Nella città del XX secolo un’architettura nuova sostituirà quella senza qualità

Interno del Crystal Palace

In un periodo di Covid molti architetti e ingegneri stanno immaginando quale possa essere la città del futuro. Ci siamo chiesti come se la immaginavano, a metà Ottocento, la città che stiamo vivendo oggi, quella realizzata nel ventesimo secolo e che ora dovremmo trasformare. Così siamo ricorsi al Giornale dell’ingegnere, architetto ed agronomo edito a Milano. In un numero del 1857 troviamo un brillante articolo, non firmato, tradotto dalla Presse «ove si fa una rassegna delle principali mutazioni che debbono prodursi nell’industria e nella vita sociale del ventesimo secolo in grazia della piena attivazione di molti ritrovati moderni che trovansi tuttora in uno stato embrionale». Ne abbiamo fatto una riduzione, espressa in un linguaggio più vicino al nostro, questo perché chi volesse può sempre andare a leggere le pagine del libro originale.

Una città al ventesimo secolo

«Le importanti scoperte, che rendono il Diciannovesimo secolo uno dei più grandi nella storia, non avrebbero significato alcuno, se non dovessero condurre gli uomini ad uno stato sociale ben superiore a quello di oggi. La produzione industriale, coll’aiuto del vapore, è già capace, da sola, di realizzare un tale risultato. Basterà confrontare le nuove e grandi città moderne – quali New York, Filadelfia, una parte di Londra o di Parigi – con quelle città di origine medievale, caratterizzate da infette stradicciole, con vicoli ove difficilmente penetrano aria e luce. In queste strade piccoli industriali esercitano, fra pericoli e vessazioni, la loro penosa attività. Eppure pensate quale profondo cambiamento hanno realizzato pochi miglioramenti come la pavimentazione delle strade, la pubblica illuminazione, una polizia urbana bene organizzata, i perfezionati mezzi di trasporto! E non siamo che all’alba di questa nuova era, e ciò che oggi esiste è ben poca cosa in paragone a ciò che dovrà realizzarsi ancora. Si sono forse sfruttate al massimo le opportunità del vapore? No: non si sono che sfiorate le principali sue applicazioni. Dove sono i pubblici riscaldamenti che dovrebbero esistere in tutte le nostre città, in inverno? Dove le lavanderie economiche? Dove in quartieri operai forniti di acqua ben distribuita in ogni stabile e di gas? Dove i forni, i macelli e le farmacie comunali; e tutti i grandi mezzi di produzione, per i quali avremmo tante nuove istituzioni attualmente appena abbozzate in alcune località, ma che sono inevitabili e prossime?

Supponiamo, per un attimo, che tutto ciò sia stato realizzato. Immaginiamo una città del ventesimo secolo, ben ordinata in tutte le sue zone; le strade trasformate come viali alberati, non ingombre da una moltitudine di vetture, diverse e fragorose; percorse dai tram, con eleganti vagoni agganciati a piccole locomotive; niente fango, polvere, rumore. Tutto si agita e si muove come una immensa macchina, le cui rotelle sono state lubricate. Un’architettura nuova sostituisce l’architettura rabberciata, dimessa, e senza qualità della nostra epoca. Il vetro, il ferro, le fonderie potrebbero essere esclusivamente impiegate in queste gigantesche ed ardite costruzioni, i cui tetti riflettono splendidamente i raggi solari. Il palazzo di Sydenham può solo darci una debolissima idea di quest’ordine architettonico. [Si sta parlando del Crystal Palace, elevato a Londra nel 1851 per ospitare la prima Esposizione Universale. Inizialmente la grande costruzione in acciaio e vetro fu installata a Hyde Park, ma l’anno successivo fu smontata e ricostruita a Sydenham Hill, altra area della città].

Nella città del ventesimo secolo ogni via sarà fiancheggiata da immensi palazzi; getti d’acqua si lanceranno graziosamente all’interno dei deliziosi giardinetti o dei laghi artificiali che abbelliranno e varieranno la monotonia delle grandi piazze. Non vi sarà più notte; a breve distanza l’uno dall’altro i fanali elettrici ci inonderanno di una luce splendida al di cui paragone i lampioni a gas sembreranno bui. Questa luce elettrica sarà quasi gratuita, perché creata coll’aiuto di motori idraulici, i quali attingeranno le loro potenza dai fiumi che lambiscono quasi tutti i centri urbani. L’aria della città diverrà salubre quanto quella della campagna; per la ragione che gli escrementi che ingenerano tante malattie, e che scorrono a cielo aperto in strada infettando i nostri quartieri, saranno raccolti in tubazioni, da dove apposite macchine le aspireranno incessantemente per trasformarle ad uso agricolo.

Il movimento continuo sostituirà la stagnazione attuale. Movimento delle acque pure e salubri che raggiungeranno qualunque piano degli edifici; movimento sotterraneo che respingerà incessantemente i liquami mefitici dai grandi centri popolati; movimento rotatorio dei fari elettrici. Singoli punti vendita, dagli alti soffitti, soppianteranno gli smisurati bazar. Tutto, proprio tutto, sarà ordinato, tutto sarà grandioso. Di distanza in distanza, saranno posti apparecchi elettrici [cioè telefonici], grazie ai quali si potrà comunicare col mondo intero. Dai luoghi più lontani dell’India o dell’Australia, si contatteranno direttamente Parigi o Sydney, si parlerà come se la distanza non fosse che di due passi.

Ogni settore dell’arte acquisirà meravigliosi mezzi di popolarità e di espressione. Il teatro si trasformerà; non sarà più riservato ai privilegiati della fortuna, ma aperto ad pubblico più ampio. L’arte del futuro prenderà a prestito dall’arte antica i vasti anfiteatri, dove le persone siederanno comodamente; mezzi potenti di riscaldamento, di ventilazione, e appropriati sistemi acustici, assicureranno a ciascun spettatore posti comodissimi. Né l’arte, né l’ispirazione poetica, perderanno nulla da questa materiale trasformazione. No, anzi, esse vi guadagneranno immensamente: il dramma, la commedia, l’opera intraprenderanno nuove strade. Si rivolgeranno ad una folla immensa; scomporranno e ricomporranno insieme le umane passioni, come l’ingegnere e l’architetto ricompongono e controllano la materia. Nel nuovo stato di cose, per essere applaudito, sarà necessario mettere a nudo il sentimento popolare, studiarne i bisogni, le tendenze, le aspirazioni del presente e dell’avvenire. L’anima del poeta si allargherà come il cerchio del suo uditorio.

Le biblioteche, i musei, le collezioni d’ogni sorta non saranno più rette da quei regolamenti attualmente in vigore. Che cosa sono ancora oggi le nostre biblioteche, se non risibili raccolte, senza mezzi per la ricerca, senza facilità d’uso? Vi si gela d’inverno; vi si soffoca d’estate. Quasi sempre chiuse, appena vi entrate, venite invitati ad uscirne. Zelanti osservatrici di tutte le feste del Calendario, delle vacanze di Pasqua, di quelle vendemmiali.

Chi prende in considerazione le città del medioevo, è colpito dalla individualità, dalla varietà, dalla molteplicità delle forme. Comignoli eleganti, svelte e graziose scale, finestre originali, nelle quali il circolo, l’ellissi, o il sesto-acuto si coniugano con nuovissime fogge. Nelle città moderne l’individualità sarà eliminata. L’occhio rimarrà attonito davanti all’imponenza delle grandi linee, all’associazione delle forze, ai miracoli dell’industria del secolo, che hanno una propria poesia.

Ogni secolo non ha forse la sua missione, la sua fede? L’umanità non considera l’idea del movimento e del progresso? Di secolo in secolo questa idea si manifesta in modo diverso e produce frutti diversi. Conchiudiamo col dire che non siamo nella cerchia di coloro che disperano perché nel presente ci troviamo in un’epoca assolutamente materialista, dove qualunque aspirazione è offuscata dalla ricchezza. Abbiate pazienza, il passato non è ancora del tutto dimenticato, l’avvenire non è ancora maturo. Aspettate che le nuove piantagioni abbiano messo germogli dal grembo di una terra di lumi e di libertà. Vedrete allora il mondo sotto un nuovo aspetto. Noi non dubitiamo di ciò, ma la nostra persuasione non giunge fino al punto di asserire che l’uomo, raggiunta quell’era, sarà migliore o più contento».

LEGGI L’ORIGINALE SU WIKISOURCE: Anonimo. Una città al ventesimo secolo. Milano, Giornale dell’ingegnere, architetto ed agronomo, 1857.

IMMAGINE DI APERTURA: Il Crystal Palace ricostruito in versione ingrandita dopo il trasferimento a Sydenham Hill (Fonte Wikipedia)

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