Alberto Giacometti – Faceva pittura e scultura per vederci meglio e capire

 

Busti e teste di uomo raffiguranti il fratello Diego eseguiti da Giacometti tra il 1954 e il 1956, in bronzo e gesso (foto Andrew Toth / Getty Images)

 

«Mi sorprende l’uomo della strada più di ogni scultura o dipinto. Ad ogni momento la folla scorre incessantemente per riunirsi e allontanarsi di nuovo. Senza posa, forma e riforma composizioni viventi di incredibile complessità. Ed è proprio la totalità di questa vita che desidero riprodurre in ogni cosa che faccio». Dall’8 giugno fino al 12 settembre, con oltre 175 opere in una mostra intitolata semplicemente “Giacometti”, il Solomon R. Guggenheim Museum di New York rende omaggio a questo artista svizzero, nato nel 1901 a Borgonovo vicino al confine italiano, protagonista imprescindibile del Novecento europeo. Il percorso espositivo comprende sculture, dipinti, disegni, fotografie d’archivio, oggetti, che abbracciano le creazioni elaborate nel corso di una vita, soffermandosi sul suo metodo di lavoro, documentato da istantanee, schizzi e diari. Attraverso le opere esposte è possibile cogliere anche la speciale “relazione storica” tra il Guggenheim stesso e l’artista Giacometti. Nel lontano 1955, in una sede provvisoria, il museo aveva già esposto al pubblico per la prima volta la sua produzione incentrata particolarmente sulla scultura. Dopo la sua scomparsa, nel 1974 gli rese ancora omaggio con una retrospettiva ospitata all’interno dell’avvolgente edificio realizzato da Frank Lloyd Wright. E molte, opere chiave dell’artista, è possibile ammirarle nella collezione permanente del museo. Visionario e introverso, Alberto Giacometti ha trascritto nell’arte del secondo dopoguerra, attraverso segni indelebili, il sentimento del proprio tempo. Ha convertito in materia artistica quanto di esistenziale scaturiva dall’angoscia e dal trauma di una società devastata dal conflitto: «Per me – asseriva – l’arte è il giusto mezzo per cercare di sapere com’è il mondo esterno. Quello che conta per me è solamente il soggetto, l’uomo». Le sue esili e filiformi figure umane – inconfondibili espressioni, alle quali si lega gran parte della sua celebrità – sono sparse lungo la rotonda del museo. Non manca il bronzo de ‘L’homme qui marche‘ (L’uomo che cammina), battuto da Sotheby’s nell’asta del 2010 per circa 75 milioni di euro, prezzo mai pagato al mondo per una scultura. Rappresenta l’essenza più intima dell’artista: un’esile figura, alienata, procede verso un futuro incerto, isolato in un contesto etereo e inesistente: «Ci vuole una energia straordinaria per far stare in piedi le mie figure, un istante dopo l’altro, c’è sempre nello spazio e nel tempo la minaccia di una caduta, della morte».

La mostra è stata curata da Megan Fontanella, specialista di “Modern Art and Provenance” del Guggenheim e Catherine Grenier, direttrice della Fondazione Giacometti di Parigi, con il sostegno di Mathilde Lecuyer-Maillé sempre della Fondazione Giacometti e Samantha Small, assistente curatrice dello stesso Guggenheim. La selezione ad opera del team curatoriale, dando forma a “Giacometti”, restituisce la ricerca della fragile essenza umana che l’artista ha sempre avuto necessità di esprimere. Le molteplici sculture presentate nel percorso di visita, alcune poste su piedistalli ed osservabili all’intorno, esprimono l’esemplare dimostrazione della sua indagine creativa. Grazie ad uno speciale focus, che espone sculture in gesso, fotografie, diari e schizzi – ovverosia i documenti importanti del “dietro le quinte”, quasi una estrapolazione del suo atelier – il visitatore è guidato progressivamente a comprendere l’universo creativo e compositivo di Giacometti. Agli ultimi 20 anni della sua vita artistica si riferiscono, invece, i lavori in gran parte ubicati nella High Gallery del museo. Tali opere sintetizzano le tre linee di ricerca sperimentate a conclusione della sua esistenza: i nudi femminili in piedi, le figure maschili che camminano e i busti scultorei che ritraggono amici e componenti della propria famiglia. «Io – commenta in questi anni – faccio pittura e scultura per mordere nella realtà, per difendermi, per nutrire me stesso… per tentare – con i mezzi che oggi mi sono propri – di vederci meglio, di capire meglio ciò che ho intorno, capire meglio per essere più libero, più forte possibile, per spendere, per spendermi il più possibile in ciò che faccio».

 

ALBERTO GIACOMETTI (Borgonovo di Stampa, 10 ottobre 1901 – Coira, 11 gennaio 1966) è stato uno scultore, pittore e incisore svizzero. Alberto Giacometti nacque a Borgonovo di Stampa, nel Canton Grigioni (Svizzera), il 10 ottobre 1901 da Giovanni Giacometti, un pittore post-impressionista svizzero, e da Annetta Stampa, svizzera discendente di rifugiati protestanti italiani. Giacometti cominciò a disegnare, a dipingere e a scolpire assai giovane. Tra l’altro fece spesso dei ritratti di suo cugino Zaccaria Giacometti, poi noto professore di diritto pubblico all’Università di Zurigo che visse con lui come «fratello maggiore». (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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Giacometti al Guggenheim

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