I viaggi del futuro? Così li raccontavano a fine Ottocento

Siete curiosi di sapere come se la immaginavano la vita quotidiana a fine Ottocento? Ad esempio, come sarebbe stato viaggiare? Magari alla pazzesca velocità di 150 chilometri orari? Leggiamo una parte del primo capitolo di un libro nato dalla fantasia di Paolo Mantegazza, scrittore, ma anche medico fisiologo e igienista. È uno dei precursori della fantascienza italiana, che nel 1897 descrisse una utopica società del futuro. Il suo viaggio immaginario avviene nell’anno 3000. Ogni problema è stato risolto da una tecnologia meccanica che ha fatto superare anche le vecchie ideologie. Nel suo romanzo ci si imbatte nei temi che nel corso del Novecento diventeranno nodi da sciogliere, come pacifismo, internazionalismo, eugenetica, controllo demografico, libertà sessuale per entrambi i sessi, sperimentazione farmacologica umana e animale. Se vi interessa potete andare a leggerlo per intero.

Paolo e Maria partono per l’Andropoli

«Paolo e Maria lasciarono Roma, capitale degli Stati Uniti d’Europa, montando nel più grande dei loro aerotachi, quello destinato ai lunghi viaggi.

È una navicella mossa dall’elettricità. Due comode poltrone stanno nel mezzo e con uno scattar di molla si convertono in comodissimi letti. Davanti ad esse una bussola, un tavolino e un quadrante colle tre parole: moto, calore, luce.

Toccando un tasto l’aerotaco si mette in moto e si gradua la velocità, che può giungere a 150 chilometri all’ora. Toccando un altro tasto si riscalda l’ambiente alla temperatura che si desidera, e premendo un terzo si illumina la navicella. Un semplice commutatore trasforma l’elettricità in calore, in luce, in movimento; come vi piace.

Nelle pareti dell’aerotaco eran condensate tante provviste, che bastavano per dieci giorni. Succhi condensati di albuminoidi e di idruri di carbonio, che rappresentano chilogrammi di carne e di verdura; eteri coobatissimi, che rifanno i profumi di tutti i fiori più odorosi, di tutte le frutta più squisite. Una piccola cantina conteneva una lauta provvista di tre elisiri, che eccitano i centri cerebrali, che presiedono alle massime forze della vita; il pensiero, il movimento e l’amore.

Nessun bisogno nell’aerotaco di macchinisti o di servi, perchè ognuno impara fin dalle prime scuole a maneggiarlo, a innalzare o ad abbassare secondo il bisogno e a dirigerlo dove volete andare. In un quadrante si leggono i chilometri percorsi, la temperatura dell’ambiente e la direzione dei venti.

Paolo e Maria avevano portato seco pochi libri e fra questi L’anno 3000, scritto da un medico, che dieci secoli prima con bizzarra fantasia aveva tentato di indovinare come sarebbe il mondo umano dieci secoli dopo.

Paolo aveva detto a Maria:

— Nel nostro lungo viaggio ti farò passar la noia, traducendoti dall’italiano le strane fantasie di questo antichissimo scrittore. Son curioso davvero fin dove questo profeta abbia indovinato il futuro. Ne leggeremo certamente delle belle e ne rideremo di cuore.

È bene a sapersi che nell’anno 3000 da più di cinque secoli non si parla nel mondo che la lingua cosmica. Tutte le lingue europee son morte e per non parlare che dell’Italia, in ordine di tempo l’osco, l’etrusco, il celtico, il latino e per ultimo l’italiano.

Il viaggio, che stanno per intraprendere Paolo e Maria, è lunghissimo. Partiti da Roma vogliono recarsi ad Andropoli, capitale degli Stati Uniti Planetarii, dove vogliono celebrare il loro matrimonio fecondo, essendo già uniti da cinque anni col matrimonio d’amore. Essi devono presentarsi al Senato biologico di Andropoli, perché sia giudicato da quel supremo Consesso delle scienze, se abbiano o no il diritto di trasmettere la vita ad altri uomini.

Prima però di attraversare l’Europa e l’Asia per recarsi alla capitale del mondo, posta ai piedi dell’Imalaia, dove un tempo era Darjeeling, Paolo voleva che la sua fidanzata vedesse la grande Necropoli di Spezia, dove gli Italiani dell’anno 3000 hanno come in un Museo raccolte tutte le memorie del passato.

Maria fino allora aveva viaggiato pochissimo. Non conosceva che Roma e Napoli e il pensiero dell’ignoto la inebriava. Non aveva che vent’anni, avendo data la mano d’amore a Paolo da cinque anni.

Il volo da Roma a Spezia fu di poche ore e senza accidenti. Vi giunsero verso sera, e dopo una breve sosta in uno dei migliori alberghi della città, cavarono fuori dall’aerotaco una specie di mantello di caucciù, che si chiama idrotaco e che gonfiato da uno stantuffo in pochi momenti si converte in un barchetto comodo e sicuro. Anche qui nessun bisogno di barcaiuolo e di servi. Una macchinetta elettrica, non più grande di un orologio da caminetto, muove l’idrotaco sulle onde, colla velocità che si desidera».

LEGGI L’ORIGINALE SU WIKISOURCE: Paolo Mantegazza – L’anno 3000 (1897)

IMMAGINE DI APERTURA di Karen Nadine da Pixabay 

About the author: Experiences