La rivoluzione americana, o, meglio,
detta guerra di indipendenza americana fu un conflitto, durato
dal 1775 al 1783, che si combatté sostanzialmente tra le
maggiori potenze mondiali del tempo e che interessò l’assetto di
gran parte del globo. Ad esso parteciparono, oltre al Regno
Unito e alle tredici colonie americane, anche la Francia, la
Spagna e le Province Unite, dalla parte americana, e l'Assia e
l'Hannover, dalla parte inglese. Il conflitto si svolse anche
nelle Antille, in India e in Europa. Di grande importanza fu lo
scontro negli oceani, con gravi danni anche alle rotte
commerciali. La pace definitiva, siglata nel 1783, comporterà
una piccola redistribuzione di territori e colonie tra i
belligeranti.
Alla base dello scontro mondiale vi fu, ovviamente,
l’ottenimento dell’indipendenza delle tredici colonie americane
dalla madrepatria, la Gran Bretagna.
Le cause
Inizialmente non vi era una vera volontà di scontro tra le due
parti. Tuttavia, poiché la Gran Bretagna entrò in una grave
crisi finanziarie, risolse di sfruttare le colonie per uscirne.
Impose, quindi, nuove tasse e dazi. Due erano le principali
richieste: lo Sugar Act, con dazi sulle merci di importazione
dal Regno Unito alle colonie, e lo Stamp Act, tasse caricate sui
documenti ufficiali e sui giornali. Inoltre vigevano regole
contro la creazione di attività produttive che sviluppassero
concorrenza alle produzioni della madrepatria. In sostanza
esisteva un monopolio industriale inglese. Le colonie americane
erano utilizzate, solo, per inviare le materie prime utili alla
lavorazione e allo sviluppo inglese. E’ chiaro che, rimanendo
le cose immutate, le colonie americane sarebbero rimaste senza
alcuna possibilità di sviluppo, all’interno delle rigide regole
imposte dalla corona inglese.
I principali personaggi
della successiva indipendenza, padri fondatori del futuro Stato,
Benjamin Franklin e George Washington, erano coscienti
dell’impossibilità di uno sviluppo necessario. Franklin, già
dal 1743, aveva proposto di basare sulle nuove scoperte
scientifiche e tecnologiche i settori agricoli, minerari e
industriali. Washington era, di fatto, un imprenditore, essendo
proprietario di vaste aree della Virginia, che producevano
cotone. Non erano, quindi, a lui sconosciute tutte le
problematiche legate allo sviluppo agricolo e industriale.
La fine della guerra dei sette anni, che aveva visto la
liberazione delle colonie canadesi dal dominio francese e dalle
restrizione loro imposte, grazie all’apparato militare inglese,
lasciò i coloni sottoposte alle richieste della madrepatria. La
Gran Bretagna, infatti, richiedeva un indennizzo delle spese
relative alla guerra e, comunque, il rispetto delle regole
economiche prima citate. La Corona inglese si arrogava, inoltre,
il possesso della Luisiana e delle terre sud-occidentali ex
francesi. Esse furono assegnate a nobili o compagnie commerciali
che le sfruttavano a favore del Regno unito. La limitazione ad
una possibile espansione verso ovest fu vista dai coloni come
ulteriore limitazione alla propria liberta, considerando loro i
nativi americani come selvaggi, che non coltivavano le terre e
che, quindi, non avevano un vero diritto ad abitarle.
La
struttura militare inglese nelle colonie americane aveva un
costo molto elevato, che la Corona cercò di distribuire sotto
forma di tasse sui coloni stessi.
Alla tassa sul bollo
(la "Stamp Act"), su tutti i documenti (tassa in vigore da lungo
tempo applicata nel Regno Unito, i coloni risposero proponendo
di poter mandare nel Parlamento inglese dei propri
rappresentanti. Abrogata la "Stamp Act", seguì la tassa sui
prodotti inglesi importati in America. Alle relative proteste
(con il boicottaggio delle merci inglesi), la madrepatria lasciò
in vigore solo la famosa tassa sul tè. Quando un assalto di
coloni (travestiti da indiani) alle navi della Compagnia delle
Indie Orientali nel porto di Boston, il carico venne gettato in
mare, la Corona reagì bloccando il porto. Tentò, inoltre di
privare dell’autonomia amministrativa l’intero Massachusetts. Il
confronto si fece duro. |
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