Un papa simbolo di un ponte tra centro e periferia della Chiesa cattolica

L’elezione di Leone XIV segnerà una svolta nel cammino della Chiesa, lo Spirito Santo ha illuminato i cardinali nella scelta di chi dovrà lottare e sconfiggere i nuovi Attila?
A giudicare dall’esordio, che dalla gestualità al tono determinato ricorda Karol Wojtyla il papa polacco diventato santo, c’è da aspettarsi molto sul fronte dei conflitti che agitano il pianeta, sull’attenzione alla questione migranti, sull’evangelizzazione.

La prima preghiera di Papa Leone XIV con i cardinali elettori in Cappella Sistina  (@Vatican Media)

È mancata la frase a effetto dal loggione: il nordamericano Robert Francis Prevost, nel rivolgersi ai centomila in piazza San Pietro e al mondo, ha preferito andare dritto ai problemi attuali e concreti, parlando in italiano, spagnolo, latino. Da nativo di Chicago, un saluto speciale lo ha indirizzato al popolo del Perù, il Paese con difficoltà economiche e sociali dove ha operato da missionario.

Viene definito un anti Trump e, in effetti, le sue sono state affermazioni nette, certo rivolte a tutti ma con un preciso richiamo ai Grandi, sul come intendere e vivere il cristianesimo.

Se questi sono i prodromi del pontificato, andrà ben oltre quel programma di cambiamento che Papa Francesco ha spesso annunciato più che praticato, forse frenato dall’apparato tradizionalista vaticano che in buona misura riesce a condizionare.

Già la scelta del nome ha una sua caratura: Leone, il primo dei quali detto Magno passò alla storia per aver fermato Attila; l’ultimo, Leone XIII fu quello dell’enciclica storica “Rerum novarum” su questioni sociali e lavoro.

Forte di una coerente preparazione, due lauree, una solida formazione che si è arricchita in famiglia con l’esempio e i consigli del padre, Leone XIV sa di dover affrontare i nuovi Attila che si aggirano da un capo all’altro del globo e ha scelto di iniziare la guida della Chiesa col forte monito da valere erga omnes: “La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra. La pace sia con voi!”

Pace, ponti, dialogo: appelli scontati nel lessico di un Papa che si connotano tuttavia per intensità perché lo stesso Prevost è un concentrato di vissuto internazionale: dall’Illinois, famiglia di migranti (il padre Louis Marius Prevost, aveva origini francesi e italiane; la madre, Mildred Martínez, era di origini spagnole) è andato missionario in Perù, per essere richiamato poi a Roma da Papa Bergoglio e occuparsi della nomina dei vescovi. Conosce bene quindi il Nord e il Sud America, al pari del sistema vaticano.

Per molti è stata una sorpresa, il suo volto non era circolato inizialmente nel toto-Papa, eppure qualcuno l’aveva previsto e ieri mattina il suo profilo veniva rilanciato come il più papabile.

Delusi quanti ritenevano che toccasse a un italiano, dopo decenni di papi stranieri: il nome super gettonato del segretario di Stato, Pietro Parolin, non trovava però precedenti nei conclavi dove “chi entra papa esce cardinale”.

Ora, nella storia bimillenaria della Chiesa, si apre un nuovo capitolo con un “figlio di Sant’Agostino” che punta alla pace “disarmata e disarmante” e a propiziare ponti.


Chi è Leone XIV, il nuovo volto della Chiesa cattolica

Con l’elezione di Leone XIV, avvenuta l’8 maggio 2025 al termine di un conclave segnato da profonde riflessioni sulla direzione futura della Chiesa, il cattolicesimo globale ha un nuovo leader. Nato Robert Francis Prevost, è il primo pontefice della storia a provenire dagli Stati Uniti – la sua città natale è Chicago – e al tempo stesso il primo ad aver ricevuto la cittadinanza peruviana, conquistata nel corso di un lungo servizio pastorale in Sud America. A rendere ancora più significativa la sua elezione è l’appartenenza all’Ordine di Sant’Agostino, dal quale non proveniva alcun papa prima d’ora.

La figura di Leone XIV si inserisce nel solco tracciato da papa Francesco, ma con una biografia e una sensibilità che raccontano esperienze di confine, sia geografico che culturale. Nato il 14 settembre 1955 nell’Illinois, Prevost ha abbracciato la vita religiosa nell’Ordine agostiniano, ricevendo una formazione che lo porterà a vivere esperienze significative tra gli Stati Uniti, Roma e il Perù. È proprio in quest’ultimo Paese che il suo profilo ecclesiastico comincia ad assumere un rilievo particolare: a partire dal 1985 e fino al 1998 svolge incarichi che spaziano dalla parrocchia all’insegnamento, dalla formazione dei seminaristi alla gestione amministrativa.

Il passaggio alla leadership dell’Ordine avviene nel 2001, quando viene eletto Priore Generale degli agostiniani, ruolo che ricopre per dodici anni. È un incarico che lo mette in relazione con le dinamiche globali della Chiesa, preparandolo a una responsabilità più ampia che si concretizza nel 2015 con la nomina a vescovo della diocesi peruviana di Chiclayo. La fiducia che papa Francesco ripone in lui è confermata nel 2023, quando lo chiama a Roma per assumere la guida del Dicastero per i Vescovi, uno degli organismi più influenti della Curia vaticana. Nello stesso anno lo crea cardinale, rendendolo uno dei nomi forti nella rosa dei papabili al momento della morte del pontefice argentino.

L’elezione al soglio di Pietro lo consacra come simbolo di un ponte tra Nord e Sud del continente americano, e più in generale tra centro e periferia della Chiesa. Leone XIV porta con sé un’idea di unità che ha voluto evocare fin dal suo primo affaccio dalla loggia centrale della Basilica vaticana, richiamando il suo motto episcopale In illo uno unum – “In [Cristo] uno siamo uno” – un’espressione che racchiude il senso ecclesiale della comunione. Il richiamo all’unità non è però solo dottrinale: nel suo primo messaggio, il nuovo papa ha ribadito l’importanza della sinodalità, del protagonismo missionario dei fedeli, e dell’impegno condiviso per la pace e la giustizia.

Nel suo discorso inaugurale, si è percepita con chiarezza la volontà di portare avanti alcuni dei temi centrali del pontificato di papa Francesco: la centralità del Vangelo annunciato con semplicità (il kerygma), la necessità di costruire ponti invece che barriere, la vocazione della Chiesa a essere lievito nella società attraverso la carità attiva e la promozione della dignità umana. Ma Leone XIV sembra volerlo fare con uno stile proprio, più sobrio e attento alla continuità nella dottrina, senza rinunciare a una visione pastorale radicata nell’ascolto dei popoli e nella pluralità delle culture.

L’elezione di un papa nordamericano e latinoamericano insieme, agostiniano e profondamente peruviano nell’esperienza pastorale, segna una tappa importante nella storia della Chiesa del XXI secolo. La sua figura potrebbe favorire una nuova attenzione verso le Chiese locali dell’America Latina, che restano tra le più dinamiche del cattolicesimo mondiale, e al tempo stesso rafforzare il ruolo della Chiesa negli Stati Uniti, spesso in bilico tra modernità e identità religiosa.

Leone XIV ha ereditato una Chiesa attraversata da tensioni e speranze, segnata dalla fatica del cambiamento e dall’urgenza di trovare linguaggi nuovi per annunciare il Vangelo nel mondo contemporaneo. La sua missione è appena iniziata, ma i primi segnali parlano già di un papato che, pur nella continuità, si prepara a lasciare un’impronta personale profonda.


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