Arte del Novecento – Sono cambiati gli orientamenti

di Sergio Bertolami

1 – Premessa.

Da dove vogliamo cominciarla questa passeggiata nell’arte del Novecento? Sicuramente dalle avanguardie, anche se prima occorrerà dedicare qualche puntata ai precursori. Le avanguardie dei primi anni del secolo sono costituite dagli artisti famosi che hanno scritto eccellenti pagine di storia, come i Matisse, i Derain, i Kirchner, i Picasso. Ma occorrerebbe aggiungervi quelli misconosciuti, che riemergono (fateci caso) attraverso certe opere che pochi, molto pochi, conoscono. A pensarci bene, però, gli artisti famosi e quelli meno hanno un denominatore comune. Le loro opere entravano nei salotti della borghesia, che le pagava per un tozzo di pane, ammirando quel guizzo antiborghese che permetteva di sentirsi colti, illuminati ed innocenti. Tali opere mostravano atteggiamenti di rivolta verso l’arte del passato. Quell’arte che aveva scompaginato i canoni dei padri e dei nonni. Una trasformazione inarrestabile che ora sconvolgeva addirittura tutte le discipline, tutte le tecniche, i materiali, i contenuti. I nonni guardavano alle Accademie, ai maestri del passato. I padri erano approdati all’impressionismo, sentimento della modernità, ora i figli trovavano obsoleto tutto questo, se non addirittura un ostacolo alla liberà espressiva. Nel 1911, nel corso di una riunione della Secessione di Berlino, difronte alla nuova arte un membro della giuria si lasciò scappare: «Ma questo è ancora impressionismo?». Allorché, di rimando, si levò una voce dalla sala: «No, è espressionismo!». Nel corso di questa carrellata, non arriveremo a definire “Espressionismo” tutta l’arte moderna, come fa Sheldon Cheney, ma a piccoli passi ne tracceremo l’evoluzione. Partendo dalle evidenze, come certi influssi provenienti in Europa dai paesi extraeuropei. S’era cominciato col giapponismo conosciuto attraverso le stampe orientali, si continuò rivolgendosi alle cosiddette civiltà primitive, quelle provenienti dall’Asia o dall’Africa, dalle Americhe o dalle terre oceaniche. Ma non fu soltanto uno sguardo geografico; persino la spontaneità infantile fu considerata di maggiore ispirazione rispetto ai capolavori conservati al Louvre. Chi legge ricorderà la celebre frase di Picasso: «A dodici anni sapevo disegnare come Raffaello, però ci ho messo una vita per imparare a dipingere come un bambino».

Lettera di Picasso a Guillaume Apollinaire.

Per citare un italiano, ricordate il titolo di qualche libro di Tommaso Marinetti? Uccidiamo il Chiaro di Luna! Zang Tumb Tumb, Parole in libertà, La conquista delle stelle, Canto di eroi e macchine, La cucina futurista. Con quest’ultimo libro bandiva persino la pastasciutta, «assurda religione gastronomica italiana». Immaginate dunque se non erano banditi i principi dell’arte stessa, la figura tradizionale dell’artista, il suo ruolo sociale. I maestri del primo Novecento proposero un nuovo modo di intendere e di volere. E lo fecero ad alta voce, attraverso programmi, dichiarazioni alla stampa, manifesti. Dire che oggi – a distanza di un secolo da quelle espressioni, talora concitate – il grande pubblico non ha ancora capito del tutto quella nuova arte, è come sfondare una porta aperta. Chi fra questi ancora cerca nelle opere esposte in un museo o in una mostra, concetti come la mimesi della natura, il richiamo alla letteratura poetica, l’armonia delle forme e dei toni coloristici, la simmetria e le proporzioni, gli equilibri lievissimi e raffinati di un tempo, chi in altre parole cerca di trovare i tradizionali canoni estetici, non può che rimanere smarrito. Come un esploratore incerto se valicare il limite della propria mappa, laddove è scritto «hic sunt leones». Ovvero qui ci sono i leoni, questo è il confine inesplorato, al di là del quale non è incoraggiato avventurarsi. Occorre, chiaramente, una buona dose di temerarietà per azzardarsi senza un adeguato equipaggiamento. Vale soprattutto per gli amanti delle opere iconiche, quelle da ammirare e venerare, prostrati al puro visibile. Persino costoro sanno bene che i veri artisti hanno spesso suscitato scandalo. Pur tuttavia il divario fra l’arte del Novecento e la società contemporanea è andato sempre più aumentando, accrescendo incomprensioni. Un distacco colmabile solo attraverso la scoperta di nuove aree della conoscenza artistica. Consapevoli del rischio che si corre, se non si è disponibili a sovvertire il comune e consolidato sentire.

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IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

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