole riunisce 28 comuni distribuiti su entrambe le rive della Garonna. Attualmente conta 749.595 abitanti intorno alla sua città centrale, Bordeaux (243.626 abitanti). Noi siamo andati a spulciare Mostre, visite, convegni … soffermandoci su tutti gli incontri degli Archivi di Bordeaux Métropole. Per chi è in sede offrono un programma di conferenze in collaborazione con le associazioni culturali. Questi incontri con relatori esperti trattano diversi argomenti storici legati ai fondi archivistici conservati. Certo, il programma è soggetto ai vincoli legati all’attuale crisi sanitaria; ma quello che affascina è la volontà di riscoprire passo dopo passo il territorio, una sorta di ritorno dell’antichità, una passeggiata lungo il vivace fiume della città, una rilettura di Bordeaux e del suo famosissimo vino nel Medioevo. Sono questi alcuni dei temi trattati finora durante gli incontri pubblici cominciati quest’anno. Un modo di esplorare il tempo con l’archivio della comunità urbana di Bordeaux.

Noi che siamo lontani, come possiamo rivivere queste antiche atmosfere? Ad esempio, possiamo utilizzare il visualizzatore di immagini, per rendere visibili stampe e pagine digitali in linea sul sito Web. Forse questo è il divertimento preferito di chi ama i documenti archivistici. Non preoccupatevi, perché potete sempre fermarvi sulla sezione in cui è possibile imparare giocando. I quiz consentono di testare le conoscenze dei visitatori su un’ampia varietà di argomenti, beneficiando al contempo di risposte dettagliate. Se non volete accedere con un account, è possibile aprire cartoline d’epoca, scrivere un messaggio e inviarle a chi volete. Così come si è invitati a scoprire luoghi ed eventi colti dalla macchina fotografica di qualche anno fa. Noi vi proponiamo di comporre dei puzzle, rimettendo i pezzi nell’ordine corretto e scoprendo l’immagine che ne viene fuori. I temi, sempre accompagnati da una didascalia esplicativa, sono molteplici. Un cronometro conteggerà quanto impiegherete ad assemblare i pezzi, una tendina vi mostrerà chi ha fatto il tempo migliore, e solo a volerlo potrete essere voi a realizzare il nuovo record.

Come fare? Cliccate sull’immagine che abbiamo tratto dalla schermata, raggiungete la pagina e divertitevi.  

IMMAGINE DI APERTURA  – Puzzle risolto relativo al manifesto della compagnia di navigazione Sud-Atlantique, che ha sviluppato i primi viaggi di grandi navi in ​​Sud America. Compagnia di navigazione Sud-Atlantique, servizi fast dock-to-dock, nessun trasbordo, Bordeaux-Brasile-Plata, nave di linea Massilia, poster Sandy Hook, imp. NR Money 6 rue de Madrid Parigi, 1920 circa. 

Ascona (Svizzera) – La verità di Michelangelo Pistoletto. Dallo specchio al terzo paradiso

Ascona (Svizzera) Al museo comunale d’arte moderna
Dal 30 maggio al 26 settembre 2021
La verità di Michelangelo Pistoletto. Dallo specchio al terzo paradiso
Informazioni: tel. +41 (0)91 759 81 40; museo@ascona.ch Sito internet: www.museoascona.ch

Avviso. La situazione sanitaria è in continua evoluzione. Consigliamo di verificare le informazioni su giorni, orari e modalità di visita sul sito web della Mostra.

Michelangelo Pistoletto, Autoritratto oro, 1960 olio, acrilico e oro su tela 200 x 150 Foto D. Andreotti

La più completa retrospettiva mai realizzata in Svizzera di uno dei maggiori protagonisti della scena artistica internazionale presenta oltre 40 opere, tra dipinti, quadri specchianti, installazioni, video e rare immagini d’archivio, realizzate tra il 1958 e il 2021.

Il percorso espositivo si completa con due versioni del Terzo Paradiso, uno dei suoi lavori ambientali più significativi, al Museo Castello San Materno e al Monte Verità, che verrà donato dall’artista e rivela la continuità tra il suo pensiero e questo luogo emblematico di Ascona.

Il 2021 del Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona sarà ricordato per il grande evento dedicato a Michelangelo Pistoletto, tra i maggiori protagonisti della scena artistica internazionale, che, per l’occasione, proporrà un progetto innovativo.

Dal 30 maggio al 26 settembre 2021, il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona, in collaborazione con Cittadellarte – Fondazione Pistoletto di Biella, ospita la più importante e completa personale dell’artista, mai tenuta in Svizzera, dal titolo La Verità di Michelangelo Pistoletto. Dallo Specchio al Terzo Paradiso.

La rassegna,curata da Mara Folini e Alberto Fiz, si compone da 40 opere, tra dipinti, quadri specchianti, installazioni, video e rare immagini d’archivio, dal 1958 al 2021, alcune iconiche come La Venere degli stracci, Metro cubo d’infinito o i Quadri specchianti, altre esposte solo in rare circostanze, come quelle a tema politico degli anni sessanta, che fanno riferimento all’esperienza interdisciplinare dello Zoo.

L’iniziativa si completa al Museo Castello San Materno, dove i visitatori saranno accolti dallo stesso Pistoletto che, attraverso una videoproiezione interattiva, introduce i temi del Terzo Paradiso, una delle sue opere ambientali più emblematiche.

Il Terzo Paradiso, realizzato nel parco del Castello, utilizzando una novantina di piante, si configura come il simbolo matematico dell’infinito che accoglie al suo interno un terzo cerchio centrale, in una dinamica triadica che, sul piano concettuale, fa riferimento a tre momenti della storia dell’umanità: il primo è quello delle origini, in cui l’uomo era totalmente integrato nella Natura; il secondo è quello Artificiale, sviluppato dall’intelligenza umana, fino alle dimensioni globali raggiunte oggi con la scienza e la tecnologia. Il terzo è quello che si pone al centro degli altri due, come superamento dell’attuale conflitto tra natura e artificio, e che implica un nuovo modello di società ecosostenibile, profondamente democratica e inclusiva.

Il Terzo Paradiso al Museo Castello San Materno, sarà animato per tutta l’estate – da giugno a settembre – da proposte a tema, realizzate da diversi enti culturali della regione del Locarnese.

Il significato della mostra è reso esplicito dalla presenza a Monte Verità, punto d’incontro agli inizi del secolo scorso per artisti e intellettuali anticonformisti di tutta Europa, di un Terzo Paradiso realizzato con l’impiego di grandi sassi levigati dal tempo che verrà donato dall’artista e rivela la continuità tra il suo pensiero e questo luogo emblematico di Ascona, così ricco di storia e di cultura.

“Guardando alla straordinaria opera di Michelangelo Pistoletto – afferma Mara Folini, direttrice dei Musei Comunali d’Arte di Ascona -, nel contesto culturale del Locarnese – terra di anarchici e teosofi ancor prima dell’esperienza comunitaria di Monte Verità – è proprio il concetto di cambiamento, di “demopraxia”, che Pistoletto con Cittadellarte sta portando avanti in modo capillare nel mondo, promuovendo il concetto di “Terzo Paradiso” nei fatti, ad essere una pratica innovativa che fa la differenza, rispetto agli altrettanti edificanti propositi di altrettanti artisti impegnati. Mettere in piedi processi articolati di attivismo relazionale, pacifico e costruttivo, dal basso, è in altre parole ben diverso dal sogno romantico, visionario e utopico delle storiche comunità di artisti dei secoli scorsi, come quella di Monte Verità, che finivano per essere delle esperienze chiuse, delle “arcadie” di pochi eletti, scollegate dalle società. Mi auguro, così, che da questo progetto ambizioso che collega la storia locale all’oggi, ne possa uscire qualcosa di produttivo e stimolante anche per Ascona e la sua regione”.

“I temi sollevati da Michelangelo Pistoletto – sottolinea Michela Ris, Capo Dicastero Cultura del Municipio di Ascona -, relativi alla salvaguardia del nostro pianeta, allo sviluppo sostenibile e all’inclusione democratica delle differenze, sono così attuali e urgenti, che mi auguro possano diventare argomenti di discussione in seno al Municipio di Ascona, come occasione di riflessione e di stimolo per incrementare progetti innovativi, sempre più vicini al benessere del cittadino. Incentivare una politica che guarda al “verde” e alla “sostenibilità”, come valori aggiunti di una cittadina come quella di Ascona, rinomata per essere stata terra di artisti visionari ante litteram ecologisti, significa valorizzare l’eredità di chi ci ha preceduti, rendendole giustizia nei fatti”. 

“Quella di Ascona – dichiara Alberto Fiz – “è una rassegna esaustiva che consente di analizzare in maniera approfondita l’intero iter creativo di Pistoletto, tra i maggiori protagonisti della ricerca artistica internazionale dagli anni sessanta a oggi. Pistoletto ha radicalmente trasformato il rapporto con l’opera d’arte che, grazie alla sua indagine, si pone come principio relazionale dove il significato non sta nella cosa in sé, bensì nel passaggio tra le cose. E tutto ciò in base ad una prospettiva multipla, dinamica ed espansiva che assorbe la dimensione temporale come accadimento che si modifica nel momento stesso in cui si produce”.

Il percorso espositivo allestito sui due piani del Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona prende avvio con la sezione che documenta la nascita e l’evoluzione dei Quadri specchianti con sette lavori emblematici tra cui La folla (1958-1959) e Autoritratto oro (1960) che anticipano la rivoluzione di poco successiva. Se La Folla presenta una moltitudine anonima che emerge dal fondo del quadro, Autoritratto oro ha come riferimento il fondo oro ed esprime la necessità di liberare il vuoto che sta dietro la figura.

Nel 1962 irrompono sulla scena i Quadri specchianti e in mostra si trova Bottiglia del 1963, uno dei primi esempi realizzato con questa tecnica, dove compare, senza enfasi, un elemento quotidiano nella parte bassa dello specchio. Un altro lavoro particolarmente significativo è Padre e madre del 1968, con i genitori di Pistoletto visti di schiena, nella stessa posizione dell’osservatore di fronte allo specchio.

L’excursus, che comprende anche due specchi degli anni settanta, Donna nuda con guantie Gabbia blu, viene completato da Autoritratto con quaderno Terzo Paradiso del 2017 che sembra dialogare con Autoritratto oro di quasi cinquant’anni prima.

La rassegna prosegue con una serie d’installazioni iconiche degli anni sessanta tra cui il Labirinto, in cartone ondulato, del 1969 che invade completamente l’ambiente, al cui interno compare il Pozzo del 1965 che fa parte degli Oggetti in meno realizzato anch’esso con cartone ondulato e montato a forma circolare, mentre ai lati dello stesso s’incontrano due opere paradigmatiche nel rinnovato contesto linguistico espresso dall’Arte Povera come Venere degli stracci del 1967 e Muro di mattoni del 1968. Le installazioni si relazionano con Specchio diviso, 1973-1978.

La seconda metà degli anni sessanta è caratterizzata anche dalle azioni collettive e delle performance teatrali, che sono rievocate in maniera ampia e approfondita attraverso video e materiale fotografico. Tra questi, le immagini che descrivono l’esperienza dello Zoo, la compagnia creata da Pistoletto nel 1968 che propone azioni teatrali e performative in contesti estranei all’ufficialità.

Al centro del lungo corridoio, gli spettatori potranno divertirsi a spostare liberamente Sfera di giornali che ripropone un lavoro storico appartenente alla serie degli Oggetti in meno che già nel 1967 è stato utilizzato per un’azione compiuta in occasione della mostra collettiva Con-temp-l’azione.

Il riciclo dell’informazione, la comunicazione fluida, la sovrapposizione delle notizie e il loro azzeramento, sono solo alcuni aspetti che rendono particolarmente attuale Sfera di giornali che, durante la mostra, dal museo si sposterà per le strade di Ascona in occasione di una performance destinata a coinvolgere gli abitanti del Borgo.

Una intera sezione è dedicata a Segno Arte, altra fondamentale ricerca di Pistoletto, ovvero una figura, costituita dall’intersezione di due triangoli che inscrive idealmente un corpo umano con le braccia alzate e le gambe divaricate. Di questa forma, che corrisponde alla massima estensione del corpo, vengono proposte alcune opere in materiali diversi, come Porta-Segno Arte, Finestra-Segno Arte, Termosifone-Uomo-Segno Arte, Cassonetto-Segno Arte, Attraverso il Segno Arte.

Al secondo piano del Museo si trovano alcune installazioni recenti di particolare significato tra cui il Tempo del giudizio (2009), che rappresenta idealmente un tempio in cui le quattro grandi religioni – Cristianesimo, Buddismo, Islamismo, Ebraismo – sono indotte a riflettere su se stesse ponendosi di fronte allo specchio con al centro Metrocubo di Infinito(1966), un’opera costituita da superfici esternamente opache ma specchianti verso l’interno, facendo giungere al culmine le possibilità di rifrazione.

La rassegna si chiude idealmente con Love Difference-Mar Mediterraneo, un grande tavolo specchiante a forma di bacino del Mediterraneo, circondato da sedie provenienti dai diversi paesi che si affacciano su questo mare. Love Difference, presentato nel 2003 alla Biennale di Venezia quando Pistoletto ha vinto il Leone d’Oro alla carriera, è un annuncio programmatico, un movimento che unisce l’universalità dell’arte all’idea di transnazionalità politica.

Sempre nel 2003 l’artista scrive il manifesto del Terzo Paradiso e ne disegna il simbolo, costituito da una riconfigurazione del segno matematico d’infinito.

Le grandi fotografie delle installazioni del Terzo Paradiso sulla Piramide del Louvre (2013), nelle acque di fronte a L’Avana (2014), nel Parco del Palazzo delle Nazioni a Ginevra (2015) o sul logo della missione della Stazione Spaziale Internazionale nel 2017, fanno da trait-d’union con le nuove installazioni del Terzo Paradiso che si possono ammirare al Monte Verità e al Museo Castello San Materno.

Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano-inglese) Edizioni Casagrande, con testi di Mara Folini, Alberto Fiz, Paolo Naldini, un intervento di Michelangelo Pistoletto e l’intervista a Pistoletto di Hans Ulrich Obrist.

IMMAGINE DI APERTURAMichelangelo Pistoletto, Venere degli stracci, 1967 Cemento, smalto e stracci 140 x 240 x 80 foto courtesy Galleria Continua, San Gimignano

Addio a Sergio Palumbo: giornalista e documentarista colto e riservato

Sergio Palumbo

di Sergio Bertolami

Un altro amico è scomparso. Sono troppi, ormai, ed è sempre più difficile parlarne. Per questo lascio che di Sergio Palumbo siano alcuni degli amici che condividevamo a delineare i tratti essenziali. Il primo, Giuseppe Ruggeri, perché già dalle prime ore di ieri mattina, nel diffonderne la notizia su Messina Today, ha espresso la sua (e la nostra) costernazione: «Con Sergio Palumbo se ne va un pezzo della Messina che conta. Che conta per intelligenza, apertura culturale, passione». Il secondo, Sergio Di Giacomo, lo ha ricordato con un pezzo redatto stamani per la Gazzetta del Sud, sulle cui pagine culturali Sergio Palumbo svolgeva con dedizione il proprio lavoro di giornalista. Ripropongo ambedue gli articoli qui di seguito, così come vorrei suggerire il sito web che Sergio stesso curava e dove si possono ritrovare le sfaccettature della sua attività di critico letterario e documentarista. Potrei stralciarne appena poche righe, ma preferisco che leggiate direttamente. A scorrere le sue pagine, infatti, è possibile imbattersi in una miriade di personaggi che hanno elevato la cultura italiana del Novecento e che Sergio ha incontrato davvero nel corso delle sue interviste, dei quali ha scritto a più riprese. Nella mia mente riaffiorano i discorsi che intessevamo sui grandi ogni qualvolta ci incontravamo: sulla famiglia Piccolo di Calanovella o Giuseppe Tomasi di Lampedusa, per esempio. Proprio in occasione dei cinquant’anni dalla morte dell’autore che non conobbe mai il successo del Gattopardo, preparammo una pagina speciale per la Gazzetta del Sud, partendo da un lavoro di Rosa Manuli sulle visite dello scrittore a Messina, che gli avevo segnalato. A riflettere bene, tutte le volte che un amico scompare, penso sempre a quante iniziative avremmo potuto realizzare insieme e mi rendo conto delle occasioni che non abbiamo concretizzato. Come quando con un gruppo di amici, anni fa, avevamo programmato un incontro pubblico per l’uscita di un mio libro. L’ho presentato altrove, ma non a Messina. Occasione irripetibile, oramai; non certo per il libro, ma per quanti che non ci sono più. Di quel gruppo il primo ad andare via è stato Franco Bonardelli e ieri anche Sergio Palumbo. È proprio vero quello che diceva qualcuno: scopriamo sempre, quando è tardi, che le sole cose che non si rimpiangono mai sono gli sbagli.  

Messina Today: Addio a Sergio Palumbo, una vita dedicata alla storia di Messina e ai suoi miti
Gazzetta del Sud: Morto Sergio Palumbo, giornalista e scrittore
Il sito web dell’autore: Sergio Palumbo, critico letterario e documentarista

IMMAGINE DI APERTURA – Immagine di Messina vista dallo Stretto in una foto di Christian Georg Sulzer da Pixabay

L’attraversamento stabile dello Stretto di Messina: infrastruttura strategica per l’Italia

Da secoli il collegamento stabile della Sicilia con il Continente è un tema controverso, ma di grande interesse. In Aldai abbiamo cercato innanzitutto di capire perché il ponte a campata unica di cui si ragiona da più di un trentennio, un’opera senza eguali sempre data per progettualmente conclusa, non fosse stato ancora realizzato per ottenere l’auspicata continuità territoriale tra l’Italia continentale e la Sicilia.

Percorrendo la storia del ponte e della Società Stretto di Messina (SdM), si individuano, su documenti ufficiali, una serie di momenti cruciali quali quello della mancata approvazione del “Progetto Definitivo” da parte del CIPE, con la conseguente permanente assenza di un “Progetto Esecutivo” cantierabile.

Per quanto riguarda il ponte a campata unica di 3300 metri, molte informazioni oggettive, acquisite su tutti i grandi ponti realizzati nel mondo, determinano alcune significative preoccupazioni:

• il ponte misto progettato ferroviario-stradale più lungo che sia stato realizzato nel mondo (ponte Yavuz Sultan Selim sul Bosforo del 2016, ma a tutt’oggi privo dei binari) ha una campata di 1.408 metri; è evidente come la realizzazione di un ponte a campata unica di 3.300 metri richiede un salto tecnologico mai messo in pratica sinora;

• l’ipotizzato ponte a campata unica sarebbe caratterizzato da un eccezionale indice di snellezza (altezza della sezione trasversale dell’impalcato / lunghezza campata) di 1/1320 rispetto al massimo esistente, ovvero quello del danese Great Belt Bridge, che raggiunge solo il valore di 1/350; in una struttura così lunga e flessibile, soggetta naturalmente a significative oscillazioni, il passaggio dei treni, anche limitandone la velocità, non risulta esaminato e confermato dalle autorità competenti in tema di sicurezza;

• essendo con impalcato scoperto, per un numero di giorni ventosi annui non specificato il ponte dovrebbe essere chiuso al traffico, così come già avviene in analoghe situazioni. Se il transito dei treni dovesse essere sospeso con venti superiori a 115 km/h, come previsto per il ponte sul Bosforo, ciò costituirebbe una limitazione all’utilizzo particolarmente significativa, data anche la conseguente necessità di mantenere in servizio le navi traghetto.

D’altra parte, la presenza nell’area della cosiddetta “Sella dello Stretto” (un breve tratto di mare tra Villa San Giovanni e Ganzirri ove i fondali sono profondi solo un centinaio di metri) rende ipotizzabili almeno tre soluzioni che possono presentare idonei requisiti preliminari per un’infrastruttura di collegamento stabile. Esse possono sintetizzarsi in:

• ponte a più campate, con due appoggi in mare sulla “Sella”, a circa 100 metri di profondità, e impalcato, ad uno o (meglio) due piani, ad una quota di circa 80 metri sul livello del mare, che permetterebbe il transito delle navi più grandi senza limitare la navigazione e senza interessare la riserva naturale di Capo Peloro;

• tunnel sottomarino, che transita nel sottosuolo all’interno della “Sella” a circa 170 metri di profondità e quindi con copertura continua di almeno 50 metri; un tunnel realizzabile con TBM utilizzando tecnologie consolidate e in continuo progresso, che hanno già avuto molti impieghi nel mondo anche riuscendo a superare in sicurezza faglie tettoniche presenti sul percorso, come è avvenuto nel tunnel sottomarino del Bosforo;

• tunnel a mezz’acqua, vincolato alla “Sella” e a circa 50 metri dal livello del mare, con tecnologie già adottate nel settore petrolifero offshore, ma non ancora utilizzate per il transito, in sicurezza, di mezzi e persone.

Ogni soluzione presa in esame è descritta per i suoi vantaggi specifici e fa propria l’esigenza di garantire un adeguato servizio ferroviario urbano capace di collegare efficacemente gli insediamenti che si trovano sulle due sponde dello Stretto.

Tenendo conto dell’attuale situazione urbanistica dell’area vasta, che presenta forti esigenze e grandi potenzialità di riqualificazione e sviluppo economico e sociale, la formazione tra le due sponde di un’unica area urbana di oltre 500.000 abitanti sarebbe in grado di attrarre e sostenere anche funzioni di livello superiore, permettendo la riqualificazione e lo sviluppo di un territorio molto esteso.

Tra i vantaggi del collegamento stabile dello Stretto è quindi fondamentale quello di contemperare una adeguata risposta non solo al traffico a lunga distanza di viaggiatori e merci, con recuperi di oltre un’ora per il solo attraversamento, ma anche di coprire esigenze di mobilità attuali e future tra gli ambiti metropolitani di Messina e di Reggio Calabria, per realizzare la cosiddetta “Città dello Stretto”, riducendone l’attuale eccessiva mobilità individuale.

In attesa degli auspicati sviluppi, con riferimento alla velocizzazione del traghettamento ferroviario, diventa urgente l’introduzione di treni viaggiatori compatibili con le linee AV in composizione bloccata ridotta (max 5 carrozze) trasportabili sui traghetti senza scomposizione dei convogli. Questa è una soluzione da tenere in seria considerazione, perché può e deve garantire immediati e consistenti vantaggi.

Tutto questo affascinante lavoro, svolto con molto impegno volontario, ha evidenziato la necessità per il Governo Italiano di attivare da subito appositi studi di fattibilità indipendenti, sia per i ponti che per i tunnel, in modo da approfondire il confronto completo, anche dei costi a vita intera, tra le soluzioni alternative del collegamento stabile.

2021-06-07-Infrastrutture-Strategiche-per-lEuropa-Q32

IMMAGINE DI APERTURA – L’odierno attraversamento dello Stretto nella foto di Nino Blasco da Pixabay 

Lucca: L’inizio del futuro e Racconti della pandemia inaugurano Photolux 2021

Lucca | Villa BottiniDal 28 maggio al 22 agosto 2021
Le mostre L’inizio del futuro e Racconti della pandemia Inaugurano il programma di Photolux 2021
www.photoluxfestival.it

Le due esposizioni documentano, a livello nazionale e locale, le varie fasi della pandemia, attraverso gli scatti di fotografi freelance.

Francesco Pistilli, Roma, marzo 2020

Photolux riparte!

A causa della diffusione della pandemia, gli organizzatori sono stati dapprima costretti a rimandare le mostre previste lo scorso gennaio e a ripensare il programma, che si diffonderà eccezionalmente per tutto il 2021.

Ad aprirlo, saranno due mostre allestite a Villa Bottini, dal 28 maggio al 22 agosto 2021, e prodotte dall’Archivio Fotografico Lucchese “A. Fazzi”, che si pongono come momento di riflessione sull’anno appena trascorso, caratterizzato dalla diffusione del Coronavirus.

La prima è la collettiva L’inizio del futuro, curata da Giulia Ticozzi e Arcipelago-19, con una installazione audiovisiva di Cesura, che ripercorre le diverse fasi della pandemia, così come sono state e sono vissute in Italia, attraverso il racconto di fotografi freelance, la cui testimonianza si è rivelata fondamentale per una visione allargata del momento, sempre diversa grazie all’esperienza, alla vocazione, al linguaggio e al luogo di appartenenza di ciascun autore.

Alcuni fotografi hanno affrontato storie di malattia, di cura, di lutto, raccogliendo le suggestioni delle città vuote, delle valli di montagna colpite duramente dal virus, delle tensioni crescenti all’interno della società ma anche di solidarietà e mutuo soccorso.  

Altri hanno raccontato le vicende delle persone costrette in casa. Molti hanno riscoperto i volti dei propri famigliari, dei vicini e di chi, pur non essendo quasi mai al centro della notizia, è stato capace di portare alla luce aspetti fondamentali dell’essere umano, come il corpo, le relazioni interpersonali, l’intimo rapporto con se stesso.

La seconda mostra, dal titolo Racconti della Pandemia, curata da Enrico Stefanelli e Chiara Ruberti, presenta una selezione dei materiali acquisiti in questo anno nel fondo Covid-19 e relativi all’emergenza sanitaria nel territorio lucchese, grazie a immagini e filmati di autori, non necessariamente professionisti, che vivono e lavorano a Lucca e nella sua provincia.

A luglio Photolux sarà presente ai Rencontres di Arles (Francia) con l’esposizione di Alberto Giuliani, NASA Hi-SEAS ospitata dalla Fondazione Manuel Rivera-Ortiz e inserita nel programma ufficiale della rassegna (4 luglio – 26 settembre 2021). Una collaborazione ormai consolidata, che permette a Photolux di portare il lavoro degli autori italiani in uno dei più prestigiosi luoghi della fotografia a livello internazionale.

Photolux 2021 proseguirà quindi a settembre con la mostra dei vincitori del World Press Photo 2021 e altre due rassegne: Bitter Leaves, il reportage di Rocco Rorandelli (1973), membro del collettivo TerraProject, realizzato tra l’India, la Cina, l’Indonesia, gli Stati Uniti, l’Italia e molti altri paesi, per riferire l’impatto dell’industria del tabacco sulla salute delle persone, l’economia e l’ambiente, e Foul and Awesome Display, una produzione di Fotografia Europea (Reggio Emilia) a cura di Francesco Colombelli, che propone una selezione di libri fotografici che analizza come lo sviluppo delle armi da combattimento sia andato di pari passo con quello delle tecnologie più moderne. Photolux è diretto da Enrico Stefanelli e organizzato con il sostegno del Main partner: Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca; partner istituzionali: Città di Lucca, Provincia di Lucca, Fondation Manuel Rivera-Ortiz; sponsor: intarget flowing digital, Leica, Pictet Asset Management, Azimut.

IMMAGINE DI APERTURA – Max Cavallari, Villa delle Rose, Misano Adriatico, Giugno 2020

Messina Biblioteca Regionale: Le tre cantiche nella traduzione siciliana di Tommaso Cannizzaro

Il 28 maggio 2021, alle ore 17:30, in diretta live sulla pagina Facebook della Biblioteca un evento coinvolgente in collaborazione con l’Orchestra da Camera di Messina: “Le tre cantiche nella traduzione di Tommaso Cannizzaro. E la Commedia è sempre… Divina”. Performance per voci, suoni e immagini”. L’iniziativa culturale, inserita nel cartellone “Maggio dei Libri” promosso dalla Città di Messina, intende celebrare due anniversari importanti: il 700° dalla morte del Sommo Poeta Dante Alighieri e il centenario dalla morte del letterato messinese Tommaso Cannizzaro. 

https://www.facebook.com/bibliotecaregionaledimessina/?ref=bookmarks

Dal 2011, il CEPELL, acronimo per Centro per il libro e la lettura, Istituto autonomo del Ministero della Cultura che dipende dalla Direzione Generale Biblioteche e diritto d’autore, assolvendo all’obiettivo precipuo di “promuovere politiche di diffusione del libro, della cultura e degli autori italiani e di realizzare iniziative e campagne informative per sensibilizzare e incentivare i giovani alla lettura” ha istituito la Campagna Nazionale di Lettura “Il Maggio dei Libri”.

Tale Campagna, che vanta l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, per il 2021 propone la celebrazione della figura insigne del Sommo Poeta Dante Alighieri, nel 700°anniversario della Sua morte. La“Città di Messina”ha aderito con un ricco calendario di eventi in presenza, on line e con video, coinvolgendo associazioni, istituti comprensivi, biblioteche, librerie e case editrici.

Anche la Biblioteca Regionale “Giacomo Longo”,che già in passato,rispondendo all’appello del CEPELL,aveva per l’occasione realizzato momenti culturali diversificati, riscuotendo importanti consensi e mettendo in atto novelle energie,ha voluto essere partecipe alla programmazione della”Città di Messina” e, sotto l’egida dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, ha predisposto un proprio evento in diretta streaming sulla pagina Facebook d’Istituto, il 28 maggio 2021,alle ore 17,30:

“Le tre cantiche nella traduzione siciliana di Tommaso Cannizzaro. E la Commedia è sempre… Divina”.
Performance per voci, suoni e immagini

La singolare iniziativa che la Biblioteca propone, dà risalto a due anniversari importanti:l’uno già menzionato e tracciato dal Cepell che celebra Dante Alighieri, e l’altro,il centenario dalla morte del letterato Tommaso Cannizzaro avvenuta in Messina, il 25 agosto 1921. Le due figure del panorama letterario italiano,sebbene appartenenti a epoche lontane risultano aver in comune proprio la Divina Commedia,di paternità del Sommo,della quale l’illustre messinese fu eccellente traduttore in dialetto siciliano.

La traduzione in vernacolo delle Cantiche della Commedia del Cannizzaro, custodita in originale presso questa Biblioteca, è stata pubblicata nel 1904 ed è la prima integrale traduzione siciliana dell’opera dell’Alighieri. Il Cannizzaro, che fu poeta, critico letterario e traduttore, viaggiatore, poliglotta, dallo spirito indomito – militò infatti tra le file garibaldine – si dedicò a tale impresa letteraria “con lavoro assiduo e febbrile – come lo stesso ricorda nell’introduzione – temendo che la pazienza e il vigore mi venissero meno, a tradurre ordinatamente l’intero poema“. Difatti, un primo tentativo, nel 1877, l’aveva portato ad innamorarsi dell’idea di “voltare in terza rima siciliana la commedia di Dante”, guardando alle traduzioni già attuate in altre lingue e dialetti italiani, considerando il Siciliano “assai adatto”. Desistette, però, preso dallo scoraggiamento e da ulteriori impegni, per riprendere laddove aveva lasciato vent’anni prima, il 25 aprile del 1900, ricorrenza del Centenario della Visione Dantesca.

Il Suo è da considerarsi un vero capolavoro, basato su un approfondito studio della lingua siciliana, e segnatamente messinese, ben congegnato e, poeticamente, perfetto. È lodevole la finalità per cui si diede alla stesura: diffondere” nel popolo insulare il maggior poema che vanti non solo la letteratura nostra, ma la poesia in genere. Rendere accessibile a tutte le classi…”. Un capolavoro in cui l’uso del vernacolo non giunge a trasformare il contenuto in parodia, come già altri autori avevano fatto, bensì ne è interpretazione fedele e seria.

Voci, suoni, forme grammaticali, utilizzate con maestria dall’autore, consapevole delle affinità esistenti fra il dialetto fiorentino dantesco e il vernacolo siciliano, dei legami fra il volgare illustre e la lingua siciliana. Composizione poetica, frutto di un intenso lavoro di lima per non sfocare il concetto originale e, nel contempo, non avvilire la rima. Tommaso Cannizzaro guardò a quanto fatto anche in prospettiva di fruizione da parte di chi non era avvezzo al dialetto siciliano, rendendo più prezioso il testo con note in calce di fonetismo, vocalismo, consonantismo del dialetto siciliano corredate di schemi fonetici. Un’elencazione, poi, di “voci e forme della parlata messinese non registrate nei vocabolari siciliani e adoperate nella presente traduzione”rendono l’idea dell’immenso e appassionato lavoro e della sua unicità.

La Biblioteca Regionale iscrive, così, nel calendario della “Città di Messina” un momento culturale che riuscirà a coinvolgere e affascinare quanti vorranno collegarsi alle 17:30 di venerdì 28 maggio, sulla pagina Facebook. Dopo i saluti istituzionali e l’introduzione della Direttrice, Dr.ssa Tommasa Siragusa e l’intervento del curatore del progetto, l’etnomusicologo, Dr. Mario Sarica, sarà dato spazio a un video composito realizzato dalla Biblioteca in collaborazione con l’Associazione Orchestra da Camera di Messina, sotto l’egida dell’Assessorato Regionale del Turismo dello Sport e dello Spettacolo. Trattasi di una produzione drammaturgico/musicale dell’ Orchestra da Camera di Messina.

La piacevole visione che verrà offerta si articolerà in esecuzioni musicali, in prima assoluta, dei Maestri e autori dei temi musicali originali: Gemino Calà (clarinetto e fiati pastorali), Stefano Sgrò (percussioni), Antonio Garufi (contrabbasso), e in letture di alcuni brani tratti dalla Divina Commedia nella versione tradotta in siciliano da Tommaso Cannizzaro, rese dagli attori Antonio Previti e Gabriella Zecchetto. Dalla loro voce risuoneranno termini della parlata messinese presenti negli studi del Cannizzaro, così nel declamare il canto XXX del Purgatorio si potranno udire: “Anciuliddhu“ e “Allelujannu”.

Nel Maggio dei libri, saranno protagonisti del video i testi in argomento, posseduti da questa Biblioteca: “in primis” le preziose edizioni illustrate della Divina Commedia, che costituiranno il ricco percorso della pubblicazione principe del Sommo Poeta attraverso i secoli, reso fruibile on web nell’allestimento di un’esposizione nella quale troveranno posto anche altre famose opere. Altresì un settore, anche con manoscritti e testi con dediche autografe, sarà dedicato al poeta, critico letterario e traduttore Tommaso Cannizzaro, ancora purtroppo poco conosciuto, ma che fu autore di rilievo nella storia letteraria e politica della Messina a cavallo tra Ottocento e Novecento e si distinse a livello nazionale e europeo.

IMMAGINE DI APERTURA – Il manifesto dell’evento.

A Catanzaro, per la prima volta, una mostra dedicata al genio artistico di Marc Chagall

Dal 23 maggio 2021, nella straordinaria cornice della Complesso Monumentale del San Giovanni di Catanzaro, verrà ospitata una mostra dedicata al grande artista russo Marc Chagall (1887-1985), al suo rapporto con la religione ebraica e alla sua personalissima maniera di rileggere, in chiave pittorica, il Messaggio Biblico.

Chagall. La Bibbia

Per la prima volta a Catanzaro, una mostra dedicata al genio artistico di Marc Chagall, uno dei più grandi artisti del Novecento, in un’inedita e approfondita narrazione del testo biblico, tra storie e creature fantastiche.

23 maggio – 29 agosto 2021
Complesso Monumentale del San Giovanni, Catanzaro

di Olga Strada
Storica dell’arte, già direttrice dell’Istituto di Cultura italiana a Mosca

Chagall e la Russia
Il diapason creativo di Marc Chagall abbraccia tre macroculture, quella russa, quella ebraica e quella francese. Il suo status di artista ebreo, nomade, nato a Vitebsk, che abbandona definitivamente la Russia nel 1922, non lo ha privato delle radici storiche e figurative della sua terra natale.
Chagall ha iniziato a studiare pittura con Yehuda Pen, il quale a sua volta era figlio della tradizione pittorica dell’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo; prosegue la sua formazione dal 1906 al 1911 a San Pietroburgo avendo come maestri i nuovi astri dell’arte di quegli anni, artisti che facevano parte della cerchia di “Mir Iskusstva”, Bakst, Reorich, Dobuzinskij.
Chagall non solo aveva assimilato la lezione dei suoi maestri, ma tutta la sua pittura è profondamente intrisa delle vibrazioni cromatiche della natura russa, degli elementi paesaggistici della sua terra, di echi dell’arte popolare russa, quale quella del lubok.
Anche sotto il profilo rappresentativo e della costruzione dei suoi quadri, palesi sono i rimandi all’arte dell’icona, dove vige la sovrapposizione di piani diversi per dare vita a un racconto in cui si avverte il fluire del tempo e della storia come un unicum.
Si ricordi inoltre che un ciclo importante, oltre a quello biblico, è quello dedicato alle “Anime morte” di Gogol’, cosi come l’affrontare in teatro le scenografie per il balletto “Aleko”, tratto dal poema di Puskin.

Allestimento

Vita e sogno in Chagall
L’elemento onirico nell’opera chagalliana ha il sembiante di una lieve brezza che attraversa tutto il suo narrare. Sogno come memoria, sogno come felicita, sogno come armonia, sogno come universo di immagini archetipiche. Chagall, rispetto ai suoi contemporanei, che hanno dato vita a fondamentali correnti artistiche nell’arte del XX secolo, si distingueva per aver creato il suo mondo interiore senza la necessità di proclamare un “credo” o formulare un “manifesto”.
Chagall dichiarava “ma la mia arte e forse un’arte insensata, un mercurio fiammeggiante, un’anima azzurra che scaturisce sulle mie tele”. L’anima azzurra chagalliana ha il colore dei sogni lieti, del mistero gioioso della vita, della percezione dell’essere prima della vita stessa.
La biografia di Chagall è stata costellata di molte pagine buie, quali l’antisemitismo della Russia zarista, i pogrom e la fuga in America per sfuggire al nazismo, eppure è come se nei suoi lavori trovasse spazio l’afflato luminoso dell’archetipo.
Importante sottolineare come Chagall dichiarasse che nelle sue tele si rifaceva a esperienze reali, di cui era stato testimone, cosa che lo contrapponeva nettamente dalla corrente surrealista, alla quale talvolta la sua pittura è stata associata, la quale traeva ispirazione dal mondo dell’inconscio.

Allestimento

La Bibbia
“Fin dall’infanzia sono stato affascinato dalla Bibbia. Mi è sempre sembrato, e tutt’oggi mi sembra, che questo libro sia la più grande fonte di poesia di tutti i tempi. Da allora ho cercato il suo riflesso nella vita e nell’arte. La Bibbia è l’eco della natura, il mio è un tentativo di trasmettere questo mistero”.
In queste parole è racchiusa la summa dell’idea che sta alla base delle centocinquanta incisioni della Bibbia realizzate tra il 1931 e il 1956, così come nelle monumentali vetrate di Notre Dame des Toute Grace ad Assy, o nella Cattedrale di Metz in un serrato dialogo con le vetrate gotiche.
Nato in una famiglia ebrea chassidica molto religiosa e praticante, Chagall si era nutrito della cultura e del misticismo dei riti ebraici. I profeti e le varie figure del Vecchio testamento avevano assunto per lui un significato vivo, erano quasi delle persone reali con le quali dialogare e assimilabili ai vecchi ebrei che frequentavano la sinagoga o ai personaggi della sua infanzia, descritti con accenti simili a pennellate nelle pagine della sua autobiografia “Ma vie”. La sua riflessione sui temi sacri, che nutre l’intera poetica del suo fare artistico, non si era manifesta nei soli soggetti del Vecchio Testamento ma anche in quelli del Nuovo, e ne è testimonianza il quadro “Crocifissione bianca” del 1938.

Catalogo della mostra

IMMAGINE DI APERTURA – Pannello della mostra

Milano – Riapre alla Fabbrica del Vapore la mostra Frida Kahlo – Il caos dentro

Riapre martedì 25 maggio a Milano negli spazi della Fabbrica del Vapore la mostra Frida Kahlo – Il caos dentroun percorso sensoriale tecnologico e spettacolare che immerge il visitatore nella vita della grande artista messicana, esplorandone la dimensione artistica, umana, spirituale.

FRIDA KAHLO Il caos dentro

Milano, Fabbrica del Vapore

Riapre da martedì 25 maggio prorogata sino al 25 luglio 2021

Pennelli e colori

Prodotta da Navigare con il Comune di Milano, con la collaborazione del Consolato del Messico di Milano, della Camera di Commercio Italiana in Messico, della Fondazione Leo Matiz, del Banco del Messico, della Galleria messicana Oscar Roman, del Detroit Institute of Arts e del Museo Estudio Diego Rivera y Frida Khalo, la mostra è curata da Antonio Arévalo, Alejandra Matiz, Milagros Ancheita e Maria Rosso e rappresenta una occasione per entrare negli ambienti dove la pittrice visse, per capire, attraverso i suoi scritti e la riproduzione delle sue opere, la sua poetica e il fondamentale rapporto con Diego Rivera, per vivere, attraverso abiti, gioielli e oggetti, la sua quotidianità e gli elementi della cultura popolare tanto cari all’artista.

Dopo una sezione multimediale con immagini animate e una cronistoria  con le date che hanno segnato le vicende della pittrice, la mostra entra nel vivo con la riproduzione minuziosa dei tre ambienti più vissuti da Frida a Casa Azul, la celebre magione messicana costruita in stile francese da Guillermo Kahlo nel 1904: la camera da letto, lo studio realizzato nel 1946 al secondo piano e il giardino

Segue la sezione I colori dell’anima, curata da Alejandra Matiz, direttrice della Fondazione Leo Matiz di Bogotà, con i magnifici ritratti fotografici di Frida realizzati dal celebre fotografo colombiano Leonet Matiz Espinoza (1917-1988). Matiz, considerato uno dei più grandi fotografi del Novecento, immortala Frida in spazi di quotidianità: il quartiere, la casa e il giardino, lo studio.

Stanza degli abiti

Al piano superiore la mostra prosegue con una sezione dedicata a Diego Rivera: qui troviamo proiettate le lettere più evocative che Frida scrisse al marito. E una stanza dedicata alla cultura e all’arte popolare in Messico. Esposti alcuni esempi mirabili di collane, orecchini, anelli e gli abiti della tradizione messicana che hanno ispirato ed influenzato i modelli usati dalla Kahlo.

Il focus sulla tradizione messicana procede con la sezione dedicata ad alcuni dei più conosciuti murales realizzati da Diego Rivera: sono proiettati nella loro interezza e in alcuni dettagli i ventisette pannelli murali che compongono il Detroit Industry Murals (Detroit, 1932), il Pan American Unity Mural (San Francisco, 1940) e Sueño de una tarde dominical en la Alameda Central (Città del Messico).

Nella sezione FRIDA E IL SUO DOPPIO sono esposte le riproduzioni in formato modlight di quindici tra i più conosciuti autoritratti che Frida realizzò nel corso della sua carriera artistica, tra cui Autoritratto con collana (1933), Autoritratto con treccia (1941), Autoritratto con scimmie (1945), La colonna spezzata (1944), Il cervo ferito (1946), Diego ed io (1949).

A conferma della grande fama globale di cui la pittrice messicana gode, la mostra prosegue con una straordinaria collezione di francobolli di diversi stati, dove Frida è stata effigiata.

Il percorso comprende anche l’opera originale di Frida Piden Aeroplanos y les dan Alas de Petate – Chiedono aeroplani e gli danno ali di paglia  del 1938  e sei litografie acquerellate originali di Diego Rivera.

Lo spazio finale è riservato alla parte ludica dell’esposizione con un video ad altissima risoluzione, suoni ed effetti speciali che costituisce una esperienza sensoriale di realtà aumentata molto emozionante, adatta a grandi e piccoli.

Studio e giardino


PROMOZIONE SPECIALE

Vista la concomitanza della location del centro vaccinale adiacente alla mostra all’interno della Fabbrica del Vapore l’organizzazione offrirà a tutte le persone lo stesso giorno che si recheranno per effettuare il vaccino la possibilità di visitare la mostra ad un costo promozionale di €. 10,00 (promozione valida solo dal lunedì al venerdì)

INFORMAZIONI MODALITA’ VISITA MOSTRA
La mostra è aperta tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 19.30 
sabato, domenica e festivi dalle ore 09.30 alle 21.00
NON OCCORRE PRENOTARE

ULTIMO INGRESSO 30 MINUTI PRIMA DELLA CHIUSURA
I biglietti si possono acquistare direttamente presso la biglietteria della mostra.
I possessori di biglietti acquistati in precedenza su Groupon e Ticketone  possono accedere direttamente alla mostra.
Prevendita biglietti online: www.etes.it 
Per informazioni: 338 8507930 – 333 6095192
www.mostrafridakahlo.it

IMMAGINE DI APERTURA – L’ingresso della mostra