Giovanni Segantini – Le cattive madri

Le cattive madri, 1894, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna

IL DIPINTO

Le cattive madri è un dipinto del pittore italiano Giovanni Segantini, realizzato nel 1894 e conservato al Österreichische Galerie Belvedere di Vienna. Le cattive madri costituisce la seconda opera del cosiddetto ciclo del Nirvana, una serie di dipinti che Segantini realizzò ispirandosi ad un testo del Nirvana del librettista Luigi Illica. L’artista, infatti, trasfigura i celebri versi dell’autore e li riporta sulla tela, seguendo un procedimento tipicamente simbolista, che consiste nel partire dal concetto per poi giungere all’immagine. È proprio grazie a quest’opera, la quale fu acclamata dalla Secessione viennese e acquistata dal governo austriaco, che Segantini venne annoverato tra gli esponenti del Simbolismo europeo, mentre in Italia erano numerose le critiche che si stavano diffondendo nei confronti del ciclo del Nirvana, ritenuto un’erronea interpretazione del testo di Illica. La tematica affrontata nel quadro si lega alle vicende autobiografiche del pittore, il quale perse la madre a causa di una malattia quando era ancora un bambino. Questo fatto spalancò in lui un enorme vuoto che, in seguito, si trasformò in una vera e propria ossessione. Nelle cattive madri l’artista mette, infatti, in scena una vera e propria condanna rivolta a tutte coloro che, per un qualunque motivo, in vita rifiutarono la maternità per affermare la propria libertà sessuale.«Amai e rispettai sempre la donna in qualunque condizione essa sia pur che abbia viscere di Madre.» (Giovanni Segantini). Aspetto tipico della corrente simbolista è, infatti, la contrapposizione binaria tra donna come madre, che viene celebrata dallo stesso Segantini nel dipinto L’angelo della vita, e donna come femmina, che avendo abdicato alla sua missione primaria, deve necessariamente scontare la propria pena.

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Giovanni Segantini, ritratto fotografico

L’ARTISTA

Giovanni Segantini (Arco, 15 gennaio 1858 – monte Schafberg, 28 settembre 1899) è stato un pittore italiano, tra i massimi esponenti del divisionismo. Giovanni Battista Emmanuele Maria, figlio di Agostino Segantini e Margarita de Girardi, nasce ad Arco, nella parte italofona del Tirolo, allora appartenente all’impero austriaco, in una famiglia in condizioni economiche precarie. Alla morte della madre (Margherita de Girardi), nel 1865 viene inviato dal padre a Milano, in custodia presso la figlia di primo letto Irene. Privato di un ambiente familiare vero e proprio, Segantini vive una giovinezza chiusa e solitaria, tanto da venire arrestato per ozio e vagabondaggio, anche perché era considerato apolide: nel 1870 è rinchiuso nel riformatorio Marchiondi, dal quale tenta di fuggire nel 1871, ma vi viene riportato e vi rimane fino al 1873. Segantini viene quindi affidato al fratellastro Napoleone, che vive a Borgo in Valsugana, e, per mantenersi, lavora come garzone nella sua bottega. Rimane a Borgo fino al 1874. Al suo ritorno a Milano, ha ormai sviluppato una sua prima coscienza artistica e passione per la pittura, tanto che si iscrive ai corsi serali dell’Accademia di belle arti di Brera, che frequenta per quasi tre anni.

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Arnold Böcklin – L’isola dei morti

L’isola dei morti, prima versione dell’opera nel museo d’arte di Basilea, 1880-1886, Kunstmuseum Basel

IL DIPINTO

L’isola dei morti (Die Toteninsel) è il nome di cinque dipinti del pittore svizzero Arnold Böcklin, realizzati tra il 1880 e il 1886 e conservati a Basilea, New York, Berlino e Lipsia. Un luogo tranquillo: era questo il titolo originale della prima versione dell’opera, eseguita da Böcklin dopo una gestazione molto meditata su commissione di Alexander Günther, il suo mecenate ricco e misterioso: «L’isola dei morti è pronta, finalmente» gli comunicò in una missiva del 19 maggio 1880 «e sono convinto che susciterà l’impressione che desidero». Lo stesso Böcklin, tuttavia, rimase talmente stregato dalla sua creatura da non volersene separare più. Non sappiamo nulla sullo spunto che sollecitò Böcklin a dare vita a questa precisa composizione, che potrebbe aver preso le mosse da una visione onirica, o magari da un’immagine reale poi rielaborata dal genio artistico e dall’inconscio del pittore, o magari da luttuose fantasticherie.

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Autoritratto con la Morte che suona il violino, 1872 circa, Alte Nationalgalerie, Berlino

L’ARTISTA

Arnold Böcklin (Basilea, 16 ottobre 1827 – San Domenico di Fiesole, 16 gennaio 1901) è stato un pittore, disegnatore, scultore e grafico svizzero, nonché uno dei principali esponenti del simbolismo tedesco. Arnold Böcklin nacque il 16 ottobre 1827 a Basilea, figlio di Christian Friedrich Böcklin, noto mercante della seta nativo di Sciaffusa, e di Ursula Lipp, celebre discendente di una famiglia che annoverava tra i propri avi Johann Jacob Lippe e Hans Holbein il Giovane. Inizialmente destinato a seguire le orme paterne, grazie all’intercessione della madre e del poeta Wilhelm Wackernagel (professore al ginnasio e all’università di Basilea) il giovane Arnold fu in grado di assecondare la sua più autentica vocazione artistica, andando nel 1845 a studiare all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf. Qui ebbe come insegnante il pittore Johann Wilhelm Schirmer, uno dei maggiori interpreti del tempo della cosiddetta pittura eroico-panoramica, che in lui trovò un apprezzato autore di paesaggi densi di colore e di luce. Come osservato dallo storico dell’arte Heinrich Wölfflin «presso Schirmer a Düsseldorf la tendenza verso il grande paesaggio eroico ha ricevuto un particolare nutrimento. Giganteschi gruppi di alberi, pianure maestose, linee di montagne italiane con il loro tranquillo respiro riempivano la fantasia. Tuttavia il pathos un po’ generico di Schirmer non bastava a Böcklin». L’alunnato del Böcklin presso lo Schirmer durò fino al 1847, anno in cui Böcklin si recò insieme al condiscepolo Rodolf Koller a Bruxelles ed Anversa per ammirare i dipinti dei grandi maestri fiamminghi e degli olandesi del Seicento, rimanendone fortemente impressionato. Seguì un viaggio nella natia Svizzera, dove Böcklin – che, giova ricordarlo, aveva sviluppato una naturale inclinazione per la pittura di paesaggio – ebbe modo di incontrare la forza evocativa delle Alpi, da lui omaggiate con dipinti dal sapore friedrichiano. Arrivò persino a installarsi a Ginevra, seguendovi i corsi di Alexandre Calame, rinomato pittore di paesaggi alpini. L’apprendistato con quest’ultimo, tuttavia, si rivelò essere sterile ed inconcludente, sicché il giovane Arnold decise di recarsi a Parigi, città in quell’epoca satura di fermenti artistici. Böcklin rimase certamente colpito dall’innovativo cromatismo delle opere di Delacroix e Corot, o anche dalla bellezza de I romani della decadenza, quadro di Couture che nel 1847 aveva suscitato ammirati plausi nel pubblico del Salon. Ma furono in particolar modo la vastità e la solitudine del tessuto urbano Parigini e, soprattutto, la tumultuosità della rivoluzione francese del 1848 a lasciare un’impronta indelebile nel suo animo.

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Lorenzo Cardinale Ciccotti – Il bilancio a prova di scimmia

Fate il test del “Se”:
1. se avete una “visione tolemaica” del fatturato;
2. se il bilancio per voi è poco più di un elenco di numeri in ordine sparso;
3. se “lavorofatturomanonhouneuro”;
4. se almeno una volta siete andati dal consulente e siete usciti dallo studio più confusi di prima;
5. se averne uno lo ritenete un male necessario o la malattia del secolo;
6. se pensate che uno valga l’altro;
7. se l’avete scelto perché “mifapagarepoco” (e magari lo dite pure con orgoglio);
8. se subite il fascino della sua vuota magniloquenza e intanto “nonhocapitounamazzamasuonabene”;
9. se vi siete scoperti a pensare “misembraseriovestebene” (o viceversa);
10. se, sopra ogni cosa, avete realmente voglia di capire che piega ha preso la vostra carriera di imprenditori e continuate a non capire nulla di (o poco più) quando vi parlano di contabilità e vi sentite come nel cestello della lavatrice in modalità centrifuga, vi invito a rilassarvi, distendere la cervicale, le gambe e farmi compagnia in questo viaggio semiserio sulla gestione aziendale.

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IMMAGINE DI APERTURA: Foto di Mohamed Hassan da Pixabay 

Gustave Moreau – Edipo e la Sfinge

Edipo e la Sfinge, 1864, Metropolitan Museum of Art, New York

IL DIPINTO

Edipo e la Sfinge è un dipinto del pittore simbolista francese Gustave Moreau, conservato al Metropolitan Museum of Art di New York. Moreau rinnova la visione del mito antico in questo confronto, da cui Edipo uscirà vittorioso, che è quello tra il bene e il male, lo spirito e la materia. Il leggendario eroe greco Edipo, giunto a Tebe, incontrò la temuta Sfinge: un mostro con testa di donna, corpo di leone, coda di serpente ed ali di rapace. Ad ogni viaggiatore essa poneva un enigma: “Qual è la creatura che cammina su quattro piedi al mattino, su due al pomeriggio e su tre di sera?”. Nel suolo giacevano i resti dei passanti che non avevano risposto correttamente, ma Edipo capì che la soluzione era l’uomo, poiché da bambino gattona, da adulto cammina su due gambe ed in vecchiaia usa un bastone. Edipo sconfisse così la Sfinge. Nel 1864 Gustave Moreau espose al Salon Edipo e la Sfinge ricevendo le lodi di illustri critici come Théophile Gautier, Maxime du Camp, Paul de Saint-Victor, ricevette una medaglia e fu acquistato da un prestigioso collezionista: il principe Napoleone Bonaparte, cugino dell’imperatore. L’opera segnò l’inizio della sua fortuna.

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Autoritratto, 1850, Musée National Gustave-Moreau, Parigi

L’ARTISTA

Gustave Moreau (Parigi, 6 aprile 1826 – Parigi, 18 aprile 1898) è stato un pittore francese. Fu precursore del simbolismo e del surrealismo. Gustave Moreau nacque il 6 aprile 1826 a Parigi da Louis Moreau e Pauline Desmontiers. Il primo, architetto di influenze neoclassiche, offrì al giovane figlio un’ampia biblioteca costituita da opere di gran pregio, dove il giovane Gustave esplorò i capolavori della letteratura occidentale (tra i quali Ovidio e Dante Alighieri), i grandi trattati dell’architettura (Vitruvio e Leon Battista Alberti) e i trattati pittorici di Leonardo da Vinci e Winckelmann. La madre invece, devota al suo unico figlio, gli trasmise la passione per la musica. Dopo essersi avviato negli studi superiori con scarsi risultati nel Collegio Rollin, ottenne nel 1844 il baccalaureato dopo essersi preparato privatamente. Vari studiosi intravedono già nell’adolescenza di Gustave i segni di una personalità schiva e restia alle interazioni sociali, manifestando i primi sentori di un carattere fragile e ombroso che sfocerà poi nella sua produzione pittorica. Era infatti già emersa la passione per il disegno, sviluppata poi nella bottega di François Picot. Quest’ultimo lo introdusse alla pittura storica e soprattutto italiana, spingendolo ad eseguire minuziose copie degli artisti cisalpini esposti al Museo del Louvre. Ammesso nel 1846 alla Scuola delle Belle Arti, non riuscì mai a conseguire il Grand Prix de Rome, cosa che lo portò nel 1849 ad abbandonare l’istituto rifiutando per sempre la canonica e convenzionale arte accademica.

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Pierre Puvis de Chavannes – Il mercante di tartarughe

Il mercante di tartarughe, 1854, Musée d’Orsay, Parigi

IL DIPINTO

Il mercante di tartarughe (Le Marchand de tortues) è un dipinto ad olio su tela realizzato nel 1854 dal pittore francese Pierre Puvis de Chavannes (1824-1898), considerato un precursore del simbolismo, influenzato da Ingres. Questo dipinto è conservato nella collezione del Musée d’Orsay dalla sua acquisizione nel 2014. Il dipinto, che misura 89 × 118 cm, mostra un esterno diurno su un canale a Venezia, in primo piano, un giovane venditore di tartarughe, poco vestito, mezzo appoggiato a una colonna, lo sguardo rivolto verso una signora apparentemente benestante che sta giocando con dei cani. Al centro del dipinto una donna, accompagnata dal suo bambino, porta due secchi per mezzo di un giogo. Quale messaggio vuole trasmettere Puvy de Chavannes?

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Pierre Puvis de Chavannes

L’ARTISTA

Pierre Puvis de Chavannes (Lione, 14 dicembre 1824 – Parigi, 24 ottobre 1898) è stato un pittore francese. Appartenne alla corrente simbolista e fu l’ultimo esponente della Scuola di Lione. È considerato uno dei maggiori rappresentanti della pittura francese del 1800. Pierre-Cécile Puvis nacque in un sobborgo di Lione, figlio di un ingegnere minerario discendente da un’antica e nobile famiglia della Borgogna. Solo in seguito aggiunse “de Chavannes” al suo cognome, con lo scopo di acquisire più prestigio. Compì i suoi studi al Liceo Enrico IV di Parigi, seguendo in particolare i corsi di Retorica, di Filosofia e di Diritto, con l’intenzione di seguire la professione paterna. Ma nel 1844 e nel 1845 si ammalò e dovette recarsi in convalescenza a Mâcon. Si recò poi in Italia e vi trascorse un anno. L’incontro con le opere dei grandi maestri italiani e con lo stesso paesaggio italico gli dischiusero nuove prospettive e sconvolsero i suoi programmi per il futuro. Al suo ritorno annunciò di voler rinunciare agli studi di ingegneria per divenire un pittore. Si stabilì così in un ampio studio presso la Gare de Lyon e iniziò a seguire i corsi di Henry Sheffer. A questi primi studi seguì un secondo soggiorno di studio in Italia, quindi, rientrato a Parigi, per breve tempo si recò nell’atelier di Eugène Delacroix, ma costui, per ragione di salute, cessò la sua attività. Puvis decise allora di continuare il suo apprendistato nella scuola di Thomas Couture. Gli studi di Puvis non seguirono però la prassi consueta. Egli preferì frequentare irregolarmente i maestri e lavorare spesso da solo. Di sua iniziativa, inoltre, si iscrisse ad un corso di anatomia presso l’Accademia di Belle arti.

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Craig Mod – Reinventare la copertina. Dal libro all’ebook

Nel passaggio al digitale il libro si trova a rimettere in discussione sia il suo ruolo di contenitore, sia le consolidate e rassicuranti interfacce che gli appartengono da secoli, tra cui la copertina. Guscio protettivo del contenuto, prima, strumento di marketing nelle librerie, poi, la copertina scomposta in bit e fagocitata dal Web e dai colossi della vendita online come Amazon e iBookstore, si trova a dover quasi giustificare la sua presenza in un ebook. Quale la sua funzione oggi? Che cosa ha perso e che cosa potrebbe guadagnare nei formati digitali? Quali requisiti dovrebbe avere una buona copertina per libri elettronici? Craig Mod prova a rispondere tracciando un affascinate percorso tra il senso passato e il valore futuro di quella che fino ad oggi è stata la “faccia di un libro”. Il risultato non è scontato e la fine della copertina non è segnata, anzi oggi più che mai è tempo di reinventarla. Questo ebook è lungo 32.000 battute.

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IMMAGINE DI APERTURA: Foto di BRRT da Pixabay 

Giuseppe Pellizza da Volpedo: La fiumana

La fiumana, 1898, Pinacoteca di Brera, Milano

IL DIPINTO

La fiumana, dipinto nel 1898 da Giuseppe Pellizza da Volpedo, è conservato alla Pinacoteca di Brera (Milano) Pellizza, prima di dipingere la grande tela del Quarto stato, decise nell’agosto 1895 di realizzarne uno studio in olio preliminare: questa redazione rappresenta di fatto un punto di rottura con gli antecedenti Ambasciatori della fame. Rispetto ai bozzetti precedenti, la massa di gente qui è vastissima, tale da formare – come suggerisce il titolo – una vera e propria fiumana umana; cambia anche la gamma luminosa, stavolta giocata con l’utilizzo di «contrasti dal giallo al rosso, con dominanti sulfuree nelle figure e su toni dal blu al verde nello sfondo, dove il cielo è di forte intensità blu azzurrata e verdi delle piante si riflettono nel terreno». Contestualmente, l’ombra in primo piano viene abolita e viene prediletto un punto di vista meno alto, in modo da dare maggiore enfasi alla folla, stavolta portata più in avanti. Viene inoltre aggiunta una nuova figura femminile con un bimbo in braccio; quest’ultima, posta in posizione subordinata rispetto al resto dei riottosi, viene intesa passivamente come allegoria dell’umanità.

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Giuseppe Pellizza

L’ARTISTA

Giuseppe Pellizza (Volpedo, 28 luglio 1868 – Volpedo, 14 giugno 1907) è stato un pittore italiano, dapprima divisionista, poi esponente della corrente sociale, autore del celeberrimo Il quarto stato, divenuto un simbolo del mondo del lavoro subordinato e delle battaglie politico-sindacali e operaie (questione operaia), a partire dall’Ottocento in poi con la seconda rivoluzione industriale. Giuseppe Pellizza nacque a Volpedo, in provincia di Alessandria, il 28 luglio 1868 da Pietro e da Maddalena Cantù, in un’agiata famiglia di contadini; frequentò la scuola tecnica di Castelnuovo Scrivia, dove apprese i primi rudimenti del disegno. Grazie alle conoscenze ottenute con la commercializzazione dei loro prodotti, i Pellizza entrarono in contatto con i fratelli Grubicy, che promossero l’iscrizione di Giuseppe all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove fu allievo di Giuseppe Bertini. Contemporaneamente, ricevette lezioni private dal pittore Giuseppe Puricelli; successivamente divenne allievo di Pio Sanquirico. Espose per la prima volta a Brera nel 1885. Terminati gli studi milanesi, Pellizza decise di proseguire il tirocinio formativo, recandosi a Roma, dapprima all’Accademia di San Luca, poi alla scuola libera di nudo all’Accademia di Francia a Villa Medici. Deluso da Roma, abbandonò la città prima del previsto per recarsi a Firenze, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti, come allievo di Giovanni Fattori. Alla fine dell’anno accademico ritornò a Volpedo, allo scopo di dedicarsi alla pittura verista attraverso lo studio della natura. Non ritenendosi soddisfatto della preparazione raggiunta, si recò a Bergamo, dove all’Accademia Carrara seguì i corsi privati di Cesare Tallone. Frequentò poi l’Accademia Ligustica a Genova. Al termine di quest’ultimo tirocinio, ritornò al paese natale, dove sposò una contadina del luogo, Teresa Bidone, nel 1892. Nello stesso anno, cominciò ad aggiungere “da Volpedo” alla propria firma.

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Henri de Toulouse-Lautrec – Ballo al Moulin Rouge

Ballo al Moulin Rouge, 1889-1890, Museum of Art, Filadelfia

IL DIPINTO

Ballo al Moulin Rouge è un dipinto del pittore francese Henri de Toulouse-Lautrec, realizzato nel 1889-90 e conservato al museo d’arte di Philadelphia. Toulouse-Lautrec amava intensamente la vita ed era affascinato dallo spettacolo umano che, ogni sera, gli ferveva intorno al Moulin Rouge, celebre locale notturno del quartiere di Montmartre inaugurato nel 1891 e universalmente apprezzato dai parigini. I maggiori artefici del successo di questo tempio dell’eccesso e della lussuria furono, in particolare, la Goulue e Valentin le Désossé. La prima era una contadina di origini alsaziane che, giunta a Parigi alla ricerca di notorietà, si lasciò suggestionare dalle luci di Montmartre e si ingaggiò come ballerina presso il Moulin Rouge. Il successo che ebbe fu sfolgorante: illuminata da «quel poco di bruttezza, che la salva[va] dalla perfezione», per usare le parole dello stesso pittore, Louis Weber (soprannominata «Goulue» per il suo appetito insaziabile) sapeva combinare mirabilmente la sua eccentricità e la sua sfrontatezza con una grazia quasi fanciullesca. L’impressione che gli indiavolati can-can intrapresi dalla Goulue avevano sui parigini si può facilmente intuire dal seguente commento, pubblicato sul Figaro illustré del 1891: «Arrivarono [al Moulin Rouge] proprio nel momento psicologico in cui la Goulue stava eseguendo un passo impossibile da descrivere: balzi da capra impazzita, rovesciamenti all’indietro da pensare che si sarebbe spezzata in due, voli di gonne. Il pubblico scalpitava entusiasta».

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Henri de Toulouse-Lautrec in un ritratto fotografico scattato del 1894

L’ARTISTA

Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa (Albi, 24 novembre 1864 – Saint-André-du-Bois, 9 settembre 1901) è stato un pittore francese, tra le figure più significative dell’arte del tardo Ottocento. Henri de Toulouse-Lautrec nacque il 24 novembre 1864 in uno dei palazzi di famiglia, l’Hôtel du Bosc, presso Albi, una cittadina del Meridione della Francia, a ottanta chilometri di distanza da Tolosa. La sua era una delle famiglie più prestigiose di Francia. I Toulouse-Lautrec si consideravano discendenti da Raimondo V conte di Tolosa, padre di Baudouin, che nel 1196 avrebbe dato origine alla stirpe, contraendo matrimonio con Alix, viscontessa di Lautrec. La famiglia regnò per secoli sull’Albigese e diede i natali a valorosi soldati, militarmente attivi nelle Crociate, che tuttavia non mancavano di compiacersi con le Belle Arti: nel corso dei secoli, infatti, furono numerosi i Toulouse-Lautrec che si interessavano di disegno, e persino la nonna di Henri un giorno disse: «Se i miei figli a caccia prendono un uccello, ne ricavano tre piaceri: sparargli, mangiarlo e disegnarlo». I genitori di Henri erano il conte Alphonse-Charles-Marie de Toulouse-Lautrec-Montfa e la contessa Adèle-Zoë-Marie-Marquette Tapié de Céleyran, ed erano cugini primi (le madri degli sposi erano sorelle). Era usanza delle famiglie nobiliari, infatti, sposarsi tra consanguinei, così da preservare la purezza del sangue blu, e neanche Alphonse e Adèle si sottrassero a questa tradizione, celebrando il matrimonio in data 10 maggio 1863. Quest’unione, tuttavia, fu gravida di funeste conseguenze: i due sposi, infatti, erano sì entrambi nobili, ma erano pure assolutamente incompatibili fra di loro. Il padre di Lautrec, il conte Alphonse, era un bizzarro esibizionista ed un insaziabile dongiovanni e amava consacrarsi all’ozio e ai passatempi dei ricchi, frequentando l’alta società e seguendo la caccia e l’ippica (le corse a Chantilly erano il suo pane quotidiano).

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Le Passeggiate del Direttore: Cleopatra e l’Egitto dei Tolomei

Cosa c’è di meglio di una web serie per tenervi compagnia? A grande richiesta, vi presentiamo LE PASSEGGIATE DEL DIRETTORE, la prima stagione di una serie firmata dal Museo Egizio, un viaggio nella storia suddiviso in brevi episodi. 

Il Museo Egizio di Torino è il più antico museo, a livello mondiale, interamente dedicato alla civiltà nilotica ed è considerato, per valore e quantità dei reperti, il più importante al mondo dopo quello del Cairo. Nel 2004 il ministero dei beni culturali l’ha affidato in gestione alla “Fondazione Museo Egizio di Torino”. Nel 2019 il museo ha fatto registrare 853 320 visitatori, risultando il sesto museo italiano più visitato. Nel 2017 i Premi Travellers’ Choice di TripAdvisor classificano l’Egizio al primo posto tra i musei più apprezzati in Italia, al nono in Europa e al quattordicesimo nel mondo.
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Le Passeggiate del Direttore: Cleopatra e l’Egitto dei Tolomei

IMMAGINE DI APERTURA – Ingresso del museo egizio, Torino (Fonte Wikipedia)