Il PHOTOFESTIVAL si chiude con successo: la fotografia del futuro protagonista a Torino

Liquida Photofestival torna con la sua IV edizione, in programma dall’8 all’11 maggio 2025, al Polo del ‘900 di Torino. Un nuovo capitolo per il festival di fotografia contemporanea, diretto da Laura Tota e prodotto da PRS Srl Impresa Sociale, che continua a esplorare le molteplici forme espressive dell’immagine contemporanea.

Le storiche sale di Palazzo San Daniele, all’interno del Polo del ‘900, ospiteranno il Festival, accogliendo i progetti di autori emergenti nazionali e internazionali, oltre a sessioni di letture portfolio, laboratori, talk, incontri, workshop con professionisti del settore e una sezione dedicata all’editoria a cura di Vittoria Fragapane, book editor della casa editrice elvetica Artphilein.

LIQUIDA PHOTOFESTIVAL
IV EDIZIONE | 8 – 11 maggio 2025
Polo del ‘900 – Torino
 
Liquida Photofestival 2025 si chiude con successo: la fotografia del futuro protagonista a Torino
Quattro giorni di mostre, incontri e nuovi sguardi hanno trasformato il Polo del ‘900 in un laboratorio di visioni contemporanee.

Con grande partecipazione di pubblico e una ricca presenza di artisti, curatori, editori e appassionati, si è conclusa ieri la quarta edizione di Liquida Photofestival, il festival indipendente dedicato alla fotografia contemporanea emergente, ideato e curato da Laura Tota e prodotto da PRS Srl Impresa Sociale, che ha trasformato per quattro giorni gli spazi di Palazzo San Daniele al Polo del ‘900 di Torino in un laboratorio aperto sulla fotografia d’autore del presente.

Il tema di quest’anno, “Il giorno in cui ricorderò”, ha attraversato l’intera programmazione, proponendo una riflessione visiva e poetica sul rapporto tra memoria e immagine, tra archivi privati e collettivi, tra ciò che resta e ciò che si trasforma. Le opere di oltre 40 autori e autrici, italiani e internazionali, hanno animato un percorso espositivo ricco e articolato, completato da incontri, presentazioni editoriali e letture portfolio.

Questa edizione di Liquida Photofestival, la quarta, ha rappresentato un importante appuntamento all’insegna dell’inclusività: autori e autrici di ogni età, genere, ricerca e provenienza hanno portato a Torino uno sguardo caleidoscopico sulla fotografia contemporanea. Ottimi i riscontri del pubblico, che ha avuto anche l’occasione di confrontarsi con un tema attuale e urgente quale quello della memoria. Un ringraziamento speciale va a Greg. C. Holland, Sofiya Chotyrbok e Varvara Uhlik per aver partecipato al Guest Project What Echoes Remain, ai fotografi e alle fotografe della sezione Exhibition, e ai membri della giuria del Grant di questa edizione. L’appuntamento è per l’anno prossimo, con un nuovo tema e nuovi sguardi da scoprire“, ha dichiarato Laura Tota, direttrice artistica del festival.

La chiusura di Liquida è stata anche occasione per annunciare i progetti vincitori dei premi speciali. La vincitrice della Liquida Winter Edition è Giulia Gustavsen Angelini, autrice del progetto “Priesthood is also female”, che riflette in modo originale sui ruoli religiosi e sull’identità femminile. Angelini parteciperà alla prossima edizione invernale del festival, che si terrà durante Paratissima in Art Week. Il Fiuto Art Space Prize 2025 è stato assegnato a Lorenzo Gonnelli con “Acciaio”, una narrazione visiva tra materia, paesaggio e memoria industriale. L’artista sarà protagonista di una mostra personale presso Fiuto Art Space, spazio curatoriale diretto da Alex Urso, recentemente riconosciuto tra i “Luoghi del Contemporaneo” dal Ministero della Cultura.

Tra le novità più significative di questa edizione, si segnala il rafforzamento dell’impegno per l’inclusività, realizzato in collaborazione con interpreti in Lingua dei Segni Italiana (LIS). Le visite guidate accessibili e la traduzione degli interventi principali hanno garantito un’esperienza culturale realmente aperta e condivisa, in linea con la visione di un festival inclusivo, partecipativo e attento alla diversità dei pubblici. Anche sul fronte della sostenibilità, Liquida ha compiuto passi importanti. Il festival è infatti coinvolto in un percorso di certificazione ISO 20121, per l’adozione di pratiche responsabili nella gestione degli eventi culturali, in linea con i criteri ESG.

Con una proposta curata, inclusiva e sempre più riconosciuta a livello nazionale e internazionale, Liquida Photofestival si conferma come un punto di riferimento per la fotografia d’autore emergente e una voce capace di intercettare e valorizzare i linguaggi visivi del presente.

Con il patrocinio di Città di Torino, Città Metropolitana di Torino e Regione Piemonte
In collaborazione con Polo del ‘900
Media Partner: Collater.al Magazine, BMB Live Studio
Official Automotive Partner: Gino Spa, OMODA&JAECOO Italia
Powered by: Paratissima, PRS Srl Impresa Sociale.

CONTATTI:
www.paratissima.it/liquida-2025/
www.instagram.com/liquidaphotofestival/
 
UFFICIO STAMPA:
Daccapo Comunicazione
info@daccapocomunicazione.it

Stra (Venezia): La forza del colore. Roberto Capucci a Villa Pisani

La mostra “La forza del colore. Roberto Capucci a Villa Pisani” è un evento straordinario, pensato per omaggiare la carriera di Roberto Capucci, uno dei più celebri e innovativi stilisti italiani, che ha profondamente influenzato l’evoluzione della moda. La mostra, che comprende venti abiti, una settantina fra disegni, schizzi e fotografie d’epoca esplora il connubio tra la sua visione artistica e gli spazi storici di Villa Pisani, trasformando l’intero percorso espositivo in un’esperienza sensoriale unica.

LA FORZA DEL COLORE.
Roberto Capucci a Villa Pisani
Stra (Venezia), Museo Nazionale Villa Pisani
17 maggio – 2 novembre 2025

A cura di Enrico Minio Capucci, Alvise Capucci e Francesco Trentini.

Mostra promossa dalla Direzione regionale Musei Veneto – Museo Nazionale di Villa Pisani in collaborazione con Suazes e la Fondazione Roberto Capucci.

Unendo la moda alla storia, l’esposizione esalta l’incredibile legame tra le sue creazioni scultoree e gli ambienti di grande suggestione della monumentale residenza fondata dalla famiglia Pisani nella prima metà del XVIII secolo. Si avvia così un dialogo nuovo, imprevedibile e suggestivo, che cattura l’attenzione a partire dall’elemento che forse più degli altri ha caratterizzato da sempre le creazioni di Capucci: il colore.

Le opere di Capucci, che vanno oltre la concezione tradizionale di abito, sono vere e proprie sculture indossabili. Ogni sua creazione è concepita come un’opera d’arte tridimensionale, con linee, volumi e strutture complessi che si impongono quali vere e proprie “sculture viventi” o “sculture in movimento”. Questi capolavori non solo raccontano la maestria e l’ingegno di Capucci, ma diventano anche veicolo di emozioni.

L’introduzione di questi pezzi unici nelle stanze di Villa Pisani avviene nel segno di un incontro eccezionale: gli ambienti della Villa con la loro carica estetica diventano il contesto ideale per accogliere le creazioni di Capucci, nel segno di un connubio perfetto che fonde l’eleganza della moda con la monumentalità degli spazi storici, in una sintesi sorprendente. La mostra rappresenta quindi una duplice opportunità. Da un lato, offre la possibilità di immergersi nell’universo creativo di Roberto Capucci, uno dei pionieri della moda contemporanea, che ha saputo trasformare l’abito da semplice vestito a vera e propria opera d’arte. Dall’altro lato, rappresenta un invito a scoprire e apprezzare la bellezza storica di Villa Pisani sotto nuove prospettive. Attraverso questa esposizione, gli ambienti della Villa vengono in un certo senso riplasmati dalle sculture di Capucci, vere generatrici di spazio e di dinamismo cromatico capaci di fondersi armoniosamente con le decorazioni e le architetture della Pisani.

Ogni abito diventa una struttura che si innalza, si espande, si modella, proprio come un edificio che cresce nello spazio, interagendo con le sue linee, la sua luce e i suoi volumi. La presenza degli abiti nelle sale storiche suggerisce una visione di fusione tra il movimento e la staticità, tra il dinamismo della moda e la solidità dell’architettura. In questo scenario, l’interazione tra capolavori sartoriali e spazi storici apre una riflessione sulla natura della bellezza e sulla sua evoluzione. L’arte di Capucci, che gioca con forme scultoree e geometrie audaci, si fa ponte tra passato e presente, dimostrando che la moda non è solo tendenza, ma una fondamentale forma di espressione artistica e culturale.

Punto di partenza di questo dialogo è l’abito da nozze di Capucci ispirato ai colori del Tiepolo; con un corteo di altri quattro pezzi, esso sarà collocato nel cuore del grande Salone da Ballo, sotto lo straordinario cielo affrescato di uno dei maggiori capolavori dell’ariosa e luminosa pittura del XVIII secolo: l’Apoteosi della famiglia Pisani, apice della pittura di soffitto di Giambattista Tiepolo. Su questo abito convergerà un percorso espositivo articolato tra piano terra e piano nobile del complesso museale di Stra.

Le tre sale espositive del piano terreno offriranno tre importanti focus dedicati al colore nel lavoro di Capucci mentre negli antisaloni sud e nord del piano nobile – quasi un contrappunto al corteo di abiti del Salone del Tiepolo – una selezione di disegni del maestro e materiale fotografico d’archivio permetterà di gettare uno sguardo sul processo creativo del grande stilista.

La mostra, curata da Enrico e Paolo Alvise Minio della Fondazione Capucci e da Francesco Trentini, è promossa dalla Direzione regionale Musei Nazionali Veneto – Museo Nazionale di Villa Pisani in collaborazione con Suazes e la Fondazione Roberto Capucci.

Il progetto è realizzato dal Museo Nazionale di Villa Pisani con Suazes che lo scorso anno, negli stessi spazi ha organizzato una mostra dedicata al lavoro del fotografo Federico Garolla.


Orari: martedì – domenica 9.00 – 20.00
Prezzi: 15 euro intero, ridotto 9 euro.

Ufficio Stampa:
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
www.studioesseci.net
Referente Simone Raddi: simone@studioesseci.net

BLUE GALLERY, Venezia: Giuseppe Modica un dialogo continuo tra primi piani e orizzonti lontani

La Blue Gallery presenta Sguardo a distanza, una mostra personale di Giuseppe Modica, in programma dal 12 maggio al 12 giugno 2025.

La pittura di Modica si confronta con il tema della distanza, intesa come spazio fisico e mentale, come tensione magnetica tra realtà e immaginazione. In un dialogo continuo tra primi piani e orizzonti lontani, i suoi dipinti danno forma a un altrove enigmatico e ineffabile, dove la geometria dell’aria e la luce diventano protagoniste di una visione sospesa tra reale e metafisico. Attraverso l’apparizione di terre lontane, di improbabili fortezze o di inquietanti navi fantasmatiche, Modica ci invita a contemplare non solo lo spazio ma anche il tempo, in una circolarità che abbraccia memoria, presente e futuro.

SGUARDO A DISTANZA 
Personale dell’Artista Giuseppe MODICA
a cura di Silvio Pasqualini
testo critico di Claudio STRINATI

12 maggio – 12 giugno 2025
Opening 12 maggio 2025 h.18

Blue Gallery 
Sestiere Dorsoduro 3061, Venezia

La Blue Gallery è lieta di annunciare Sguardo a distanza, mostra personale di Giuseppe Modica, visitabile dal 12 maggio al 12 giugno 2025. In questa selezione di opere recenti, l’artista siciliano indaga il concetto di distanza come strumento pittorico e percettivo. Primi piani e orizzonti lontani si alternano in un continuo dialogo, costruendo visioni sospese tra realtà e immaginazione, dove la pittura si fa soglia, filtro, riflessione. Un invito a uno sguardo “secondo”, più profondo e meditato.

Come sottolinea il curatore Silvio Pasqualini, il legame tra Modica e la Blue Gallery nasce da una coincidenza significativa: «Il blu è un colore che l’artista si porta dentro, da sempre. È il suo mare, la sua luce siciliana». Quel blu diventa cifra poetica e architettonica, elemento strutturale di un linguaggio che coniuga tensione metafisica e razionalità compositiva.

Nelle opere di Modica si riconoscono due piani fondamentali: «uno onirico, narrativo, e uno fortemente legato allo studio dell’architettura». I piani orizzontali e verticali si intersecano come coordinate simboliche per articolare spazi di memoria. Le sue immagini – paesaggi nitidi, finestre sospese, sagome allarmanti di navi da guerra – restituiscono una visione del mondo “a distanza”, dove la nostalgia si sublima e si fa bagaglio creativo.

Come evidenzia anche Claudio Strinati, Modica è oggi una delle voci più significative della pittura italiana contemporanea. La sua ricerca, nutrita di riferimenti che spaziano da Piero della Francesca a Mondrian, si distingue per l’equilibrio tra precisione prospettica e profondità spirituale. Ogni opera diventa così un viaggio mentale, «sospeso tra immobilità e vertigine».

Sguardo a distanza è un’occasione per attraversare una soglia invisibile, lasciandosi guidare dalla luce, dal blu e dalla memoria nell’universo pittorico di un artista che, attraverso la trasparenza e la riflessione, continua a interrogare la sostanza stessa della visione.

Giuseppe Modica nasce a Mazara del Vallo nel 1953.  È artista affermato in ambito nazionale ed internazionale, tra i principali esponenti di una nuova metafisica nel panorama artistico italiano del secondo Novecento.

Le sue opere sono caratterizzate da atmosfere enigmatiche e indagano la pittura nelle sue varie articolazioni: da uno spazio misurato e fenomenico della superficie ad uno spazio illusorio ed immaginario della profondità; questa distanza ineffabile ed invisibile si concretizza nella cifra stilistica del suo linguaggio. In questo flusso circolare trovano un ruolo fondamentale il tempo, la luce e la memoria, nelle sue accezioni di memoria personale, culturale, antropologica.  

Giuseppe Modica ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Firenze.  Nel 1986 si è trasferito a Roma, dove attualmente vive e lavora. È stato titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti a Palermo, Macerata, Bologna, Roma e Direttore del dipartimento arti visive a Roma. 

Hanno scritto di lui, fra gli altri, studiosi come Maurizio Fagiolo dell’Arco, Claudio Strinati, Vittorio Sgarbi, Janus, Guido Giuffrè, Marco Goldin, Giovanni Lista, Sasha Grishin, Gabriele Simongini, Giovanni Faccenda, Francesco Gallo Mazzeo, Marcello Fagiolo, Giuseppe Appella; letterati e filosofi come Leonardo Sciascia, Antonio Tabucchi, Giorgio Soavi, Massimo Onofri, Rocco Ronchi, Roberto Calasso, Giorgio Agamben, Zhang Xiaoling, Ying Yinfei, Silvio Perrella, Roberto Deidier e altri. 

ALCUNE ESPOSIZIONI  

Ha esposto in Italia e all’estero, a partire dal 1973, in prestigiose retrospettive, rassegne museali e mostre personali. Fra  le altre si segnalano: 2024 Rotte mediterranee e visione circolare a cura di Maria Giuseppina Di Monte e Gabriele Simongini, Museo Andersen, Roma; 2022  Schema and Trascendence a cura di Chen Jian e Ying Yinfei, Zhejiang Art Museum, Hang Zhou; 2021 Giuseppe Modica Atelier 1990-2021 a cura  di Giuseppina Di Monte e Gabriele Simongini, Museo Andersen, Roma; 2018 Light of memory  a cura di Giorgio Agamben e Zhang Xiaoling, Accademia Nazionale Cinese di Pittura, Pechino; 2017 Phoenix Art Exhibition Musei Civici, Fenghuang; 2016-17 Atelier di Luce e di Memoria a cura di Donatella Cannova, Istituto Italiano di Cultura Sidney, Ambasciata Italiana Canberra e Istituto Italiano di Cultura Melbourne; 2016 collocazione del trittico  La Crocefissione di Luce nella Chiesa Madre di Gibellina, a cura di Marcello Fagiolo; 2015 La melancolie onirique de Giuseppe Modica, a cura di Giovanni Lista, Galleria Sifrein, Parigi; 2014 La luce di Roma a cura di Roberto Gramiccia, Galleria La Nuova Pesa, Roma; 2011 54° Biennale d’arte, Padiglione Italia Arsenale, Venezia; 2010 Inseguire la pittura  a cura di Laura Gavioli, Galleria Civica, Potenza; Roma e la città riflessa a cura di Claudio Strinati,  Palazzo di Venezia, Roma; 2007 La realtà dell’illusione a cura di Guido Giuffrè,  Galleria Civica, Marsala; 2005 L’enigma del tempo e L’alchimia della luce  a cura di Aldo Gerbino, Loggiato di San Bartolomeo, Palermo; 2004  Piero ed altri enigmi a cura di Giovanni Faccenda, Galleria Civica, Arezzo; “Riflessione” come metafora della pittura a cura di Claudio Strinati, Complesso del Vittoriano, Roma; 2002 La luce è la luce è la luce, a cura di Maurizio Fagiolo dell’Arco, Palazzo del Seminario,  Mazara del Vallo; 1999 XIII Quadriennale d’arte, Palazzo delle Esposizioni, Roma 

https://giuseppemodica.com

BLUE GALLERY

Situata tra Campo Santa Margherita e il Ponte dei Pugni a Venezia, con la nuova direzione si impegna a promuovere artisti basandosi esclusivamente sull’apprezzamento artistico e sul rispetto personale, respingendo le pratiche espositive convenzionali. Il direttore Silvio Pasqualini, Maestro d’arte e pittore, intende creare un cenacolo artistico ideale e reale, dove gli artisti possano esprimersi liberamente. Il  blu avio, colore distintivo di questo spazio, ispira sensazioni di benessere e creatività, come trovarsi tra cielo e mare


Giuseppe Modica è arrivato a un punto culminante della sua parabola, tale da renderlo una figura emblematica della storia della pittura italiana nel passaggio tra Novecento e Duemila. 

Il suo percorso è disseminato di momenti topici ciascuno segnato da incontri significativi con figure di critici, storici, intellettuali che, a loro volta, sono state e sono figure di riferimento per la nostra cultura. 

Modica infatti, esordendo giovanissimo, (nasce nel 1953 a Mazara del Vallo) manifesta una forte e determinata personalità subito negli anni ottanta del Novecento, quando il suo lavoro viene notato da uomini del calibro di Leonardo Sciascia, Maurizio Fagiolo dell’Arco. 

Sia il sommo letterato, sia il grande e compianto storico dell’arte, una delle maggiori personalità della cultura artistica italiana, individuavano in Modica, quale originalissimo e acutissimo creatore di una peculiare dimensione pittorica, una sorta di figura di garante di una inestinguibile tradizione che da Piero della Francesca arriva ai nostri giorni e già si proietta nel futuro. Percorso rintracciato anche da studiosi come Massimo Onofri, Giovanni Faccenda, Giorgio Soavi.

E tale analisi verrà poi ampliata e ribadita nel decennio successivo, che arriva fino alla fine del secolo ventesimo, quando (per fare soltanto due nomi eminenti) un letterato del livello di Antonio Tabucchi e un critico e organizzatore culturale come Marco Goldin, dedicarono a Modica una attenzione particolare e un apprezzamento convinto, insieme con tanti altri studiosi ed esperti, quali Giorgio Agamben, Giuseppe Appella, Gabriele Simongini e Roberto Deidier, che poi, negli ultimi venti anni hanno approfondito e sondato le peculiarità  attraverso una estesa gamma di studi critici che costituiscono ormai una ricca e qualificata bibliografia ora reperibile nell’aggiornato ed esauriente sito dell’artista. 

E in tutta questa bibliografia vige supremo quel principio dell’incardinamento di Modica alla propensione metafisica dell’arte che ne fa, oggi come oggi, una figura di riferimento. Quella sorta di immutabile concezione metafisica per cui l’arte della pittura è il luogo della contemplazione, della incrollabile certezza  nella capacità del pensiero umano di esprimere quell’altrove in cui l’idea prettamente umanistica della sostanziale coincidenza tra microcosmo e macrocosmo assume le forme di un’arte realizzata. Ma la concezione umanistica coincide ormai con quella della fisica moderna  e della ricerca scaturente dalla teoria della relatività e dalla meccanica quantistica.

La mente, cioè, può pensare sia l’avanzamento verso ciò che è sempre più grande fino ad apparire incommensurabile e inconoscibile, sia verso il sempre più piccolo che parimenti manifesta le stesse caratteristiche di incommensurabilità e inconoscibilità.

L’atomo, la cellula sono strutturati come l’Universo e un artista come Modica orientato verso tale concezione vede nel contempo la dimensione dell’eterno e quella dell’attimo con la stessa lucidità e perspicuità di descrizione tanto che la sua pittura può esser sentita sia come lentissima al limite dell’immobilità, sia come vertiginosa al limite dello smarrimento.

Nel suo caso, poi, il tema stesso della “riflessione” tocca un vertice singolare e personalissimo.

È chiaro come la parola “riflessione” abbia sia un significato filosofico-speculativo (l’atto dell’immergersi nel pensiero che medita e concettualizza) sia fisico (lo specchio in cui le immagini si vedono riflesse).

Di questi due aspetti Modica ne fa uno solo nella sua pittura che sembra descrivere in modo lenticolare rievocando la mirabile sintesi della luce fiamminga e dello spazio italiano così come fu teorizzata tanti anni fa da Cesare Brandi, ma che di fatto punta tutto sulla percezione mai diretta e immediata dell’ambiente che ci racconta ma su una sorta di visione “seconda”, al quadrato che, in pura teoria potrebbe essere reiterata all’infinito e infatti il grande tema di Modica è nel pensare l’infinito nel finito.

Non è tanto la prima metafisica dechirichiana, quindi, che Modica persegue e sviluppa, quanto un concetto universale della dimensione metafisica in sé e per sé, di cui egli dà una sua versione personalissima e modernissima che sta sempre più incontrando l’ ammirazione e l’apprezzamento di un attento pubblico internazionale, primo fra tutti quello cinese che ha individuato in Modica uno dei sommi esponenti dell’arte moderna italiana.

È quindi nostro desiderio presentare, attraverso una selezione essenziale, i frutti più maturi del suo lavoro attuale a testimonianza di una coerenza  e unitarietà di una parabola sempre sviluppatasi in rigorosa continuità, là dove l’innovazione continua affonda sempre le sue radici su un lungamente arato terreno di laico culto dell’arte e di lontananza da tutto ciò che è clamore, aggressività, violenza dell’impatto. Un monito, tra l’altro, che di questi tempi ci sembrerebbe opportuno rammentare a tutti coloro che hanno a cuore i destini dell’arte e dell’arte italiana in particolare.


ORARI DI VISITA
Orari apertura mostra: 10-13 / 15 – 19
Per appuntamento: 347 70 30 568
Blue Gallery, Rio terà Canal –  S. Margherita, Dorsoduro 3061, Venezia

OPENING  12 maggio 2025 ore 18

INSTAGRAM @bluegalleryvenice 
@g.modica53

Contatti Stampa CRISTINA GATTI PRESS & PR |
press@cristinagatti.it

La mostra si incentra su due delle serie più note dell’artista: Clouds e Places

  • Due delle più celebri serie pittoriche di Ernesto Morales – Clouds e Places – restituiscono la ricerca artistica e concettuale che l’autore ha condotto negli ultimi dieci anni.
  • Transitorietà e trasformazione gli aspetti centrali della serie Clouds, in cui Morales esplora il tema dell’effimero attraverso la rappresentazione pittorica delle nuvole.
  • In Places l’artista trasforma i luoghi della sua memoria in scenari sospesi tra realtà e immaginazione.
SAC – SPAZIO ARTE CONTEMPORANEA
ROBECCHETTO CON INDUNO (MI)
 
ERNESTO MORALES
Di nuvole e di soglie

A cura diNicoletta Candiani ed Ernesto Morales
Dal 10 maggio al 14 giugno 2025

Dal 10 maggio al 14 giugno 2025, lo spazio post-industriale SAC – Spazio Arte Contemporanea di Robecchetto con Induno (MI) dedica una mostra a Ernesto Morales (Montevideo, Uruguay, 1974), dal titolo Di nuvole e di soglie, a cura di Nicoletta Candiani ed Ernesto Morales, e incentrata su due delle serie più note dell’artista: Clouds e Places.

I dipinti a olio su tela riflettono la ricerca artistica e concettuale che l’autore ha condotto negli ultimi dieci anni, muovendo dall’esplorazione della natura fluida ed effimera delle nuvole, di cui cattura l’eterna mutevolezza come metafora della condizione umana e dell’impermanenza della vita stessa (Clouds), alle rappresentazioni di luoghi, intrecciando memoria e percezione attraverso l’uso di colori e composizioni che evocano emozioni e ricordi (Places).

Transitorietà e trasformazione gli aspetti centrali della serie Clouds, in cui Ernesto Morales esplora il tema dell’effimero attraverso la rappresentazione pittorica delle nuvole, utilizzando un linguaggio visivo sospeso tra astrazione e figurazione, utile a indagare il confine tra materia e immaterialità, invitando lo spettatore a una riflessione sulla percezione del tempo e dello spazio.

Un effetto che l’artista ottiene attraverso una tecnica precisa e l’uso di cromie evanescenti, che danno vita ad atmosfere sospese, la cui ripetizione compositiva diventa un elemento di continuità e meditazione. Allo spettatore si apre così un panorama che attraverso l’evocazione e la contemplazione stimola uno spazio di riflessione intimo e sensoriale.

Nella serie Places, Ernesto Morales interroga la propria memoria alla ricerca di luoghi passati, che attraverso una pittura evocativa, caratterizzata da velature e sovrapposizioni cromatiche, trasforma in scenari sospesi tra realtà e immaginazione, paesaggi rarefatti che sembrano emergere da un tempo indefinito.

Tra architetture e dettagli che si dissolvono in atmosfere oniriche, la percezione dello spazio si fa inafferrabile e la riflessione volge nuovamente alla natura mutevole dell’esistenza e dei suoi luoghi, spazi sospesi tra ricordo e perdita, presenza e assenza, dove lo spettatore può vivere un’esperienza intima e profondamente contemplativa.

Ernesto Morales

Ernesto Morales nasce nel 1974 a Montevideo, in Uruguay, e inizia il suo percorso artistico a Buenos Aires dove ha vissuto fino al 2006 per poi trasferirsi in Europa. Dopo un primo periodo a Parigi, stabilisce il suo studio in Italia, inizialmente a Roma e dal 2011 a Torino. 

La sua ricerca artistica lo ha condotto negli ultimi venti anni a realizzare mostre in musei e gallerie internazionali tra Europa, America e Sud-Est asiatico. Tra il 2009 e il 2025 ha rappresentato istituzionalmente Italia, Argentina e Uruguay con una serie di importanti esposizioni personali. Nel 2019 è stata inaugurata la sua retrospettiva “Mindscapes” a New York presso il Consolato Generale della Repubblica Argentina. Nel 2023 ha realizzato la mostra “Come fosse luce” in dialogo con l’opera di Lucio Fontana presso la Fondazione La Crescentina in Piemonte, Italia, e da novembre 2024 a febbraio 2025 realizza la sua mostra “The beginning and the light” presso il Rothko Museum in Lettonia.


SAC – SPAZIO ARTE CONTEMPORANEA

SAC è uno Spazio dedicato all’Arte Contemporanea, nato nel 2019 allo scopo di promuovere artisti contemporanei e divenuto luogo di aggregazione sociale e divulgazione culturale. Uno spazio rivolto ai creativi ma anche a un pubblico partecipe e interessato alle tematiche attuali che trovano espressione nell’arte contemporanea. Con un programma composto da mostre, laboratori, workshop, concorsi e serate culturali, lo scopo di SAC è guidare il pubblico a un accrescimento culturale anche a livello territoriale.

Situato nel cuore del paese, è inserito all’interno di una struttura appartenuta al bisnonno di Nicoletta Candiani, fondatrice e curatrice di SAC, trasformata da realtà industriale prima tessile e poi conciaria in un punto di incontro, per restituire al territorio ciò che da esso è stato donato per quattro generazioni alla famiglia Candiani.

Con una superficie di 1.400 metri quadrati e ambienti dedicati a mostre e laboratori, SAC espone artisti contemporanei di talento, permettendo loro di realizzare progetti personali, ma vuole anche coinvolgere un pubblico ampio e variegato durante le iniziative intraprese, avvicinandolo alle molteplici sfaccettature dell’arte dei nostri giorni.


ERNESTO MORALES. Di nuvole e di soglie
A cura diNicoletta Candiani ed Ernesto Morales
Robecchetto con Induno, SAC – Spazio Arte Contemporanea (Via Umberto I 108, ingresso da via Carducci 2)     Dal 10 maggio al 14 giugno 2025
Inaugurazione: sabato 10 maggio ore 18.00

Orari: mercoledì-domenica, ore 14.30 – 19.30; chiuso il lunedì e il martedì
Ingresso libero

CONTATTI
SAC -Spazio  Arte Contemporanea
Via Giosuè Carducci 2 – 20020 Robecchetto con Induno    
info@spazioartecontemporanea.com   
spazioartecontemporanea.com
T + 39 0331 1227674  
UFFICIO STAMPA
Anna Defrancesco comunicazione   
M +39 349 6107625
M +39 375 9154942
press@annadefrancesco.com
annadefrancesco.com

Orari: mercoledì-domenica, ore 14.30 – 19.30; chiuso il lunedì e il martedì
Ingresso libero

CONTATTI
SAC -Spazio  Arte Contemporanea
Via Giosuè Carducci 2 – 20020 Robecchetto con Induno    
info@spazioartecontemporanea.com   
spazioartecontemporanea.com
T + 39 0331 1227674  

UFFICIO STAMPA
Anna Defrancesco comunicazione   
press@annadefrancesco.com
annadefrancesco.com

Roma: Vincenzo Scolamiero espone alla Casa Museo Hendrik Christian Andersen

Il 12 maggio si apre, alla Casa Museo Hendrik Christian Andersen afferente all’Istituto Pantheon e Castel Sant’Angelo – Direzione Musei Nazionali della Città di Roma, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Roma, la mostra personale di Vincenzo Scolamiero, Come sogni perduti, a cura di Maria Giuseppina Di Monte e Roberto Gramiccia.

Vincenzo Scolamiero
Come sogni perduti

Mostra
a cura di Maria Giuseppina Di Monte e Roberto Gramiccia 

Casa Museo Hendrik Christian Andersen
Via Pasquale Stanislao Mancini 20 – Roma

Inaugurazione 12 maggio 2025 ore 17.00

12 maggio – 22 giugno 2025

Vincenzo Scolamiero espone sei grandi tele, concepite ad hoc per la Casa Andersen; la mostra s’incentra su due installazioni in perfetta sintonia con il luogo dove l’artista ha disperso le tracce della sua ispirazione: tra zolle, racimoli e frammenti donati dalla natura, con resti di opere incompiute del padrone di casa. 

Il concetto espositivo è, dunque, parte integrante della mostra, ne segna il tracciato e ne spiega l’intenzione. Non è soltanto un’installazione ma un percorso che entra in dialogo con il sito che Scolamiero vede cristallizzato nel tempo e carico di tracce di vita vissuta e di esperienze creative mosse da una volontà utopica: quella di immaginare una città ideale, sede di un laboratorio perenne in cui l’arte avrebbe dovuto incontrare la scienza, la filosofia, la musica, il pensiero religioso e quello estetico. 

Il progetto ideale di Hendrik Andersen, che è rimasto inattuato, ha animato la sua fantasia, segnandone la strada espressiva. L’utopia che resta un sogno perduto ma che non smette di emanare la sua forza immaginifica, si è concretizzata nel titolo della mostra, Come sogni perduti, che riporta una frase tratta dalla novella Lenz di Georg Büchner, molto amata da Scolamiero. Una metafora del viaggio folle e allucinato attraverso una natura vertiginosa e ostile. In essa egli riconosce la metafora della condizione dell’artista, inesorabilmente spinto a trovare un compimento della sua creatività, un approdo irrealizzabile e inafferrabile del suo sogno espressivo. 

Nelle sei tele, disposte come lungo un cammino, trova dunque concretizzazione figurativa ogni suggestione avvertita e vissuta intensamente dal pittore: l’incantevole chimera universalistica di Hendrik Andersen e il fascino di questo tempio utopico ancora intatto e oggi musealizzato, l’evocazione di una lettura che da anni stimola la sua immaginazione, la riflessione sul senso stesso del dipingere e dell’inseguire i propri fantasmi senza pace né tregua.

Scrive la curatrice, Maria Giuseppina Di Monte: «Una fantasmagoria di immagini poetiche che prendono spunto dalla natura e la rielaborano attraverso visioni istantanee che danno origine ad altre visioni oniriche; da un segno ne nasce un altro fino a saturare le tele in cui domina il verde e il bruno, colori della terra, molto presenti nelle opere dell’artista che sembrano scaturire proprio da un’orogenesi naturale».

Il carattere installativo della mostra si adatta all’ambiente, che nelle opere sembra alternare gli estremi di un sogno malinconico e struggente – la coppia di tele verticali nei due imbotti dell’atrio appaiono come fragili e cristalline cineserie che danno il benvenuto agli ospiti della casa che fu – e quelli di un’immersione a occhi aperti nelle viscere della terra nei quattro dipinti che, sostenuti da strutture di travertino di cava, chiudono il visitatore in un circuito compresso e inquietante. 

Dall’oro scintillante delle due tele d’ingresso, riacceso in superficie da sventagliate cromatiche rosse e verdi che ne muovono l’aria e ne livellano lo spazio, si passa dunque al folle viaggio attraverso un mondo instabile e misterioso, in cui le forze della natura, pacifiche sul plinto centrale, prendono vita e sconquassano gli animi, al ritmo ondulante delle forme che emergono da un fondo oscuro e ventoso. 

Non una mostra tradizionale o un’installazione, quella di Scolamiero a Casa Andersen è piuttosto un viaggio tra sogni e utopie, in cui l’arte è insieme ragione e immaginazione, realtà e sogno, sentiero illuminato e burrone profondissimo.  

Vincenzo Scolamiero è docente di Pittura presso il Dipartimento di Arti Visive dell’Accademia di Belle Arti di Roma, città nella quale vive e lavora. Sue opere sono conservate in importanti collezioni pubbliche e private. La sua prima personale si tiene nel 1987 presso la storica galleria Al Ferro di Cavallo di Roma, a cura di Antonio Alessandro Mercadante. Ha esposto in gallerie private e in rilevanti spazi nazionali e internazionali, tra Roma (Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Palazzo delle Esposizioni, Chiostro del Bramante, Galleria Comunale di Arte Moderna, Macro, Chiostro del Bramante), Milano, Venezia, Bologna, Torino, Rimini, Treviso, New York, Seul, Busan, Pechino, Shanghai, Fenghuang. L’ultima in ordine di tempo (2025) è la mostra Anatomia di un paesaggio-A. Bellobono, L. Coser, G. Frangi, V. Scolamiero a Palazzo Sarcinelli, Conegliano (TV), a cura di Fabio Cosentino e Alberto Dambruoso.


Titolo: Vincenzo Scolamiero. Come sogni perduti
Catalogo De Luca Editori d’Arte, contributi di Roberto Gramiccia, Francesca Bottari, Diletta Branchini.
Sede: Casa Museo Hendrik Christian Andersen, via Pasquale Stanislao Mancini 20, 00196 Roma 
Ingresso: Intero Euro 6,00; ridotto Euro 2,00; gratuità di legge
Il biglietto per la Casa Museo e la Mostra è acquistabile presso il totem digitale (abilitato POS) o su https://portale.museiitaliani.it/b2c/#it/buyTicketless/4e7c2220-041e-42aa-9ffc-e21888df1eff
Orari: dal martedì alla domenica ore 9.30 – 19.30; ultimo ingresso ore 18.45. Chiuso il lunedì
tel. +39 06 3219089 | dms-rm.museoandersen@cultura.gov.it

Sito web: direzionemuseiroma.cultura.gov.it/museo-hendrik-christian-andersen/
FB: www.facebook.com/CasaMuseoHendrikChristianAndersen/
X: x.com/MuseoAndersen
IG: www.instagram.com/casamuseoandersen/

Si ringrazia CASALE DEL GIGLIO

Ufficio Promozione e Comunicazione
Pantheon e Castel Sant’Angelo – Direzione Musei nazionali della città di Roma
dms-rm.comunicazione@cultura.gov.it

Ufficio stampa 
Roberta Melasecca_Melasecca PressOffice – blowart
roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it

Librino (Catania): inaugurate le nuove opere del Museo Monumentale a cielo aperto “MAGMA”

Il mecenate Antonio Presti: «Si realizza un sogno, un museo diffuso e accessibile, dove le opere dialogano con lo spazio urbano e con la comunità che lo abita».

Librino (Catania), inaugurazione delle nuove opere del Museo Monumentale a cielo aperto “MAGMA”

Si amplia MAGMA, lo spazio d’arte, bellezza e identità collettiva che ha preso vita nel cuore di Librino, dopo anni di instancabile lavoro all’interno delle scuole e tra le strade del quartiere, da parte del maestro Antonio Presti e del team di lavoro della Fondazione Fiumara D’Arte. Venerdì 9 maggio 2025, a partire dalle ore 9:30, saranno inaugurate tre nuove opere: “Le Grandi Madri”, “Cavalli Eretici” e “Cromatismo emozionale”. Alla presenza degli artisti Lynn Johnson (fotografa americana nota per i suoi contributi a National Geographic e Life), Monika Bulaj (fotografa e reporter polacca pluripremiata a livello mondiale) e Paolo Bini (pittore della Luce, artista contemporaneo che reinterpreta il paesaggio), il maestro Presti consegnerà alla comunità un vero e proprio polo culturale aperto ai turisti e accessibile a tutti, un’opera viva che si rinnova e che diventa narrazione corale del contemporaneo.

Installazione Cavalli Eretici

MAGMA – Museo a Cielo Aperto di Arte Contemporanea è un progetto sociale di rigenerazione urbana attraverso l’arte, l’etica e la condivisione: si sviluppa lungo Viale San Teodoro e Viale Grimaldi, trasformando Librino in un museo diffuso, dove le opere dialogano con lo spazio urbano e con la comunità del quartiere. Un progetto che continua il percorso avviato dalla Fondazione per restituire dignità estetica e culturale alle periferie, coinvolgendo artisti internazionali.

«Un disegno iniziato oltre 20 anni fa, che ha preso il via con la Porta della Bellezza e non si è mai fermato – sottolinea Presti – tre generazioni coinvolte, migliaia di cittadini innestati nel processo di riscatto e coesione sociale, che attraverso l’arte hanno respirato bellezza. Dopo la monumentale Porta delle Farfalle e le due installazioni magiche “La sognatrice” e “Il Bacio” di Fabrizio Corneli, arrivano tre opere che esplorano il legame tra memoria, spiritualità e territorio, offrendo nuove prospettive su temi universali come l’identità, il sacro e l’inclusione. Un ringraziamento di stima e affetto va al presidente della Regione Siciliana Renato Schifani per aver creduto e sostenuto la Triennale della Contemporaneità, all’on. Salvo Tomarchio, al sindaco di Catania Enrico Trantino, al Fondo di Beneficenza Intesa San Paolo, all’Università di Messina e all’ Istituto Nazionale di Architettura IN/Arch».

L’appuntamento di venerdì (alle ore 9.30) è nello spiazzo antistante il New Eden, dove si esibiranno i bambini delle scuole per festeggiare le mamme del quartiere – celebrate nelle gigantografie “Le Grandi Madri” – in occasione della Festa a loro dedicata del 10 maggio. Inoltre, venerdì 9 e sabato 10 maggio, dalle 17:00 alle 19:00, sarà possibile partecipare alle visite guidate gratuite a cura della Fondazione Antonio Presti, per vivere e comprendere appieno il valore simbolico e culturale delle opere nel contesto urbano in cui sono inserite.

MAGMA non è solo un museo, ma un atto d’amore verso la città, un progetto che parla ai cittadini, ai giovani, alle famiglie, promuovendo una cultura della bellezza aperta, partecipata e generativa.


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Ma veramente “Italiani brava gente”?

Non tutti gli italiani sono stati ‘brava gente’. Anzi a migliaia – in Libia, in Etiopia, in Grecia, in Jugoslavia – furono artefici di atrocità e crimini di guerra orribili. Chi furono ‘i volenterosi carnefici di Mussolini’? Da dove venivano? E quali erano le loro motivazioni?

Eric Gobetti prova a rispondere a queste domande con il suo ultimo libro: “I carnefici del duce”. Per incontrarlo basterà andare alla Feltrinelli Point (via Ghibellina 32, Messina) lunedì 12 maggio alle ore 18.

L’iniziativa di presentazione del libro di Gobetti è stata presa, oltre che dalla Feltrinelli Point, dall’Anpi di Messina, in collaborazione con Cgil ed Emergency. A introdurre la discussione sarà Giuseppe Restifo, mentre dialogheranno con l’autore Antonio Baglio e Alessandro Grussu.

In Italia i crimini di guerra commessi all’estero negli anni del fascismo costituiscono un trauma rimosso, mai affrontato. Non stiamo parlando di eventi isolati, ma di crimini diffusi e reiterati: rappresaglie, fucilazioni di ostaggi, impiccagioni, uso di armi chimiche, campi di concentramento, stragi di civili che hanno devastato intere regioni, in Africa e in Europa, per più di vent’anni. Questo libro ricostruisce la vita e le storie di alcuni degli uomini che hanno ordinato, condotto o partecipato fattivamente a quelle brutali violenze: giovani e meno giovani, generali e soldati, fascisti e non, in tanti hanno contribuito a quell’inferno. L’hanno fatto per convenienza o per scelta ideologica?

Erano fascisti convinti o soldati che eseguivano gli ordini? O furono, come nel caso tedesco, uomini comuni, ‘buoni italiani’, che scelsero l’orrore per interesse o perché convinti di operare per il bene della patria?


Anpi – Associazione nazionale partigiani d’Italia
Comitato provinciale di Messina
comunicato stampa – 10 maggio 2025

Nel cuore vibrante della tela, emerge il volto di Papa Leone XIV

Nel cuore vibrante della tela, emerge il volto di Papa Leone XIV al secolo Robert Francis Prevost, saldo e luminoso, come un faro in mezzo alla tempesta. L’opera nasce dall’ispirazione tratta dal primo discorso del Pontefice, il noto artista italiano Francesco Guadagnuolo, traduce emozione e visione in colore, creando un invito vibrante alla fratellanza e alla misericordia, un messaggio che risuona oltre il tempo e lo spazio. Guadagnuolo, noto per la sua capacità di tradurre in arte i grandi eventi della storia contemporanea, maestro del Transrealismo, non si limita a ritrarre, ma a raccontare con il colore e la luce, traducendo le parole pronunciate dal Pontefice nella sua prima apparizione dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro: “La Pace sia con tutti voi!”, l’8 maggio 2025.

Il richiamo alla Pace in un’opera che è più di un semplice ritratto è un simbolo, un testimone silenzioso di un’era che attende speranza e misericordia.

Sul fondo, pennellate ardenti s’intrecciano come venti impetuosi, urla silenziose di un mondo in subbuglio, frammentato, inquieto. Il caos non è casuale: è l’eco delle crisi globali, delle divisioni, delle battaglie interiori che l’umanità affronta ogni giorno. Tuttavia, il Papa non si perde in quella tempesta, ma vi si erge al di sopra, con una calma che sfida il tumulto. È il ponte che connette il passato e il futuro, il baluardo della fiducia e della fratellanza.

I colori raccontano più di quanto le parole possano esprimere. Il rosso sfumato, quasi drammatico, richiama le cicatrici del mondo, il dolore e il sacrificio. Il blu, profondo come un oceano di possibilità, sussurra speranza. Il giallo oro, riverbero di un sole che non smette di sorgere, avvolge il volto del Pontefice, suggerendo un cammino illuminato dalla fede.

Con un gioco sapiente tra ombra e luce, Guadagnuolo dona tridimensionalità non solo alla figura, ma al suo stesso messaggio. La sua opera diventa un dialogo tra la realtà e il sogno, tra la visione e l’azione. Papa Leone XIV non è solo un uomo ritratto, ma il simbolo di un nuovo cammino, l’inizio di una missione che ha il compito di placare le tempeste del mondo e risvegliare il senso più profondo della misericordia.

Questo dipinto non si contempla soltanto: si ascolta, si sente, si vive. È un inno visivo alla Pace, un ponte tra l’arte e la spiritualità. Un’opera che non cattura un istante, ma una promessa.


Da osservatorioartecont@libero.it 

Al Polo del ‘900 di Torino il festival dedicato ai nuovi talenti della fotografia d’autore

Prende ufficialmente il via oggi, nelle sale di Palazzo San Daniele al Polo del ‘900 di Torino, la quarta edizione di Liquida Photofestival, il festival indipendente dedicato alla fotografia contemporanea emergente, ideato e curato da Laura Tota e prodotto da PRS Srl Impresa Sociale.

Il tema scelto per questa edizione, “Il giorno in cui ricorderò”, ha ispirato un ricco percorso espositivo e culturale che riflette sul rapporto tra immagine e memoria. Ad aprire la giornata inaugurale sono stati gli interventi delle istituzioni, che hanno sottolineato il valore culturale, sociale e simbolico del festival.

Al via oggi la IV edizione di
LIQUIDA PHOTOFESTIVAL
 
Dall’8 all’11 maggio al Polo del ‘900 di Torino il festival dedicato ai nuovi talenti della fotografia d’autore.

Paola Curciin rappresentanza del Polo del ‘900, ha dato il benvenuto a nome dell’istituzione ospitante, ricordando come il tema della memoria sia da sempre al centro della missione del Polo: “Siamo felici di ospitare Liquida, un progetto che dà spazio alla fotografia d’autore e, soprattutto, ai talenti emergenti, offrendo loro visibilità e ascolto in un contesto come il nostro”.

A portare i saluti della Città di Torino sono state Rosanna PurchiaAssessora alla Cultura della Città di Torino, e Sonia CambursanoConsigliera Delegata della Città Metropolitana di Torino. Purchia ha salutato con entusiasmo questa nuova tappa del percorso artistico di PRS e del suo network: “Abbiamo accompagnato questo progetto fin dai suoi inizi, e oggi vedere Liquida prendere forma in uno spazio così ricco di significato ci inorgoglisce. Così come siamo molto felici di aver trovato una nuova casa per i prossimi eventi di PRS, che sarà svelata a breve: è un segno di rinascita culturale anche per la città”. Cambursano ha ribadito il sostegno dell’ente all’iniziativa, sottolineando la centralità della memoria come esercizio attivo e condiviso: “Questo luogo ci è molto caro, così come ciò che qui si realizza. La memoria è un muscolo che va esercitato. Liquida ha un valore non solo culturale e artistico, ma anche turistico: è un progetto capace di generare reti e visibilità internazionale per il nostro territorio”.

Lorenzo Germakamministratore delegato di PRS Srl Impresa Sociale, ha raccontato la fase di trasformazione che la struttura organizzativa sta attraversando, definendola una “fase di nomadismo che rappresenta una grande opportunità”. A questa visione si lega l’impegno per una cultura più responsabile e attenta, come dimostra il lavoro avviato per ottenere la certificazione ISO 20121 sulla sostenibilità degli eventi. Un approccio che non si limita al festival, ma che coinvolge l’intera attività di PRS, e che si traduce in un sistema di gestione ispirato ai criteri ESG (Environmental, Social and Governance), attivo dalla pianificazione fino al post-evento.

A presentare la visione curatoriale di Liquida è stata Laura Totaideatrice e direttrice artistica, che ha definito il festival “un luogo pensato per dare eco a quelle autorialità che ancora non si sono affermate nei circuiti ufficiali della fotografia d’autore, ma che propongono sguardi potenti, personali, necessari”. Il tema di quest’anno, ha spiegato, è nato anche in relazione al luogo che ospita il festival, e vuole essere “un monito a non dimenticare, né come individui, né come collettività”. Tra i punti forti del programma, Tota ha illustrato le varie sezioni dedicate agli autori mid-career ed emergenti, la mostra collettiva “What Echoes Remain” con fotografie da Palestina e Ucraina, e la selezione Liquida Grant, che riunisce i vincitori delle call e dei premi assegnati in collaborazione con Artphilein, Iconic Artist, Discarded Magazine e ImageNation Milan.

Di particolare rilievo la sezione EdiTable, dedicata all’editoria fotografica indipendente e curata da Vittoria Fragapane di Artphilein, e che presenta per la prima volta anche un’opera nel suo spazio, “Yesterday We Were Girls” dell’artista americana Katie Prock, un’installazione che intreccia poesia e fotografia, costruendo un racconto visivo intimo e stratificato, perfettamente in sintonia con il tema della memoria personale e collettiva.

L’inaugurazione ha infine posto l’accento sull’importanza dell’inclusività, grazie alla presenza dell’interprete in Lingua dei Segni Italiana (LIS) che ha accompagnato la visita guidata e alcuni momenti ufficiali. “La collaborazione tra ENS e Liquida Photofestival segna l’inizio di un percorso di accessibilità che vogliamo portare avanti con impegno. Il nostro obiettivo, nelle future edizioni, è rendere il festival sempre più accessibile ed inclusivo, perché crediamo che la cultura debba essere un diritto di tutti”, sottolinea Serafino TimeoPresidente ENS Consiglio Regionale Piemonte.

Liquida Photofestival proseguirà fino all’11 maggio presso il Polo del ‘900 di Torino. Tutte le informazioni utili su programmazione, orari e biglietti sono disponibili sul sito ufficiale: www.paratissima.it/liquida-photofestival-2025/

Con il patrocinio di Città di Torino, Città Metropolitana di Torino e Regione Piemonte
In collaborazione con Polo del ‘900
Media Partner: Collater.al Magazine, BMB Live Studio
Official Automotive Partner: Gino Spa, OMODA&JAECOO Italia
Powered by: Paratissima, PRS Srl Impresa Sociale.


CONTATTI:
www.paratissima.it/liquida-2025/ 

www.instagram.com/liquidaphotofestival/

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Daccapo Comunicazione

info@daccapocomunicazione.it

Un papa simbolo di un ponte tra centro e periferia della Chiesa cattolica

L’elezione di Leone XIV segnerà una svolta nel cammino della Chiesa, lo Spirito Santo ha illuminato i cardinali nella scelta di chi dovrà lottare e sconfiggere i nuovi Attila?
A giudicare dall’esordio, che dalla gestualità al tono determinato ricorda Karol Wojtyla il papa polacco diventato santo, c’è da aspettarsi molto sul fronte dei conflitti che agitano il pianeta, sull’attenzione alla questione migranti, sull’evangelizzazione.

La prima preghiera di Papa Leone XIV con i cardinali elettori in Cappella Sistina  (@Vatican Media)

È mancata la frase a effetto dal loggione: il nordamericano Robert Francis Prevost, nel rivolgersi ai centomila in piazza San Pietro e al mondo, ha preferito andare dritto ai problemi attuali e concreti, parlando in italiano, spagnolo, latino. Da nativo di Chicago, un saluto speciale lo ha indirizzato al popolo del Perù, il Paese con difficoltà economiche e sociali dove ha operato da missionario.

Viene definito un anti Trump e, in effetti, le sue sono state affermazioni nette, certo rivolte a tutti ma con un preciso richiamo ai Grandi, sul come intendere e vivere il cristianesimo.

Se questi sono i prodromi del pontificato, andrà ben oltre quel programma di cambiamento che Papa Francesco ha spesso annunciato più che praticato, forse frenato dall’apparato tradizionalista vaticano che in buona misura riesce a condizionare.

Già la scelta del nome ha una sua caratura: Leone, il primo dei quali detto Magno passò alla storia per aver fermato Attila; l’ultimo, Leone XIII fu quello dell’enciclica storica “Rerum novarum” su questioni sociali e lavoro.

Forte di una coerente preparazione, due lauree, una solida formazione che si è arricchita in famiglia con l’esempio e i consigli del padre, Leone XIV sa di dover affrontare i nuovi Attila che si aggirano da un capo all’altro del globo e ha scelto di iniziare la guida della Chiesa col forte monito da valere erga omnes: “La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra. La pace sia con voi!”

Pace, ponti, dialogo: appelli scontati nel lessico di un Papa che si connotano tuttavia per intensità perché lo stesso Prevost è un concentrato di vissuto internazionale: dall’Illinois, famiglia di migranti (il padre Louis Marius Prevost, aveva origini francesi e italiane; la madre, Mildred Martínez, era di origini spagnole) è andato missionario in Perù, per essere richiamato poi a Roma da Papa Bergoglio e occuparsi della nomina dei vescovi. Conosce bene quindi il Nord e il Sud America, al pari del sistema vaticano.

Per molti è stata una sorpresa, il suo volto non era circolato inizialmente nel toto-Papa, eppure qualcuno l’aveva previsto e ieri mattina il suo profilo veniva rilanciato come il più papabile.

Delusi quanti ritenevano che toccasse a un italiano, dopo decenni di papi stranieri: il nome super gettonato del segretario di Stato, Pietro Parolin, non trovava però precedenti nei conclavi dove “chi entra papa esce cardinale”.

Ora, nella storia bimillenaria della Chiesa, si apre un nuovo capitolo con un “figlio di Sant’Agostino” che punta alla pace “disarmata e disarmante” e a propiziare ponti.


Chi è Leone XIV, il nuovo volto della Chiesa cattolica

Con l’elezione di Leone XIV, avvenuta l’8 maggio 2025 al termine di un conclave segnato da profonde riflessioni sulla direzione futura della Chiesa, il cattolicesimo globale ha un nuovo leader. Nato Robert Francis Prevost, è il primo pontefice della storia a provenire dagli Stati Uniti – la sua città natale è Chicago – e al tempo stesso il primo ad aver ricevuto la cittadinanza peruviana, conquistata nel corso di un lungo servizio pastorale in Sud America. A rendere ancora più significativa la sua elezione è l’appartenenza all’Ordine di Sant’Agostino, dal quale non proveniva alcun papa prima d’ora.

La figura di Leone XIV si inserisce nel solco tracciato da papa Francesco, ma con una biografia e una sensibilità che raccontano esperienze di confine, sia geografico che culturale. Nato il 14 settembre 1955 nell’Illinois, Prevost ha abbracciato la vita religiosa nell’Ordine agostiniano, ricevendo una formazione che lo porterà a vivere esperienze significative tra gli Stati Uniti, Roma e il Perù. È proprio in quest’ultimo Paese che il suo profilo ecclesiastico comincia ad assumere un rilievo particolare: a partire dal 1985 e fino al 1998 svolge incarichi che spaziano dalla parrocchia all’insegnamento, dalla formazione dei seminaristi alla gestione amministrativa.

Il passaggio alla leadership dell’Ordine avviene nel 2001, quando viene eletto Priore Generale degli agostiniani, ruolo che ricopre per dodici anni. È un incarico che lo mette in relazione con le dinamiche globali della Chiesa, preparandolo a una responsabilità più ampia che si concretizza nel 2015 con la nomina a vescovo della diocesi peruviana di Chiclayo. La fiducia che papa Francesco ripone in lui è confermata nel 2023, quando lo chiama a Roma per assumere la guida del Dicastero per i Vescovi, uno degli organismi più influenti della Curia vaticana. Nello stesso anno lo crea cardinale, rendendolo uno dei nomi forti nella rosa dei papabili al momento della morte del pontefice argentino.

L’elezione al soglio di Pietro lo consacra come simbolo di un ponte tra Nord e Sud del continente americano, e più in generale tra centro e periferia della Chiesa. Leone XIV porta con sé un’idea di unità che ha voluto evocare fin dal suo primo affaccio dalla loggia centrale della Basilica vaticana, richiamando il suo motto episcopale In illo uno unum – “In [Cristo] uno siamo uno” – un’espressione che racchiude il senso ecclesiale della comunione. Il richiamo all’unità non è però solo dottrinale: nel suo primo messaggio, il nuovo papa ha ribadito l’importanza della sinodalità, del protagonismo missionario dei fedeli, e dell’impegno condiviso per la pace e la giustizia.

Nel suo discorso inaugurale, si è percepita con chiarezza la volontà di portare avanti alcuni dei temi centrali del pontificato di papa Francesco: la centralità del Vangelo annunciato con semplicità (il kerygma), la necessità di costruire ponti invece che barriere, la vocazione della Chiesa a essere lievito nella società attraverso la carità attiva e la promozione della dignità umana. Ma Leone XIV sembra volerlo fare con uno stile proprio, più sobrio e attento alla continuità nella dottrina, senza rinunciare a una visione pastorale radicata nell’ascolto dei popoli e nella pluralità delle culture.

L’elezione di un papa nordamericano e latinoamericano insieme, agostiniano e profondamente peruviano nell’esperienza pastorale, segna una tappa importante nella storia della Chiesa del XXI secolo. La sua figura potrebbe favorire una nuova attenzione verso le Chiese locali dell’America Latina, che restano tra le più dinamiche del cattolicesimo mondiale, e al tempo stesso rafforzare il ruolo della Chiesa negli Stati Uniti, spesso in bilico tra modernità e identità religiosa.

Leone XIV ha ereditato una Chiesa attraversata da tensioni e speranze, segnata dalla fatica del cambiamento e dall’urgenza di trovare linguaggi nuovi per annunciare il Vangelo nel mondo contemporaneo. La sua missione è appena iniziata, ma i primi segnali parlano già di un papato che, pur nella continuità, si prepara a lasciare un’impronta personale profonda.