In questo racconto la Befana non c’entra niente. È solo la ricorrenza in cui avviene un fatto. Come sono solo ricorrenze le Feste dell’anno: ad alcuni butta bene e ad altri meno. Questa è una storia di emigrazione di altri tempi, quando erano gli italiani che partivano per terre lontane a cercare fortuna. Un figlio “bastardo”, dopo avere ritrovato la madre, migrata in Francia, proprio nel giorno della Befana ritrova anche il padre che lo ha messo al mondo e non lo ha mai conosciuto.
Il padre di Baciccia non era morto affatto – come sempre gli avevano fatto credere – ma era vivo e vegeto, ed anche ricco e senza figli. Aveva delle fattorie nell’America del Sud e una bella casa in città, a La Plata.
Baciccia, che per mestiere fa il marinaio, dopo sessantotto giorni di navigazione, vede la sua nave entrare finalmente in porto, proprio il sei di gennaio. Chissà che questo non sia il segno del destino.
«Era il giorno dell’Epifania, il cuore dell’estate australe, e sembrava che il sole fosse cascato sulla coperta per il caldo che faceva; e dal cassero, quell’aborto di metropoli che è la città di La Plata, tremava tutto ai nostri occhi, rovente nella fiamma del sole, disteso sull’orlo della Pampa bruciata, dove da trent’anni sta, aspettando che i suoi atenei, i suoi osservatori, le sue biblioteche, i suoi palazzi, e soprattutto il suo immenso porto, vanto di costruttori italiani, gli servano a qualche cosa».
Per tutto il tempo del viaggio Baciccia non ha fatto altro che fantasticare l’incontro e parlarne con tutti a bordo.
«Non c’è dubbio! Questa è la Befana che vi vuol bene, e ha preparato tutto in modo e maniera…!», gli dice il capitano. Ma la Befana a Baciccia non ha mai portato niente, neanche quand’era bambino.
«Vi porterà tutto in una volta», gli tuona il capitano.
L’epilogo – insolito quando s’immagina il giorno della Befana – lo lascia bene intendere Ercole Luigi Morselli, nel titolo del libro che raccoglie i suoi otto racconti: Storie da ridere… e da piangere (Milano, 1918).
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